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FIRENZE A CHI LA VIVE! Il nostro programma per la città

Diritto alla città

Firenze da più di venti anni è sottoposta a privatizzazioni selvagge e dal 2008, con la L.n°11, al sistematico saccheggio di edifici e spazi pubblici che, a causa di un decentramento senza criterio, si trovano vuoti, nell’area centrale, mentre la periferia subisce la propria condizione marginale e senza riscatto.
Il Centro Storico, Patrimonio Unesco, vede concentrati gli interessi del grande capitale finanziario, del commercio del lusso e di una nuova e aggressiva industria turistica.
La città antica è sottratta agli abitanti, da un lato nella sua agibilità fisica ed economica, dall’altro perché la realizzazione di questo sfruttamento produce gigantismo delle infrastrutture che si scaricano sul territorio a partire da quello che rimane della Piana Fiorentina.
In questo processo estrattivo si consolida la città diseguale, fatta di “poli”, cittadelle o C.S. dove si crea sviluppo a fronte di crescente sottosviluppo, di povertà ambientale, di periferia. Lo stesso processo comporta la distruzione e alienazione di risorse quali gli edifici da riutilizzare, i grandi spazi dismessi dalle ferrovie, le aree ex industriali, le aree verdi o scoperte, alcune pendici collinari. Il Regolamento Urbanistico non si risparmia nel concedere tutto il cedibile ai metri quadri costruibili, dunque alla rendita. E la rendita, per sua natura e vocazione, si preoccupa solo di quantità traducibili in denaro. È all’evidenza di tutti come il discorso pubblico sulla città sia polarizzato solo da vendite e numeri, mai da persone e comunità, in una parola dalla Civitas.
Dobbiamo agire subito per salvaguardare gli spazi, i luoghi, gli edifici che ancora non sono compromessi e rilanciare un progetto di città al servizio dei suoi abitanti, vecchi e nuovi. La città che vogliamo è una città cosmopolita dove si pratica la democrazia dell’abitare, una città di eguali dove si abbattono le gerarchie sociali generate dalle gerarchie dei luoghi, una città policentrica ed equivalente. Il surplus di ricchezza che i grandi operatori finanziari estraggono dal Centro Storico deve tornare alla cittadinanza, redistribuita in tutta la città in forma di Servizi, Cultura e Attrezzature gratuite: il cuore della città deve essere restituito a chi ci abita, ci lavora, ci studia favorendo il mantenimento e il ritorno della residenza stabile e delle attività artigianali e commerciali. È prioritario assicurare il diritto alla casa e all’abitare dell’intera città, superando la tendenza alla mera e falsa tutela del centro storico e smarcandosi da questioni identitarie e dalla retorica dell’autentico, che produce solo simulacri ad uso dell’industria turistica.

Le case ci sono, riprendiamocele

Gli immobili pubblici devono divenire non alienabili. Gli immobili dismessi di proprietà demaniale o degli enti locali, per fronteggiare la crisi abitativa, devono essere adibiti ad alloggi pubblici diventando patrimonio ERP (Edilizia Residenziale Pubblica).
Tra gli spazi individuati: Ex Ospedale militare di via San Gallo, Ex Caserma Redi di via Venezia – già convento del Maglio, Ex- Caserma Ferrucci in Piazza Santo Spirito, i padiglioni inutilizzati di San Salvi, Villa Basilewsky, Ex-Ospedale Meyer in via Luca Giordano, Ex Ospedale militare in via di Monte Oliveto.
L’ultima area libera dell’ex OGR a Porta a Prato non deve essere cementificata. Rappresenta un’ulteriore espansione del Parco delle Cascine verso la città e verso il Quartiere San Jacopino-Puccini che è privo di spazio pubblico, non può essere consegnata alla prevista lussuosa lottizzazione. Nei due capannoni di archeologia industriale si possono insediare laboratori di ricerca e attività lavorative sperimentali, destinate ai giovani ricercatori, in grado di costituire un luogo di ricerca/azione/diffusione, per la conversione ecologica della città. I piazzali ricavati dalla demolizione ospiteranno alcune attività mobili di svago, che sottraggono attualmente al Parco delle Cascine le sue proprietà naturalistiche.
Gli spazi liberi nel complesso dell’ex Tribunale di Piazza San Firenze, in parte occupato dalla Fondazione Zeffirelli, possono essere destinati a Centro di cultura visiva per mostre di giovani artisti, con laboratori e atelier artistici, artigianali e musicali. Formazione e educazione su temi artistici, workshop e giornate aperte alla cittadinanza. La città può e deve offrire in maniera diffusa spazi di agibilità sociale aperti a tutte/i e gratuiti.

