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Green Pass: il certificato del fallimento dello Stato

Diciamo in premessa che la nostra critica al Green Pass non è sovrapponibile a quella di chi, in questo anno e mezzo, ha sistematicamente anteposto l’interesse individuale a quello collettivo.

Per noi vale il contrario.

Non ci assoceremo mai a chi mette al primo posto la libertà del singolo, o dell’impresa, specialmente quando si traduce in libertà di nuocere agli altri, ovvero nella libertà di mettere in atto comportamenti che vanno contro la salute pubblica.

Rifiutiamo il concetto di “dittatura sanitaria”, e invitiamo chi in questo momento si sente minacciato nella propria libertà individuale, a riflettere sul fatto che se c’è una dittatura da temere e da cui difendersi è quella del profitto e degli affari, che ci sono libertà che sono in realtà arbitri e sopraffazioni, come quella di licenziare e sfruttare, di devastare e avvelenare l’ambiente e la vita, di discriminare ed opprimere.

Non abbiamo mai negato la pandemia e la sua gravità. Chi lo fa, di fronte a 130.000 e più morti, è un criminale. Lottiamo per far sì che questa esperienza porti la collettività a concepire un cambio di paradigma nella società, con l’interesse pubblico al primo posto.

Siamo sempre stat* favorevol* ai vaccini e alla vaccinazione di massa, strumento di prevenzione indispensabile anche se non unico, e proprio per questo lottiamo contro il monopolio di BigPharma e per togliere i brevetti. Vogliamo un vaccino pubblico e gratuito accessibile a tutti i popoli del mondo, per questo sosteniamo lo sforzo incredibile di Cuba che ha realizzato un vaccino efficace nonostante il blocco criminale. Anche in Italia ci battiamo perché siano superati ostacoli, ritardi, discriminazioni in particolare verso migranti e pover*, che ancora impediscono l’accesso universale al vaccino.

Per queste ragioni non siamo contrari al Green pass in linea di principio; riteniamo che di fronte all’esigenza di tutelare la salute pubblica sia possibile adottare forme di limitazione delle libertà individuali. Saremmo quindi favorevol* ad ad una forma di certificazione sanitaria, se questa non fosse, com’è invece il caso del provvedimento adottato dal Governo, semplicemente un tentativo di autoassoluzione con cui tutte le autorità pensano di aggirare i nodi e le responsabilità sanitarie e sociali della pandemia.

Il fallimento dello Stato

Il decreto che introduce l’obbligo di un pass sanitario per l’accesso ad una serie di luoghi è, semplicemente, l’ammissione implicita di fallimento dello Stato, di questo governo e dei precedenti.

Ricapitoliamo per i/le distratt*.

In un anno e mezzo di pandemia lo Stato non è stato in grado di

  • allertarsi tempestivamente sulla pandemia;
  • potenziare la medicina di base e i servizi sanitari di prossimità;
  • elaborare un piano di assistenza sanitaria per i pazienti COVID non gravi;
  • continuare a mantenere i precedenti livelli di assistenza per le altre patologie, in primis le oncologiche;
  • istituire le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale);
  • mettere in piedi una campagna di massa di test e tracciamento, informazione ed educazione sanitaria;
  • potenziare il trasporto pubblico per evitare che diventasse veicolo di contagio;
  • vigilare sul rispetto delle regole sanitarie da parte delle imprese;
  • costruire una campagna vaccinale degna di questo nome, e non la pantomima con cui, faticosamente, si è arrivati a vaccinare un po’ più della metà della popolazione, con tempi diversi, una comunicazione disastrosa e buchi preoccupanti in alcune fasce d’età.

Infine si è scelto di convivere con il virus, invece che provare a fermarne la diffusione con lockdown veri e mirati, e questo ha aggravato la strage.

Ad oggi, niente ancora è previsto per non farsi trovare impreparat* di fronte alla quarta ondata ormai ampiamente annunciata, né sul piano sanitario, né sul piano scolastico, né sul piano della logistica.

Di fronte all’ennesimo disastro in arrivo, un governo che – per bocca dello stesso Draghi – ha a cuore esclusivamente la ripresa delle attività economiche, ispirato da Macron in Francia tira fuori dal cilindro l’escamotage perfetto per distrarre l’opinione pubblica dalle colpe immense delle istituzioni e scaricare le responsabilità sul singolo individuo.

Ad oggi, mentre scriviamo, la risposta non è certa.

I vaccini somministrati finora, infatti, proteggono sicuramente il/la vaccinatɘ, impedendo che si ammali o, quantomeno, che si ammali in forma grave e che muoia.

