Osservazioni di Potere al Popolo sulla missione 6 salute del PNRR
La Missione 6 Salute del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Il dispositivo del Recovery Fund (RRF) dell’Unione Europea prevede per l’Italia uno stanziamento complessivo di circa 192 miliardi di euro (dei quali circa 70 in sovvenzioni e circa 122 in prestiti da restituire), distribuiti su 6 anni (2021-2026), a cui vanno aggiunti circa 13,5 miliardi di fondi europei nell’ambito del programma React-Eu.
Il PNRR Italia si compone di sei “missioni” espressamente definite nel Regolamento RRF (digitalizzazione, transizione verde, mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, salute), all’interno delle quali si sviluppano 16 componenti, ed è accompagnato da 4 riforme di contesto (giustizia, PA, semplificazioni e concorrenza) a cui si aggiunge la riforma fiscale (certamente non in chiave redistributiva).
La Missione 6 Salute è quella a cui vengono destinati meno fondi: 15,62 miliardi di euro, pari all’8,2% del totale.
Le nostre critiche alla Missione 6 Salute del PNRR
La maggior parte delle risorse della missione 6 è destinato ad “attrezzature, nuove tecnologie e digitalizzazione” (62%), il 30% alle strutture sanitarie e il restante 8% alla ricerca scientifica e alla formazione del personale sanitario. Non sono previste spese per la assunzione di nuovo personale sanitario, mentre si stima che oggi in Italia manchino circa 45 mila medici e 75 mila infermieri.
Gli investimenti nella digitalizzazione (4 miliardi di euro, un quarto delle risorse totali) puntano alla telemedicina e alla casa come primo luogo di cura. L’obiettivo è quello di ridurre il ricorso ai ricoveri ospedalieri ma il rischio è che i pazienti vengano lasciati soli per la mancanza di medici che li seguano attraverso la telemedicina. Inoltre, è chiaro che attraverso la telemedicina viene a mancare il rapporto diretto, il contatto tra il medico e il paziente, così come viene a mancare probabilmente la continuità di tale rapporto perché probabilmente non sarà sempre lo stesso medico a seguire lo stesso paziente.
Per quanto riguarda le spese in infrastrutture sanitarie, 2 miliardi verranno destinati alla “Attivazione di 1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026, che potranno utilizzare sia strutture già esistenti sia nuove” e 1 miliardo alla “Realizzazione di 381 Ospedali di Comunità, di norma dotati di 20 posti letto (fino ad un massimo di 40 posti letto) e a gestione prevalentemente infermieristica.”
Nel testo del PNRR “nella Casa della Comunità sarà presente il punto unico di accesso alle prestazioni sanitarie” e in essa “opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti della salute e potrà ospitare anche assistenti sociali”. Ma, se il governo non prevede investimenti straordinari per l’assunzione di personale sanitario, esiste il rischio concreto di un malfunzionamento delle CdC con conseguente ricorso alla ospedalizzazione e agli operatori sanitari privati, anziché un rafforzamento della sanità territoriale pubblica.
Per quanto riguarda gli Ospedali di Comunità (OdC), è chiaro che la “prevalente gestione infermieristica” indica di per sé stessa la non volontà del governo di garantire un’assistenza medica continuativa ai pazienti allettati in questi piccoli presidi di base territoriali per privilegiare i grandi ospedali (secondo il “modello Lombardia” che ha tragicamente mostrato tutti i suoi limiti durante la pandemia).
Più in generale, il PNRR si configura come una riforma del Servizio Sanitario Nazionale in chiave tecnologica, per questo richiede anche un investimento di 700 milioni di euro in 6 anni per lo “Sviluppo delle competenze tecniche, professionali, digitali e manageriali del personale del sistema sanitario”. L’obiettivo è quello di ridurre i ricoveri ospedalieri e di curare a domicilio attraverso la telemedicina, o negli Ospedali di Comunità “a prevalente gestione infermieristica”. Il tutto nell’intento di ridurre i costi della sanità pubblica, e indirettamente aumentare i profitti degli operatori sanitari privati.
