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Report tavolo Immigrazione – Inventare l’avvenire!

  • 1. Traccia per il tavolo nazionale sull’immigrazione di Potere al Popolo!

    Lo stato dell’arte
    La guerra civile esplosa alcuni giorni fa in Libia tra il Governo di Accordo nazionale di al-Sarraj riconosciuto internazionalmente e l’Esercito nazionale libico di Haftar sta ancora una volta modificando la possibilità e le modalità di partenza di migranti e rifugiati verso l’Europa. Secondo i numeri ufficiali, in Libia vivono circa 800.000 migranti e rifugiati subsahariani, 6.000 si trovano nelle carceri libiche, di cui 600 bambini. Sono stati 15.000 i rimpatri dei rifugiati provenienti dai paesi africani in Libia solo nel 2018, rimpatri previsti nell’ambito degli accordi tra L’Unione Europea e la Libia e in particolare nel Memorandum d’intesa tra l’Italia e la Libia firmato nel febbraio 2017. In pochi giorni la guerra ha prodotto 16.000 persone che fuggono, così da rendere superfluo e impraticabile la differenziazione di migranti economici e persone in fuga dalla guerra (rifugiati), differenziazione che costituisce da decenni ormai la base delle politiche migratorie e del sistema d’accoglienza europeo. In questi mutamenti (geo-)politici, le priorità della politica italiana rimangono da un lato la garanzia delle approvvigionamenti energetici (centrale la presenza dell’ENI in Libia), dall’altro lato la gestione dei cosiddetti “flussi migratori” verso l’Europa.
    A tal proposito, a febbraio è uscito il Report ufficiale di Frontex sui numeri di migranti. Nel 2018, gli attraversamenti delle frontiere europee hanno raggiunto il livello più basso in cinque anni, le partenze dalla Libia sono diminuite del 87%. Il numero totale degli arrivi in Europa è stato di 150.144 persone, 27% in meno rispetto al 2017 e 92% in inferiore al 2015 (picco di arrivi degli ultimi anni). Le rotte “scelte” dai rifugiati sono determinati sia dalle possibilità che trovano nei luoghi di partenza, sia dalle politiche dei rispettivi paesi d’arrivo. Gli sbarchi in Italia sono calati drasticamente arrivando a 24.000 (-80% e cifra più bassa dal 2012). Sono aumentati invece gli arrivi in Spagna (55.000, +157%) e in Grecia (56.000, +32%). Proprio in Grecia, ad inizio aprile, i rifugiati a cui è stato impedito di continuare il loro viaggio verso il nord si sono scontrati contro le forze dell’ordine: Ad Atene i migranti in protesta hanno bloccato la principale stazione ferroviaria della città, al nord della Grecia fuori da un centro d’accoglienza sovraffollato la polizia in assetto antisommossa ha usato gas lacrimogeni e granate stordenti per respingere centinaia di manifestanti.
    Queste dinamiche migratorie dimostrano i limiti dei trattati europei che vogliono regolare i “flussi migratori” sul territorio europeo, in primo luogo la Convenzione di Dublino che determina che lo stato competente per l’esame di una domanda di asilo in seno della Comunità Europea è il paese di primo arrivo. Questa convenzione produce ormai da anni da un lato l’irregolarità dell’esistenza migrante che espone i rifugiati a maggiori ricattabilità e sfruttamento, dall’altro lato però anche tutto un apparato di espulsioni di rifugiati dai paesi terzi verso l’Italia, la Grecia e la Spagna.
    Ma la partenza di migranti non concerna solo il continente africano e l’Europa; sul continente americano nell’ottobre dell’anno scorso una carovana di migranti è partita dal Centro America (soprattutto dall’Honduras) verso gli Stati Uniti, arrivando ad oltre 7.000 persone in cerca di un futuro migliore. Neanche le minacce del presidente Usa Donald Trump di inviare l’esercito per proteggere il confine meridionale tra Usa e Messico sono riuscite a fermare questa grande marcia.

