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Basta tagli all’istruzione! La scuola si cambia con chi la vive!

Il governo dei migliori, mentre aumenta le spese militari per inviare all’Ucraina armi su cui ha imposto il segreto, opera tagli lineari ai settori della sanità – la pandemia ha mostrato quanto è fragile – e della scuola.

Nel Documento di Economia e Finanza è previsto un taglio di mezzo punto percentuale della quota di PIL riservata all’Istruzione, che passerà dal 4% al 3,5%. Già oggi la spesa è inferiore a quella di Svezia, Belgio, Finlandia, Danimarca, Francia, Germania, Spagna, Grecia, il divario è destinato ad aumentare. Come il Governo pensi di raggiungere gli obiettivi fissati dall’Agenda 2020 in materia di istruzione – uno fra tutti, l’abbandono scolastico inferiore al 10% (siamo oltre il 13%) – è un mistero. È previsto il taglio di 9600 cattedre – alla faccia della promessa della riduzione del numero di alunni per classe – che andranno a colpire soprattutto i piccoli centri, aumentando la diseguaglianza territoriale nel Paese. Nessuna nuova assunzione di personale ATA, inoltre, e aumenti contrattuali ridicoli.

Non contento, il governo e la maggioranza che lo sostiene pensano bene di intervenire per decreto, senza confronto coi sindacati, per rivedere il percorso di assunzione e formazione di neodocenti e docenti in servizio. Dopo le SSIS, il Tfa, i 24 crediti, arriva l’ennesimo regalo al mercato privato dei crediti. Non è previsto infatti nessun percorso universitario abilitante, specifico per ogni settore disciplinare, che alterni momenti di teoria e pratica (che andrebbe sempre pagata), ma il solito spezzatino di crediti à la carte (questa volta sono 60) che non potrà non alimentare le “università” telematiche e i vari centri di formazione privati, scaricando i costi interamente sullo studente/docente in formazione, con evidenti ricadute sulla qualità della didattica. Dopo l’acquisizione dei 60 crediti è previsto il concorso e un anno di prova con esame finale. Un vero e proprio percorso ad ostacoli per diventare docente di ruolo, che avrà l’effetto di aumentare quello che già oggi è un numero enorme di precari: 250.000.

Nel frattempo i tempi del concorso ordinario previsto per il 2020, in sospeso da due anni “causa pandemia”, e iniziato con la prova scritta a metà marzo, slittano ulteriormente. E’ probabile che le graduatorie non usciranno in tempo utile per il 20 luglio, data oltre la quale pur essendo risultati idonei in entrambe le prove, i candidati non potranno far valere la loro abilitazione per l’anno scolastico 2022/23. Per non parlare del concorso straordinario svolto effettivamente nel 2020, e ora considerato “meno valido” di quello ordinario, che ha generato la paradossale situazione di aver abilitato, ma non ancora immesso in ruolo, docenti che avevano già almeno tre anni di insegnamento e che, quindi, avrebbero dovuto essere assunti a tempo indeterminato senza svolgere alcuna prova.

Per i docenti già in servizio una formazione facoltativa e “incentivata” con qualche spicciolo, proveniente dal taglio delle 9600 cattedre già citate, e gestita da una nascente Scuola di formazione dai contorni oscuri, priva di legami con la ricerca universitaria, di cui si sa solo quanto costerà: 40 milioni, più 2 all’anno per mantenerla!

La misura della sopportazione di chi la scuola la vive – studenti, famiglie, docenti, personale amministrativo – è da tempo ampiamente colma. È inaccettabile che si aumentino le spese per strumenti di morte, prolungando una guerra che rischia di deflagrare da un momento all’altro, e che si taglino le spese per salute e istruzione. Ci opponiamo alla politica di guerra del governo Draghi e della NATO e chiediamo invece una politica di pace che rilanci istruzione, sanità e stato sociale anche con adeguati finanziamenti e con il rispetto dei diritti dei lavoratori. Per questo sosteniamo tutte le mobilitazioni in corso nella scuola e non solo, a partire dallo sciopero di oggi del sindacalismo conflittuale e andando oltre. È da arroganti intervenire per decreto su una situazione così critica, ed è compito di tutte e tutti noi mandare al governo, alla sua maggioranza, alle orde di iene in attesa di accaparrarsi l’ennesimo boccone del cadavere della scuola pubblica, un segnale forte e chiaro: GIÙ LE MANI DALLA SCUOLA! GIÙ LE MANI DAL NOSTRO FUTURO!

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