Aggiungiamo che ad oggi non si conoscono i livelli di efficacia della terapia a distanza (la telemedicina) e non sono note le reazioni che potrebbero avere centinaia di migliaia di pazienti sottoposti a questo tipo di trattamento esclusivamente telefonico.
Infine, la NADEF (la nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza, cioè la “finanziaria”) del governo Draghi prevede per la sanità una spesa complessiva di 375 milioni di euro per il triennio 2022-2024. Aggiunti alle risorse della missione salute del PNRR si raggiungono i 16 miliardi di euro: neppure la metà dei 37 miliardi tagliati alla spesa sanitaria dai governi degli ultimi 10 anni, con i conseguenti allungamenti dei tempi delle liste di attesa, prestazioni in regime intra moenia, mancanza di medici e di infermieri, ecc. che tutti abbiamo sperimentato.
Le 10 misure fondamentali di Potere al Popolo per potenziare il SSN
Le 10 misure fondamentali proposte del Tavolo della Sanità di Potere al Popolo per il rafforzamento del SSN al fine di garantire il diritto alla salute dei cittadini sono le seguenti:
- aumentare la spesa pubblica per la sanità allineando la sua percentuale sul PIL almeno alle quote di Germania e Francia (Italia: 6,6%; Germania e Francia: 9,5%-9,6%): obiettivo che si può realizzare anche attraverso il taglio delle spese militari ed una tassazione progressiva sulle grandi ricchezze;
- il servizio sanitario deve tornare ad essere nazionale e centralizzato, ponendo fine alla regionalizzazione della sanità e ad ogni regionalismo differenziato;
- l’adeguamento delle retribuzioni del personale sanitario agli standard europei;
- un piano straordinario di assunzioni di medici e di personale per gli ospedali pubblici e la stabilizzazione del personale medico, delle professioni e dei lavoratori e lavoratrici della sanità con contratto a tempo indeterminato evitando la pletora di contratti diversi fra i professionisti dei diversi settori, con disparità retributive e di Tutele, malattia, ferie e pensione, che creano non pochi conflitti fra gli stessi operatori, oltre che con lo Stato. (Attualmente esistono diversi contratti: Dipendenza che riguarda gli Ospedalieri e una piccola parte dei professionisti del 118, Specialistica Ambulatoriale, Medicina Generale cosiddetta convenzionata-parasubordinata, Libero-professionale per i medici chiamati in sostituzione anche dalla Medicina Generale, cococo, cocopro, questa pletora non aiuta certo né i giovani medici ad inserirsi nel Servizio Sanitario, né le casse Pensionistiche).
- l’abolizione delle forme di finanziamento diretto o indiretto della sanità privata, con relativo assorbimento del personale in essa impiegata; l’abolizione della sanità erogata dal terzo settore con fondi pubblici o con bandi finanziati con soldi pubblici;
- la riorganizzazione e il raggiungimento almeno degli standard previsti dalla 833/78 dei servizi territoriali di prevenzione, cura e riabilitazione oltre a quelli ospedalieri, anche attraverso la riapertura di ospedali soppressi;
- la drastica riduzione dei tempi delle liste d’attesa, rivedendo i modelli organizzativi e gestionali in essere, abolendo l’attività professionale intramoenia, investendo in mezzi e personale;
- l’eliminazione del numero chiuso per l’accesso alla formazione universitaria per medici e professionisti della sanità;
- l’abolizione di tutti i ticket e di ogni forma di partecipazione diretta extra-fiscale da parte dei cittadini;
- il sostegno ai diritti riproduttivi, il sostegno e finanziamento dei Consultori familiari pubblici con la garanzia di personale sanitario non obbiettore, con la piena applicazione della legge 194 in modo che le donne che decidono di abortire possano farlo nella maniera più sicura e non si vedano costrette al ritorno degli aborti clandestini.
