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Defender Europe 2020 – Il virus della guerra e il coronavirus

Durante i mesi di aprile e maggio 2020, la NATO prevede un’esercitazione alla frontiera orientale del continente europea: Defender Europe 2020. Come ammesso anche dal segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, si tratta di una delle più grandi manovre delle unità terrestri in Europa dalla fine della guerra fredda.

Con un totale di 37.000 soldati provenienti da 16 paesi NATO, nonché dalla Finlandia e dalla Georgia, si raggiungerà una nuova dimensione delle attività militari. Fino a 20.000 soldati statunitensi con le corrispondenti attrezzature pesanti in questi giorni sono stati trasportati attraverso l’Atlantico su territorio europeo e continueranno il loro viaggio attraverso l’Europa fino al confine russo.

Gli obiettivi di Defender Europe 2020 sono almeno due: il primo riguarda la capacità militare effettiva della NATO di spostare rapidamente grandi contingenti di truppe verso l’Europa orientale in un contesto di maggiori conflitti politici e bellici alle frontiere esterne dell’Europa (Ucraina, Medio Oriente, ma anche “crisi di rifugiati” – proprio in questi giorni Grecia, Turchia e tutta l’UE respingono militarmente migranti e rifugiati alle frontiere esterne dell’Europa) e di crescita d’egemonia sia militare che diplomatica della Russia in queste zone; il secondo, più simbolico ma per questo non meno grave, è di dare una dimostrazione della superiorità militare della NATO a livello globale.

Nella Carta di Parigi firmata nel 1990 gli Stati europei e Russia, USA e Canada dichiaravano che “l’era della contrapposizione e della divisione dell’Europa è terminata. Dichiariamo che per l’avvenire le nostre relazioni saranno basate sul rispetto e sulla cooperazione”. A trent’anni da queste dichiarazioni la Carta di Parigi rimane carta straccia e le politiche conflittuali vengono intensificate: tutti gli Stati della NATO stanno lavorando con determinazione per aumentare il budget militare al 2% del PIL. Per l’armamento militare si stanno divorando mezzi e risorse che mancano per affrontare i problemi e le crisi sociali, lavorative, infrastrutturali ed ecologiche.

L’esercizio Defender Europe 2020 è quindi solo un’ulteriore tappa della militarizzazione dell’Europa. Per garantire gli interessi della NATO su territorio europeo, l’UE garantisce il supporto su due piani.

Il primo è quello infrastrutturale. Il Parlamento Europeo in un rapporto del mese di febbraio 2020 dichiarava: “Dagli anni Novanta le infrastrutture europee sono state sviluppate puramente a scopi civili. La mobilità militare è però ritornata ad essere una questione chiave per la Nato. Poiché la Nato manca degli strumenti per migliorare la mobilità militare in Europa, l’Unione europea, che ha gli strumenti legislativi e finanziari per farlo, svolge un ruolo indispensabile”. Strade, ponti, binari ferroviari etc. avranno dunque bisogno di essere modificate e adattate al peso e alle dimensione dei mezzi militari. Per far questo, la Commissione europea ha destinato a questi programmi di ristrutturazione dell’infrastruttura un primo finanziamento di 30 miliardi di euro.

Il secondo riguarda l’istituzione di un’area Schengen militare. In pratica, si prevede di “semplificare le formalità doganali per le operazioni militari e il trasporto di merci pericolose di tipo militare”. Quindi l’Italia dichiara zona rossa tutto il paese, le compagnie aeree cancellano i voli da e per l’Italia per combattere il rischio di contagio del coronavirus, ma gli oltre 30.000 militari NATO si stanno spostando senza particolari difficoltà da una parta dell’Europa all’altra.

Mentre centinaia di migliaia di rifugiati rivendicano umanità e dignità, mentre milioni di giovani di tutta Europa protestano per un riorientamento ecologico, mentre mancano le risorse economiche e infrastrutturali per affrontare la più importante crisi sanitaria dell’ultimo decennio, gli eserciti mondiali continuano a consumare inutilmente risorse economiche, ecologiche, umane. Con Defender Europe 2020, l’Unione Europea dimostra ancora una volta di non essere affatto una soluzione del problema, bensì una causa profonda.

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