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L’ALBA STA SORGENDO DAPPERTUTTO E IL MONDO SI STA SVEGLIANDO

Il 2 febbraio 2024, il popolo venezuelano ha celebrato il 25° anniversario della Rivoluzione bolivariana. In quel giorno del 1999, Hugo Chávez assunse la carica di presidente del Venezuela e avviò un processo di integrazione latinoamericana che – a causa dell’intransigenza degli Stati Uniti – si trasformò in un processo antimperialista. Il governo Chávez, consapevole del fatto che non sarebbe stato capace di governare per il popolo e rispondere ai loro bisogni se rimaneva attaccato alla Costituzione del 1961, spingeva per una democratizzazione sempre più profonda. Nell’aprile del 1999, si è tenuto un referendum per la creazione di un’Assemblea costituente con il compito di elaborare una nuova costituzione; nel luglio del 1999, 131 deputati furono eletti nell’assemblea; nel dicembre del 1999, si tenne un altro referendum per ratificare il progetto di costituzione; e, infine, nel luglio del 2000, si tenne una votazione generale sulla base delle regole elaborate nella nuova costituzione. Mi ricordo che il giorno in cui la nuova costituzione fu presentata al popolo pioveva forte. Tuttavia, il 44% degli aventi diritto parteciparono al referendum e un travolgente 72% si espresse a favore della ripartenza del loro Paese.

Con la nuova costituzione, la vecchia Corte suprema del Venezuela, che l’oligarchia del Paese aveva usato come meccanismo per prevenire cambiamenti sociali maggiori, fu sostituita dal Tribunale supremo di giustizia (TSG). Nel corso degli ultimi 25 anni, il TSG è stato disturbato da diverse polemiche, spesso da interventi della vecchia oligarchia che rifiutò di accettare i grandi cambiamenti che Chávez avviò nei suoi primi anni. Nel 2002, infatti, i giudici del TSG hanno assolto i leader militari che avevano tentato un colpo di Stato contro Chávez, un atto che aveva provocato indignazione tra la maggioranza dei venezuelani. Questa continua ingerenza alla fine ha condotto all’ampliamento del collegio giudicante (come aveva fatto il presidente degli Stati Uniti Franklin D. Roosevelt nel 1937 per motivi analoghi) e a un maggiore controllo legislativo sul potere giudiziario, come avviene nella maggior parte delle società moderne (come negli Stati Uniti, dove la supervisione del Congresso sui tribunali è istituzionalizzata attraverso strumenti come la “clausola di eccezione”). Tuttavia, il conflitto sul TSG ha fornito una prima arma a Washington e all’oligarchia venezuelana nel tentativo di delegittimare il governo Chávez.

Nel 2024 si recheranno alle urne più persone in tutto il mondo che in qualsiasi altro anno precedente. Circa settanta Paesi, che complessivamente rappresentano quasi la metà della popolazione adulta mondiale, hanno già tenuto elezioni o le terranno quest’anno. Tra questi, India, Indonesia, Messico, Sudafrica, Stati Uniti e Venezuela, le cui elezioni presidenziali sono previste per la seconda metà di quest’anno. Ben prima che il governo venezuelano dichiarasse la data delle elezioni, l’opposizione di estrema destra del Paese e il governo statunitense avevano già iniziato a intervenire, cercando di delegittimare le elezioni e di destabilizzare il Paese con il ritorno delle sanzioni finanziarie e commerciali. Al centro dell’attuale controversia c’è il TSG che il 26 gennaio 2024 si è rifiutato di annullare la decisione del giugno 2023 di escludere l’esponente politica di estrema destra María Corina Machado – che ha chiesto sanzioni contro il proprio Paese e l’intervento militare degli Stati Uniti contro il Venezuela – dalle cariche elettive in Venezuela almeno fino al 2029, se non al 2036. Nel corso del procedimento, il TSG ha esaminato il caso di otto persone a cui era stato impedito di ricoprire cariche pubbliche per una serie di motivi. Sei di loro sono stati reintegrati e per due, tra cui Machado, è stata confermata l’interdizione.

La decisione del TSJ ha suscitato fuoco e fiamme da parte di Washington. Quattro giorni dopo la decisione del tribunale, il portavoce del Dipartimento di Stato americano Matthew Miller ha rilasciato una dichiarazione alla stampa in cui affermava che gli Stati Uniti disapprovavano il “blocco dei candidati” alle elezioni presidenziali e che avrebbero quindi punito il Venezuela. Gli Stati Uniti hanno immediatamente revocato la Licenza generale 43, una licenza del Tesoro che aveva permesso alla Minerven, società venezuelana di estrazione dell’oro nel settore pubblico, di condurre normali transazioni commerciali con persone ed entità statunitensi. Inoltre, il Dipartimento di Stato statunitense ha avvertito che se il governo venezuelano non permetterà a Machado di candidarsi alle elezioni di quest’anno, non rinnoverà la Licenza generale 44 in scadenza il 18 aprile e che consente al settore petrolifero e del gas venezuelano di condurre normali operazioni commerciali. Più tardi, Miller ha dichiarato alla stampa che “in assenza di un cambio di rotta da parte del governo, lasceremo scadere la licenza generale e torneranno in vigore le nostre sanzioni”.