Non ci sono dati certi, invece, sull’efficacia nel prevenire o ridurre la trasmissibilità del virus. Qualcosa inizia ad uscire e conferma una riduzione della trasmissione.

Temiamo, però, che possa verificarsi l’effetto contrario, e cioè che il green pass contribuisca a diffondere una falsa percezione di sicurezza rispetto al contagio tra persone che – ripetiamo, fino a prova contraria – non sono immuni dall’ammalarsi o dal contagiare a loro volta.

Per questo si dovrebbero con più forza organizzare la sicurezza e la prevenzione.

Ci piacerebbe dare credito alla stampa mainstream e pronunciare un secco “sì, certamente”, ma la risposta è più complessa.

Innanzitutto, ad essere precisi, il green pass non si rilascerà a tutt* i/le vaccinat*, ma solo a coloro che hanno ricevuto un determinato prodotto vaccinale (ad oggi, quelli di Pfizer, Moderna, Astrazeneca, Johnson&Johnson, gli unici autorizzati, da EMA).

Dal momento, quindi, che sono riconosciuti come vaccini solamente quattro prodotti, il primo ostacolo ad un aumento dei/lle vaccinat* è la fornitura di un numero sufficiente di dosi.

Nel momento in cui scriviamo, la percentuale di dosi somministrate sul totale di dosi consegnate è del 95%.

Questo vuol dire che la capacità di vaccinare dello Stato, con le dosi a disposizione, è al limite.

Il problema della lentezza della campagna vaccinale non è, dunque, come vogliono farci credere, un difetto di domanda, ma un difetto di offerta.

Staremmo facendo un discorso diverso se i governi mondiali avessero optato per la rimozione dei brevetti dai vaccini – richiesta per la quale noi in Italia ci siamo mobilitat* come parte della campagna europea No Profit on Pandemic (si può ancora firmare per eliminare i brevetti!) – che avrebbe consentito, in tempi e modi opportuni, un aumento della produzione, un abbassamento dei costi, un aumento dell’offerta e di conseguenza della copertura.

C’è poi un’ulteriore considerazione che ci fa restare dubbios* sull’efficacia “persuasiva” del Green pass rispetto all’atto di vaccinarsi. Diversi studi hanno dimostrato che l’obbligo vaccinale, di per sé, non garantisce una copertura significativamente maggiore rispetto alla libera scelta. A dirlo sono, ad esempio, i report annuali della Regione Veneto che nel 2007 sospese l’obbligo vaccinale per i/le bambin* e che registrò, negli anni successivi, un aumento della copertura paragonabile a quello di Regioni dove invece l’obbligo era rimasto (cfr. qui)). Fu anche sulla base di questi dati che l’onorevole Nerina Dirindin (LEU) nel 2017 presentò un DDL che prevedeva un piano nazionale di vaccinazioni, senza obbligo.

Uno stato che fornisce un’assistenza sanitaria pubblica e gratuita ai/lle suoi/e cittadin* dimostrando interesse alla loro salute, può essere ascoltato.

Occorre una vera pianificazione sanitaria, che sarebbe molto più efficace di un obbligo formale, per altro sconsigliato dalla stessa OMS.

Invece ancora riscontriamo l’incapacità del Governo di tutelare la salute dei/lle cittadin* e quindi di rendersi credibile di fronte a un presidio sanitario così importante come il vaccino.

Quando, a inizio pandemia, le lavoratrici e i lavoratori della sanità venivano mandati in corsia senza dispositivi di protezione nessuno si preoccupava della loro salute.

Quando a studentesse, studenti e insegnanti venivano fornite mascherine non a norma (ma made in FIAT) nessuno si preoccupava di vaccinare la popolazione scolastica per “garantire il rientro in sicurezza”.

Quando con la truffa dei codici ATECO si tenevano aperte fabbriche e luoghi di lavoro che tutto erano tranne che essenziali, nessuno ascoltava lavoratori e lavoratrici che denunciavano l’assenza di misure di sicurezza e i contagi da Covid.

Oggi, invece, all’improvviso la preoccupazione è diventata quella di salvare vite umane? Ci permettiamo di dubitarne.