Meno rendite, piu abitanti: Firenze non è un albergo

Gli sfratti motivati dalla trasformazione turistica degli alloggi devono essere bloccati. Nei condomini deve essere stabilito un limite nell’offerta di interi appartamenti agli affitti turistici, la tassa turistica di soggiorno deve essere vincolata al reinvestimento nelle politiche abitative e nel TPL (Trasporto Pubblico Locale) che deve tornare completamente pubblico.
Per gli affitti turistici regolamentazione fiscale su 3 categorie di host per non penalizzare chi lo fa come forma di integrazione del reddito. Le categorie sono: host singolo, multiplo (fino a 4 alloggi) e professionisti, quest’ultimi da ostacolare.
La casa ha una funzione sociale e non è un genere di consumo né un albergo, mentre le destinazioni di uso sociale non possono essere monetizzate.
La città non è un albergo e la casa un diritto. Nelle trasformazioni urbanistiche gli alloggi che acquisiscono destinazioni d’uso sociale non possono essere monetizzati.
Difendere i presidi sanitari nel centro città.

Residenza per tutte e tutti

È inoltre fondamentale facilitare la procedura che permette alle persone senza fissa dimora di ottenere una residenza fittizia. Avere una residenza è una condizione necessaria per l’accesso a diritti di base, quale il diritto al lavoro (senza residenza non è possibile iscriversi al centro per l’impiego, aprire una partita IVA, aprire ditta, avere una licenza commerciale ecc.), alla salute (non si può accedere al Servizio Sanitario Nazionale se non per cure di pronto soccorso), al voto, all’assistenza sociale (non si può accedere ai servizi sociali, non si può chiedere il riconoscimento di invalidità, non si può percepire la pensione), alla tutela contro la povertà (non si può avere il gratuito patrocinio, non si può godere dei sussidi). Al momento nel Comune di Firenze è attivo un solo luogo, in Via del Leone 35, in cui è possibile prendere la residenza fittizia, i senza fissa dimora sono inoltre obbligati ad andarvi a firmare mensilmente per non essere cancellati dall’anagrafe. Noi riteniamo che questo servizio vada potenziato affinché di luoghi del genere ve ne siano almeno uno per quartiere. L’attuale regolamento, inoltre, obbliga a presentare un’enorme quantità di carte, risultando così un ulteriore intralcio per i senza fissa dimora che vogliono ottenere la residenza. Noi vogliamo un regolamento più semplice, in quanto pensiamo che l’amministrazione comunale debba favorire l’accesso ai diritti, e non ostacolarlo, come oggi sta succedendo.

