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Mutualismo, solidarietà e organizzazione!

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In questi primi quattro anni di vita di Potere al Popolo, la nostra organizzazione politica si è contraddistinta per la convinzione che la costruzione di una sinistra radicale e alternativa, debba necessariamente passare attraverso un lavoro politico quotidiano all’interno delle, e insieme alle, masse popolari. Gli strumenti politici che ci siamo dati per portare avanti questo tipo di lavoro sono le Case del Popolo (concepite come luoghi di aggregazione, socialità e solidarietà) e il mutualismo come forma pratica d’intervento sociale che ci permette di riallacciare i legami tra i “nostri” e l’organizzazione politica che ambisce a un cambiamento radicale dei rapporti sociali.

Un metodo politico non è una cosa che si acquisisce una volta e rimane per sempre. C’è bisogno di rimettere in discussione costantemente i propri metodi per capire gli errori, correggerli ed avanzare nel lavoro di costruzione politica. Ciò comprende lo studio di esperienze che altre organizzazioni politiche fanno a livello internazionale e a cui ci orientiamo. Per questo vogliamo condividere due letture che ci sembrano fondamentali per la comprensione del ruolo che il mutualismo assume in un progetto politico come quello di Potere al Popolo.

Il primo testo che vi proponiamo è un’intervista che il portavoce del Partito del Lavoro belga (PTB) Raoul Hedebouw ha rilasciato al quotidiano Le Soir il 31 ottobre 2021. A luglio 2021, delle violenti piogge hanno colpito il Belgio e prodotto delle inondazioni in Vallonia, in particolare vicino Liegi, causando la morte di 39 persone e danni per oltre un miliardo di euro. Molte persone hanno perso la casa e/o attività commerciali. Mentre da un lato le assicurazioni erano reticenti dal voler pagare gli importi dovuti, ed il mondo politico si rimbalzava le responsabilità dei disastri, il PTB organizzava un soccorso popolare per la popolazione coinvolta.

Il secondo testo invece parla di un’esperienza più lontana, cioè in India, dove il Partito Comunista d’India (Marxista) durante tutto il periodo di pandemia ha costruito una rete di solidarietà e di muto soccorso per rispondere ai bisogni fondamentali della popolazione colpita – tutto ciò in un contesto politico tutt’altro che favorevole con il governo Modi che ha portato avanti la svendita del paese ai privati e represso violentemente ogni forma di resistenza alle sue politiche.

Riassumendo le letture, tre sono le lezioni da trarre da queste esperienze:

  1. Il mutualismo non è semplicemente carità, anzi: le attività di mutuo soccorso rappresentano un elemento fondamentale nel lavoro politico quotidiano delle organizzazioni politiche di tradizione marxista e comunista. Il mutualismo interviene laddove lo stato borghese non vuole offrire risposte reali a problemi concreti (inondazioni, povertà, fame ecc.) e permette in questo modo di costruire momenti di autorganizzazione e autogoverno popolare. Anche se il passaggio verso l’istituzionalizzazione dell’autogoverno non è immediato e automatico, il mutualismo costituisce in un certo senso una condizione necessaria verso un’alternativa socialista.
  2. Il mutualismo non è semplicemente un’attività sociale di piccole organizzazioni troppo deboli per costruire una rappresentanza istituzionale e possibilità di governo. Si tratta piuttosto di uno strumento tattico per ricreare quel legame necessario tra organizzazioni rivoluzionarie e il soggetto di riferimento (la classe lavoratrice, i “nostri”, il popolo). Non è un caso che nei due esempi che riportiamo qui il mutualismo viene applicato da organizzazione politiche che non contrappongono in nessun momento della loro costruzione organizzativa mutualismo, rivendicazioni politiche radicali e rappresentanza istituzionale. Infatti, il Partito del lavoro belga sta crescendo a livello elettorale e secondo gli ultimi sondaggi in Vallonia raccoglie il 19% del consenso popolare; il Partito Comunista d’India (Marxista) invece governa lo Stato federale del Kerala con quasi 40 milioni di abitanti.
  3. Le esperienze mutualistiche ci dimostrano che malgrado le difficoltà oggettive che la classe lavoratrice sta vivendo (attacchi ai salari, smantellamento del welfare, disoccupazione e povertà dilagante), i “nostri” non cadono semplicemente in una passività politica e sociale che crea atomizzazione e frammentazione, ma riescono – proprio nei momenti più difficili come la pandemia, le catastrofe cosiddette naturali ecc. – ad essere protagonisti del loro proprio destino e mettere in moto un processo di autorganizzazione e solidarietà.
    Buona lettura, buon studio!

