Lo slittamento della riapertura delle scuole è lo specchio del disastro politico e amministrativo in cui versa il nostro Paese.
Nei mesi scorsi, una serie di bufale. L’inutile spesa per i banchi monoposto, con rotelle o senza, le “promesse mancate” su test e tracciamento, il nulla di fatto sui problemi più grandi come trasporto pubblico, spazi, personale docente e non.
La scuola è partita tardi, male, ed ha chiuso, almeno per le superiori, prestissimo, con la tragica eccezione della Campania, i cui studenti, dalla terza elementare in poi, non vanno a scuola da metà ottobre.
Ad un quadro generale pietoso si aggiunge la confusione determinata dal fatto che ogni regione si muove per conto proprio: sono solo 3 su 20 le Regioni che hanno rispettato le indicazioni governative, mentre le altre ritarderanno ulteriormente la riapertura.
La scuola è chiaramente un terreno di scontro interno alla maggioranza, cosa che ha avuto, sull’intera gestione, conseguenze maggiori di qualunque valutazione di tipo tecnico-scientifico.
Il balletto sulle date e l’ordine sparso in cui si muovono le regioni determinano caos e problemi per milioni di persone, in primis proprio per le famiglie lavoratrici che non hanno una “flessibilità” tale da potersi permettere di seguire le decisioni governative tweet dopo tweet, ora dopo ora.
Noi abbiamo sempre portato rivendicazioni chiare:
- investimenti sulle assunzioni, sugli spazi, sul trasporto scolastico
- garanzie sulla possibilità di test gratuiti per il personale
- un serio lavoro di tracciamento.
Nulla di tutto ciò è stato fatto, né nella scuola, né altrove.
Abbiamo detto – insieme ai sindacati di base e ai movimenti che hanno animato le piazze “no dad” e che sono tornati a protestare l’11 Gennaio scorso– che non c’è alcuna contrapposizione tra diritto allo studio e diritto alla salute. Il diritto allo studio è sparito sotto gli stessi tagli che hanno portato la sanità al disastro al quale assistiamo.
Nel momento in cui scriviamo non abbiamo certezze né rispetto a quando le scuole riapriranno davvero, né rispetto a se, e quanto, resteranno aperte.
Di fronte ad una terza ondata di contagi in arrivo, al nulla fatto da Governo e Regioni e alla completa assenza di volontà di garantire la scuola in presenza, c’è il rischio concreto che buona parte di quest’anno scolastico venga svolta a distanza.
Ciò comporta un inasprimento delle disuguaglianze (sociali ma anche geografiche, tra nord e sud del paese), un aumento dell’abbandono scolastico e della dispersione, un classismo sempre più feroce del sistema dell’istruzione, e come se non bastasse finanche documentati, purtroppo, danni clinici – fisici e psicologici – connessi alla teledidattica.
La debacle decisionale italiana sulla scuola non danneggia solo le classi popolari, ma mostra la crisi profonda di leadership e direzione politica che investe il nostro paese.
Ma non ci arrendiamo, e ribadiamo ancora oggi, quando sembra impossibile, che le scuole devono essere riaperte subito e in sicurezza.
Nella situazione emergenziale in cui siamo, è immediatamente possibile e necessario:
- potenziare il trasporto pubblico (i soldi ci sono)
- assumere nuovo personale docente e non (sono decine di migliaia i/le docenti abilitati e gli ATA senza lavoro)
- garantire a tutto il personale scolastico la possibilità di effettuare periodicamente e gratuitamente test rapidi, e in generale aumentare enormemente il numero di test effettuati
- assumere personale sanitario nelle ASL per dare vita ad un vero tracciamento dei contagi nel Paese – che non è mai partito di fatto – e attivare sportelli di assistenza psicologica nelle scuole.
In tutta Italia le studentesse e gli studenti, oltre al movimento Priorità alla Scuola e al sindacalismo di base e conflittuale, si stanno mobilitando su queste parole d’ordine.
Se una nuova chiusura dovesse imporsi, non vogliamo che sia come le precedenti, con la farsa delle zone colorate.
Se lockdown deve essere, che sia breve, vero, efficace e pensato dando priorità ai settori strategici; che si parta dunque chiudendo le produzioni e attività economiche non essenziali – garantendo continuità di reddito a chi lavora – e solo alla fine, come extrema ratio, le scuole.
Sulla base di questi punti sosteniamo da oggi ogni mobilitazione, facendo appello al sindacalismo di base e conflittuale per una giornata di sciopero generale su scuola e salute.
Lo abbiamo detto a Marzo e lo ribadiamo ora: