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[BOLOGNA] DI CHI È LA CITTÀ? SABATO 15 GIUGNO, ORE 14.30 AL PARCO DON BOSCO

Un forum aperto alle lotte che attraversano la città e a chi offre sguardi su un futuro diverso: immaginare un’alternativa all’intreccio di interessi che legano cementificazione, rendita immobiliare, espulsione delle fasce popolari dal territorio urbano, repressione, devastazione ambientale e crisi climatica.

A Bologna la speculazione edilizia, la conversione al turismo e all’interesse privato hanno già inferto durissimi colpi, e si apprestano a trafiggere il cuore popolare della città con progetti PNRR, grandi investimenti privati e l’invasione di Airbnb. Nel cuore della Pianura più inquinata d’Europa, si continua ad assecondare la voracità dei grandi gruppi finanziari, immobiliari e industriali, gli stessi a causa dei quali il tema ambientale si sta imponendo come sfida della nostra epoca per l’umanità.

L’amministrazione Lepore/Clancy si ammanta di una narrazione green sotto la bandiera della “riqualificazione/rigenerazione”, ma giunta a metà mandato possiamo affermare senza paura di essere smentiti che ciò che si cela sotto la coperta suadente di questo vocabolario è la necessità di alimentare la grande alluvione di cemento che sta investendo la città sradicando l’anima popolare dei quartieri. Nuove abitazioni di lusso, studentati privati, catene commerciali, il centro storico invaso dalle attività di ristorazione e la prima periferia a uso e consumo di apertivi trendy, aumenteranno il già insostenibile costo della vita portando all’espulsione delle fasce popolari di residenti, alla fuga degli studenti e metteranno in ginocchio le poche attività commerciali storiche ancora esistenti. L’accostamento tra la fuga dei residenti dai propri quartieri e il ritorno del redivivo Farinetti – per il quale vengono nuovamente messi a disposizione non solo gli spazi del CAAB, ma anche un’inutile e costosa linea rossa del tram – restituisce una perfetta istantanea di cosa stia diventando la “city of food”, dove solo dentro le mura vi sono un bar o un ristorante ogni 35 abitanti.

Quando il solo aumento del costo della vita non basta a sradicare in tempi rapidi la popolazione dei quartieri popolari maggiormente attenzionati da affaristi e speculatori, subentrano la militarizzazione delle strade, l’intimidazione poliziesca e le retate da far west con cui “si spara” nel mucchio: è quanto sta avvenendo soprattutto nell’area Nord della città con l’applicazione delle linee programmatiche previste dal Patto Lepore-Piantedosi, a cui lo scorso gennaio (a un anno esatto dalla sua sottoscrizione) il quartiere Bolognina ha reagito con un corteo di oltre mille persone in risposta a un caso di ennesimo abuso ingiustificato. L’intesa tra il primo cittadino e il ministro è ancora più grave oggi alla luce dei contenuti del nuovo disegno di legge Piantedosi-Nordio, che in questi giorni alla Camera prevede la discussione anche del cosiddetto emendamento “anti – No Ponte”, il quale (a partire dalle proteste contro l’eco mostro del Ponte di Messina) prevede sanzioni per i reati di violenza o minaccia “commessi al fine di impedire la realizzazione di un’infrastruttura strategica”, così come di altri emendamenti rivolti alle lotte sociali come l’istituzione del reato di “picchettaggio” contro gli scioperi sui luoghi di lavoro. Gli arresti domiciliari a Nicoletta Dosio, storica esponente No Tav, e la stretta repressiva messa in campo a Bologna in questi giorni contro alcuni esponenti delle lotte sociali cittadine sono un primissimo assaggio.

Non è ammissibile che il pannicello caldo dell’edilizia sociale, agitato come soluzione per l’enorme problema del diritto alla casa, il quale attanaglia migliaia di cittadini a rischio sfratto per morosità incolpevole (alle prese con la scarsa disponibilità di alloggi di edilizia residenziale pubblica e di fronte a un mercato degli affitti preda di appetiti voraci), venga utilizzato come cavallo di Troia per consentire la realizzazione di nuove decine di migliaia di metri cubi di cemento di alloggi privati: è il caso lampante del verde urbano nelle ex cave del comparto Bertalia-Lazzaretto, un’oasi nel deserto cittadino, da anni minacciata da istituzioni e costruttori.

La lotta per il parco Don Bosco continua da mesi e dopo un lungo percorso di resistenza apre oggi una nuova fase nella nostra città. Una lotta che con la sua determinazione ha costretto l’amministrazione a fare un passo indietro rispetto ad un progetto già approvato, offre a tutti noi una strada con cui fare i conti: contro speculazione e devastazione ambientale, dobbiamo andare avanti per resistere e fermare il modello di città con cui intendono stravolgere il volto dei nostri quartieri.