    La risposta del Governo
    In questo contesto generale, l’Italia da anni ormai gestisce la questione migratoria come un’emergenza, rafforzando le politiche di precarizzazione e criminalizzazione del soggetto migrante. Ne sono un esempio la legge Bossi-Fini che lega il permesso di soggiorno a un contratto di lavoro oppure i provvedimenti della legge Minniti-Orlando come per esempio la limitazione delle possibilità di ricorso per i richiedenti asilo con risposta negativa e la criminalizzazione dei venditori ambulanti. Il “governo del cambiamento” ha dato continuità alla gestione emergenziale dell’immigrazione: la politica dei porti chiusi del duo Salvini-Toninelli, la criminalizzazione delle navi di soccorso civile gestite dalle ONG, gli oltre 2.100 morti nel Mediterraneo centrale nel 2018, l’abolizione del permesso umanitario prevista nella nuova legge sicurezza (vedi il documento del tavolo giustizia sulla legge Salvini), i tagli dei finanziamenti per i centri d’accoglienza e l’aumento di espulsioni e rimpatri sono solo le misure più palesi che il governo ha messo in atto contro i migranti e i rifugiati. Ed è proprio questa politica che fa crescere la concorrenza tra chi, negli ultimi anni e in mancanza di politiche sociali, si è visto precarizzare le proprie condizioni di vita e di lavoro e chi compone l’ultimo anello della catena di sfruttamento, cioè i migranti. In mancanza di lotte unitarie e di risposte politiche e organizzative di convergenza degli sfruttati, la “guerra tra i poveri” si è intensificata: Ne sono un esempio le aggressioni razziste contate dalle statistiche ufficiali che nel 2018 sono triplicate, aumentando da 46 nel 2017 a 126. Per il momento, la politica del “divide et impera” del governo funziona, proprio perché ci troviamo di fronte a una crisi economica e sociale che produce il bisogno, da parte del capitale, di una categoria di mano d’opera che accetta ogni tipo di lavoro. I migranti e rifugiati sono esposti, nella loro quotidianità, all’iper-sfruttamento: nelle strutture d’accoglienza sono sottomessi ai “ritmi dell’istituzione totale” che, visto i tagli dei fondi, non garantisce neanche più i servizi più vitali; sul mercato di lavoro invece sono esposti ai lavori più indegni nei quali lo sfruttamento non sembra conoscere limiti; l’esempio più palese di questo tipo di sfruttamento sono le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori migranti dell’agricoltura che vivono nelle baraccopoli (Rosarno, San Ferdinando etc.).
    In questa stessa logica è stato concepito il decreto flussi pubblicato ad inizio aprile. Si tratta di un decreto che risponde esclusivamente alle esigenze di mano d’opera sfruttabile da parte dei padroni ricorrendo alla forza lavoro migrante e lasciandola in una totale precarietà e instabilità contrattuale e lavorativa. Al di là delle cifre basse (30.850 unità per il 2019), la maggior parte dei nuovi ingressi previsti dal decreto riguarda il lavoro stagionale, cioè migranti che vengono in Italia con un contratto stagionale (agricoltura e turismo i settori principali), lavorano per un periodo definito e poi, a scadenza del contratto, devono ritornare al paese di provenienza. La possibilità di conversione del contratto stagionale in un contratto subordinato dipende esclusivamente dalla necessità del padrone di continuare il rapporto di lavoro e in nessun modo dai bisogni dei migranti stessi.
    L’unica soluzione applicabile in questo contesto è una sanatoria. Le ultime regolarizzazioni sono state fatte negli anni 2009 e 2012, ma con criteri molto ristretti e con meccanismo che ponevano i migranti in situazioni di ricattabilità nel corso delle pratiche della sanatoria, così che le sanatorie si sono rivelate un flop. Una vera sanatoria invece permetterebbe a tutti i migranti e rifugiati presenti sul territorio italiano di stabilizzare la loro situazione. Fondamentale si tratterebbe dell’emersione del lavoro irregolare e nero, fenomeno lavorativo che non tocca esclusivamente il soggetto migrante ma anche tantissimi giovani italiani che, non riuscendo a stabilizzare la propria situazione lavorativa, decidono di emigrare (più di 2 milioni di giovani sono partiti dal sud dell’Italia dall’inizio del nuovo millennio).