Originale in lingua francese qui!


Il PTB crea un “soccorso popolare” per le persone colpite dalle inondazioni. Secondo il portavoce del PTB Raoul Hedebouw, lo Stato non sarebbe in grado di aiutarle: “Dobbiamo organizzare una catena di solidarietà attiva e diretta”, afferma quest’ultimo. Il PTB sta creando un’organizzazione che raccoglierà donazioni per far fronte a questa crisi e a quelle le successive. Inoltre, manderà sul campo dei militanti. In poche parole: a tutta sinistra! Il PTB si mobilita di nuovo al fianco delle popolazioni colpite dalle inondazioni di luglio, e lo fa da sinistra. Raoul Hedebouw, il suo portavoce, spiega.

DC: Siete di nuovo in campagna nella valle di Vesdre…[vicino Liegi ndt.]

RH: Abbiamo lanciato l’operazione “SolidariTeams”, adesso la stiamo perfezionando. Pochi giorni dopo le inondazioni, spontaneamente, 2.000 persone sono venute ad aiutare, anche dalle Fiandre. Questa è una risposta di fronte al fallimento dello Stato, infatti i servizi pubblici e il mondo politico non erano sufficientemente presenti. La gente si è sentita abbandonata e lo è stata. I funzionari, i pompieri (giusto per citare alcune categorie) hanno fatto quello che potevano, ma dall’alto non arrivavano ordini chiari. Quando sento che appena 380 soldati sono arrivati sul posto nella fase più acuta della crisi…
Questo fallimento dello Stato è una conseguenza dei tagli ai servizi pubblici, in particolare alla protezione civile! Queste ricette ci sono state vendute per anni dal MR [Movimento riformatore, partito liberale francofono al governo federale dal 1999, ndt] come le uniche soluzioni possibili per rendere lo Stato “più efficace”. I tagli, invece, lo hanno disarmato. Così, invece di rimanere solo nel dibattito e nella denuncia, abbiamo agito concretamente sul terreno, aiutato a risolvere i problemi, organizzato un soccorso popolare.

DC: Come avete fatto?

RH: Abbiamo raccolto 40.000 euro durante la nostra campagna SolidariTeams, poi abbiamo comprato frigoriferi e deumidificatori, li abbiamo consegnati a due associazioni sul campo, che li hanno distribuiti. Nel futuro vogliamo strutturare tutto questo: avere un conto separato, avere le nostre squadre già pronte sul terreno. Il progetto è avere una struttura permanente che coinvolga i nostri sostenitori, i nostri membri, le persone che simpatizzano per il PTB, quelle che sono pronte ad intervenire quando c’è una crisi, un disastro. Penso alle inondazioni, anche alle necessità del prossimo inverno.Tutto questo è molto politico e strategico. Si tratta di un’auto-emancipazione del popolo e del mondo del lavoro. È così che sono nate le mutue un secolo fa. Un modo di organizzare la solidarietà che sia attivo, non solo passivo. C’è un orgoglio di classe nel prendere in mano il proprio destino in questo modo.

DC: Vi state sostituendo alle associazioni che sono già sul campo…

RH: No, siamo complementari. La solidarietà non è mai troppa. I nostri e le persone delle altre associazioni si sono incontrati sul campo e hanno lavorato insieme.

DC: Si dirà che il PTB stia indottrinando la gente.

RH: Non chiediamo a nessuno di diventare membro del PTB quando diamo il nostro sostegno.

