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I “pieni poteri” di Orbán e l’emergenza coronavirus nei Paesi Visegrad

Contributo di Massimo Congiu

La settimana scorsa era stata data per scontata l’approvazione del disegno di legge per dare pieni poteri al primo ministro ungherese Viktor Orbán. Di fatto le cose sono andate così e con 138 voti favorevoli – 53 quelli contrari – il premier ha ora la facoltà di governare per decreti, imporre una “pausa forzata” del parlamento, modificare o sospendere leggi in vigore, bloccare le elezioni. Sono previste anche pene detentive comprese fra uno e cinque anni per quanti divulgassero notizie false. La dittatura ha gettato via la maschera, secondo il leader socialista Bertalan Tóth, gli fanno eco i vertici di Jobbik che parlano di colpo di stato. Il disegno di legge era stato presentato la settimana scorsa per un’approvazione lampo che però non ha avuto luogo per mancanza di voti sufficienti. Si sapeva, però, che 135 pareri favorevoli ottenuti allora sarebbero bastati per l’approvazione con procedura normale. Il resto è cronaca. I pieni poteri di cui Orbán può beneficiare sono a tempo indeterminato, avendo il premier respinto la richiesta dell’opposizione di inserire nel testo della legge un limite di 90 giorni. È lecito aspettarsi, a questo punto, nuove manovre per neutralizzare qualsiasi tentativo residuo dell’opposizione politica e sociale di difendere principi e prassi democratici. Il disegno di legge è stato presentato cogliendo lo spunto dell’emergenza da Coronavirus che ha visto l’introduzione, nel paese, di misure severe per contrastare l’infezione. Sono chiuse le frontiere, le scuole, i centri culturali e i luoghi di intrattenimento. La gente è invitata a restare a casa e le strade sono controllate dalle forze dell’ordine. A oggi le autorità sanitarie dichiarano 492 casi di contagio, 16 decessi, 37 guarigioni e 61 quarantene. Per l’opposizione neanche una crisi come quella in corso può giustificare provvedimenti come quelli concepiti dal governo. Lo stato di emergenza sta fornendo un’altra “buona” carta politica a Orbán cui spetta il diritto di stabilire la durata della misura adottata per contrastare l’infezione.

La Slovacchia sta superando i 360 casi. I voli dal paese sono stati sospesi fino a Pasqua, l’attraversamento del confine attraverso la Repubblica Ceca è possibile solo con un documento speciale. È obbligatorio l’uso della mascherina quando si esce di casa, le persone in fila davanti a negozi e farmacie devono osservare una distanza di almeno due metri l’una dall’altra e dal 30 marzo è obbligatoria la misurazione della temperatura all’ingresso di negozi, fabbriche e ospedali. Il 28 marzo scorso 36 studenti francesi, 40 tedeschi e 10 portoghesi presenti in Slovacchia grazie al programma Erasmus, sono stati riportati a casa in autobus. Le autorità invitano la gente a stare a casa, soprattutto gli anziani, e di uscire solo per necessità inderogabili.

Con 2.956 casi confermati di contagio, 23 decessi e 25 pazienti curati con successo, la Repubblica Ceca è il paese del Gruppo di Visegrád (V4) più colpito dal Coronavirus. I primi casi sono stati riscontrati lo scorso 5 marzo. Da allora il numero delle infezioni è cresciuto regolarmente. Anche le autorità ceche invitano le persone a limitare gli spostamenti e a evitare i mezzi pubblici. L’esortazione è rivolta con particolari accenti alle persone anziane. Si può uscire per fare la spesa, per andare in farmacia o al lavoro, ma si raccomanda a chi lavora di farlo da casa o di chiedere ferie, se possibile. Risulta che il grosso della popolazione si sente seriamente minacciata dal virus e approva le misure decise dal governo.

La Polonia è il secondo paese del V4 per numero di casi: Ne sono stati dichiarati 2.055 con una prevalenza in Masovia (centro), la regione più grande del paese. Varsavia ha adottato lo stato di emergenza con un po’ di ritardo rispetto agli altri paesi del Gruppo. Sono entrate in vigore severe limitazioni ai movimenti delle persone e multe che possono arrivare fino all’equivalente di oltre mille euro per le infrazioni alle misure disposte dal governo. Al momento sembra confermata la data del 10 maggio per le elezioni presidenziali. Il partito governativo PiS non gradisce l’ipotesi di un rinvio a data da definirsi, necessità sostenuta, invece, da almeno quattro candidati dell’opposizione. Quest’ultima prevede una scarsa affluenza alle urne che andrebbe a favore del presidente in carica Andrzej Duda, uomo del PiS, per il quale si prevede una riconferma forse già al primo turno.

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