    La nostra risposta/piattaforma
    Il soggetto migrante non è solo vittima di politiche razziste e xenofobe e dello sfruttamento lavorativo. Negli ultimi anni il soggetto migrante si è organizzato, ha lottato e ha vinto. Pensiamo alle lotte dei lavoratori migranti della logistica che durante i primi anni di crisi sono stati capaci, attraverso cicli di scioperi e blocchi del flusso delle merci, di migliorare le proprie condizioni di lavoro; pensiamo ai braccianti che in diverse occasioni hanno dimostrato le loro capacità organizzative e di lotta contro il caporalato e l’iper-sfruttamento che domina il settore agricolo; pensiamo ai vari movimenti di migranti e rifugiati che sono stati capaci di strappare miglioramenti nei centri d’accoglienza, in riguardo al loro permesso di soggiorno e ai diritti sociali.
    È da queste esperienze che dobbiamo partire per coordinare, a livello nazionale, un intervento politico-organizzativo con il soggetto migrante compreso come componente dei “nostri” e non come soggetto da assistere in modo emergenziale. Il tavolo sull’immigrazione di Potere al Popolo! quindi si da il triplice compito:

  • .Nella consapevolezza che l’intervento politico-sociale in questo ambito cambia secondo il territorio, creare uno spazio di discussione che ci permette di condividere le varie esperienze di mutualismo, di sindacalismo di base, di accoglienza umana etc. sui vari territori.
  • Creare una mappatura delle strutture di solidarietà in modo da sostenerci a vicenda visto l’elevata mobilità del soggetto.
  • Elaborare analisi politica e mobilitazioni comuni che mettano il focus sui migranti come soggetto autonomo e componente della classe (#primaglisfruttati).

    Su questi punti Potere al Popolo! apre la discussione con tutte e tutti i soggetti interessati, in vista del fatto che le contraddizioni del governo – con le dinamiche internazionali e le mobilitazioni dei migranti e rifugiati in Italia – verranno sempre più a galla. È dunque urgente e necessario lottare sulla base di una tattica e di una strategia credibili e comuni.

    Per questo vi invitiamo a partecipare al primo incontro del tavolo sull’immigrazione di Potere al Popolo! che avrà luogo durante la due giorni di Napoli l’11 e il 12 maggio 2019.

