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Report del Coordinamento Nazionale del 16 dicembre

Abbiamo supportato la resistenza…
Ora prepariamo l’offensiva!

Domenica 16 dicembre si è riunito a Roma il Coordinamento Nazionale di Potere al Popolo. È stata la seconda riunione del nuovo Coordinamento eletto, un momento bello e produttivo, che ha visto la partecipazione di decine di coordinatrici e coordinatori territoriali, dalla Val d’Aosta alla Sicilia (ricordiamo infatti che il Coordinamento è composto al 75% di membri provenienti da territori), e una sessantina di interventi alternarsi in più di sei ore.
All’ordine del giorno c’erano questioni importanti: un’analisi della fase politica italiana e delle lotte sociali che si sono sviluppate durante questo autunno, le prossime europee e la partecipazione di Potere al Popolo!, la chiusura del nostro processo costituente, con le future elezioni dei Portavoce e del Comitato di Garanzia, oltre all’apertura dei tavoli di lavoro tematici…
Difficile sintetizzare in poche righe tutta la ricchezza del dibattito: proveremo qui a dare conto dei ragionamenti politici, delle principali decisioni, delle date da tenere a mente. Invitiamo tutti i territori ad attivarsi, a discutere, a coinvolgere nuove persone, perché c’è davvero in Italia uno spazio politico enorme per chi ha i nostri ideali e le nostre pratiche!

(Purtroppo mentre scrivevamo queste righe ci è giunta la notizia dell’improvvisa morte di Silvia Piccinonno, coordinatrice nazionale di Potere al Popolo! eletta in Puglia, una compagna di 34 anni, fra le prime a credere in questo progetto, presente sin dal 18 novembre 2017 al Teatro Italia.
Silvia era una sorella, un’amica, una compagna meravigliosa. Ma Silvia era anche una persona di grande spessore politico e intellettuale. Comunista, aveva partecipato a tutte le lotte studentesche in Salento e poi all’Università Orientale di Napoli, aveva difeso il suo territorio dalle speculazioni partecipando attivamente al movimento NO TAP, ma aveva anche sviluppato rapporti politici e di studio con militanti e intellettuali brasiliani, paese in cui era stata e su cui aveva fatto ricerca.
Più che candidarsi al Coordinamento, Silvia era stata candidata, per la sua passione, la sua capacità e la sua umanità: aveva accettato nonostante da un anno lottasse – sembrava vittoriosamente – contro un terribile tumore. Nonostante la malattia, aveva continuato a spendersi e partecipare, aveva continuato a inventare strade per trasformare questo paese, sempre sorridendo.
La sua perdita non è solo un dolore incalcolabile per chi ha avuto la fortuna di conoscerla, ma un danno irreparabile anche per i movimenti sociali, per gli anticapitalisti italiani, per chiunque voglia restare umano.
È con la tua forza, Silvia, è nel tuo esempio, che continueremo a lottare. Come hanno scritto i NO TAP, “Sarai il vento che accarezzerà le nostre bandiere”…)

 

La situazione politica italiana: cattive e buone notizie
Partiamo dalle cattive. Dopo dieci anni di crisi il nostro paese non sta affatto bene, ed è già in atto da qualche mese un nuovo rallentamento dell’economia a livello internazionale che ha portato tutti gli istituti a rivedere le stime di crescita italiane. A un Nord che resta agganciato, in certe zone metropolitane e distretti produttivi, al resto d’Europa – ma a patto di un forte sfruttamento sociale, che si alimenta soprattutto del lavoro giovanile poco contrattualizzato, di quello immigrato, della pressione sui settori operai – fanno seguito un Sud, le Isole, le aree interne completamente abbandonate, che si vanno sempre più spopolando, che vengono costrette all’emigrazione o alla sopravvivenza.
Il voto ai 5 Stelle (34%) e quello alla Lega (17%) è stato per molti aspetti una risposta a questa situazione di crisi, che si è alimentata delle politiche neoliberiste messe in pratica per vent’anni sia dai governi di centrosinistra che da quelli di centrodestra. Tuttavia 5 Stelle e Lega, come denunciavamo già in campagna elettorale, non sono stati in grado di cambiare alcunché. La loro stessa impostazione teorica, programmatica e pratica, la loro natura di strumento della piccola borghesia e di settori nazionali marginalizzati dalla globalizzazione, impediva, al di là dei proclami che non facevano certo rimpiangere Berlusconi, che le condizioni del popolo italiano potessero migliorare.