DC: Mi vuole far credere che non chiedete gli indirizzi e i numeri di telefono delle persone che incontrate?

RH: Certo che no. All’inizio, per la consegna delle zuppe, avevamo bisogno di indirizzi, ma nient’altro. Questi sono attacchi gratuiti. Detto questo, sì, siamo un partito politico sul terreno che organizza la solidarietà a modo suo, con i suoi militanti.

DC: Appunto, sarebbe questo il ruolo di un partito?

RH: Credo di sì. Certamente per un partito di sinistra. La destra tende ad atomizzare la società, a dividere e governare; noi ci dobbiamo riunire. La funzione di un partito non è solo quella di intervenire in Parlamento. Storicamente, la sinistra che vuole rompere lo status quo non si è mai limitata all’azione parlamentare. Pensi alle mutue: il POB, il partito operaio belga [sciolto nel 1940, ndt], ha partecipato alla loro creazione. C’è una visione della società in questo. Oggi, le persone colpite dalle inondazioni si muovono contro le compagnie assicurative e noi là dobbiamo stare.

DC: Pare che il governo vallone abbia negoziato “duramente” con le assicurazioni, tirandogli le orecchie, dicono Jean-Luc Crucke ed Elio Di Rupo… [il primo è assessore della Regione vallona per le infrastrutture (MR), il secondo è il presidente (PS). Ndt.]

RH: Centinaia di persone non hanno ancora visto il loro assicuratore… Figuriamoci ricevere i soldi! Il governo vallone dovrà pagare un miliardo di euro al posto delle compagnie di assicurazione. Che, intanto, hanno fatto 15 miliardi di profitti, secondo Assuralia [l’ente che fa da cappello alle compagnie assicurative in Belgio, ndt]. Detto questo, per organizzare un soccorso popolare, ci vogliono militanti, un partito di massa… Inoltre, molti eletti locali, non solo del PTB, si sono impegnati sul campo.
Il PTB ha 23.000 membri; nel 2008 erano appena 3.000. Vogliamo costruire un partito di massa, che vada oltre i suoi bastioni tradizionali, Liegi, Charleroi… Per quanto riguarda gli eletti locali, la loro partecipazione è un fatto positivo. Ma possiamo constatare che siamo in un momento in cui i partiti della sinistra tradizionale [si riferisce al Partito socialista, ndt] hanno perso molto terreno nei quartieri popolari, quindi dobbiamo ricostruire i rapporti di forza. Basta pensare all’ascesa dei partiti di estrema destra, nelle Fiandre e non solo.

DC: Lancerete nuove campagne di raccolta fondi, ignorando le critiche a questo proposito…

RH: Sì. Che i partiti di destra ci attacchino su questo punto, lo capisco, è un onore! Tuttavia, mi sorprendo quando le critiche vengono da sinistra… In particolare dal Partito Socialista: vedo su internet immagini sempre più anti-PTB. Non funzionerà, la gente vuole il cambiamento. E Di Rupo non è stato all’altezza di gestire le inondazioni. Ad esempio, per tornare alle compagnie assicurative, si vedeva che c’era un’intesa naturale fra loro e Di Rupo: come se l’idea che i loro profitti dovessero comunque essere garantiti… Non sono d’accordo. Nei momenti storici, il popolo della sinistra ha bisogno di una rottura nei fatti: questa rottura non c’è stata. Davanti a una tale catastrofe, come si fa a non inviare immediatamente migliaia di persone, dai servizi pubblici, da tutti i comuni, per andare ad aiutare la gente?

DC: Con il Partito Socialista, non c’è tregua a sinistra.

