Sta facendo parlare di sé la protesta di Ilaria Lamera, studentessa accampatasi di fronte al Politecnico di Milano in protesta contro il caro affitti, che ha dato rapidamente vita a un movimento che si va diffondendo in tutte le città universitarie.
Il detonatore di questa protesta è stato il diffondersi degli affitti brevi per turisti tramite piattaforma, che ha fatto diminuire l’offerta di appartamenti o stanze messe in affitto per lunghe permanenze, facendo così schizzare i prezzi in alto, soprattutto in quelle zone della città dove insiste tanto la popolazione turistica quanto quella studentesca.
A ciò va aggiunta l’assenza di politiche pubbliche per il diritto allo studio: i vecchi studentati pubblici per studenti provenienti da famiglie a basso reddito sono stati sostituiti dagli student hotel, veri e propri hotel che affittano stanze con una media di 700 euro per persona in camera doppia, 850-900 euro per una singola, insostenibili per studenti provenienti da famiglie di classe lavoratrice. Lo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) stanzia più di 960 milioni di euro per sviluppare soprattutto queste forme di studentati.
Non solo studenti
Questo fenomeno ha però rivelato un problema più profondo, che riguarda il diritto alla casa per le classi popolari. Airbnb e le altre piattaforme hanno trovato in Italia un mercato degli affitti e del mattone totalmente deregolamentato e già in pasto ai pescecani. Dagli anni Novanta infatti la ristrutturazione in senso neoliberale del capitalismo italiano, con la complicità della destra e del Pd, ha toccato anche le politiche abitative: il governo delle città è stato consegnato in mano ai padroni della rendita immobiliare. In sostanza si è smesso di costruire nuove case popolari, si è rinunciato a porre un tetto agli affitti, pure esistente fino al 1998 con il nome di “equo canone”, e si è scelto di far scrivere i piani urbanistici ai grandi attori privati, in cambio di investimenti. Il risultato è lo svuotamento dei centri storici, aree metropolitane collegate al centro ricco e benestante, ma sostanzialmente scollegate tra loro e sempre più simili a grandi dormitori; un’enorme quantità di immobili vuoti, in mano a grandi proprietari, e un’enorme quantità di persone senza casa o in grossa difficoltà con i pagamenti del mutuo e dell’affitto.
Solo per fornire alcune cifre, in Italia solo 4 case su 100 sono case popolari (in Francia sono 15, in Gran Bretagna 16). Ci sono circa 650 mila persone regolarmente iscritte alle liste d’attesa che non riescono ad accedere perché le istituzioni non assegnano le case. Sono però circa 7 milioni gli edifici vuoti nel nostro paese, che contribuiscono ad alzare il prezzo degli affitti, a fronte di salari reali da fame.
Quali soluzioni
La protesta delle tende ha scatenato una canea mediatica: il Pd e il M5s in particolare hanno provato a inserirsi in questa protesta – non senza importanti contestazioni – proponendo piccoli correttivi al problema abitativo, riguardanti in particolare una parziale regolamentazione degli affitti brevi (sempre però demandata ad altri attori: l’Unione Europea, il Governo, etc.).
Non vengono però nominate le sole proposte che già in parte a livello comunale potrebbero essere applicate, perché non si vuol pestare i piedi ai gruppi imprenditoriali che pagano le campagne elettorali. Noi di Potere al popolo! invitiamo a generalizzare la protesta delle tende intorno a obiettivi chiari:
- Un tetto agli affitti, che ristabilisca un moderno equo canone, stabilendo canoni rapportati al valore reale dell’immobile;
- Un piano straordinario per la messa a disposizione di 1.000.000 di alloggi popolari in 10 anni, attraverso il prioritario riutilizzo del patrimonio esistente, che spesso è inutilizzabile perché non ristrutturato o perché venduto a privati;
- l’introduzione di un’imposta fortemente progressiva sugli immobili sfitti, l’abolizione della cedolare secca e la possibilità per i sindaci di requisire lo sfitto in situazioni di emergenza abitativa;
- l’abolizione dell’articolo 5 della legge Lupi, che nega a chi è costretto ad occupare immobili abbandonati il diritto alla residenza e la possibilità di allacciarsi alle reti elettriche, idriche e del gas;
- un controllo delle tariffe per i servizi pubblici essenziali e la loro garanzia per tutte e tutti, in particolare per chi è in condizioni di disagio socio-economico;
- una moratoria sulla “morosità incolpevole”;
- un piano di riqualificazione delle periferie, in cui vivono 14 milioni di persone;
- per gli affitti turistici tramite piattaforma regolamentazione fiscale su 3 categorie di host per non penalizzare chi lo fa come forma di integrazione del reddito. Le categorie sono: host singolo, multiplo (fino a 4 alloggi) e professionisti, quest’ultimi da vietare (su questo invitiamo ad approfondire qui)
- un salario minimo di #almeno10 euro l’ora che consenta a chi lavora di avere un’esistenza libera e dignitosa.