Per riuscire infatti nell’operazione di redistribuire la ricchezza e di aumentare i diritti degli sfruttati bisogna infatti scontrarsi a tutti i livelli – dal piano europeo a quello locale – con chi ha in mano quella ricchezza e chi trae giovamento dallo sfruttamento altrui. Proprio quello che 5 Stelle e Lega non possono e non vogliono fare.

Così, già il “contratto di Governo” aveva ridimensionato le grandi aspettative che soprattutto i 5 Stelle avevano sollevato: l’accordo rappresentava infatti un primo cedimento verso le logiche più tradizionali, di governo di destra del paese. I mesi successivi sono stati un costante barcamenarsi, il cui unico vero effetto è stato il Decreto Sicurezza di Salvini, un provvedimento pessimo non solo per gli stranieri, ma anche per gli stessi italiani, visto che è un favore fatto a mafie e caporali. Ma è la finanziaria ad aver portato tutti i nodi al pettine.
Innanzitutto il reddito di cittadinanza è scomparso dalle misure immediate, spostato a data da destinarsi e ridotto a poco più di un sussidio di disoccupazione cavilloso e misero. Niente che non era già stato fatto con il REI e la NASPI del PD, un po’ più implementati. I 5 Stelle proveranno a farlo uscire a ridosso delle votazioni europee, come gli 80 euro di Renzi nel 2014, per cercare di strappare un po’ di voti.
Quanto alla ventilata abolizione della Fornero, bandiera della Lega “di lotta”, neanche a parlarne: misura anche questa rinviata, e comunque aperta ormai a una platea ristretta – nei fatti una quota 100 che nessuno accetterà visto che andare in pensione prima determinerà una bella decurtazione del trattamento.
Sul fronte taglio delle accise della benzina, promesse in campagna elettorale da Salvini, si viene a sapere che addirittura in futuro saranno aumentate. Stessa cosa per quanto riguarda l’aumento dell’IVA, solo rinviato al 2020.
Quanto alla cura del territorio, i 5 Stelle hanno venduto il movimento NO TAP e quello del Terzo Valico, dicendo sì alle speculazioni, e non hanno saputo proporre nulla di alternativo da un punto di vista ecologico. La vicenda del ponte di Genova, poi, parla da sé: dopo il can can mediatico sulla nazionalizzazione di Autostrade per l’Italia, la società è tornata in pole position e i fanghi tossici sono stati messi nel decreto.
Anche sul piano morale i 5 Stelle hanno dimostrato di essere come i loro predecessori di PD e PDL: le promesse negate come gli F35, le bugie dei leader, lo spirito più rivolto al proprio interesse personale che al bene collettivo…
Chiaro che in questa situazione fra le due forze cresca la Lega, che ha sì disatteso le sue (poche) promesse sociali, ma è riuscita a incassare le misure razziste, a dare l’idea, attraverso la figura di Salvini, di essere propositiva e fattiva. Soprattutto, attraverso il suo radicamento territoriale, il suo legame organico con settori imprenditoriali, la Lega è una forza con un profilo più definito, di destra autoritaria, e quindi in grado al momento opportuno di riconvertirsi e di essere meno di “lotta”, meno di “odio”, e più di governo.

