Lo scorso 16 maggio si è votato per le elezioni amministrative in Croazia, ultimo paese a diventare membro dell’Unione Europea nel luglio 2013. L’attenzione era rivolta soprattutto alla capitale Zagabria che, da sola, raccoglie circa il 25% della popolazione totale del paese e il 30% del suo PIL.
Al primo turno Tomislav Tomašević, il candidato sindaco della coalizione della sinistra ambientalista Možemo (Possiamo), ha ottenuto il 45%. Di poco inferiore (40%) il risultato complessivo della lista che è riuscita a eleggere 23 consiglieri su 47 totali. Al ballottaggio del 30 maggio, Tomašević ha ottenuto 199 mila voti (63,8%), sconfiggendo nettamente il candidato dell’estrema destra Miroslav Škoro, leader del Movimento per la Patria.
Il nuovo anno si era aperto per Zagabria con la morte improvvisa per infarto del sindaco-padrone Milan Bandić, al potere quasi ininterrottamente dal 2000 per un totale di cinque mandati. Nel suo ventennale controllo della città, Bandić era riuscito a creare una fitta rete di relazioni tra l’apparato amministrativo, la classe imprenditoriale (croata e internazionale) e gruppi criminali. L’era Bandić ha coinciso con la fase più acuta della transizione croata verso il modello capitalista da quel poco che rimaneva della Jugoslavia socialista. Quando venne nominato per la prima volta sindaco, la guerra si era conclusa da appena cinque anni e il paese si apprestava ad accelerare nel suo percorso di cambiamento.
Zagabria, capitale politica, economica e culturale del paese, venne così investita da un’ondata di “rinnovamento urbano”: la città socialista doveva lasciare il campo a quella neoliberista. E così che cominciarono a essere pensati importanti progetti di “riqualificazione” che, tradotto, significava cementificazione, privatizzazione dello spazio pubblico e sua messa a valore per gli appetiti degli imprenditori in combutta con la politica locale.
La nascita dei movimenti civici
La storia di Možemo nasce, sotto altre forme, ormai più di quindici anni fa. Era il 2006 e l’amministrazione Bandić aveva appena dato il via libera alla ristrutturazione della centralissima Piazza del mercato dei fiori (Cvjetni Trg) e di via Varsavska. Il piano, che prevedeva la costruzione di un grande centro commerciale e di un parcheggio sotterraneo, scatenò la protesta dei cittadini che diedero vita al movimento Pravo Na Grad (Diritto alla città). Tra gli animatori di quell’esperienza c’era proprio Tomislav Tomašević che l’anno successivo, nel 2007, divenne tra i leader di Zelena Akcija (Azione Verde) con cui partecipò e organizzò numerose proteste. I lavori nella piazza iniziarono nel 2010 e furono accompagnati da una partecipatissima occupazione e da duri scontri con la polizia che effettuò oltre 150 arresti.
Nonostante la sconfitta, il movimento considerò quella battaglia come “un successo nella creazione di una coalizione della società civile e di un’ampia rete”. Una rete che si allargò sempre più arrivando a comprendere anche sindacati e realtà internazionali legate al diritto alla città e alle trasformazioni urbane contemporanee. La mobilitazione contro i processi di gentrification e turistificazione di Zagabria andò avanti per tutto il decennio della crisi economica e vide l’organizzazione di manifestazioni pubbliche e petizioni, gruppi di studio volti a presentare modifiche al Piano Urbanistico e azioni dirette.
Un ventaglio di strumenti che hanno permesso al movimento di fare leva sulla partecipazione attiva dei cittadini e di ritagliarsi ampi margini di credibilità e affidabilità. Il movimento si opponeva soprattutto alla privatizzazione dello spazio pubblico, al suo uso commerciale per gli interessi di investitori privati, alla cementificazione delle aree verdi e alla divisione classista dello spazio urbano.
Le alleanze
L’acuirsi della crisi economica e la convergenza dei due partiti principali (il Partito Socialdemocratico di centrosinistra e l’Unione Democratica Croata di centrodestra) hanno però gettato le basi per la nascita di quella che, forzando l’utilizzo di categorie a noi più familiari, potremmo definire “sinistra radicale”. Uno dei risultati più significativi di questa presenza fu la raccolta, nel 2013, di oltre 500 mila firme (quasi il 20% della popolazione) per fermare la privatizzazione della rete autostradale tramite un referendum popolare. Lì dove non può il potere politico arriva però quello giudiziario che, con una decisione della Corte Suprema, impedì lo svolgimento del referendum.
Così come in Italia, anche in Croazia lo spazio politico a sinistra del Partito Socialdemocratico ha visto diversi tentativi di unità, naufragati nel peggiore dei modi. Tra questi quello dei Laburisti Croati che nel 2011 riuscirono ad ottenere ben sei parlamentari presentandosi alle elezioni con una propria lista autonoma rispetto al Partito Socialdemocratico. Frutto di giochi da “ceto politico”, nel giro di due anni il partito riuscì nell’impresa di dimezzare i propri voti fino ad essere definitivamente cooptato in una nuova coalizione di centrosinistra. Esperienza piuttosto simile vissuta dal Partito per lo Sviluppo sostenibile della Croazia (ORaH) passato in pochissimo tempo dal 9% delle elezioni europee del 2014 allo 0,7% delle politiche del 2016.