Giunta e Consiglio Comunale, con il supporto nientemeno di tutta la classe politica locale e addirittura di due ministri, hanno provato a delegittimare in tutti i modi la lotta del Don Bosco con bugie e manganelli, e con il rinnovato asse tra Lepore e Piantedosi, ma – di fronte all’unità e alla determinazione della resistenza popolare – dopo mesi di rifiuti hanno dovuto cedere, sospendendo il cantiere e trovandosi obbligati a fare i conti con i cittadini e le organizzazioni a difesa dell’ambiente e di una visione di città contrapposta a quella di chi ci governa. Cercano ora di recuperare il terreno perduto, e una volta ancora, come ampiamente prevedibile, abbiamo assistito al tentativo di trasformare una dialettica reale in un falso percorso partecipativo buono solo a favor di telecronaca. Con evidenza macroscopica, questo meccanismo è stato dispiegato negli scorsi anni con il tradimento del percorso partecipativo rappresentato dall’Assemblea cittadina per il clima, fortemente utilizzato dalla Giunta per darsi una tinta di verde nella speranza di nascondere il contemporaneo appoggio alla cementificazione in corso e soprattutto alla realizzazione della più grande e devastante opera che abbia toccato il territorio bolognese negli ultimi decenni, il Passante con le sue 16/18 corsie, con l’aumento del traffico su gomma e dell’inquinamento che queste porteranno con sé. Grandi aspettative e grande retorica per poi rifiutarsi addirittura di realizzare la Valutazione di Impatto Sanitario: sono solo i percorsi indipendenti di lotta e resistenza popolare che possono impedire alle istituzioni di tradire la partecipazione democratica utilizzandola come paravento per ogni loro azione in senso contrario alle richieste di migliaia di cittadini.

La prima vittoria ottenuta con la sospensione del Cantiere delle nuove Scuole Besta ci apre però una strada. Già un altro passo indietro è stato fatto sul sottopassaggio di via Ferrarese previsto dalla linea verde del tram. Chiaro segno che l’amministrazione teme di aprire nuovi fronti di scontro con una cittadinanza ormai esasperata dall’operato del Comune.

Ancora più grave è che la strada della cementificazione, di cui a fare le spese sono l’ambiente e la vita delle classi meno abbienti, continui a essere percorsa a ormai oltre un anno dall’alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna. Se il Comune dimostra di non aver appreso nulla dal dramma di quei giorni, da una parte il Governo Meloni ha tenuto sempre stretta la cinghia sugli aiuti destinati ai territori colpiti (anzi le recenti dichiarazioni di personaggi come il sottosegretario Bignami sono un vero schiaffo in faccia ai cittadini colpiti dalla tragedia, proprio per quelli che maggiormente contano sul finanziamento dei ristori), dall’altro lato la Regione ha fatto la voce grossa per continuare di fatto il modello di sviluppo che ha causato il disastro, e ora Bonaccini fugge per conquistare nuove poltrone.

Noi pensiamo che il modello di privatizzazione dei servizi, degli spazi e dei beni pubblici realizzato in questi trent’anni abbia iniziato a mostrare tutti i suoi limiti. Bologna può avere un ruolo diverso dal teatro di competizione sfrenata in cui la stanno trasformando, può diventare una città che si mette al centro di un territorio complesso tra l’Appenino e la Pianura, può ribaltare l’ordine delle priorità e mettere al primo posto chi a Bologna vive, lavora e studia, non solo all’ombra delle Torri ma anche nei quartieri in cui risiede la maggioranza della popolazione. Servono la pianificazione e il controllo popolare sulle grandi scelte di indirizzo dell’urbanistica, dell’ambiente, del lavoro e dei servizi.

Dopo anni in cui hanno fatto finta di contrapporsi, dal governo Draghi in poi tutti i partiti dell’arco parlamentare si sono resi complici della corsa a spartirsi le briciole che cadranno dal tavolo dei fondi europei, usati come leva finanziaria per giustificare riforme calate come una mannaia sui diritti dei lavoratori e sui i servizi pubblici. Anche a Bologna il “partito unico degli affari” si è mostrato subito pronto a spartirsi la torta: organizziamoci insieme per impedirglielo!

Abbiamo bisogno di tornare agli strumenti analitici e pratici offerti da pensatori come David Harvey per difendere cittadinanza e ambiente dall’aggressione della rendita, dall’intreccio tra interessi privati e istituzioni pubbliche ad essi piegate. Siamo chiamati a trovare un linguaggio comune per stare sempre dalla parte dei cittadini e delle cittadine che difendono ambiente e salute dall’aggressione della speculazione, e per lottare con sempre maggior forza per una città pubblica che risponda ai bisogni di chi la abita e non di chi ci specula. In tempi in cui la spesa pubblica viene dirottata sugli armamenti in un’escalation bellica che non sembra arrestarsi, e ogni maschera “green” delle classi dirigenti occidentali è definitivamente saltata a favore della competizione internazionale, nelle nostre metropoli la questione ambientale e la questione sociale non possono più essere affrontate separatamente: abbiamo bisogno di avviare percorsi che sappiano avvicinare le rispettive rivendicazioni su un terreno di dialogo e di contro-proposta comuni.

Prima sessione

 

introduce Potere al Popolo

Giovanni Semi, docente di Sociologia Urbana – Università degli Studi di Torino

Rossella Marchini, architetta e studiosa delle trasformazioni urbane

OsservaBo, Osservatorio sule trasformazioni urbane e territoriali di Bologna

Fabio Catalano, coordinatore del lavoro collettivo “Prigionieri del mattone” (2023)

Margherita Grazioli, attivista dei Blocchi Precari Metropolitani (Roma)

Lucia Tozzi,  studiosa di politiche urbane e giornalista

Sarah Gainsforth, ricercatrice indipendente

relazione di Ecoresistenze X Cambiare Rotta

Gianni Tugnoli, Ambientalista, assessore 1988-90 del Comune di Bologna

Vittorio Marletto, Climatologo – ex dirigente ARPAE E.R.

Emanuele Leonardi, Sociologo UniBo, militante per la giustizia climatica

Seconda sessione: Tavola Rotonda con comitati, organizzazioni e attivisti

 

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