Tutto questo è palese, anche se chi non segue tutti i giorni la politica non se ne è ancora del tutto accorto. C’è ancora un sentimento di attesa, di “facciamoli lavorare”: probabilmente più che scendere in piazza si aspetteranno le elezioni europee per esprimere il proprio giudizio a un anno di governo. Anche perché l’opposizione è talmente debole e ridicola, paradossalmente su certe questioni sociali più di destra del governo stesso, che non viene certo voglia di votarla. Così, anche se le (già flebili) illusioni stanno scomparendo, resta in piedi una logica da “meno peggio”…

Per questo e per altri motivi, l’Italia non ha conosciuto durante questo autunno movimenti di massa degni di nota. La nostra situazione di decadenza complessiva, di lento peggioramento sociale e culturale, la distruzione costante del sindacalismo combattivo e delle avanguardie politiche a opera della stessa sinistra, l’emigrazione e l’iper-sfruttamento determinano al momento fra la maggioranza degli italiani più depressione o rabbia “orizzontale”, che conflitto verso l’alto.

Ma ci sono anche belle notizie. Innanzitutto, la stessa incapacità del governo di risolvere i problemi degli italiani e di far ripartire il paese, lascia aperto uno spazio politico enorme. In particolare i 5 Stelle non riescono a “coprire” a sinistra, deludono le aspettative dei giovani e di tanti settori sociali: questo potrebbe aprire una prospettiva diversa, e liberare forze che per 7 anni sono state contenute dai 5 Stelle. Questo gigante con il 33% dei voti potrebbe avere un tracollo, e il tema diventa chi intercetterà questa massa: l’astensione, il PD, la Lega o – come speriamo noi – il conflitto sociale e una prospettiva politica di rottura?
In secondo luogo: che l’opposizione faccia così schifo, anche questa può diventare una buona notizia. Perché impedisce che le critiche che il PD fa al governo – di non essere abbastanza europeista, liberista, di non rispettare i parametri del debito etc – allignino fra le file dei “nostri”. Impedisce quindi un ritorno, almeno nel breve periodo, di consenso verso i governi tecnici, dell’UE e dei professori.

Infine, non è vero che sia tutto spento nella società italiana, che non ci sia niente oltre all’alternativa fra liberismo europeista del PD e liberismo sovranista di Lega e 5 Stelle. In realtà durante l’autunno ci sono state molte lotte locali o di settore (emblematici i riders, la logistica o i braccianti), ma anche alcuni momenti di mobilitazione generale che hanno mostrato molta insoddisfazione verso lo stato di cose presenti. Dagli studenti delle scuole passando per la grande mobilitazione delle donne del 24 novembre, per l’attivismo ambientale che a Torino ha segnato il punto più alto con 70.000 persone in piazza l’8 dicembre, per le mobilitazioni antirazziste che dalle piazze solidali con Mimmo Lucano di inizio ottobre fino al 15 dicembre hanno diffuso umanità contro la barbarie…

Certo, non c’è un movimento di massa, le rivendicazioni spesso restano troppo separate, manca ancora quell’“ora basta” che sta alla base di ogni rivolta, ma è un dato che centinaia di migliaia di persone in Italia siano disposte a mobilitarsi con generosità, a lottare, a far sentire i propri diritti e uno sguardo sul mondo diverso. È questo il terzo campo, alternativo sia al liberismo europeista che a quello liberista sovranista, che va fatto crescere, reso conflittuale, sviluppato politicamente in rivendicazioni e forme organizzative.
Ed è per sviluppare questo campo dell’antifascismo sociale, di una prospettiva che metta al centro l’essere umano e non i diktat e la violenza del profitto, che come Potere al Popolo! siamo nati un anno fa.

L’autunno di Potere al Popolo! e il valore di queste europee
Per questo durante l’autunno abbiamo alimentato tutte le piazze. Abbiamo fatto quello che c’eravamo promessi al campeggio di Grosseto: essere ovunque ci fosse un segnale di insubordinazione, di lotta, di volontà di partecipazione. È giusto ripetere un attimo l’enorme sforzo organizzativo che migliaia di compagne e di compagni di Potere al Popolo! hanno sostenuto:

