Giani si preoccupa di tranquillizzare Confindustria, mentre dal dibattito è assente qualsiasi gestione pianificata del Recovery Fund
In questi giorni sono apparse su Repubblica due interviste rivelatrici: la prima del 7 novembre al presidente della Regione Eugenio Giani, la seconda, dell’8, al presidente di Confindustria Firenze Maurizio Bigazzi.
Nella prima Giani mette al primo posto tra le priorità toscane le infrastrutture oltre, naturalmente, la “svolta green”. Quando va a precisare cosa intenda, parla come sempre del sottoattraversamento TAV e di “cura del ferro” oltre a non chiari progetti come l’elettrificazione della linea Empoli Granarolo.
Nella seconda Bigazzi naturalmente si scaglia contro i “comitati del no, lentezze, burocrazia inutile”, dimenticando che non è l’odiata burocrazia che rallenta e blocca molti progetti, ma errori progettuali e pianificatori. Dimentica anche che i “comitati del no” si limitano a denunciare proprio gli errori alla base dei disastri ambientali ed economici, proponendo soluzioni alternative ai problemi della regione.
Interessantissimo è notare che con la Regione “il confronto c’è, è in corso. Ci sono tanti tavoli aperti perché c’è la sfida del Recovery Fund… Registriamo un clima di collaborazione positivo e questo è rilevante perché siamo di fronte ad una mole di fondi pubblici mai vista da gestire”. E poi prosegue chiarendo quali sono le priorità di Confindustria: “Infrastrutture. Materiali e immateriali, come dice lo stesso Giani: la cura del ferro, la sostenibilità ambientale, le reti, ferrovie, strade, tramvie, porti, aeroporti. L’elenco del presidente è il nostro”.
I miliardi del Recovery fund nelle tasche del capitale
Tutta questa massa di infrastrutture molto pesanti non è frutto di una corretta pianificazione, ma l’evoluzione pluridecennale del patchwork degli interessi molto concreti dei gruppi finanziari e di costruzioni che si sono imposti e sedimentati. Anche i meccanismi normativi adottati sono perfettamente aderenti agli interessi di chi costruisce e finanzia: general contractor e project financing, formule che garantiscono altissimi profitti (o meglio sarebbe parlare di rendite) sempre fatti con risorse pubbliche. La gestione irrazionale di tutta questa materia è la causa prima dei ritardi e degli stop dei lavori, ma ha garantito profitti favolosi.
La perfetta concordanza rilevata tra interessi confindustriali e presidente Giani è forse la parte più importante delle due interviste e dovrebbe per lo meno incuriosire gli spiriti critici che sopravvivono in Toscana e far emergere alcuni problemi.
Un grosso problema è che questa solitaria sinergia tra politica e una sola parte sociale, quella del grande capitale, non può che portare distorsioni tremende in tutti i campi: infatti vediamo gli impatti ambientali e climatici che le loro proposte fatte di cemento, ferro e speculazione crescere a dismisura.
Gli impatti economici rischiano di essere ancora più evidenti: dobbiamo impedire che la pioggia di soldi da UE e BCE prendano la direzione di sostenere le grandi imprese strettamente legate alla politica lasciando i bisogni del territorio e della popolazione da parte. Basti pensare al caso Bekaert e più in generale al ciclo dell’acciaio, che andrebbe convertito e pubblicizzato in quanto produzione strategica, e che invece sta venendo abbandonato; basti pensare allo stato del trasporto pubblico locale, in particolare nelle zone periferiche della regione. Basti pensare a chi è fuori da questi enormi trasferimenti, che semplicemente muore. Pensiamo a una fetta sempre più importante della classe lavoratrici, rimasta senza risorse, e costretta a chiedere elemosine di striminziti redditi di emergenza e pacchi alimentari per sopravvivere. E a fette crescenti di classe media in via di proletarizzazione.
La cosa che forse è più subdola e inquietante è la constatazione che questo mercimonio Regione/Confindustria sanziona lo stato agonico della democrazia contemporanea. L’unico soggetto sociale ascoltato è quello detentore del grande capitale; la quasi totalità dell’umanità è cancellata, tacitata e annichilita nella narrazione farlocca che promette un paese dei balocchi per tutti con i soldi dell’Europa. In realtà faranno “sgocciolare” il meno possibile da questa operazione di spartizione di risorse e si andrà, anche con questa crisi, ad una concentrazione ulteriore di ricchezza e ad una spietata selezione di darwinismo sociale.