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La scuola al centro degli interessi del paese!

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Due giorni di sciopero e una manifestazione ci dicono che vivremo “tempi interessanti”

La scuola è al centro degli interessi del nostro Paese. Non è una citazione della Azzolina, ma la constatazione del clima che si respira nei quartieri, nelle strade, nelle aule scolastiche.

Se c’è una cosa che abbiamo imparato dalla terribile esperienza dei mesi scorsi è che senza una sanità pubblica ed efficiente ed una scuola pubblica, aperta e sicura il Paese muore.

Il popolo ha bisogno di uno Stato in grado di garantire diritti essenziali quali salute e istruzione: se vengono meno questi pilastri, non c’è Recovery Fund che tenga.

Tre giorni di mobilitazione

Questo clima spiega il successo dei due giorni di sciopero indetti da USB, Unicobas, CUB e Cobas Sardegna, che hanno occupato le piazze romane e non solo insieme agli studenti, nonostante la pioggia.

E nemmeno la pioggia ha fermato studenti e docenti scesi in piazza il 26 alla manifestazione indetta dai comitati Priorità alla Scuola, cui Potere al Popolo ha aderito. Per ritrovare mobilitazioni così diffuse nel mondo della scuola dobbiamo ritornare a maggio 2015, allo sciopero – tardivo purtroppo – contro la cd. Buona Scuola.

Un successo di partecipazione che, però, non riusciva a parlare a tutta società: Renzi era riuscito a far credere che aveva stabilizzato tutti i precari, che la legge 107 avrebbe modernizzato la scuola pubblica, risollevandone le sorti. Si trattava invece dell’ennesima mina alle fondamenta del sistema di istruzione statale, chi lavorava nella scuola provò a denunciarlo ma è rimasto inascoltato.

Qualcosa è cambiato

Oggi sentiamo che è diverso: il Covid ha fatto da detonatore e la scuola, come istituzione democratica e presidio di uguaglianza, minaccia di crollare.

Le famiglie stanno pagando ogni giorno, sulla propria pelle, il costo dei tagli e del disimpegno dello Stato nella pubblica istruzione, iniziato negli anni Novanta con l’autonomia scolastica. Oggi la spinta alla mobilitazione viene quasi di più, e prima, dalle famiglie che dal personale scolastico.

Per la prima volta dopo tanto tempo le rivendicazioni storiche del mondo della scuola – spazi, sicurezza, innovazione, inclusività, assunzioni, classi meno numerose, stipendi adeguati – sono comprese e condivise dalle famiglie, quindi dalla generalità delle lavoratrici e dei lavoratori di questo Paese.

Questo spiega l’inizio promettente della mobilitazione, in un mese inusuale come settembre e in giorni in cui in parte del Paese le scuole hanno appena riaperto. I mesi a venire non potranno che essere “caldi” perché la situazione è esplosiva.

Che cosa succede nella scuola?
  • la mancanza di organico è paurosa, di gran lunga peggiore degli anni precedenti, e non è difficile prevedere il fallimento delle assunzioni a tempo determinato legate all’emergenza (cinicamente definito dell’ “organico Covid”!) perché, com’è giusto, solo pochissimi accetteranno e solo in ultima analisi.
  • i famosi banchi monoposto arriveranno – forse – a fine ottobre, mentre nelle scuole studenti e insegnanti si sono improvvisati fabbri e falegnami
  • i collegi dei docenti sono campi di battaglia dove docenti combattivi contrastano il tentativo di troppi dirigenti di “risolvere” il problema scuola riproponendo la didattica a distanza
  • i genitori si organizzano in comitati per ispezionare le scuole e verificare il rispetto delle condizioni di sicurezza
  • gli studenti gridano forte e chiaro di non avere per niente voglia di tornare da soli davanti ad uno schermo. Inoltre hanno dimostrato, nei pochi giorni di scuola trascorsi, un senso di responsabilità “sanitaria” e una coscienza civile encomiabili.
Il nostro impegno

Potere al popolo è dentro queste lotte perché è fatto, tra gli altri, da docenti, studenti, personale ATA, lavoratrici e lavoratori che vogliono i figli a scuola in sicurezza.

Vogliamo dotarci degli strumenti per sostenere le lotte che si svilupperanno nelle scuole, dal singolo istituto all’intera nazione. Lo faremo insieme ai sindacati di base combattivi, ai comitati genitori, agli studenti organizzati.

In piazza abbiamo visto anche le bandiere di sindacati compromessi e corporativi che nei decenni scorsi sono stati complici della distruzione della scuola pubblica. Hanno firmato contratti inaccettabili, lucrato sul precariato con ricorsi che hanno diviso la categoria, bloccato le mobilitazioni e alimentato la guerra tra poveri.

Oggi sono costretti ad inseguire chi scende in piazza, e se siamo determinati domani saranno scavalcati.

Siamo immersi in un grande movimento in cui in gioco non c’è la difesa del passato, ma il futuro che vogliamo.

Non vogliamo rinunciare al nostro futuro, né delegarne la realizzazione a qualcun altro.

Adesso torniamo tra i banchi, nelle aule, consapevoli di avere un compito storico. Ricostruiamo la scuola pubblica, democratica, di qualità, per salvare il nostro Paese e le generazioni che verranno.

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