– abbiamo organizzato le piazze per Mimmo Lucano, partecipato in centinaia al corteo di sostegno a Riace il 6 ottobre;
– contemporaneamente, siamo stati fra gli organizzatori del corteo a difesa dei lavoratori della cultura e dello spettacolo, nuove figure di precari, a Roma il 6 ottobre;
– il 20 ottobre abbiamo organizzato insieme all’USB e altre forze un corteo di 10.000 persone che ha posto il tema delle nazionalizzazioni e di una nuova politica di servizi pubblici;
– il 26 ottobre abbiamo partecipato ai picchetti e allo sciopero del SI COBAS;
– il 3 novembre ci siamo mossi da tutto il Nord-Est per contrastare, con successo, la sfilata fascista a Trieste;
– il 10 novembre siamo scesi in piazza per la manifestazione antirazzista “Indivisibili” che ha portato a Roma 50.000 persone;
– il 17 novembre abbiamo animato le piazze studentesche;
– il 24 novembre eravamo in migliaia a Roma per il corteo di Non una di Meno;
– l’8 dicembre siamo scesi in piazza in tutta Italia per difendere il territorio e l’ambiente, e in particolar modo a Torino per difendere la Val Susa dall’attacco del partito degli affari del SI TAV;
– il 15 dicembre abbiamo partecipato alla costruzione, con la rete Get up, stand up!, di un corteo di 5.000 braccianti, badanti, richiedenti asilo.

A queste iniziative nazionali vanno aggiunte le centinaia di iniziative locali, il sostegno a vertenze lavorative e ambientali del territorio, lo sviluppo di un terreno mutualistico, l’apertura di Case del Popolo (la prossima sarà a Pavia a gennaio, sosteniamola). E tutto in meno di 4 mesi, attraversando anche una fase costituente bella ma complessa!

Se facciamo questa carrellata non è solo per ringraziare tutti quelli che con generosità, determinazione, creatività si sono mobilitati, permettendo l’esistenza di una cosa come Potere al Popolo! che non si era mai vista, ma per mostrare come nel paese qualcosa sotto le ceneri resista, e vada sostenuto. Senza grandi mezzi mediatici o economici, abbiamo provato a collegare i fili di mobilitazioni diverse, caratterizzando la nostra presenza autunnale intorno ai temi popolari e sentiti: il lavoro, la scuola, la sanità, l’ambiente, la solidarietà sociale, la redistribuzione della ricchezza, sostituendo al “prima gli italiani”, “prima i ricchi”, di questo Governo, il “prima gli sfruttati”, che ci contraddistingue. Abbiamo provato a farlo in un’ottica internazionalista, legando la situazione italiana a quello che succede nel resto dell’Unione Europea, sostenendo le classi popolari che, come accaduto in Francia con i gilet gialli, fanno sentire la loro voce.

È chiaro che lo sforzo volontaristico, nostro o degli altri soggetti politici di alternativa o reti sociali, non può bastare: come dicevamo prima, ci sono condizioni oggettive che devono maturare. Ma se non facciamo questo lavoro sempre meglio, in maniera sempre più organizzata e comunicativa, con un programma sempre più chiaro e completo, se non sapremo farci vedere dalle classi popolari italiane, far maturare coscienza di classe e sviluppare elementi di autorganizzazione, allora gli spazi politici che si stanno sempre più aprendo non saranno riempiti da noi ma da altri soggetti che continueranno a ingannare le masse e a ritardare una loro presa di coscienza…

Insomma: la situazione sta lavorando per noi, ma noi sapremo lavorare per la situazione?

È qui che si pone il nostro che fare dei prossimi mesi e la questione delle elezioni europee. È evidente infatti che in questo clima le europee diventano un test di politica interna. 5 Stelle e Lega, nonostante abbiano ceduto all’Unione Europea, cercheranno di presentarsi come forze in grado di puntare i piedi e difendere il popolo italiano, mantenendo il consenso avuto il 4 marzo. Chiaramente provando a verificare i rapporti di forza interni all’alleanza: con la Lega tentata, nel caso andasse bene, di far cadere il governo e andare verso un più tradizionale centrodestra a guida Salvini, e i 5 Stelle intenzionati a ribilanciare i rapporti di forza.
PD e soci, invece, proveranno a caratterizzarsi come una forza europeista, competente, responsabile, collegata alle grandi istituzioni sovranazionali, rispettate dai mercati. Per riuscire in quest’operazione devono giocarsi una guida rinnovata, magari con Zingaretti, e un listone in cui possano entrare tutti, dai radicali a Pizzarotti, dalla Boldrini a LeU, fino a lambire Sinistra Italiana (e tuttavia l’incognita Renzi pesa non poco su questa dinamica, per cui potremmo assistere a un nuovo fallimento).