RH: Noi critichiamo tutte le misure di destra. Se il Partito socialista decide di appoggiarle, non non possiamo tacere. Troviamo normale che Bouchez [presidente del MR] voglia abbassare i salari: è il suo ruolo, lui lavora per i ricchi. Che l’MR aumenti l’IVA sull’elettricità al 21% è normale. Ma che la sinistra giustifichi tutto questo è inaccettabile.
Prendete i malati di lunga durata, non è un problema da poco (Raoul Hedebouw si riferisce alla decisione del governo federale di costringere i malati di lunga durata a tornare a lavorare, e al rifiuto, sanzionarli). È come la caccia contro i disoccupati. Vengono sanzionati, e tutto quello che dice Paul Magnette [presidente del PS] è che si tratta solo di una multa, non più alta di quando si butta un mozzicone di sigaretta per terra… Ma non è possibile! Si sa come vanno queste cose: si comincia con una multa del 2,5% dell’indennità, e poi sarà di volta in volta più salata. Stanno facendo passare il messaggio che i malati sono colpevoli di non lavorare.

DC: I socialisti sottolineano che fanno parte di governi di coalizione dove si devono fare dei compromessi.

RH: Durante le elezioni, i socialdemocratici e gli ecologisti hanno messo sul tavolo dei punti di rottura, come riportare la pensione a 65 anni o abbassare l’IVA sull’elettricità al 6%. Da un punto di vista strategico, per il popolo di sinistra, i punti di rottura sono importanti. So che non è possibile realizzare tutto il programma elettorale, ma quando noi annunciamo che vogliamo batterci su alcuni punti, lo facciamo. Invece loro, nelle trattative per formare il governo, in nessun momento hanno rimesso sul tavolo la pensione a 65 anni. Agendo in questo modo, la sinistra perde in partenza.

In India il governo di destra è stato criminalmente negligente nella gestione della pandemia, con risultati mortali. Ma i comunisti e i loro alleati sono intervenuti per fornire soccorso a decine di migliaia di persone sofferenti.

di Dipsita Dhar*


In India l’esperienza della pandemia di COVID-19 è stata particolarmente dura, con la seconda ondata che ha assunto una scala veramente apocalittica. La popolazione – le masse lavoratrici in particolare – ha dovuto affrontare un doppio attacco, con un assalto ai loro mezzi di sussistenza che andava ad aggiungersi alla catastrofe della sanità pubblica. Il governo di Narendra Modi ha allestito un programma di vaccinazione molto limitato, dando priorità ai profitti delle grandi imprese rispetto alla necessità di salvare vite umane.
Le radici della crisi non risiedono in un malfunzionamento dello stato in quanto tale. Infatti, l’India in quanto stato neoliberale ha funzionato esattamente nel modo in cui è stato progettato per funzionare. Ma nel Bengala occidentale migliaia di “volontari rossi” che appartengono a organizzazioni guidate dalla sinistra indiana hanno cercato di compensare la pessima prestazione delle istituzioni statali. Hanno fornito solidarietà e aiuto reciproco in maniera esemplare, per soddisfare il bisogno di cibo e di assistenza medica.