Mutualismo e Case del Popolo

Vogliamo promuovere e sostenere ogni attività di mutuo soccorso all’interno delle classi popolari. Siamo convinti che queste siano la più efficace forma di autodifesa contro le politiche di erosione di welfare e diritti in atto da decenni nel nostro paese. È necessario ribaltare la triste realtà della “guerra tra poveri”, creando reti di solidarietà tra gli sfruttati. Riconoscersi nei bisogni dell’altro, aiutandosi vicendevolmente, è il solo modo per spezzare quelle retoriche che ci vogliono divisi, soli e, di conseguenza, più deboli. Noi, invece, vogliamo essere uniti e forti.
Nella nostra città esiste un grande patrimonio pubblico che abbiamo avuto la fortuna di ereditare dal passato: le Case del Popolo. Anch’esse hanno però subito negli anni un processo di desertificazione che le ha spesso deviate dal loro ruolo sociale originario: essere luoghi del popolo per il popolo, in cui i lavoratori potessero autorganizzarsi per rispondere ai propri bisogni materiali, culturali e ricreativi. Gli spazi ci sono, sta a noi dargli un nuovo impulso vitale.
Per tutti questi motivi abbiamo deciso di dare il nostro contributo alle attività della casa del popolo “Il Campino”, nel quartiere di Rifredi. Qui, in un primo momento, siamo riusciti a ripopolare lo spazio con concerti, serate ed iniziative culturali. In seguito abbiamo fatto sì che “Il Campino” facesse da base logistica per il progetto “Emergenza freddo”, volto a dare sostegno materiale ai senza-tetto della città, distribuendo loro coperte e vestiti. Infine abbiamo partecipato, assieme a dei giovani del quartiere, alla pulizia degli argini del fiume Terzolle.
In futuro ci proponiamo di rendere “Il Campino” non solo un luogo di aggregazione sociale, ma, attraverso l’apertura di sportelli e spazi di libero scambio, anche un centro di attività mutualistiche per la difesa del diritto alla casa, alla salute e ad un lavoro dignitoso.

Firenze più verde

Il verde pubblico va tutelato e accresciuto, mediante un’adeguata manutenzione si deve evitare il taglio indiscriminato delle alberature, vanno previste adeguate piantagioni di nuove alberature per contrastare lo smog, assorbire la CO2, migliorare la qualità dell’aria.
Le periferie vanno trasformate in città anche attraverso spazi liberi vegetali, al verde pubblico, agli edifici dismessi, al vuoto in generale che connette e guida il ridisegno della città. Partendo da uno/due parchi pubblici in ogni quartiere è necessario mettere in rete tutta la città attraverso corridoi ecologici e piste ciclabili così da rendere percorribile l’intero territorio comunale con la mobilità dolce (pedonale e ciclabile). Tre dei punti centrali di questa rete sono le ville pubbliche di Rusciano, Fabbricotti e Strozzi che in quanto Attrezzature cittadine e di quartiere non possono e non devono essere vendute!
Il verde urbano deve essere una invariante di ogni piano urbanistico, bisogna dire no ai tagli indiscriminati e alla incontrollata sostituzione e ingiustificato rinnovo degli alberi, sì alla forestazione urbana e alla rinascita dell’Arno, dei suoi affluenti, del Fosso Macinante.
Vogliamo inoltre il potenziamento degli Orti sociali e dell’Agricoltura urbana.

Acqua pubblica

Vogliamo la riacquisizione della proprietà e della gestione pubblica dell’acqua. Rispetto alla gestione Publiacqua, costosa e scadente, pretendiamo la rimodulazione delle tariffe verso il basso in base al reddito e la previsione del controllo popolare di utenti e lavoratori sulla gestione.

Aria pessima? La controlliamo noi!

Facciamo nostra la proposta dei comitati della Piana: monitoraggio della qualità dell’aria con il coinvolgimento dei cittadini e delle loro associazioni. Per migliorare l’ambiente si può favorire il trasporto pubblico con mezzi elettrici: utilizzare le potenzialità della linea ferroviaria esistente, dove necessario con l’aggiunta di binari e di fermate. Rinnovare il parco autobus del TPL con autobus elettrici: e-bus che si ricaricano al capolinea in 10 minuti.

Porta a porta

La Raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta, è quella che in Italia ha funzionato meglio. Va associata al riciclo e riutilizzo dei materiali, a progetti concreti per la riduzione di rifiuti e degli imballaggi, al recupero dei vuoti a perdere, all’incentivazione dei prodotti sfusi e/o alla spina, all’abbandono dell’incenerimento.

Mobilità e infrastrutture

Il falso problema che ha afflitto il dibattito nei decenni passati sulla mobilità fiorentina, basato solo sulla scelta del mezzo di trasporto pubblico (tram, bus o metro), è fuorviante. Per avviare un serio percorso è indispensabile partire da una analisi dell’esistente.
Inoltre la mancanza di un progetto per la mobilità nell’area metropolitana ha portato negli anni a dibattiti accesissimi quanto inutili sulla scelta del mezzo principale per realizzare un serio trasporto pubblico. In realtà solo una seria progettazione e la chiarezza degli obiettivi che ci si vogliono dare può portare ad una scelta del mezzo e dei percorsi più adatti alla città.
Non si deve riaccendere l’assurda polemica tram sì, tram no; oggi è necessaria una moratoria dei progetti in corso e una seria, partecipata e rapida progettazione, libera dai vincoli delle attuali privatizzazioni.