È evidente allora che la partita verrà rappresentata come “europeisti vs sovranisti” – un’opposizione del tutto ideologica e falsa. “Europeismo” e “sovranismo” sono infatti due etichette che contengono tutto e il contrario di tutto, che servono a due raggruppamenti di potere italiani – uno più legato alla borghesia internazionale, uno più legato alla borghesia nazionale marginalizzata nella competizione inter-imperialista – a ingannare i proletari, facendogli credere che la soluzione dei nostri problemi passi o per l’avere più Unione Europea, più modernità e maggiore accordo con chi è in grado di reggere alla competizione globale, o per tornare a forme impossibili di sovranità nazionale, di deficit per finanziare corporazioni e piccoli privilegi, per risolvere in maniera truffaldina i problemi posti dalla competizione globale.
L’“europeismo” inganna promettendo un perverso internazionalismo, in cui i popoli europei stanno insieme senza farsi la guerra, un paese in sviluppo e senza corruzione, proprio come accadrebbe in Germania o nel Nord Europa; il “sovranismo” inganna invece promettendo la riscossa e la libertà contro i cattivi tecnocrati, attraverso l’unione dell’incolpevole popolo italiano, mettendo insieme lavoratori sfruttati e padroni, cementati dall’odio contro gli immigrati e gli altri popoli, nostalgici dei “bei tempi andati”.

In realtà, entrambe le opzioni non mettono in discussione il liberismo, il rapporto di produzione, lo sfruttamento di una minoranza sulle altre classi sociali. Nessuna delle due opzioni vuole una redistribuzione della ricchezza, una patrimoniale, concedere maggiori diritti a chi oggi è povero e sfruttato. Nessuna delle due opzioni dice che dentro l’Unione Europea sono decisive le decisioni non del Parlamento, che non conta nulla, ma della Commissione e soprattutto del Consiglio Europeo, ovvero degli Stati e dei governi che rappresentano le diverse borghesie nazionali, e che dunque l’Unione Europea è un accordo fra imperialismi che è stato sottoscritto per decenni anche dalla borghesia italiana, e che è sempre stato esercitato contro le classi popolari del nostro paese. Nessuno dice che non c’è governo che voglia davvero mettere in discussione questi accordi perché in fin dei conti tornano sempre utili quando si tratta di opprimere i propri lavoratori, mentre ogni tanto il padronato nazionale ci usa come forza di mobilitazione quando deve negoziare migliori condizioni per sé.

Se questo è vero, che conclusioni trarne? O si è in grado di rompere questa polarità, o si finisce per essere attrattti da uno dei due grandi campi magnetici. Per cui, a sinistra ci sarà chi nei fatti sarà subalterno a Zingaretti e si accoderà a una fumosa idea di “Altra Europa”, parlerà di riformare le istituzioni europee senza denunciarne la natura, senza indicare la rottura dei trattati, e chi invece si accoderà a Bagnai e soci proponendo un’alleanza interclassista fra proletari e borghesia italiana per recuperare il nostro “posto al sole”.

Come invece abbiamo scritto nei nostri cinque punti , noi intendiamo rompere questa polarità. Intendiamo rompere con il liberismo, che si incarna sia nelle strutture decisionali sovranazionali che in quelle statali che ormai non somigliano certo a quelle partorite dalla Resistenza.

