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Domenica 16 febbraio 2025 gli abitanti dei Campi Flegrei hanno vissuto -e continuano a vivere anche in questi giorni- sulla propria pelle la recrudescenza del Bradisismo, con l’ inizio d uno sciame di oltre 340 scosse, cinque delle quali con magnitudo maggiore di 3, due scosse addirittura prossime al grado 4. L’ ironia della sorte è che solo il giorno seguente, lunedì 17 febbraio, si sarebbero aperte finalmente le presentazioni delle domande “per la riparazione e la riqualificazione sismica degli edifici residenziali inagibili in seguito al sisma del 20 maggio 2024”, cosí informava una nota del comune di pochi giorni prima. Senza fretta. Sono passati nove mesi dall’ultimo sciame di questa intensità, nove mesi in cui tante cittadine e cittadini non sono potuti rientrare nelle proprie case, arrangiandosi ciascuno come poteva. Lungaggini burocratiche, clamorosi ritardi nei decreti attuativi da parte del ministro Musumeci, insomma tutto il contrario di quanto il quadro delicato dei Campi Flegrei richieda: tempestività, efficienza, prevenzione. E invece in questo lasso di tempo non c’è stato nessun potenziamento dell’organizzazione di supporto nel caso di eventi sismici e di messa in sicurezza del territorio. Sembra come se ogni volta fosse la prima volta. Nulla di ciò di cui la popolazione dei Campi Flegrei ha bisogno per aumentare la propria sicurezza sul territorio è stato implementato, a dimostrazione di quanto i due decreti Campi Flegrei erano nient’altro che fumo negli occhi nonostante i sindaci dei Comuni interessati provavano a dire il contrario. Anzi, stavolta, è anche peggio! Non abbiamo diritto nemmeno alle tende della Protezione Civile per assicurarci di passare una notte al sicuro e non nelle nostre abitazioni la cui stabilità doveva essere verificata (diciamo doveva perché non è mai stato fatto nulla a riguardo). Oggi le tende non ci sono perché “rovinerebbero il paesaggio della nostra città e i flussi turistici ne risentirebbero, di conseguenza la nostra economia”.
Come se non bastasse i sindaci dei nostri Comuni continuano a ribadire che l’unica strada è quella di “abituarsi a convivere con il fenomeno”, ma noi che in questa terra ci siamo nati e ci viviamo siamo disposti ben volentieri ad abituarci a convivere, purché però il nostro territorio venga messo in sicurezza e ci si organizzi per reagire a questo duro e logorante fenomeno naturale. Questo appello alla resilienza, senza contromisure indirizzate alla sicurezza collettiva, non è nient’altro che un’ammissione di incuranza della vita della popolazione dei Campi Flegrei da parte delle Istituzioni.
Per questo, oggi come un anno fa e ancora prima, rivendichiamo:
- Creazione di un piano di emergenza stratificato, in cui per ogni livello di impatto del fenomeno ci sia un protocollo d’azione. Non si può lasciare la popolazione a sé stessa, bisogna agire tempestivamente per dare sicurezza (quella vera, delle nostre vite, non quella dei vostri loro decreti);
- Realizzazione di controlli dell’antisismicità degli edifici con conseguente piano di messa in sicurezza. Una verifica delle lesioni che sia tempestiva e capillare, strada per strada, edificio per edificio, al contrario di quanto visto a maggio scorso con un sistema su prenotazione che sprecava risorse e lasciava i cittadini per giorni in attesa di sapere se fosse sicuro dormire nella propria abitazione. Il piano deve prevedere inoltre il collocamento delle persone sfollate a causa di inagibilità degli edifici in strutture ottenute tramite requisizione diretta da parte dello Stato;
Partiamo da queste due richieste, vogliamo vivere nella nostra terra in sicurezza. Non possiamo essere lasciati a noi stessi né che domini il “si salvi chi può”: a problemi collettivi, che riguardano decine di migliaia di persone, abbiamo bisogno di soluzioni collettive. Altrimenti a pagarne le spese saranno sempre gli ultimi.
Concludiamo con un appello alla popolazione: contro questa classe dirigente politica criminale, che ci abbandona a noi stessi con promesse vuote, uniamoci e organizziamoci. Solo lottando uniti possiamo prenderci la dignità che ci spetta.