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[Torino] NON E’ UN PAESE PER GIOVANI: GRANDI EVENTI E SOLITE FORME DI SFRUTTAMENTO

eurovision volontari
Negli ultimi giorni abbiamo appreso che la Rai sarebbe alla ricerca di volontari da utilizzare nella realizzazione dell’Eurovision Song Contest, con il rischio che il reclutamento di lavoratori non retribuiti venga come al solito appaltato ad un grande service internazionale a cui spetterebbe la fetta più grossa di guadagni.

Nessuna sorpresa dunque, solo il riproporsi delle medesime dinamiche di sfruttamento giovanile, intrinseche nella logica dei “grandi eventi” portata avanti da decenni dal Sistema Torino, che hanno portato alla crescita delle disuguaglianze nella nostra città.
Già dalle prime dichiarazioni della nuova giunta Lo Russo, era palese come questa si collocasse in perfetta continuità con la visione di città vetrina, svenduta a privati e speculatori, che nel 2006, con l’organizzazione delle olimpiadi invernali, ha portato sempre il centrosinistra a scavare un pozzo profondo nel bilancio cittadino, dal quale non si sono certo abbeverate le classi popolari.

Non sorprende neanche l’ipocrisia dei quotidiani locali, che millantano le miracolose ricadute generate da questi grandi eventi, “omettendone” i beneficiari. Con le olimpiadi del 2006 abbiamo visto il diffondersi dello sfruttamento giovanile, il rincaro dei prezzi derivante dall’afflusso di turisti senza un adeguamento dei salari dei lavoratori del settore, e un enorme travaso di fondi pubblici nelle tasche di poche imprese.

In questo contesto l’Eurovision si presenta come l’ennesima occasione di rapina, davanti alla quale il Sistema Torino non può che fregarsi le mani, riproponendo le stesse forme di sfruttamento in una città che vive una crisi occupazionale ed economica profonda, che verrà acuita dagli effetti del carovita. Una città che soffre di un tasso di disoccupazione giovanile che si attesta intorno al 20%, in cui il mondo del lavoro è sempre più precario. Una città “di passaggio” in cui chi finisce gli studi universitari è costretto a migrare per trovare condizioni lavorative migliori e su cui pesa sempre di più l’indifferenza della classe politica nei confronti della condizione giovanile.

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