Noi pensiamo che la contrapposizione tra Salvini e il PD, Orban e Macron sia falsa. Che l’Unione Europea con i suoi trattati e il suo sistema di poteri e regole sia l’inevitabile avversario di ogni progetto di eguaglianza sociale e di ritorno al controllo democratico sul mercato e sulla finanza. Che i trattati europei siano stati costruiti su principi che sono in totale contrasto con i valori della Costituzione del 1948 e il popolo italiano non abbia mai votato su quei trattati. Che ci sia un’unica Unione Europea che fa le stesse politiche sociali contro i lavoratori, i migranti, i servizi pubblici, fa le stesse guerre e speculazioni, e si divide solo su come si spartisce il bottino. Che non esista alcuna possibilità di costruire un’alternativa popolare stando dentro i vincoli liberisti dei trattati UE o di quelli guerrafondai della NATO. Che l’unità dei popoli europei possa avvenire solo su basi completamente diverse da quelle che finora ci sono state imposte.

Pensiamo che si debba denunciare il meccanismo del debito, che serve solo a nutrire le banche e le istituzioni finanziare con il lavoro delle classi popolari, rompere con i trattati UE, rimettere in campo un’alternativa alle istituzioni esistenti, ridisegnando l’architettura europea, abolendo il Fiscal Compact, cancellando i piani per le Grandi Opere; abrogando la legge Fornero e varando un progetto europeo di riduzione degli orari di lavoro; reintroducendo l’articolo 18 e un piano europeo di diritti per il lavoro; controllando i movimenti di capitali e vietando le delocalizzazioni e il dumping fiscale tra gli Stati; nazionalizzando i servizi pubblici in Italia e cancellando il divieto di aiuti di Stato nella UE; lasciando libertà per le politiche di bilancio di ogni Stato e superando il divieto per la BCE di sostenere gli stati in difficoltà.

Questa posizione politica chiara, l’unica che potrebbe trasformare veramente la vita di milioni di italiani, oggi non è portata avanti da nessuna forza politica nel nostro paese. Per questo motivo a tale posizione bisogna dare la massima visibilità.

È stato questo l’esito del dibattito del Coordinamento Nazionale e la ragione per la quale quasi tutti gli intervenuti si sono espressi a favore di una partecipazione di Potere al Popolo! alle elezioni europee con il suo simbolo e la sua proposta programmatica, ormai delineata nelle linee di fondo anche se ancora da costruire, migliorare e arricchire nei dettagli.

Chiaramente, la decisione finale spetta alle assemblee territoriali e a tutte le aderenti e gli aderenti, e per questo motivo si dibatterà nelle assemblee in tutta Italia fino al 5 gennaio, e poi dal 6 al 12 gennaio ci potremo esprimere tutte e tutti sulla piattaforma poterealpopolo.net. Nella votazione verranno poste due domande. La prima: Potere al Popolo deve partecipare alle elezioni europee? SI o NO? La seconda: nel caso Potere al Popolo partecipi alle elezioni europee, deve partecipare con il suo simbolo e il suo programma, o entrare in un cartello elettorale con altre forze della sinistra? Ovviamente ciò che sarà messo al voto dipende anche dall’effettivo dibattito che si svilupperà nelle assemblee territoriali.

Il 13 gennaio il Coordinamento prenderà atto dei risultati della consultazione e delineerà i passi successivi. Nel caso si decida di andare, bisogna subito lanciare le assemblee territoriali e regionali che con l’aiuto del Coordinamento decideranno i candidati per le elezioni europee, e a inizio febbraio cominciare la raccolta firme, in modo da avere almeno due mesi a disposizione. Entro il 7 aprile dovremo infatti avere le firme raccolte e autenticate per consegnarle il 13 aprile.

La cifra di 150.000 firme necessarie a candidarsi è chiaramente un obiettivo molto difficile – peraltro solo l’Italia ha questa legge liberticida, pensata apposta per tagliare le gambe alla rappresentanza popolare… Ma accettare questa sfida, per noi che non siamo elettoralisti, è importante per fare campagna politica intorno ai nostri contenuti, farci conoscere, aggregare, non lasciare che i due principali campi politici riempiano tutto lo spazio.