La rendita crea pendolarismo

La mobilità e la città rispecchiano pienamente la segregazione economica introdotta delle violente politiche economiche liberiste che pongono il profitto come pernio totalizzante della società e piegano a questo distorto obiettivo tutti gli esseri umani.
Uno degli effetti di queste politiche è stata l’espulsione delle classi popolari dai centri cittadini; il fenomeno ha interessato anche Firenze; non è difficile vedere che dagli anni ‘80 del secolo scorso centinaia di migliaia di abitanti si sono diretti dove il costo delle abitazioni era meno esoso, espulsi soprattutto dal centro storico Unesco, destinato ormai all’estrazione di profitto da un turismo industrializzato e distorto. La rendita ha perciò prodotto una massa enorme di persone che si sono trasformate in pendolari.
La rendita è una delle principali responsabili degli ingorghi quotidiani in città e alle sue porte; si calcola che il 40% circa del trasporto cittadino sia dovuto al pendolarismo.
Il processo di liberazione dall’invasione delle automobili non può partire colpendo chi è la prima vittima di questa dittatura, cioè il mondo del lavoro.
È soprattutto nella tassazione della rendita che si devono trovare le risorse per lo sviluppo del trasporto pubblico, non colpendo l’auto che spesso è il mezzo di trasporto di chi non ha alternative.

Un trasporto pubblico per i cittadini

Questa constatazione dovrebbe indurre qualunque amministratore pubblico a instaurare politiche che allievino la vita di chi è costretto a passere una porzione importante della propria vita in viaggi non di piacere.
La principale soluzione sarebbe quella di prevenire la necessità di mobilità favorendo la residenza in prossimità dei luoghi di lavoro, il ché consisterebbe nel ripopolamento della città e dei suoi quartieri di pregio da parte dei lavoratori. Qui il tema della mobilità si sposa perfettamente col problema della casa.
Togliere gli artigli alla speculazione e destinare le aree più servite dai mezzi pubblici a residenze popolari vorrebbe dire anche aiutare chi ha difficoltà a muoversi. Destinare tutti i contenitori ritenuti “vuoti”, perché non ancora svenduti nei processi di privatizzazione, a residenze popolari o destinate al ceto medio ripopolerebbe la città e diminuirebbe la pressione del pendolarismo.

Chi è più lontano paghi meno

Se il pendolarismo è uno dei frutti dell’estrattivismo che sta colpendo la città, le tariffe non dovrebbero essere proporzionali alla distanza percorsa, ma inversamente proporzionali al disagio che i pendolari subiscono.
Una saggia politica sociale dei trasporti dovrebbe guardare a tariffe differenziate ed anche alla possibilità della gratuità del TPL, soprattutto per le fasce più deboli.
Una corretta politica tariffaria favorirebbe l’inclusione sociale.

Per una Ripubblicizzazione del TPL

La crisi sistemica ha condotto i grandi gruppi finanziari a cercare profitti nello sfruttamento dei servizi; avviene anche nella mobilità. Questo fenomeno distorce totalmente la funzione del TPL ormai orientato a garantire profitti sicuri ai gestori del trasporto piuttosto che garantire il diritto alla mobilità. La creazione di monopoli privati di gestione del trasporto crea strutture di potere verso le quali le amministrazioni, soprattutto i comuni, hanno ben poche armi. Il progetto regionale di “gestore unico dei trasporti” in tutta la Toscana metterebbe nell’impossibilità di agire gli enti locali, sarebbe un sostanziale furto di democrazia e di libertà.
Gli effetti della privatizzazione dell’ATAF, adesso gestita da Busitalia, una controllata di FSI, sono evidenti a tutti: rendere economicamente appetibile l’impresa venduta ha significato colpire i lavoratori del settore, insieme ad una riduzione e ad un peggioramento dei servizi, una diminuzione della manutenzione, un aumento del trasporto privato, un maggior traffico e inquinamento.