Anche tenendo in considerazione le incertezze di cui abbiamo parlato nei primi due paragrafi, avremmo accolto con favore un pass sanitario che avesse avuto, almeno, i seguenti requisiti:

  1. Tempestività. Sarebbe stato doveroso imprimere un’accelerata alla vaccinazione, , recuperando le sacche di popolazione non vaccinata non per una propria scelta, fornendo una corretta comunicazione ufficiale, che contribuisse a ridurre la confusione. In questo modo un pass sanitario sarebbe stato meno arbitrariamente discriminatorio ed escludente.
  2. Gratuità e affidabilità dei tamponi. Ci sembra il requisito minimo per imporre un obbligo, ma non se ne parla, al massimo si sente la parola “calmierare”. Allo stesso tempo dobbiamo ricordarci che ci sono tamponi e tamponi, e che l’utilizzo massiccio di tamponi rapidi dall’affidabilità non elevata (quelli cosiddetti “di seconda generazione”) ha avuto conseguenze devastanti, ad esempio in Veneto nell’autunno scorso.
  3. Estensione del diritto alla vaccinazione a tutte e tutti. Ad oggi è molto difficile, se non impossibile, per chi non ha titolo di soggiorno o Tessera Sanitaria, nel nostro Paese, accedere alla vaccinazione. Risolvere questo problema enorme è un requisito fondamentale per un pass sanitario accettabile e per non perdere di vista alcune delle fasce più fragili della società, chi non ha documenti in regola o una residenza.
  4. Esclusione di chi non ha completato il ciclo vaccinale. Concedere il pass a chi ha fatto una sola dose rischia, con i dati a disposizione, di essere criminale, e svela l’esclusivo interesse economico dietro al provvedimento, ossia permettere a tutti i costi di consumare e di affollare ristoranti e negozi.
  5. Riservatezza e tutela dei dati personali. L’attuale Green pass consente l’accesso ad una serie di dati personali sensibili e obbliga alla presentazione di documenti d’identità per l’ingresso in luoghi privati, cosa che ad esempio per le persone trans costituisce un grosso problema. Siamo tecnologicamente in grado di approntare pass o altri documenti simili che forniscano solo ed esclusivamente le informazioni utili allo scopo, in modo anonimo e riservato e senza condivisione di informazioni non necessarie.

Solo in questo modo sarebbe possibile risolvere alcune evidenti criticità del provvedimento ed evitare conseguenze come quelle già in atto ad esempio nel mondo del lavoro, dove padroni e padroncini hanno trovato nel green pass non ancora in vigore il nuovo strumento di oppressione di lavoratrici e lavoratori.

Ce lo dice la recente sentenza del Tribunale di Modena che conferma la sospensione dal lavoro e dallo stipendio di due lavoratrici non vaccinate, o ancora il comunicato della direzione di Sterilgarda che annuncia il cambio di mansioni o la sospensione lavorativa e retributiva per chi, a Settembre, sarà sprovvisto di Green pass.

Quanto abbiamo visto nel corso dell’ultimo anno e mezzo a livello di gestione della pandemia da parte dei due governi che si sono succeduti, conferma la natura quantomeno ambigua di questo provvedimento.

Rilanciamo l’impegno e le lotte per mettere in atto politiche che salvaguardino realmente la salute e i diritti dei cittadini e delle cittadine di questo e di tutti i Paesi e garantiscano loro un pieno accesso ai vaccini.

Così come è stato proposto, al termine di una sequela di provvedimenti governativi cominciati, ad esempio, con la decisione di non istituire la zona rossa ad Alzano e Nembro nella primavera del 2020 e continuati, sempre a titolo di esempio, con i mancati investimenti a livello nazionale e regionale in politiche di sanità pubblica, nel tracciamento e nel sequenziamento dei casi di Covid, nel trattamento, il Green pass diventa solo la foglia di fico per deresponsabilizzare le istituzioni, mascherarne le responsabilità e scaricare le colpe sui/lle singol*.

Per questo chiediamo:

  1. investimenti certi e immediati nella sanità, assunzioni di personale medico e paramedico, rafforzamento delle USCA
  2. rafforzamento della campagna vaccinale e della campagna informativa sui vaccini
  3. avvio di una vera campagna di test e tracciamento di massa, costante e totalmente gratuito. Il costo del tampone deve essere a carico dello Stato!
  4. Investimenti sui trasporti, in particolare sul trasporto scolastico
  5. Investimenti nelle scuole, assunzioni straordinarie di personale docente e non docente, riduzione del numero di alunni per classe, interventi straordinari di edilizia scolastica e messa in sicurezza degli edifici
  6. Vigilanza e sanzioni sul rispetto dei protocolli di sicurezza nelle aziende, attraverso il rafforzamento dell’Ispettorato del Lavoro
  7. Ripristino, se necessario, dell’obbligo generalizzato di adozione di DPI e di altre misure di sicurezza in attesa di dati più certi sulla trasmissione del virus da parte di soggetti vaccinati

Per noi la salute e la sanità pubbliche vengono primo di tutto e su questo ci mobilitiamo e lottiamo.

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