    2. Report finale del tavolo immigrazione

    Care compagne e cari compagni,
    proviamo di seguito a riportare i punti emersi dal tavolo immigrazione, ci scusiamo da subito se non riusciremo ad entrare nel dettaglio delle tantissime riflessioni dai diversi attivisti provenienti da differenti realtà italiane. Abbiamo provato ad impostare la nostra discussione cercando di riflette sulle cause più profonde della migrazione che spesso non trovano spazio nei dibattiti e nei media mainstream, troppo spesso concentrate su delle narrazioni mistificate che rimuovono sistematicamente le responsabilità politiche. Per questo motivo abbiamo deciso di organizzare la discussione del tavolo immigrazione di Potere al Popolo! in due momenti.
    Nella prima fase, abbiamo provato a ricercare le cause contemporanee che sono alla radice dei movimenti migratori. Pensiamo che qualsiasi lettura o narrazione non possa prescindere dalle responsabilità che l’Occidente oggi ha in molte regioni del mondo. La fase del colonialismo che si pensava conclusa nella seconda metà del ‘900 in realtà non è mai finita e assistiamo oggi a nuove forme di colonialismo e dominio imperialista. La destabilizzazione della Libia è un caso emblematico di sovrapposizione di tutti questi interessi, oltre al coinvolgimento di altri scenari di conflitto in Africa occidentale (Mali, Costa d’Avorio, Niger, Ciad). A ciò si aggiungono i casi di sfruttamento, saccheggio e devastazione delle risorse ad opera delle multinazionali occidentali in Stati come Pakistan, Bangladesh, e in molti paesi del Sud del mondo, da cui provengono la gran parte dei migranti che vediamo arrivare in Europa.
    Nonostante questo scenario, non sono rare le forme di organizzazione della lotta e resistenza in queste stesse aree, casi emblematici sono l’Algeria, il Sudan, dove è forte la presenza di un movimento femminista, le forme di organizzazione sindacale in Mali, le organizzazioni giovanili e studentesche in Senegal e Costa D’Avorio, e in generale le proteste contro il franco CFA nell’Africa occidentale. Queste forme di resistenza ci dimostrano che il Sud del mondo non dorme. Per questo oggi più che mai è necessario riprendere un discorso internazionalista che riconnetta e sostenga queste lotte, dall’Africa, Asia all’America Latina, per riaffermare i valori dell’umanità e della giustizia sociale a livello globale.
    In un secondo momento siamo entrati in merito alla situazione nel nostro paese. Sebbene il coinvolgimento dei paesi occidentali nell’escalation dei conflitti sia palese, in Italia, negli ultimi anni si è promossa una narrazione nociva della migrazione. Da un lato, la lega di Salvini ha promosso una criminalizzazione della diversità, associando l’immigrato al criminale , rappresentandolo come un parassita che vive sulle spalle degli italiani, che gode di hotel di lusso e 35 euro giornalieri, menzogna per alimentare un clima di odio e la guerra tra i poveri. Dall’altro lato, la retorica di Salvini spesso ha come bersaglio eletto non direttamente il migrante, ma tutti coloro che praticano forme di solidarietà e di vera inclusione. Evidenti prove del carattere pretestuoso di tale discorso politico stanno nella chiusura del progetto Riace e dell’inchiesta su Mimmo lucano, nel sequestro delle navi di varie NGO. I precedenti governi del PD gli hanno spianato la strada: gli accordi con la Libia, la cattiva gestione delle politiche di accoglienza, la progressiva diminuzione dell’accesso ai diritti hanno creato uno scenario di marginalizzazione del soggetto migrante sul territorio nazionale provocando disagio e tensione sociale.
    Al netto di questo crediamo che Potere al Popolo! possa essere uno strumento per riesce a connettere e rilanciare le lotte che già esistono sui nostri territori.
    Per questo un primo compito che ci siamo dati è quello di stilare una mappatura dei vari sportelli che sono presenti nelle Case del Popolo perché pensiamo che mettere a disposizione le competenze tecniche e legali – allargando la nostra rete anche ad associazioni e a tutti quei soggetti sociali attivi in questo ambito – sia il primo passo per organizzare una resistenza anche sul piano legale alla deriva reazionaria.
    Necessario è portare avanti un piano di regolarizzazione per tutti e tutte che passa tramite strumenti quali, per esempio, la sanatoria, poiché crediamo che questo sia l’unico strumento di regolarizzazione di quasi un milione di lavoratori che ad oggi si vedono negati i più basilari diritti e che, nella stragrande maggioranza dei casi, si trovano in regimi di semi schiavitù senza nessuna possibilità di emersione e di tutela rispetto alle loro vite.
    Inoltre, visto che lo scenario di conflitto generalizzato nei paesi di origine si sta acuendo nelle ore in cui scriviamo, crediamo sia anche imprescindibile la richiesta di un permesso di soggiorno per motivi umanitari per tutti coloro che hanno fatto richiesta di protezione internazionale. Queste pensiamo siano le rivendicazioni che Potere al Popolo deve fare sue.
    Crediamo inoltre che gli istituti dell’art. 18 e art. 22 del testo unico sull’immigrazione vadano rivisti ed ampliati. Ovvero che tutte le vittime di sfruttamento sessuale o sfruttamento lavorativo possano avere accesso ad un canale diretto di protezione e reinserimento sociale. Compito dei nostri singoli attivisti, associazioni e sportelli è creare un fronte solidale che permetta un reale contrasto di questi fenomeni a partire innanzitutto dalla tutela dei soggetti che ne sono vittime. In aggiunta l’attuale normativa impedisce ai richiedenti protezione internazionale l’iscrizione anagrafica e de facto limita l’accesso a tutti i diritti ad essa connessi, in palese violazione della costituzione italiana. Per questo riteniamo centrale intraprendere azioni legali coordinate per il ripristino di tale diritto fondamentale.
    Queste proposte possono realizzarsi solo se si ha un contatto reale con il nostro soggetto di riferimento che può avvenire solo tramite un lavoro costate sui territori (sportelli, Case del Popolo, controllo popolare, scuola d’italiano etc.), comprendendo che l’attività sociale e di mutualismo permettono il miglioramento delle condizioni materiali nell’immediato e rimangono lo strumento più efficace nella creazione di lotte vertenziali e processi di politicizzazione.

Senza mai vedere questa parte di popolo come un soggetto debole da salvare ma come eguali con cui lottare fianco a fianco per conquistare i diritti di tutti e tutte, perché, come ci ricorda Thomas Sankara: “Nessuno può fare nulla contro un popolo mobilitato: dobbiamo imparare ad osare inventare l’avvenire, perché, alla fine, non c’è demiurgo di un futuro al di fuori di noi stessi, al di fuori dei nostri sogni realizzati e da realizzare con le nostre lotte concrete, individuali e collettive.”

 

Tavolo Immigrazione, 11 maggio 2019

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