Democrazia e progettazione

Il problema della privatizzazione, della gestione e della realizzazione delle infrastrutture, nasconde naturalmente un problema politico colossale, quello di chi decide e di chi comanda; è insomma un problema di democrazia reale.
Una vera democrazia deve provvedere ad una seria e partecipata progettazione della vita nella città; nel caso della mobilità si tratta di fare un serio piano della mobilità prima di realizzare qualunque opera. A Firenze invece, col sistema del project financing, si è delegato ad un soggetto privato la progettazione, la realizzazione, il controllo e la gestione con il risultato di aver speso risorse enormi e di avere realizzato – attorno alle tranvie che offrono a chi vive e lavora vicino un buon servizio, ma che servono solo una frazione della popolazione – un deserto di trasporto pubblico e il solito caos di traffico e inquinamento.
Al contrario un efficiente servizio pubblico di trasporto deve essere capillare e servire anche le frazioni e i quartieri più isolati per evitarne la ghettizzazione, non può essere gestito solo con criteri economicisti, ma deve soprattutto rispondere alle esigenze di tutte le persone e di tutto il territorio.
È necessario inoltre prevedere l’attraversamento del centro storico da parte del trasporto pubblico perché questo sia fruibile da parte di tutti, in particolare per i disabili e non resti un’isola per soli turisti.

No al project financing, Sì al controllo popolare

Uno degli strumenti di generazione di profitti anomali da parte delle imprese di costruzione e di gestione dei trasporti è nelle modalità di realizzazione delle infrastrutture, soprattutto nei meccanismi contrattuali chiamati project financing. Questi ultimi garantiscono al “privato” (in realtà sono tutte grandi imprese spesso controllate da banche e fondi di investimento) che non ci sarà nessun rischio di impresa nella realizzazione delle opere e nessun rischio di mercato dalla gestione dell’infrastruttura; tutti gli oneri e i rischi sono a carico del soggetto pubblico e garantiti dalle risorse della collettività.
Lo si è visto bene nella realizzazione del sistema di alta velocità italiano che è costato sei volte di più della media europea. In piccolo si è visto anche nella realizzazione delle tranvie fiorentine, dove i costi già elevati delle previsioni sono stati travolti dagli aumenti dovuti alla cattiva progettazione e alle varianti in corso di opera. Questo non è solo un problema etico, ma politico: è una sottrazione di ricchezza pubblica che si sarebbe potuta impiegare per rendere più capillare ed efficiente il trasporto cittadino.
Una politica che guarda agli interessi dei cittadini, a cominciare dalle classi più deboli, deve liberarsi da questo abbraccio mortale e portare i servizi, compresa la mobilità, sotto il controllo popolare con strutture composte da cittadini/utenti e lavoratori del settore.

Riutilizziamo l'esistente

Prima di nuove opere infrastrutturali è indispensabile riadattare e potenziare ciò che già esiste, come, per esempio, le ferrovie del nodo fiorentino. Queste potrebbero intercettare, con l’introduzione di servizi cadenzati e con alta frequenza, una quota significativa di traffico privato che ingorga la città e le vie di accesso. Potrebbero anche rappresentare una alternativa a nuove infrastrutture e garantire risparmi da investire in ulteriori servizi.
Per esempio, invece di realizzare una nuova tranvia per Campi Bisenzio, che corre per un lungo tratto accanto alla ferrovia per Empoli, si potrebbe allungare di un paio di km la ferrovia che già esiste fino all’Osmannoro e che passa davanti all’aeroporto per creare un treno metropolitano. Questo potrebbe tranquillamente proseguire con due tratti fino a Prato e fino a Signa, creando così un interessante telaio per una mobilità pubblica tra il capoluogo e la Piana.
Un nuovo aeroporto nella Piana non ha senso: il naturale scalo aereo di Firenze e la Toscana è Pisa collegato con il treno. Anche l’attuale aeroporto di Peretola dovrebbe essere ricondotto alle dimensioni di un city airport.