La Riforma del Servizio Sanitario Nazionale
Le cittadine e i cittadini italiani non hanno bisogno di una riforma del SSN in chiave tecnologica e al ribasso, come quella prefigurata nella missione 6 salute del PNRR. C’è bisogno, invece, di una Riforma del Servizio Sanitario Nazionale che risponda ai bisogni di sanità di una popolazione in cui aumenta progressivamente il numero delle anziane e degli anziani e, insieme, di persone portatrici di più di una patologia cronica, così come aumentano le persone con diabete (anche tra i giovani) e i disturbi psichici adolescenziali e giovanili (a causa del trauma della pandemia e dell’incertezza del futuro).
In questa chiave, secondo noi l’Organizzazione del Servizio deve comprendere:
– Un aumento dei posti letto, passando dal 3,7 per mille abitanti, ad almeno 6 posti letto per mille abitanti, (adeguandoci almeno alla Francia), suddivisi in:
- Ospedali -Dea di II livello, forniti di tutte le specialità in grado di assicurare il trattamento di tutte le patologie non solo acute, ma specialistiche che richiedono competenze e strumenti ad alta tecnologia;
- Ospedali di I livello, in grado di assicurare un’assistenza per le patologie/infortuni più comuni;
- Ospedali Territoriali o cosiddetti Ospedali di Prossimità, più rivolti alla cronicità, ma con servizi di base ambulatoriale (Cardiologia, Pneumologia, Radiologia, Chirurgia in day Hospital, Ginecologia, Ortopedia, Laboratorio analisi, Psichiatria e Servizio delle Dipendenze) con ambulatori dedicati e con posti letto in day- Hospital, che non vanno ad inficiare la quota nazionale dei posti letto, ma che possono servire per un breve periodo osservazionale in h 24, senza intasare i P.S. di Ospedali di I e II livello.
– La riforma del Sistema 118, che deve essere tutto Pubblico, evitando la pletora delle ambulanze private con i relativi abusi e disfunzioni legate soprattutto alla carenza di materiale specifico e alla presenza stessa di ambulanze vetuste, riciclate, che possono mettere a rischio la vita non solo dei pazienti trasportati, ma anche degli operatori, (che tra l’altro sono sfruttati e a cui non viene riconosciuta l’attività svolta per anni, ai fini della partecipazione ad un Concorso Pubblico, vero e proprio paradosso perché si rischia di perdere tante professionalità) , con personale dedicato. Su questa riforma esiste una proposta di legge depositata in Senato a prima firma Senatrice M. Castellone, che è stata elaborata da specialisti del settore, ma su cui vogliono mettere le mani, per interessi vari, non ultimo l’ingordigia di alcuni Direttori Generali, sia in termini economici, sia di prestigio personale.
– Implementazione del servizio dei Medici di Medicina Generale in h 12, con valutazione in tempo reale delle Zone carenti e relativa pubblicazione, tale da non lasciare i pazienti privi di assistenza sanitaria di base. Ridurre il tetto massimo dei pazienti assistiti, passando da 1.500 a 1.200, a compenso adeguato, valutando, insieme ai Sindacati di Categoria l’eventuale passaggio a dipendenza.
– Il Medico di Medicina Generale dovrebbe rappresentare il fulcro che attraverso il Fascicolo Sanitario Elettronico e la possibilità di essere sempre connesso con gli Ospedali di Riferimento per quel dato territorio, tenga le fila sulle condizioni di salute dei pazienti, monitorando particolarmente la popolazione più fragile.
Noi riteniamo che il Servizio Pubblico, se ben gestito e organizzato in relazione agli effettivi bisogni della popolazione, possa non solo garantire la Salute, ma far risparmiare, perché l’efficienza dei Servizi evita gli sprechi, evita il ricorrere ai P.S. per patologie croniche, distraendo di fatto risorse dagli Ospedali, sia in termini di quantità sia i termini di qualità.