Proprio in quegli anni si assisteva però a un significativo fermento delle forze di sinistra. Tra il 2014 e il 2017 i movimenti civici nati negli anni precedenti cominciarono a dotarsi di un’organizzazione più strutturata. Un passaggio che favorì la nascita di partiti sempre più dichiaratamente di sinistra come il Radnička Fronta (Fronte dei Lavoratori), Nova Ljevica (Nuova Sinistra), Za Grad (Per la città).
La consapevolezza della necessità di evitare divisioni ideologiche incomprensibili alla stragrande maggioranza dei cittadini spinse queste realtà a partecipare uniti alle elezioni locali di Zagabria del 2017 con la coalizione Zagreb je Naš (Zagabria è nostra), che si poneva come obiettivo principale quello di dotare i movimenti di una rappresentanza politica in grado di portare dentro i palazzi del potere le rivendicazioni della piazza. A creare le basi per “l’unità della sinistra” non era stato però un lavoro di burocrazia interna ma la spinta propulsiva delle lotte. Ancora una volta, ad alimentare le piazze e le proteste fu un progetto urbanistico, il cosiddetto Manhattan Zagreb.
Alle elezioni la coalizione ottenne il 7,8% riuscendo a eleggere 4 consiglieri, mentre Tomašević, candidato sindaco, si fermò al 3,99%. L’esperienza di Zagabria spinse il gruppo dirigente a continuare il percorso avviato negli anni precedenti dando vita nel 2019 a Možemo (Possiamo), una coalizione a livello nazionale che, come suggerito anche dal nome, ricalca le esperienze municipaliste spagnole con cui negli anni ha stretto forti relazioni.
Alle elezioni politiche del luglio 2020 Možemo rappresentò la vera sorpresa ottenendo il 6,99% ed eleggendo ben sette parlamentari. Pochi mesi dopo, però, uno scontro interno portò alla fuoriuscita del Fronte dei Lavoratori che ha accusato il resto della coalizione di non voler sostenere la candidatura a sindaco di Rijeka (Fiume) della loro leader e già candidata presidenziale Katarina Peović.
La questione organizzativa: “un piede nelle istituzioni e un piede nelle piazze”
Nonostante la spaccatura interna, Možemo è riuscito ad ottenere una schiacciante vittoria nella capitale e ottimi risultati anche in altre città importanti della Croazia, a dimostrazione della costante crescita del percorso iniziato ormai più di un decennio fa.
Il principale elemento di forza della coalizione è stato il forte radicamento territoriale in tutti i quartieri di Zagabria, come dimostrato dalla vittoria in 16 distretti su 17. Già alle elezioni del 2017, Možemo aveva ottenuto buoni risultati nelle aree centrali della città. Ma a differenza della “sinistra della ztl” all’italiana, il lavoro degli attivisti e delle attiviste si è concentrato sulle aree più periferiche, quelle rimaste escluse dal rinnovamento urbano e dall’internazionalizzazione della città. La strategia adottata è stata quella di occuparsi dei problemi dei singoli quartieri, costruendo attorno ad essi lotte che hannocoinvolto direttamente la cittadinanza e portando queste istanze all’interno dei consigli distrettuali.
Per favorire una presenza capillare in tutto il territorio comunale si sono costituiti gruppi di comitati locali con programmi propri che non venivano calati dall’alto né poggiavano su rivendicazioni generiche e astratte ma erano il frutto di una consultazione costante con gli abitanti. Queste consultazioni, costruite attraverso banchetti, sondaggi e assemblee hanno coinvolto oltre 10 mila cittadini e cittadine che hanno così potuto esprimersi su questioni immediate, dai problemi della rete fognaria alla questione abitativa passando per l’assenza di aree verdi e spazi di socialità. Una partecipazione che non si è limitata a denunciare i malfunzionamenti ma che ha contribuito a elaborare proposte concrete e attuabili.
Una partecipazione favorita anche dalla fluidità degli strumenti di partecipazione. Oltre alla presenza territoriale, Možemo ha elaborato anche nuove forme attraverso la creazione di una piattaforma digitale. Particolarità di questi strumenti è la non necessaria iscrizione al partito. Anche i non tesserati possono infatti contribuire ai processi decisionali di Možemo, avanzando proposte sulla piattaforma, ai comitati di quartiere o partecipando alle assemblee pubbliche. Quello che viene richiesto è la partecipazione attiva sul campo, anche questa non condizionata all’iscrizione al partito.
Ai bisogni immediati sono state inoltre affiancate battaglie classiche della sinistra: la difesa dei diritti dei lavoratori, specialmente quelli legati all’amministrazione della città, la lotta contro le discriminazioni e la violenza sulle donne, contro la corruzione e per il libero accesso a servizi come sanità e istruzione.
Imparare da Možemo?
Alla luce di quanto detto fino ad ora, è possibile riscontrare quindi almeno tre elementi fondamentali per la vittoria e la crescita di Možemo, considerata adesso l’unica vera alternativa capace di sconfiggere il centrodestra:
- una concreta, seria e credibile presenza nelle principali lotte che hanno animato Zagabria negli ultimi anni;
- una capillare presenza sui territori sostenuta da un’organizzazione molecolare e fluida;
- una favorevole congiuntura politica che ha visto il principale partito di centrosinistra, il Partito Socialdemocratico, spostarsi sempre più al centro eliminando quasi totalmente le differenze con il centrodestra cui si sono aggiunte le liti interne, il mancato rinnovamento della classe politica e l’incapacità di immaginare nuovi modelli di sviluppo non solo per Zagabria ma per il paese intero. Questo ha aperto uno spazio enorme a sinistra che Možemo è riuscito a capitalizzare nel miglior modo possibile.