No Tav fino alla vittoria

Questo è un progetto emblematico del disastro infrastrutturale fiorentino: due inutili tunnel sotto la città, una stazione interrata urbanisticamente sbilenca, rischi ambientali e per il patrimonio edificato enormi, costi ormai fuori controllo, errori progettuali, un verminaio di corruzione, truffe e di infiltrazioni mafiose ben documentato da due inchieste della Procura. “Un caso emblematico che non ci fa onore”, così si espresse il presidente dell’ANAC Raffaele Cantone.
Nel 2016 le FS provarono ad abbandonare il progetto riqualificando le linee di superficie, ma una reazione furibonda del PD e di MDP impose di proseguire con questi lavori. In realtà i cantieri sono fermi dall’inizio del 2017 mentre i costi a carico dei cittadini crescono.
Abbandonare il folle progetto e potenziare le linee di superficie creerebbe, tra l’altro, molti più posti di lavoro.

Lavoro

Sì all’internalizzazione dei servizi comunali, No al sistema degli appalti!

Il Comune di Firenze ha progressivamente smantellato i servizi pubblici di sua competenza. È stato un processo lungo, iniziato appaltando pulizie e portierato e continuato cedendo sempre più pezzi di servizi pubblici alla gestione dei privati: servizi bibliotecari e museali sono appaltati ad un’ATI (associazione temporanea di imprese) cui capofila è il Consorzio Co&So, gli educatori scolastici e domiciliari sono dipendenti delle cooperative Di Vittorio e Agorà, i servizi di mensa e ristorazione sono stati appaltati alla Dussman, il servizio assistenziale domiciliare per anziani e disabili ancora alle cooperative Di Vittorio e Agorà. Anche le scuole dell’infanzia, fiore all’occhiello dei servizi comunali fiorentini, tre anni fa sono state per metà cedute al privato, seguendo lo stesso destino dei nidi. E questo solo per citare i casi macroscopici, che più hanno impattato su servizi e lavoratori.
I servizi appaltati sono praticamente tutti quelli in cui non prevale il lavoro amministrativo. Infatti, soltanto il 29% delle attività comunali che la stessa amministrazione definisce “a gestione interna” sono effettivamente erogate dal comune e si possono elencare senza annoiarsi: Ausilioteca, Canile, Rilascio tesserini caccia, Rilascio ZTL permessi, Servizi alle imprese, Servizi cimiteriali, servizi demografici, Sportello alterazioni e occupazioni della viabilità, Università dell’età libera, Urp.
Tutto il resto è completamente o parzialmente affidato ad aziende o cooperative private.

(Fonte: Documento Unico di Programmazione, Comune di Firenze 2018-2020)
Noi crediamo che i servizi debbano essere reinternalizzati, gestiti direttamente dal Comune che deve dotarsi di competenze tecniche specifiche, assumendo non solo personale amministrativo, ma personale che opera nei servizi. Ideologici? Per niente e proviamo a spiegare perché.

  •  Qualità dei servizi:
    Il sistema degli appalti si fonda sulla competizione tra aziende e cooperative che gareggiano tra loro per aggiudicarsi il servizio, comprimendo i costi. Ciò si traduce immediatamente in un impoverimento della qualità dell’offerta pubblica perché il risparmio avviene sulla formazione, sulla turnazione, sui salari, sui diritti dei lavoratori.
  • Controllo democratico della spesa pubblica:
    L’esternalizzazione produce un impoverimento complessivo per la comunità che da un lato si spoglia di competenze e professionalità non sedimentando all’interno dell’amministrazione comunale le esperienze tecniche dei servizi appaltati; dall’altro alimenta le possibilità di clientele, traffico di influenze e corruzione.Peraltro, abbiamo dimostrato in più occasioni che l’appalto presenta costi finanziari (a cui si sommano quelli sociali) più elevati della gestione diretta, basta fare un semplice calcolo comparando il costo orario da bando con il costo orario di un lavoratore pubblico.
  • Tutele per i lavoratori:
    Oggi, il sistema di appalti rende la pubblica amministrazione il luogo dove prospera la precarietà: ogni cambio appalto rappresenta un rischio di perdere il posto di lavoro e/o le condizioni contrattuali acquisite. I lavoratori in appalto vengono inquadrati con contratti molto peggiori dei loro colleghi pubblici. Possano bastare due esempi su tutti: ai lavoratori di Musei e Biblioteche viene proposto il contratto multiservizi (il più gettonato per gli appalti, che include qualsiasi tipo di mansione) o al meglio il contratto del commercio invece del più tutelante contratto Federcultura, che rispecchia il contratto dei lavoratori degli Enti Locali. Per quanto riguarda l’orario e le turnazioni, invece, ai lavoratori della scuola (educatori e maestre) vengono proposti dei part time ciclici verticali, per cui in estate, invece di andare in ferie, hanno una sospensione in cui non è corrisposta neanche una naspi: non lavorano, non guadagnano, non maturano contributi.

