DI MAIO: SUL CASO REGENI “STALLO NON PIU’ TOLLERABILE”. BASTA FRASI DI CIRCOSTANZA, SERVONO FATTI!
Il Ministro degli Esteri Di Maio, in occasione dell’incontro di lunedì 7 ottobre con i genitori di Giulio Regeni, ha dichiarato che “lo stallo con l’Egitto sull’omicidio di Giulio Regeni non è più tollerabile”. Anche noi di Potere al Popolo! crediamo che non si possa attendere oltre per avere verità e giustizia. Ma lo stallo che denunciamo è quello del governo italiano che continua a non fare passi formali e azioni concrete nei confronti delle autorità egiziane. L’omicidio di Giulio non è purtroppo un caso isolato, ma solo uno tra le migliaia di casi di violenza e di violazione dei diritti umani contro la popolazione egiziana. Il governo italiano non può più limitarsi a frasi di circostanza. Deve invece sospendere le autorizzazioni alle esportazioni di armi in Egitto nel rispetto dell’articolo 6 della legge 185 del 1990 che afferma il divieto di commercio di armi “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani”. Il governo deve sospendere il programma di conversione del debito egiziano con l’Italia che attualmente favorisce solo il regime di Al Sisi e non il popolo egiziano.
Le chiacchiere stanno a zero! La famiglia Regeni e il popolo egiziano stanno aspettando da troppo tempo.
Incontro Di Maio – genitori di Giulio Regeni: un provvedimento per lo stop alla vendita di armi al macellaio Al Sisi. Ecco cosa dovrebbe consegnare il Ministro ai genitori di Giulio.
Il 7 ottobre il nuovo Ministro degli Esteri incontrerà alla Farnesina i genitori di Giulio Regeni. Quando era deputato dell’opposizione, Di Maio chiedeva al governo Renzi di «sospendere immediatamente l’export di armi dall’Italia verso Il Cairo» e aggiungeva: «il governo dovrebbe minacciare ed eventualmente avviare ritorsioni economiche verso l’Egitto». Una volta al governo, nel 2018, questi sono stati i risultati dei suoi proclami: l’interscambio commerciale con l’Egitto non solo si è consolidato, ma addirittura le nostre importazioni sono passate da un valore di 1.534 milioni (2016) a 2.106 milioni di euro (2018). La vendita di armi all’Egitto, secondo la relazione sulle «Operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento», presentata dall’allora sottosegretario Giorgetti, è passata dai 7 milioni del 2017 ai 69 milioni del 2018 (!!!). Insieme alle armi, nel 2017-18, dall’Italia sono ripartiti anche i turisti. L’Ambasciata italiana a Il Cairo afferma che «l’aumento dei visitatori coincide con l’avvio di una massiccia campagna di promozione dell’Egitto, lanciata sui principali canali televisivi italiani che, a sua volta, è parte di un più ampio sforzo delle autorità locali, le quali si sono concentrate sul rilancio dell’immagine del Paese».
L’immagine, appunto: non la sostanza.
La violazione dei diritti umani in Egitto ha continuato a essere sistematica e la repressione nei confronti di chi denuncia è aumentata, con ondate di arresti di attivisti, sindacalisti e di lavoratori. Da giugno 2016 a ottobre 2018, sono stati oltre 200 quelli finiti dietro le sbarre, secondo l’osservatorio indipendente DemoMeter (Egitto). A questi si aggiungono le detenzioni che nei venerdì di protesta contro il regime di Al Sisi, scatenati dai video rilasciati dalla Spagna di Mohamed Alì. hanno riempito le carceri egiziane ancor di più : fonti affidabili parlano di più di 1.000 manifestanti tratti in arresto.
L’ONG irlandese «Front line defenders», con il rapporto sulla situazione egiziana «Striking Back», evidenzia come l’ultima legge adottata nel 2017 ha cercato di disinnescare i sindacati e tutti i movimenti di piazza, rendendo fuorilegge le piccole sigle con meno di 150 iscritti e favorendo la Federazione sindacale egiziana (Etuf), allineata al governo.
In questo quadro drammatico, si distingue l’analisi SWAT (rischi-opportunità economiche) redatta sul sito www.infomercatiesteri.it della Farnesina, da parte dell’Ambasciata italiana in Egitto: in essa si evidenzia come sia conveniente investire nel paese, ma si aggiunge che, purtroppo, «nonostante gli sforzi esercitati dal Governo per incoraggiare un normale ripristino dell’attività economica, essa appare ancora fortemente frenata dalle continue e convulse agitazioni sociali». Nell’epoca in cui in Italia con i « decreti sicurezza » a farsi più complicata è la stessa possibilità di manifestare da parte dei lavoratori, non sorprende il giudizio dell’Ambasciata in Egitto che considera minaccia al business delle aziende italiane l’espressione della libertà di manifestare e scioperare delle lavoratrici e dei lavoratori egiziani. Il conflitto sociale e la lotta sindacale sono per l’ambiente del businesse dei mali da estirpare ; per noi, invece, ovunque ci siano, sono manifestazione della dignità e della voglia di futuro di un popolo.
Il 7 ottobre Di Maio incontra i genitori di Giulio. Da tempo hanno detto che non è più il tempo delle parole che si rincorrono mese dopo mese per esser puntualmente smentite dai fatti. Servono azioni concrete. Un provvedimento che fermi la vendita di armi al regime di Al Sisi sarebbe un passo nella giusta direzione. Ma non è l’unico possibile. Dal 2001 l’Egitto gode di un programma di conversione del debito, che oggi favorisce il regime di Al Sisi: la terza fase, avviata nel 2012, prevede che il 90% delle quote da convertire, per un totale di 100 milioni di dollari, vadano a vantaggio dei ministeri controllati dagli uomini del regime. Si tratta dunque di un favore che il nostro Paese farebbe al macellaio egiziano. Potere al Popolo crede che ci sia bisogno di rompere i “normali” rapporti economici. Le chiacchiere stanno a zero.
Fonti: www.osservatoriodiritti.it/ www.infomercatiesteri.it/ Atti parlamentari XVIII legislatura Camera dei Deputati Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento (Anno 2018)