La legge di Bilancio presentata dal governo Meloni risponde alla logica del riarmo ed alla scelta di incanalare il nostro Paese verso una economia di guerra. Mentre i salari e le pensioni continuano a perdere potere d’acquisto, le disuguaglianze sociali aumentano, si allarga il mondo della precarietà e del lavoro sottopagato e sono sempre di più le persone che non possono curarsi o che non vedono soddisfatto il diritto alla casa, il governo aumenta in modo clamoroso la spesa per l’acquisto e la produzione di nuovi armamenti, individuando nel settore bellico l’unica soluzione alla crisi economica. Anzi, il vincolo europeo di contenimento del deficit pubblico, con conseguente taglio ai servizi e alla spesa sociale, viene perseguito proprio con l’obiettivo di avere le mani libere per poter investire in armamenti.
La stessa ipocrisia utilizzata per nascondere il genocidio in Palestina e la complicità del governo con lo Stato terrorista di Israele viene utilizzata per fingere di voler affrontare le grandi questioni sociali del Paese: con i numeri sull’occupazione si continua a voler coprire l’aumento della povertà e dei lavori con salari da fame, con le modifiche dell’IRPEF si finge di voler sostenere i ceti medi quando si stanno soltanto favorendo i settori più ricchi, con i contributi volontari delle banche si lasciano nelle mani del sistema finanziario più di 100 miliardi di extraprofitti sottratti al nostro paese negli ultimi tre anni.
E che di fronte ad un processo di grave deindustrializzazione, riesce solo a proporre la conversione di alcune aziende alla fabbricazione delle armi. L’industria bellica e i suoi collegati vengono utilizzati per uscire dalla crisi in cui versa il capitalismo.
Nei vari teatri di guerra si nascondono dietro le parole “pace” e “ricostruzione” si muovono già gli interessi dei grandi gruppi italiani e occidentali del cemento, dell’energia e delle infrastrutture — come WeBuild, Buzzi Unicem, Cementir, Leonardo, Terna e Italferr — pronti a trarre profitto dalle devastazioni della guerra. La ricostruzione dell’Ucraina e di Gaza diventano un affare per pochi, mentre i costi umani, sociali e ambientali ricadono sui popoli flagellati dai conflitti.
Le mobilitazioni promosse a sostegno del popolo e della resistenza palestinese hanno portato alla luce una indisponibilità in tutta la penisola a essere complici con il genocidio e con le scelte del governo Meloni che ci portano verso un futuro da incubo. Difendere la Palestina oggi significa rompere il patto tra sionismo, capitalismo e destre estreme e aprire una possibilità di liberazione per le lavoratrici, i lavoratori e tutti i popoli del mondo.
La tregua di Trump non riconosce nessun diritto al popolo palestinese e sta consentendo a Israele di proseguire e ampliare l’occupazione di territori palestinesi.
Ma l’Italia parla di pace dopo aver fornito armi, dopo aver sostenuto direttamente il GENOCIDIO.
Anche altri paesi come il Congo e il Sudan stanno vivendo momenti drammatici, e diventa fondamentale unire le lotte e costruire una reale intersezionalità tra tutti i popoli oppressi, mentre aumentano i pericoli di un’aggressione al Venezuela.
Tutto questo dimostra che la competizione imperialista si sposta sempre più dal piano politico, economico e commerciale a quello militare. Il Governo Meloni, che sta sostenendo apertamente l’aumento delle spese in ambito NATO e i programmi di riarmo dell’Unione Europea, è parte attiva di questo processo. Tutto l’arco parlamentare sostiene la necessità di una difesa comune e di un esercito comune europeo quando l’unica difesa dalla guerra è il disarmo.
Queste scelte non hanno un riflesso solo in termini economici ma stanno favorendo una torsione autoritaria tanto contro le lotte sociali come verso il mondo dell’istruzione, arrivando a colpire l’informazione critica e indipendente e a tentare di controllare altri poteri dello Stato.
È in atto, in sostanza, un processo di trasformazione che, utilizzando le politiche di riarmo, tenta di irreggimentare e militarizzare una intera società che sta soffrendo un pesante peggioramento delle condizioni di vita.
Per questo è necessario ribellarsi, mettendo al centro delle mobilitazioni obiettivi chiari che corrispondano senza ambiguità alle necessità di milioni di lavoratori e lavoratrici e alle aspirazioni di pace, disarmo, uguaglianza e giustizia sociale che appartengono a tanta parte del Paese.
CONTRO LA FINANZIARIA DI GUERRA E IL GOVERNO MELONI. PALESTINA LIBERA – ROMPERE CON ISRAELE!
Il 28 novembre incrociamo le braccia e fermiamo tutto con lo sciopero generale e il 29 novembre manifestazione nazionale a Roma:
- No alla finanziaria di guerra, dimissioni del governo Meloni complice del genocidio in Palestina
- La rottura di ogni rapporto diplomatico, economico, accademico, militare con Israele. Chiediamo l’immediato embargo militare e il disinvestimento da ogni azienda complice del genocidio, dell’occupazione e dell’apartheid.
- No al riarmo Nato e no al riarmo europeo: le spese per sanità e istruzione fuori dai vincoli di bilancio. No all’esercito comune europeo e fine dell’invio di armi all’Ucraina
- Contro la riforma Valditara e il ddl Gasparri
- Chiediamo la liberazione di tutti i detenuti e delle detenute palestinesi a cominciare da Marwan Barguthi, Ahmad Sa’adat e Anan Yaesh prigioniero palestinese in Italia.
- Per l’uscita dell’Italia dalla Nato
- Contro l’aggressione imperialista al Venezuela
- Fine del genocidio in Sudan e dei massacri in Congo
- 2000 euro salario minimo mensile. Giù le armi, sui salari.
- Reintroduzione della scala mobile
- 32 ore a parità di salario su 4 giorni lavorativi
- In pensione a 62 anni
- Nazionalizzazione dei settori industriali strategici
- Regolarizzazione di tutti i lavoratori stranieri
- Abolizione dell’iva sui beni di prima necessità
- Tassazione dei profitti delle banche
- Affitti parametrati ai salari e un milione di case popolari
- No al decreto sicurezza, no alla repressione delle lotte sociali
Primi firmatari:
-Unione sindacale di Base
-Potere al popolo
-Movimento studenti palestinesi
-Unione democratica arabo palestinese
-Comunità palestinese in Italia
-Associazione palestinesi in Italia
-Calp
-Ex Opg
-Movimento diritto all’Abitare Roma
-Arci Roma
-Fronte comunista
-Cambiare rotta
-Cau
-Fronte della gioventù comunista
-Osa
-Movimento migranti e rifugiati Napoli
-Donne contro la guerra e il genocidio
-Casa del popolo Mariella Franco Pavia
-Centro sociale Intifada
-Ecoresistenze
-Ecologia politica Napoli
-Casa del popolo Silvia Picci Lecce
-Spazio Catai Padova
-Casa del popolo Estella Torino
-Sac
-Casa del popolo Marano, Mugnano, Calvizzano
-Contropiano
-Rete dei Comunisti
Per adesioni: 29novembreroma@gmail.com

