L’assemblea comincia rimarcando l’importanza della partecipazione di lavoratrici e lavoratori alla giornata di approfondimento e di studio del giorno prima, che è stata molto arricchita dalla loro testimonianza diretta. Uno degli obiettivi di PaP è proprio quello di essere strumento di connessione e organizzazione comune tra lotte diverse e siamo contenti di aver dato un ulteriore contributo in questa direzione. D’altronde il Governo penta-leghista non ha segnato alcuna inversione di tendenza rispetto a quelli precedenti e il nostro soggetto di riferimento ha bisogno di interlocutori. Noi possiamo esserlo.
Anche per questo è stata importante la nostra partecipazione al presidio degli operai di GKN, che hanno una vertenza in corso contro le ipotesi di delocalizzazione di parte della produzione e che ieri protestavano contro il ricorso a uno degli ultimi strumenti di precarizzazione e intermediazione della manodopera, quello dello staff leasing. Questo ci ha dato una finestra su alcune delle nuove forme dello stesso vecchio sfruttamento, come nel caso dei riders, che noi abbiamo il compito di svelare come tali, organizzandoci per contrastarli.
D’altronde ormai il fiume della precarietà ha sfondato gli argini. Lo stesso lavoro a tempo indeterminato è più precario di quello a tempo determinato, che almeno non è licenziabile fino a scadenza. Mentre gli effetti del “decreto dignità” sono opposti a quelli del freno della precarietà, anticipando semplicemente il momento del definitivo licenziamento. E fenomeni come lo staff leasing mostrano come si trovino continui nuovi strumenti ed espedienti per imporla.
Non possono esserci interventi parziali, serve una diga contro la precarietà. Così come serve una diga contro i processi di ristrutturazione industriale che dietro le procedure di crisi portano a uno stillicidio di posti di lavoro. Come anche dimostrato dal caso della Embraco a Torino – vertenza che abbiamo indicando sin da subito i limiti dell’accordo alla fine raggiunto – gli accordi sindacali che si stipulano in questo quadro sono sostanzialmente truffe. Siamo nel pieno di una ristrutturazione e delocalizzazione che porteranno a centinaia di migliaia di licenziamenti nel breve periodo. Non c’è modo di imporne l’effettività alle aziende e al massimo rinviano il momento in cui arrivano questi licenziamenti. Per questo bisogna imporre politicamente un blocco dei licenziamenti. Le aziende produttive non possono licenziare. Per le altre bisogna rafforzare gli ammortizzatori sociali e creare lavoro attraverso investimenti pubblici. In una generale campagna di rilancio della nostra parola d’ordine “lavorare tutti, lavorare meno”, contro i ricatti nel mondo del lavoro e l’usura e nocività a cui sono sottoposti di lavoratori.
Questi temi andranno ripresi e approfonditi a Napoli nel tavolo di sabato 11, dove la nostra piattaforma rivendicativa e la riflessione generale che la sostiene (anche in riferimento al quadro internazionale e alla fase economica) troveranno ulteriore sviluppo. D’altronde la stessa lotta della GKN dimostra l’importanza di accompagnare il sostegno concreto alle lotte all’analisi critica della stesse, al ragionamento politico più ampio. Il contributo di PaP alla lotta si esprime anche nella partecipazione al “gruppo di supporto”, un gruppo che condivide le sue competenze e partecipa alle riflessioni e analisi delle RSU e degli operai in lotta, influenzando anche le scelte sindacali. Questo è indispensabile anche al fine di fare bilanci realistici sull’andamento della lotta, i suoi risultati e mancanze. Questi dati non sono mai univocamente interpretabili ed è importante avere uno sguardo esterno, capace di contestualizzarli. Anzi, spesso schiacciarsi sui risultati immediati di una vertenza significa nascondere gli effetti politici contraddittori che possono avere. Questo è uno dei rischi da tenere presente nella nostra stessa attività mutualistica, che si innesta su un clima sindacale e culturale dominato dal “sindacato dei servizi” che noi dobbiamo evitare di assecondare. Il che apre anche la questione del ruolo del sindacato e della democrazia sindacale. Proprio dalla GKN proviene un’indicazione in questo senso: la creazione di delegati di raccordo, figura intermedia tra i lavoratori e le RSU (che ne gestiscono permessi e altro), che permette maggiore diffusione della consapevolezza e condivisione delle scelte. Anche per correggere o limitare i rischi di sganciamento e burocratizzazione delle stesse RSU, sotto il giogo dell’accordo sulla rappresentanza. Il cui impianto riflette quello di un sindacalismo neocorporativo contro cui bisogna scagliarsi alla radice e che trova ulteriore esempio nei richiami al sindacato unico.
