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[EMILIA ROMAGNA] Quando chi deve curare lavora senza protezioni cosa succede?

Esposto a Procura, ASL e Ispettorato del lavoro

Da più di un mese lavoratrici e lavoratori della sanità in regione Emilia-Romagna stanno affrontando l’emergenza sanitaria senza le condizioni di sicurezza adeguate, con le conseguenze tragiche che vediamo in questi giorni in termini di contagi e decessi.

Durante l’emergenza Covid19, finora, i morti tra i camici bianchi sono stati 51 e il 9% dei contagi è rappresentato da operatori sanitari. La compente femminile è altissima se teniamo conto dei profili con mansioni di assistenza e cura. Questa situazione ha innestato un circolo vizioso dei contagi in ambiente ospedaliero e fuori, agendo in maniera controproducente per il contenimento del virus.
Il coraggio degli operatori e delle operatrici che nelle infinite difficoltà non può diventare retorica ma deve raccontarci la realtà dei fatti. Il sistema sanitario pubblico deve non solo esistere ma va potenziato. I lavoratori e le lavoratrici devono poter lavorare in sicurezza, poter decidere senza il ricatto dei meccanismi di repressione. Le voci del dissenso ci dicono che non serve nascondere la polvere sotto al tappeto, ma le problematiche vanno affrontare per il rispetto dei pazienti, degli utenti o come piacerebbe a noi, persone, per garantire un servizio degno dei principi sui quali si regge. Nessun passo indietro, vogliamo lavorare in sicurezza!

Questo hanno detto e scritto gli operatori e le operatrici in tutte le parti del Paese.

La valutazione politica di Potere al Popolo Emilia-Romagna è che questa situazione sia la conseguenza di scelte politiche di lungo periodo e di una reazione inadeguata all’emergenza.

Per questo abbiamo fatto un esposto a Procura, Ispettorato del Lavoro e ASL, partendo dall’esperienza da Potere al Popolo – Comitato Mille PAPaveri Rossi – Cesena e con esso intendiamo segnalare la situazione inaccettabile a partire dall’esperienza diretta nel territorio romagnolo che è stato colpito duramente fino ad arrivare all’istituzione della zona rossa a Rimini. Come dettagliamo in seguito, si tratta di mancanze che spesso colpiscono proprio i settori più a contatti con i pazienti, quindi più a rischio di essere contagiati e contagiare.

Sul lungo periodo questo è il risultato delle scelte nazionali e regionali di disinvestimento sulla sanità pubblica. La nostra regione ha un passato di sanità pubblica di massa e di qualità e un presente di investimenti sempre più sul privato e sempre meno sul pubblico. Questo è culminato con la firma del protocollo tra Bonaccini e l’Associazione Italiana Ospedali Privati, col presidente della regione che in campagna elettorale prometteva di allargare il settore privato fino al 20% del totale.

Nel breve periodo stiamo pagando la sottovalutazione della gravità dell’epidemia, nonostante tutti gli avvertimenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’esperienza della Cina. Ricordiamo che Bonaccini aveva chiesto il rimando dell’istituzione della prima “zona rossa allargata” anche a Piacenza; Parma, Reggio Emilia e Modena e, dopo la sua istituzione, si faceva intervistare su Repubblica specificando che bisognava garantire il massimo degli spostamenti per le attività economiche.

Questo esposto quindi ha per noi l’obiettivo di denunciare le situazioni particolari di chi oggi lavora nella prima linea dell’emergenza e di sollevare finalmente la questione politica generale: dopo 30 anni di privatizzazione e regionalizzazione solo il Sistema Sanitario Nazionale pubblico può essere all’altezza dei nostri problemi.

Nel video la compagna Anna Strippoli, lavoratrice nell’ospedale Bufalini di Cesena, racconta in prima persona cosa sta succedendo e le ragioni dell’esposto.

Quando chi deve curare lavora senza protezioni cosa succede?