Chiudere il processo costituente e strutturare Potere al Popolo!
Chiaramente, per avere una chance di farci sentire, dobbiamo organizzarci bene. Quella che andiamo a combattere è infatti una vera e propria battaglia: sia che ci presentiamo alle elezioni, sia che animiamo una diversa campagna politica, avremo di fronte censura mediatica, ostacoli burocratici, dovremo lottare contro la rassegnazione e i cliché, persino contro il boicottaggio di una parte della “sinistra” che non vede di buon occhio il nostro inedito tentativo politico-sociale.

Per questo motivo, e per eseguire quanto scritto nello Statuto, un gruppo di compagne e compagni si è messo a censire le assemblee territoriali e a produrre una mappatura quanto più possibile esatta della nostra organizzazione (vedi qui: https://poterealpopolo.org/organizziamoci-inizia-censimento-assemblee-territoriali/). Per lo stesso motivo ci accingiamo ad aprire nuove sedi territoriali. E per questo motivo vogliamo concludere il processo costituente di Potere al Popolo!, dando finalmente forma compiuta al nostro movimento.

Si tratta quindi innanzitutto di eleggere i nostri due portavoce, un uomo e una donna, che andranno ovunque a spiegare le nostre posizioni politiche. Ricordiamo che ogni aderente è sia elettore che eleggibile. Per il ruolo di portavoce basterà raccogliere dieci sostegni fra i membri del Coordinamento, o 700 fra gli iscritti. Le candidature, come già annunciato a novembre, vanno spedite entro il 31 dicembre al nostro ufficio elettorale (elettorale@poterealpopolo.org). I nomi e i curriculum saranno esaminati dalla commissione elettorale e, laddove non dovessero esserci problemi o incompatibilità con lo statuto e i principi guida di Potere al Popolo, saranno inseriti in piattaforma entro il 6 gennaio.

Stesso discorso, ma senza le firme di sostegno, per quanto riguarda il Comitato di Garanzia. Abbiamo bisogno di persone super partes, con esperienza e buon senso, aderenti convinti del progetto di PaP. Il Comitato di Garanzia è un organo che deve capire se quanto accade è in linea con lo statuto, se il comportamento di un iscritto lede l’organizzazione o se viceversa l’organizzazione lede i diritti dell’associato. Anche qui le candidature vanno presentate entro il 31 dicembre all’ufficio elettorale.

Sono invece già operativi i tavoli tematici, che permetteranno di affinare sempre meglio le nostre proposte, di fare dibattito a livello nazionale dentro e fuori Potere al Popolo!, soprattutto di produrre materiali e intervento pratico. Trovate tutte le info qui: https://poterealpopolo.org/sezione-sito-tavoli-tematici/

Insomma, non intendiamo fermarci neanche durante le vacanze natalizie! Anzi, approfitteremo di questo periodo di minore mobilitazione sociale per strutturarci sempre meglio sul territorio e crescere attraverso il dibattito politico.
In questo lungo anno abbiamo infatti supportato la resistenza, ovunque emergesse… Ora che esistiamo, che non possiamo essere cancellati, dobbiamo fare un passo in avanti: dobbiamo preparare, insieme a tutte e tutti quelli che ci vogliono stare, una grande offensiva sociale e politica!

Speriamo che sempre più persone ci vogliano dare una mano, perché o ci salviamo insieme, o non ci salverà nessuno!

*** Riepilogo sulle date da segnare ***

– Per chiudere il processo costituente di Potere al Popolo:
Entro il 31 dicembre presentazione delle candidature al ruolo di Portavoce e al Comitato di Garanzia. Le candidature, complete di curriculum sociale, vanno mandate a: elettorale@poterealpopolo.org.
Da domenica 6 gennaio a sabato 12 gennaio 2019 ci sarà il voto sulla piattaforma online.

– Per decidere la partecipazione di Potere al Popolo alle elezioni europee:
Dal 24 novembre al 5 gennaio 2019 discussione nelle assemblee territoriali. Da domenica 6 gennaio a sabato 12 gennaio 2019 votazione di tutti gli iscritti sulla piattaforma.

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