I fallimenti dello stato

Il governo di Modi è dominato dal Rashtriya Swayamsevak Sangh, l’organizzazione di estrema destra a cui Modi stesso appartiene. È così sfacciatamente devoto agli interessi del grande business che ha sfruttato la pandemia per creare nuovi modi di massimizzare il profitto. Ha fatto approvare diversi atti legislativi, tra cui quattro codici del lavoro e tre leggi agricole, mentre elargisce sconti fiscali, prestiti senza interessi e privatizzazioni a prezzi stracciati di beni pubblici alla classe imprenditoriale indiana.
Nel frattempo, non c’è stata alcuna traccia di misure di soccorso e programmi di assistenza sociale che sarebbero stati drammaticamente necessari. Molti economisti hanno identificato programmi di creazione di posti di lavoro e il trasferimento di denaro ai lavoratori come bisogni urgenti al fine di generare domanda nell’economia indiana e di rimetterla in carreggiata. Le loro raccomandazioni sono cadute nel vuoto.
L’aggressivo fondamentalismo economico di Modi è andato di pari passo con forme di irrazionalismo antiscientifico che hanno reso la lotta contro il COVID-19 molto più difficile. Con il sistema sanitario indiano che si sta sgretolando sotto l’impatto di politiche neoliberiste distruttive, e l’economia che ondeggia verso la stagnazione, il secondo paese più popoloso del mondo sta vivendo una crisi davvero disastrosa.
Nelle elezioni dell’assemblea del Bengala occidentale di quest’anno il Trinamool Congress (TMC) di Mamata Banerjee è emerso come il vincitore schiacciante, con il 48% dei voti e 213 seggi su 292. Il popolo del Bengala occidentale ha scelto il TMC per resistere alla marcia in avanti del Bharatiya Janata Party di Modi. Questo non cambia il fatto che le politiche perseguite dal TMC in carica nell’ultimo decennio, da quando ha vinto per la prima volta le elezioni del West Bengala nel 2011, sono responsabili della miserabile condizione in cui si sta trovando la popolazione dello stato nel corso di questa pandemia.
Il governo del TMC ha tagliato la spesa statale in settori chiave come la salute e l’istruzione, seguendo una linea di rigida austerità fiscale. La crescita della disoccupazione che caratterizza tutta l’India è stata ancora più pronunciata nel Bengala Occidentale, e l’emigrazione dallo stato è aumentata di conseguenza. I tanto sbandierati piani di welfare della TMC sono in realtà noccioline se paragonati all’enorme caduta dei salari sperimentata dalle masse lavoratrici.

Soccorso tramite solidarietà

In questo contesto la popolazione del Bengala occidentale è stata messa alle strette dalla pandemia e da cicloni devastanti. I Volontari Rossi sono intervenuti per fornire il soccorso tanto necessario. Fondati a Kolkata da organizzazioni giovanili e studentesche che simpatizzano per il Partito Comunista dell’India (Marxista), hanno mobilitato un gran numero di giovani per assistere coloro che più subiscono la calamità sanitaria. Il loro lavoro è in linea con sforzi simili fatti dalle forze di sinistra in altre parti dell’India e del mondo.Durante la prima ondata della pandemia il problema principale era la perdita dei mezzi di sussistenza a causa dei lockdown non pianificati imposti dal governo. I Volontari Rossi iniziarono a organizzare mercati di verdura gratuiti, cucine comunitarie e distribuzioni di cibo gratuito. Hanno anche fornito assistenza medica in ogni distretto del Bengala occidentale. Le compagne si sono organizzate per fornire kit mestruali a domicilio.
Le cucine comunitarie si sono trasformate gradualmente in mense sramajibi (mense per lavoratori) dove un pasto completo costa solo 20 rupie. Più di 150 mense sono state istituite in tutto lo stato, riuscendo a sfamare ciascuna tra le 250 e le 500 persone al giorno. In un periodo in cui quotidianamente si aveva notizie di persone che morivano di fame, queste mense hanno salvato innumerevoli persone dallo stesso destino.
La seconda ondata di COVID-19 ha colpito la classe operaia indiana molto più duramente della prima. La mancanza di preparazione da parte delle autorità si è combinata con le inadeguate infrastrutture mediche dell’India, producendo una crisi con un tasso di mortalità impressionante. Persone che morivano per mancanza di ossigeno sono diventate uno spettacolo comune, insieme a cremazioni di massa e a cadaveri che affioravano sulla riva dei fiumi. Il governo di Modi ha rifiutato di assumersi le sue responsabilità e ha lasciato il popolo a soffrire senza cure adeguate. Approfittando della crisi, gli ospedali privati indiani hanno aumentato le tariffe.
I Volontari Rossi si sono fatti avanti di nuovo e hanno iniziato a procurarsi bombole di ossigeno da diverse fonti, in modo da poterle usare per salvare vite umane. Anche i tassisti che lavorano per le app Ola e Uber, il cui sindacato è affiliato al Centro dei sindacati indiani di sinistra, hanno dato vita a un servizio di taxi dedicato ai pazienti di COVID-19. In alcuni casi, i Volontari Rossi si sono assunti la responsabilità di organizzare la cremazione dei corpi delle persone decadute, dopo che le autorità si erano rifiutate di farlo.
Questi sforzi sono stati ampiamente apprezzati da diversi settori della società. La gente ha cominciato a fare più affidamento sui Volontari Rossi che non sull’amministrazione locale. I Volontari sono stati anche nominati per gli Healthgiri Awards sponsorizzati dalla rivista India Today, che ha reso onore “al lavoro altruistico di eroi ignorati che hanno aiutato l’India nella lotta contro il COVID-19”.

