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CONTRO LA FINANZIARIA DI GUERRA E IL GOVERNO MELONI. ROMPERE CON ISRAELE – PALESTINA LIBERA. 28 NOVEMBRE SCIOPERO GENERALE, 29 NOVEMBRE MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA ORE 14.00 PORTA SAN PAOLO

La legge di Bilancio presentata dal governo Meloni risponde alla logica del riarmo ed alla scelta di incanalare il nostro Paese verso una economia di guerra. Mentre i salari e le pensioni continuano a perdere potere d’acquisto, le disuguaglianze sociali aumentano, si allarga il mondo della precarietà e del lavoro sottopagato e sono sempre di più le persone che non possono curarsi o che non vedono soddisfatto il diritto alla casa, il governo aumenta in modo clamoroso la spesa per l’acquisto e la produzione di nuovi armamenti, individuando nel settore bellico l’unica soluzione alla crisi economica. Anzi, il vincolo europeo di contenimento del deficit pubblico, con conseguente taglio ai servizi e alla spesa sociale, viene perseguito proprio con l’obiettivo di avere le mani libere per poter investire in armamenti.

La stessa ipocrisia utilizzata per nascondere il genocidio in Palestina e la complicità del governo con lo Stato terrorista di Israele viene utilizzata per fingere di voler affrontare le grandi questioni sociali del Paese: con i numeri sull’occupazione si continua a voler coprire l’aumento della povertà e dei lavori con salari da fame, con le modifiche dell’IRPEF si finge di voler sostenere i ceti medi quando si stanno soltanto favorendo i settori più ricchi, con i contributi volontari delle banche si lasciano nelle mani del sistema finanziario più di 100 miliardi di extraprofitti sottratti al nostro paese negli ultimi tre anni.

E che di fronte ad un processo di grave deindustrializzazione, riesce solo a proporre la conversione di alcune aziende alla fabbricazione delle armi. L’industria bellica e i suoi collegati vengono utilizzati per uscire dalla crisi in cui versa il capitalismo.

Nei vari teatri di guerra si nascondono dietro le parole “pace” e “ricostruzione” si muovono già gli interessi dei grandi gruppi italiani e occidentali del cemento, dell’energia e delle infrastrutture — come WeBuild, Buzzi Unicem, Cementir, Leonardo, Terna e Italferr — pronti a trarre profitto dalle devastazioni della guerra. La ricostruzione dell’Ucraina e di Gaza diventano un affare per pochi, mentre i costi umani, sociali e ambientali ricadono sui popoli flagellati dai conflitti.

Le mobilitazioni promosse a sostegno del popolo e della resistenza palestinese hanno portato alla luce una indisponibilità in tutta la penisola a essere complici con il genocidio e con le scelte del governo Meloni che ci portano verso un futuro da incubo. Difendere la Palestina oggi significa rompere il patto tra sionismo, capitalismo e destre estreme e aprire una possibilità di liberazione per le lavoratrici, i lavoratori e tutti i popoli del mondo.

La tregua di Trump non riconosce nessun diritto al popolo palestinese e sta consentendo a Israele di proseguire e ampliare l’occupazione di territori palestinesi.

Ma l’Italia parla di pace dopo aver fornito armi, dopo aver sostenuto direttamente il GENOCIDIO.

Anche altri paesi come il Congo e il Sudan stanno vivendo momenti drammatici, e diventa fondamentale unire le lotte e costruire una reale intersezionalità tra tutti i popoli oppressi, mentre aumentano i pericoli di un’aggressione al Venezuela.

Tutto questo dimostra che la competizione imperialista si sposta sempre più dal piano politico, economico e commerciale a quello militare. Il Governo Meloni, che sta sostenendo apertamente l’aumento delle spese in ambito NATO e i programmi di riarmo dell’Unione Europea, è parte attiva di questo processo. Tutto l’arco parlamentare sostiene la necessità di una difesa comune e di un esercito comune europeo quando l’unica difesa dalla guerra è il disarmo.

Queste scelte non hanno un riflesso solo in termini economici ma stanno favorendo una torsione autoritaria tanto contro le lotte sociali come verso il mondo dell’istruzione, arrivando a colpire l’informazione critica e indipendente e a tentare di controllare altri poteri dello Stato.

È in atto, in sostanza, un processo di trasformazione che, utilizzando le politiche di riarmo, tenta di irreggimentare e militarizzare una intera società che sta soffrendo un pesante peggioramento delle condizioni di vita.

Per questo è necessario ribellarsi, mettendo al centro delle mobilitazioni obiettivi chiari che corrispondano senza ambiguità alle necessità di milioni di lavoratori e lavoratrici e alle aspirazioni di pace, disarmo, uguaglianza e giustizia sociale che appartengono a tanta parte del Paese.

CONTRO LA FINANZIARIA DI GUERRA E IL GOVERNO MELONI. PALESTINA LIBERA – ROMPERE CON ISRAELE!

Il 28 novembre incrociamo le braccia e fermiamo tutto con lo sciopero generale e il 29 novembre manifestazione nazionale a Roma:

  • No alla finanziaria di guerra, dimissioni del governo Meloni complice del genocidio in Palestina
  • La rottura di ogni rapporto diplomatico, economico, accademico, militare con Israele. Chiediamo l’immediato embargo militare e il disinvestimento da ogni azienda complice del genocidio, dell’occupazione e dell’apartheid.
  • No al riarmo Nato e no al riarmo europeo: le spese per sanità e istruzione fuori dai vincoli di bilancio. No all’esercito comune europeo e fine dell’invio di armi all’Ucraina
  • Contro la riforma Valditara e il ddl Gasparri
  • Chiediamo la liberazione di tutti i detenuti e delle detenute palestinesi a cominciare da Marwan Barguthi, Ahmad Sa’adat e Anan Yaesh prigioniero palestinese in Italia.
  • Per l’uscita dell’Italia dalla Nato
  • Contro l’aggressione imperialista al Venezuela
  • Fine del genocidio in Sudan e dei massacri in Congo
  • 2000 euro salario minimo mensile. Giù le armi, sui salari.
  • Reintroduzione della scala mobile
  • 32 ore a parità di salario su 4 giorni lavorativi
  • In pensione a 62 anni
  • Nazionalizzazione dei settori industriali strategici
  • Regolarizzazione di tutti i lavoratori stranieri
  • Abolizione dell’iva sui beni di prima necessità
  • Tassazione dei profitti delle banche
  • Affitti parametrati ai salari e un milione di case popolari
  • No al decreto sicurezza, no alla repressione delle lotte sociali

Primi firmatari:

-Unione sindacale di Base
-Potere al popolo
-Movimento studenti palestinesi
-Unione democratica arabo palestinese
-Comunità palestinese in Italia
-Associazione palestinesi in Italia
-Calp
-Ex Opg
-Movimento diritto all’Abitare Roma
-Arci Roma
-Fronte comunista
-Cambiare rotta
-Cau
-Fronte della gioventù comunista
-Osa
-Movimento migranti e rifugiati Napoli
-Donne contro la guerra e il genocidio
-Casa del popolo Mariella Franco Pavia
-Centro sociale Intifada
-Ecoresistenze
-Ecologia politica Napoli
-Casa del popolo Silvia Picci Lecce
-Spazio Catai Padova
-Casa del popolo Estella Torino
-Sac
-Casa del popolo Marano, Mugnano, Calvizzano
-Contropiano
-Rete dei Comunisti

Per adesioni: 29novembreroma@gmail.com

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