Accecato da un nazionalismo farsesco il governo italiano con Salvini in testa, in ritrovata sintonia con il presidente della regione Veneto Zaia, ha imposto la realizzazione di una nuova pista da bob a Cortina nonostante l’opposizione financo del comitato olimpico internazionale.
A rappresentare l’assurdità di questa scelta basterebbe guardare a Cesana Torinese. Una pista da bob, skeleton, slittino, inaugurata nel 2005 in vista delle olimpiadi invernali del 2006 e abbandonata dopo pochi anni. Costruirla costò 110mln€. L’impatto ambientale fu consistente tanto che ora dalle parti della regione Piemonte immaginano uno “smantellamento per ritornare a dare al verde e alla natura quello spazio” in un buffo comunicato stampa di pochi giorni fa.
Dovrebbe bastarci questo per capire quanto insensato sia costruire una nuova pista da bob in Italia, dove a praticare tutti gli sport che andranno sulla pista sono una cinquantina di atleti.
Invece la farsa fatta di roboanti annunci, gare andate deserte, tentennamenti e offerte di recupero della pista di Cesana o di utilizzo delle piste in Svizzera, Austria o Germania, sembra arrivata ad un punto di svolta con la firma dell’accordo tra la Società Infrastrutture Milano Cortina S.p.A (Simico) e la Pizzarotti S.p.A lo scorso 2 febbraio.
Il gigante delle grandi opere con sede a Parma e che ha avuto bisogno dell’intervento di Cassa Depositi e prestiti nel 2021 per proteggersi dal fallimento, si è aggiudicata la costruzione dell’ennesima impattante, inutile, grande opera.
Non sono mancate le proteste popolari come quella dello scorso settembre, dove quasi mille persone sono arrivate a Cortina dalle valli limitrofe e qualcuno da più lontano per opporsi a questo ennesimo scempio.
Ma i governi nazionale e regionale hanno voluto a tutti i costi portare avanti la gara d’appalto proponendo una versione “light” della pista ma allo stesso prezzo. Un vero affare. La geniale pensata del governo, ovviamente avallata da Simico, è stata di ridurre le opere accessorie alla pista mantenendone invariato il costo. Saranno quindi 122 i milioni che comunque andranno a Pizzarotti per realizzare la pista, anche impiegando manodopera norvegese (si dice temprata al freddo), a cui sicuramente andranno aggiunti gli aumenti di costo (che non mancano mai in un cantiere italiano, dalla ristrutturazione di casa alle opere infrastrutturali più grandi). Stessi costi per un minor servizio, come non gioirne?!
Uno spreco di risorse pubbliche, un danno ambientale ulteriore, una visione miope del futuro dello sviluppo montano. Il tutto condito dalla pretesa che le medaglie degli atleti azzurri risollevino le sorti di una montagna in cui trasporto pubblico e sanità sono oramai al lumicino.
Sarebbe stato bello che le olimpiadi fossero state un’occasione di sport, ripensamento ed investimenti per promuovere un’economia alpina sostenibile e sana, servizi pubblici che consentano di vivere questi territori: trasporti e sanità in testa.
La prospettiva di questo governo invece è all’opposto: scempio ambientale e sperpero di risorse.
Non mancano le probabilità che si spendano più di cento milioni di euro e la pista non venga utilizzata neppure per le olimpiadi. Infatti il contratto dice che i lavori debbano essere consegnati entro marzo 2025 in tempo per le omologazioni e collaudi. Mai, al mondo, una pista di questo tipo è stata realizzata in questi tempi. E infatti il Comitato Olimpico dice: preparate un piano B.
Forse anche a noi serve un piano B, diverso da questo e dai precedenti governi regionali e nazionali e per questo nella settimana del 6 febbraio, a due anni esatti dall’inizio delle Olimpiadi 2026, è stata realizzata una mobilitazione diffusa tra Milano, Val Camonica, Valtellina e Venezia e culminata il 10 febbraio con un partecipato corteo nel capoluogo lombardo e un presidio a sotto la sede della Regione Veneto.
Siamo ancora in tempo.