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[CAMPANIA] Scuola: la tragedia e la farsa

scuole chiuse campania

Con l’ordinanza regionale n. 95, la Regione Campania mantiene le scuole chiuse e riapre, dal 9 Dicembre, solo le seconde classi della primaria. Cronaca di un fallimento totale e di un pericolosissimo precedente politico.

15 giorni.

È questo il totale di presenza a scuola accumulato dalla popolazione studentesca campana dal 9 Marzo 2020. Se già l’Italia “primeggia” in Europa col numero più alto di giorni in DAD per gli alunni delle superiori (130 contro una media di 50), la Campania gioca un altro campionato, avendo infatti deciso di dire semplicemente addio alle scuole.

Ricordiamo le promesse di De Luca in campagna elettorale su termoscanner, screening, mascherine, etc. Promesse servite a far slittare di dieci giorni la ripresa dell’anno scolastico, mentre in alcune province le aule si sono riempite addirittura il 1 Ottobre.

15 giorni dopo, di fronte al superamento della soglia psicologica dei 1000 contagi giornalieri, non sapendo che altro fare (le piazze di una settimana dopo avrebbero dimostrato al Presidente che non poteva chiudere altro e rimanere tranquillo), De Luca ha chiuso TUTTE le scuole.

Il valzer delle ordinanze inutili

Da lì è iniziata una ridda di ordinanze, sempre di 14 giorni in 14 giorni, tutte pubblicate all’ultimo momento utile col pretesto della valutazione dei dati epidemiologici mai resa pubblica.

Si è arrivati così all’ennesima farsa odierna, con un’ordinanza che, sulla base degli esiti dello screening sul personale docente (anche questi non resi pubblici), riapre solo le seconde elementari, mentre nel resto del paese si continua ad andare a scuola almeno fino alla prima media.

Ricorderemo solo velocemente che:

  • la chiusura delle scuole è stata inutile, dal momento che la curva dei contagi ha seguito l’andamento nazionale e non si è discostata in positivo (casomai in negativo)
  • nulla è stato fatto in questi due mesi per mettere in sicurezza la frequenza scolastica, partendo dal trasporto pubblico (ridotto al 40 % invece di essere potenziato)
  • la campagna di screening è stata un fallimento programmato fin dal primo giorno, con un numero verde intasato e nessuna informazione ufficiale sulle procedure.
Ognuno per sé: Regioni in ordine sparso sulla scuola

L’elemento più grave, a due mesi dallo scellerato provvedimento, è che la Campania è stata tristemente avanguardia.

Dopo De Luca, ogni presidente in difficoltà ha potuto decidere, in controtendenza con indicazioni nazionali ormai più di facciata che reali, di chiudere ed aprire le classi che voleva, senza dati a supporto, senza scadenze, senza certezze.

Ha iniziato la Puglia, seguita dalla Calabria, fino al piccolo Molise dove il presidente Toma, per paura di dover chiudere qualche negozio, pensa bene di chiudere elementari e medie fino alle vacanze natalizie, lasciando però ai sindaci la facoltà di tenerle aperte.

Esattamente come in Campania, dove alla timidissima riapertura delle prime elementari sono seguite ordinanze sindacali di chiusura sparse per tutta la regione e fatte non sulla base dei contagi ma del calcolo e dell’appartenenza politica.

La scuola doveva essere, anche nelle dichiarazioni governative, un bene essenziale, la cui chiusura andava scongiurata ad ogni costo.

Ciò che è accaduto è di una gravità inaudita. Non solo il Governo non ha fatto nulla per tenere le scuole aperte in sicurezza, ma le Regioni hanno avuto il via libera per fare ciò che volevano, lasciando a loro volta il via libera ai sindaci.

La scellerata riforma del Titolo V, messa alla prova sulla scuola in tempi di pandemia, si è rivelata definitivamente per quel che era: catastrofica.

Schola, ancilla commerciorum

La chiusura o apertura di una scuola è meno importante della chiusura o apertura di qualunque altra attività.

Il dato ha avuto conseguenze profonde anche sulla valutazione del rischio connesso alla frequenza scolastica.

Le aule delle classi prime campane sono tornate a riempirsi al 50% dopo la riapertura. Questa è la plastica dimostrazione del fatto che le politiche scellerate di Governo e Regione hanno convinto molte famiglie del fatto che le scuole (chiuse) siano più pericolose dei centri commerciali (aperti).

La scuola doveva essere tra gli ultimi luoghi a chiudere, e la chiusura doveva essere rigorosamente decisa a livello nazionale. Siamo costretti ad usare l’imperfetto perché, purtroppo, nonostante fin da Settembre ci siano state manifestazioni e scioperi, le cose sono andate esattamente al contrario.

Fuori dagli sche(r)mi!

L’unico dato positivo è che la sensibilità sul tema, invece di diminuire, aumenta.

Sono centinaia gli studenti che protestano per rientrare a scuola, e con loro le famiglie, di nuovo in piazza sabato scorso.

Mancano, lo diciamo mestamente, gli insegnanti. Impauriti, inghiottiti in ritmi infernali derivanti da un’applicazione della cosiddetta Didattica Digitale Integrata ben diversa – molto più intensa e rigida – rispetto allo scorso anno scolastico, non sono visibili. Alcuni sono convinti della bontà della chiusura, la maggior parte è contraria ma fatica a far sentire la propria voce.

Eppure de te fabula narratur. È del destino nostro, della nostra professione, della scuola pubblica di questo paese che si giocano, in questi giorni, le sorti.

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