Reinternalizzazione subito!

Noi non crediamo alla guerra tra poveri, alla guerra tra lavoratori in appalto e lavoratori pubblici, tra utenti dei servizi e lavoratori. La lotta all’esternalizzazione è una lotta che riguarda tutti e tutte e può essere portata avanti solo tutti insieme: equità, trasparenza e diritti sono le condizioni essenziali affinché i servizi ai cittadini possano essere resi al meglio. È arrivato il momento di dire basta a un sistema che negli anni ha impoverito tutti: lavoratrici e lavoratori, cittadine e cittadine e Stato Sociale!

Lavoro irregolare a Firenze

Secondo le ultime rilevazioni disponibili, nel 2015, in Toscana, erano circa 185.000 i lavoratori in nero (fonte CGIA di Mestre), a fronte di 1.715.000 occupati regolari (fonte Regione Toscana 2015).
Anche nel comune di Firenze, dove si concentra circa l’8% della forza lavoro regolare regionale, sono quindi migliaia i lavoratori in situazione di nero/grigio che ogni giorno vivono una condizione di irregolarità contributiva, retributiva e di assenza di tutele (sicurezza, malattia, ferie, maternità). Vista la forte vocazione turistica della città, non sorprende che tale fenomeno riguardi in modo particolare i settori della ristorazione, alberghiero, del piccolo commercio. Inoltre, molti di questi lavoratori sono poco visibili perché “nascosti” in bar, ristoranti, alberghi, piccoli b&b, così come in strutture ricettive diffuse non direttamente esposte al pubblico.

Il Comune, quale ente pubblico di prossimità, può e deve essere parte attiva nella lotta contro il lavoro nero. É tenuto ad assumersi questo compito di civiltà politica e può farlo sia con la già citata internalizzazione dei servizi, sia utilizzando altre leve a sua disposizione, al fine di favorire l’utilizzo di regolari contratti di lavoro, andando a colpire gli interessi di chi approfitta dei rari controlli dell’Ispettorato del lavoro.
Oltre alle concessioni temporanee di suolo pubblico per fiere e mostre, negli ultimi anni, soprattutto in centro storico dove l’afflusso turistico è maggiore, si è assistito a un fortissimo aumento di dehorspassando da 3000 mq nel 2011 a 13000 nel 2018.
L’aumento di tali spazi all’aperto rappresenta per le attività commerciali una notevole fonte di guadagno, sia economico che in termini di visibilità. Pertanto, vi ha fatto seguito un aumento del bisogno di forza lavoro da impiegare, per lo più in maniera discontinua, per fare fronte all’aumento della clientela.

Stop Lavoro Nero

A tal fine, Potere al Popolo propone che venga modificato il regolamento del Comune di Firenze in materia di concessione di occupazione di suolo pubblico (COSAP) inserendo fra i motivi di decadenza, revoca e sospensione la mancata osservanza delle norme contributive, retributive e di sicurezza in materia di lavoro. L’assenza di utilizzo di lavoratori in nero deve essere anche criterio determinante ai fini del rinnovo della concessione.