Il piano dell’analisi e della proposta politica con quello della lotta concreta devono allora andare di pari passo. Potere al Popolo ha una natura ibrida, che si muove nella strada molto stretta ma in un qualche modo obbligata tra l’attività quotidiana di supporto delle vertenze e di strumento a loro utile, e quella del ragionamento generale. Il rapporto è dialettico:l’analisi politica guida la lotta quotidiana che al contempo dà elementi e strumenti di verifica al ragionamento politico. Il supporto alle vertenze è anche uno strumento straordinario di crescita per noi stessi, per ragionare insieme alla nostra classe e conquistarci quella credibilità indispensabile perché la nostra proposta politica attecchisca.
Per questo non bisogna misurare la nostra azione soltanto sui risultati immediati: la maggior parte dei mezzi necessari a ottenere i nostri obiettivi sono a loro volta degli obiettivi da raggiungere, degli strumenti da costruire. E richiedono numerosi passaggi perché maturino e tempo perché diano i loro frutti.
Per questo la nostra azione si gioca su diversi livelli:
– anche il semplice lavoro di formazione e alfabetizzazione è utile sia per noi che per i lavoratori. A Firenze hanno organizzato un ciclo di incontri sui diritti di base. Studiarli non rappresenta soltanto uno strumento necessario a far valere gli interessi dei lavoratori, laddove questi possono essere tutelati dalla legge. È un modo per comprendere il quadro politico culturale, le categorie fondamentali, che definiscono la propria condizione. E quindi uno strumento di coscienza di classe;
– gli sportelli legali servono anche a questo. Sono uno strumento di crescita per noi e per le persone che assistiamo. Nonché un modo per conoscere il territorio e per farci conoscere. A Genova i compagni avevano iniziali perplessità e difficoltà a farlo partire, ma dopo un’opera di pubblicizzazione attraverso volantinaggi e attacchinaggi si sono ritrovati con un’esplosione di richieste. Hanno avuto 20 casi in meno di due mesi, per lo più di lavori in nero, motivo per cui stanno organizzando una campagna sul tema, sulla scorta di quella di Napoli. In questo modo sono riusciti a fare passi avanti anche rispetto alla semplice solidarietà alle vertenze in crisi, in cui passata l’esplosione di rabbia si riusciva a sedimentare molto poco;
– bisogna però sapere che a volte il lavoro di supporto alla resistenza, la semplice presenza nei presidi, scioperi, ecc., è l’unica cosa possibile. Spesso non abbiamo le forze o le capacità per fare di più oppure non ci siamo ancora guadagnati la fiducia necessaria a essere ascoltati. Eppure è un lavoro tutt’altro che inutile, non limitato alla semplice testimonianza, che permette di costruire rapporti anche duraturi con lavoratori;
– altre volte invece riusciamo a intervenire sulla conduzione sindacale della vertenza e a dare elementi di generalizzazione politica. È il caso ad esempio degli AEC a Roma, gli assistenti educativi specialisti che seguono gli studenti bisognosi di sostegno. Il loro lavoro molti anni fa è stato esternalizzato a cooperative che l’hanno reso precario e che comportano uno spreco di soldi pubblici. Si sono rivolti allo sportello di Roma per avere assistenza negli aspetti più tecnici e legali della lotta ma il rapporto si è evoluto fino a portare alla condivisione della strategia vertenziale e della campagna di lotta per la reinternalizzazione (attraverso la fondazione di un’azienda comunale speciale).
Saper attendere i frutti dei nostri sforzi non significa rimanere fermi e accontentarsi di quello che c’è. Dei passi in avanti politici e organizzativi possiamo farli sin da subito. Rimandando al tavolo di Sabato 11 a Napoli lo sviluppo della piattaforma generale, ci siamo lasciati con alcuni compiti per strutturare meglio il nostro lavoro:
- La rete degli sportelli e delle camere del lavoro deve darsi un nome comune, un logo condiviso e cominciare a fare rete davvero, condividendo strumenti formativi, database, ecc. Deve anche essere presentata con un documento unitario e si pensava a un video-spot;
- Vanno condivise anche le competenze, continuando con giornate di formazione come quella di ieri e mettendo anche in rete gli esperti (avvocati, ricercatori universitari, consulenti, ecc.) che lavorano con noi o con cui collaboriamo;
- dobbiamo costruire una “cassetta degli attrezzi” con tutti gli opuscoli e manualetti che sono stati redatti (sono numerosi, anche frutto di precedente lavoro) e valorizzarla sul sito;
- sempre sul sito va migliorata la sezione lavoro perché si vada oltre la comunicazione social e si sia in grado di valorizzare davvero i nostri contributi, sia quelli analitici e di ragionamento che le inchieste e le notizie provenienti dalle lotte (ad esempio storie come quella della GKN devono essere conosciute e comprese perché abbiano valore d’insegnamento)
- portare avanti la neonata cassa di resistenza già utilizzata una prima volta, definendone meglio i criteri e soprattutto trovando modi per finanziarla.