Un letto per la notte

A sinistra alcune persone hanno messo in dubbio il valore di tali progetti, sostenendo che se messi a confronto con i bisogni delle masse sono minuscoli, e che così facendo ci riduciamo a fare la parte delle ONG quando invece dovremmo incanalare la rabbia popolare e dirigerla contro il regime neoliberista indiano. Ma questa argomentazione è errata e non riconosce l’importanza delle attività di mutualismo in un contesto più ampio.
È ovvio che i Volontari Rossi non possono soddisfare interamente il bisogno di cibo, medicine, forniture di ossigeno e quantaltro. Non possono sostituirsi al ruolo dello Stato. Questo non significa tuttavia che il soccorso che riescono a fornire sia insignificante. I Volontari Rossi si sono costituiti grazie a strutture di solidarietà che esistevano in precedenza e le hanno portate ad un livello superiore.
In contrasto con il volontariato borghese che si basa sul prendere le briciole della tavola dei ricchi e indirizzarle verso la bocca dei poveri, il lavoro di soccorso dei Volontari Rossi si basa sulla mobilitazione di risorse collettive (tanto in termini di lavoro quanto in termini di denaro) che provengono dalle stesse masse lavoratrici. Oltre ad offrire aiuto alla gente, hanno cercato di mobilitarla per esigere la vaccinazione universale e protestare contro la corruzione visibile nelle strutture mediche.
Può essere ancora lontano da ciò che sarebbe necessario. Ma come scrisse Bertolt Brecht nella sua famosa poesia “Il dormitorio” (1931), evidenziando sia i limiti che l’importanza di tale lavoro,

Il mondo così non si muta,
i rapporti fra gli uomini così non si fanno migliori
l’era dello sfruttamento così non diventa più breve.
Ma alcuni uomini hanno un letto per la notte,
il vento per una nottata viene tenuto lontano da loro,
la neve a loro destinata cade sulla strada.

È giusto porsi il problema che le attività di soccorso dispiegate in seguito a disastri come l’uragano Katrina negli Stati Uniti o i recenti incendi in Grecia potrebbero semplicemente aiutare lo stato neoliberista a stabilizzare la situazione e a dissipare la rabbia che esso stesso ha provocato. I Volontari Rossi sono stati attenti a questo pericolo, e hanno combinato gli sforzi di soccorso con tentativi di politicizzare la crisi.
Fornire cibo a prezzi accessibili nelle cucine comunitarie porta allo scoperto la non volontà, da parte dei funzionari governativi, di allargare le reti pubbliche di distribuzione. L’assistenza medica mette a nudo l’abbandono delle infrastrutture sanitarie da parte dello Stato. Dare lezioni gratuite ai bambini della classe operaia mostra chiaramente quanto il “digital divide” nel campo dell’istruzione sia un’ingiustizia.
Sarebbe disfattista dire che non dovremmo fornire cibo a nessuno perché non possiamo sfamare tutti quelli che hanno fame. In realtà fornendo cibo a quante più persone possibile stiamo mostrando la superiorità di un sistema basato sulla solidarietà, anche quando è costretto a funzionare nel quadro generale di un sistema basato sul profitto. Questo è precisamente quello che i Volontari Rossi stanno facendo oggi nel Bengala occidentale, ed è quello che continueremo a fare.

*Dipsita Dhar è segretario nazionale della Federazione degli Studenti d’India e dottorando presso il Centro per lo Studio di Sviluppo regionale dell’università Jawaharlal Nehru di Nuova Delhi.

Leggi l’originale in lingua inglese su Jacobin

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