🔴 Quando chi deve curare lavora senza protezioni cosa succede? 🔴⚫️ Esposto a Procura, ASL e Ispettorato del lavoro ⚫️Da più di un mese lavoratrici e lavoratori della sanità in regione Emilia-Romagna stanno affrontando l’emergenza sanitaria senza le condizioni di sicurezza adeguate, con le conseguenze tragiche che vediamo in questi giorni in termini di contagi e decessi.Durante l'emergenza Covid19, finora, i morti tra i camici bianchi sono stati 51 e il 9% dei contagi è rappresentato da operatori sanitari. La compente femminile è altissima se teniamo conto dei profili con mansioni di assistenza e cura. Questa situazione ha innestato un circolo vizioso dei contagi in ambiente ospedaliero e fuori, agendo in maniera controproducente per il contenimento del virus.Il coraggio degli operatori e delle operatrici che nelle infinite difficoltà non può diventare retorica ma deve raccontarci la realtà dei fatti. Il sistema sanitario pubblico deve non solo esistere ma va potenziato. I lavoratori e le lavoratrici devono poter lavorare in sicurezza, poter decidere senza il ricatto dei meccanismi di repressione. Le voci del dissenso ci dicono che non serve nascondere la polvere sotto al tappeto, ma le problematiche vanno affrontare per il rispetto dei pazienti, degli utenti o come piacerebbe a noi, persone, per garantire un servizio degno dei principi sui quali si regge. Nessun passo indietro, vogliamo lavorare in sicurezza!Questo hanno detto e scritto gli operatori e le operatrici in tutte le parti del Paese.La valutazione politica di Potere al Popolo Emilia-Romagna è che questa situazione sia la conseguenza di scelte politiche di lungo periodo e di una reazione inadeguata all’emergenza.Per questo abbiamo fatto un esposto a Procura, Ispettorato del Lavoro e ASL, partendo dall'esperienza da Potere al Popolo – Comitato Mille PAPaveri Rossi – Cesena e con esso intendiamo segnalare la situazione inaccettabile a partire dall’esperienza diretta nel territorio romagnolo che è stato colpito duramente fino ad arrivare all’istituzione della zona rossa a Rimini. Come dettagliamo in seguito, si tratta di mancanze che spesso colpiscono proprio i settori più a contatti con i pazienti, quindi più a rischio di essere contagiati e contagiare.Sul lungo periodo questo è il risultato delle scelte nazionali e regionali di disinvestimento sulla sanità pubblica. La nostra regione ha un passato di sanità pubblica di massa e di qualità e un presente di investimenti sempre più sul privato e sempre meno sul pubblico. Questo è culminato con la firma del protocollo tra Bonaccini e l’Associazione Italiana Ospedali Privati, col presidente della regione che in campagna elettorale prometteva di allargare il settore privato fino al 20% del totale.Nel breve periodo stiamo pagando la sottovalutazione della gravità dell’epidemia, nonostante tutti gli avvertimenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’esperienza della Cina. Ricordiamo che Bonaccini aveva chiesto il rimando dell’istituzione della prima “zona rossa allargata” anche a Piacenza; Parma, Reggio Emilia e Modena e, dopo la sua istituzione, si faceva intervistare su Repubblica specificando che bisognava garantire il massimo degli spostamenti per le attività economiche.Questo esposto quindi ha per noi l’obiettivo di denunciare le situazioni particolari di chi oggi lavora nella prima linea dell’emergenza e di sollevare finalmente la questione politica generale: dopo 30 anni di privatizzazione e regionalizzazione solo il Sistema Sanitario Nazionale pubblico può essere all’altezza dei nostri problemi.Nel video la compagna Anna Strippoli, lavoratrice nell'ospedale Bufalini di Cesena, racconta in prima persona cosa sta succedendo e le ragioni dell'esposto.

Gepostet von Potere al Popolo Emilia-Romagna am Donnerstag, 2. April 2020

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