Tuttavia, la modifica al regolamento comunale non è sufficiente a creare un forte deterrente all’utilizzo di lavoratori senza regolare contratto di lavoro, né può garantire una reale riduzione del numero di lavoratori formalmente assunti con orario di lavoro ridotto, ma che in realtà svolgono la loro mansione a tempo pieno. È perciò necessario creare una sinergia fra il Comune, che concede l’utilizzo del suolo pubblico alle attività commerciali, e l’Ispettorato del Lavoro in modo che sia garantito un rapido ed efficiente scambio di dati ed informazioni che permetta alle autorità di intervenire in maniera immediata ed efficacie. Per questo Potere al Popolo propone che venga siglato un protocollo di intesa fra i due enti.

Regolamenti e protocolli di intesa possono diventare degli strumenti concreti nelle mani dei lavoratori e dei cittadini in modo che gli abusi non restino impuntiti e si sconfigga la generalizzata indifferenza e il persistente senso di impotenza.

Firenze e le nuove forme di lavoro

Con l’avvento delle nuove tecnologie e delle piattaforme digitali, anche il mondo del lavoro sta vivendo un momento di passaggio epocale. I luoghi, i tempi e le forme classiche della produzione e dell’organizzazione lavorativa si riducono (o spesso vengono delocalizzate dove il costo del lavoro e le tutele sono minori), venendo affiancate da forme di precariato dove i tempi di lavoro sono sempre più flessibili e i luoghi meno aggregativi o addirittura virtuali. Dal ritrovo quotidiano in fabbrica o in ufficio fra colleghi, al semplice login tramite il proprio account; dal sapere chi impartisce scelte e decisioni, alla possibilità concreta che lavoratore e controparte datoriale non si incontrino mai.
Il lavoro attraverso le piattaforme è questione internazionale anche perché le maggiori realtà del settore sono multinazionali: Deliveroo, Glovo, Just Eat e Uber Eats sono solo i nomi più noti tra le tante piattaforme attive nella consegna a domicilio, ma ben rappresentano ciò che potrebbe diventare il mercato del lavoro in futuro.
A nuove forme di economia smart, corrispondo quindi nuove forme di lavoro.
Il food delivery, in particolare, è un settore in piena espansione a cui corrisponde un aumento della forza lavoro impiegata per soddisfare le richieste della clientela: ad inizio 2018 erano stimati al ribasso circa 7500 ciclofattorini in tutta Italia, ma osservando gli ultimi bilanci delle imprese di settore alla voce “spese del personale” e la rapidità di diffusione dei servizi di consegna a domicilio anche nelle medie città, ad oggi gli occupati superano le 10000 unità.

Il caso dei Riders

A Firenze sono stimati più di un migliaio di riders, che effettuano le consegne giorno e notte e con qualsiasi condizione metereologica, muniti dalle aziende solo di giaccone e contenitore porta cibi, mentre gli strumenti essenziali allo svolgimento della prestazione lavorativa, smartphone e mezzo di trasporto, quasi sempre la bicicletta, sono loro a carico.

Nuove tutele

Potere al Popolo è al fianco di questi lavoratori che chiedono innanzi tutto di essere riconosciuti come tali, rifiutando quindi l’idea della gig economy e dell’immaginario creatosi intorno alla figura “del giovane che arrotonda”, e di conseguenza di avere accesso a quei diritti fondamentali quali assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, malattia, ferie e maternità, nonché il diritto di assemblea, di sciopero e quello ad una retribuzione adeguata, che assicuri un’esistenza libera e dignitosa e un futuro meno precario.
Anche in questo caso il Comune può prendere posizione affinché nel territorio vengano adottate e rispettate – almeno – queste tutele minime.
Come Potere al Popolo vogliamo un Assessorato del Lavoro che ascolti le reali richieste dei lavoratori e per questo proponiamo che, anche a Firenze, vengano promossi degli incontri fra i collettivi autorganizzati, parti sociali ed istituzioni con il fine di far sottoscrivere alle piattaforme una Carta dei diritti fondamentali del lavoro digitale sul modello di quella adottata a Bologna, nel maggio 2018.
Inoltre, per far fronte alle immediate esigenze dei riders, proponiamo che il comune allestisca degli spazi diffusi nei principali luoghi di ritrovo della città, affinché questi lavoratori possano trovare riparo soprattutto d’inverno o nelle giornate di maltempo

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