La Carta delle Nazioni Unite (1945) consente al Consiglio di Sicurezza di autorizzare sanzioni ai sensi del capitolo VII, articolo 41. Tuttavia, sottolinea che tali sanzioni possono essere attuate solo attraverso una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Per questo motivo le sanzioni statunitensi contro il Venezuela, imposte per la prima volta nel 2005 e inasprite nel 2015, sono illegali. Come ha scritto la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle misure coercitive unilaterali Alena F. Douhan nel suo rapporto del 2022, queste misure unilaterali sono soggette a un’eccessiva conformità e a sanzioni secondarie a causa della paura dei Paesi e delle imprese di essere puniti dagli Stati Uniti. Le misure illegali imposte dagli Stati Uniti hanno causato decine di miliardi di dollari di perdite dal 2015 e sono servite come punizione collettiva contro la popolazione venezuelana (costringendo oltre sei milioni di persone a lasciare il Paese). Nel 2021, il governo venezuelano ha formato il Gruppo di amici in difesa della Carta delle Nazioni Unite per riunire i Paesi che difendono l’integrità della Carta e si oppongono all’uso di questo tipo di misure violente, unilaterali e illegali. Gli scambi commerciali tra i membri di questo gruppo sono aumentati e molti di essi (in particolare Russia e Cina) hanno fornito al Venezuela opzioni diverse dal sistema finanziario e commerciale dominato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati.

Il mese scorso, Tricontinental: Institute for Social Research ha pubblicato uno studio storico, Hyper-Imperialism, e un dossier, The Churning of the Global Order, in cui si analizza il declino della legittimità del Nord globale, il nuovo stato d’animo del Sud globale e i meccanismi violenti utilizzati dal Nord globale per mantenere, in modo disperato, il proprio potere. L’anno scorso, i governi degli Stati Uniti e del Venezuela si sono incontrati a Bridgetown, nelle Barbados, con il patrocinio di Messico e Norvegia, per firmare l’Accordo di Barbados. Secondo i termini di questo accordo, il Venezuela avrebbe permesso che l’esclusione di alcune candidate e alcuni candidati dell’opposizione fosse contestata nel TSG e gli Stati Uniti avrebbero iniziato ad alleggerire l’embargo contro il Venezuela. Si tratta di un accordo che gli Stati Uniti hanno firmato non da una posizione di forza, ma a causa dell’isolamento in cui versano nei confronti della nuova e vivace OPEC+ (composta da Paesi del Sud globale che, nel 2022, rappresentavano il 59% della produzione globale di petrolio) e a causa dell’incapacità di affermare pienamente la propria autorità sull’Arabia Saudita. Per far fronte a queste sfide, gli Stati Uniti hanno cercato di riportare il petrolio venezuelano sul mercato mondiale. Dopo aver rifiutato di partecipare ai termini stabiliti dall’Accordo di Barbados, Machado ha impugnato la sua esclusione presso il TSG, di cui ha affermato di onorare l’autorità. Ma quando è stata presentata la decisione contro di lei, Machado e gli Stati Uniti hanno messo mano alla loro cassetta degli attrezzi e hanno scoperto che non rimaneva altro che la forza: il ritorno alle sanzioni e la minaccia di un intervento militare. Il ministro degli Esteri venezuelano Yvan Gil ha definito la reazione statunitense “interventismo neocoloniale”.

Il ritorno di Washington alle sanzioni arriva proprio quando l’Associated Press pubblica un rapporto basato su un memorandum segreto del governo statunitense del 2018 che fornisce le prove che gli Stati Uniti hanno inviato spie in Venezuela per colpire il presidente Nicolás Maduro, la sua famiglia e i suoi stretti alleati. “Non ci piace dirlo pubblicamente, ma di fatto siamo la polizia del mondo”, ha dichiarato l’ex funzionario della Drug Enforcement Agency statunitense Wes Tabor all’Associated Press, ignorando che l’operazione ha chiaramente violato il diritto internazionale. Questo è l’atteggiamento degli Stati Uniti. Questo tipo di pensiero, che richiama alla mente i cliché dei film Western di Hollywood, governa la retorica degli alti funzionari statunitensi. È con questo tono che il segretario alla Difesa statunitense Lloyd Austin minaccia le milizie in Iraq e in Siria, affermando che se loro possono “avere molte capacità, io ne ho molte di più”. Nel frattempo, Austin dichiara che gli Stati Uniti risponderanno agli attacchi alla loro base militare in Giordania “quando, dove e come vogliamo noi”. Faremo quello che vogliamo. Questa arroganza è l’essenza della politica estera statunitense, che invoca l’Armageddon quando vuole. “Colpite Teheran”, dice il senatore americano John Cornyn, indifferente alle implicazioni di un bombardamento statunitense in Iran o altrove.

Naturalmente, c’è una linea sottile tra perseguitare gli oppositori politici e escludere coloro che vogliono che il loro Paese sia invaso da una potenza straniera, in questo caso “la polizia del mondo”. È vero che i governi spesso denigrano i loro oppositori accusandoli di essere agenti di una potenza straniera, come lo ha fatto recentemente la deputata statunitense Nancy Pelosi nei confronti di chi negli Stati Uniti protestano contro il genocidio di Israele nei confronti dei palestinesi, definendoli agenti della Russia e chiedendo al Federal Bureau of Investigations di controllarli. Machado, tuttavia, ha chiesto apertamente agli Stati Uniti di invadere il Venezuela, cosa che in qualsiasi altro Paese verrebbe considerato oltre tutti i limiti.

Nel dicembre del 2020 ho incontrato una serie di leader dell’opposizione venezuelana che si sono opposti al cambio di regime proposto da persone come Machado. Timoteo Zambrano, un leader di Cambiemos Movimiento Ciudadano, mi ha detto che non era più possibile presentarsi al popolo venezuelano e chiedere la fine del chavismo, il programma socialista messo in atto da Hugo Chávez. Ciò significa che ampi settori della destra, compresa la formazione socialdemocratica di Zambrano, hanno dovuto riconoscere che questa posizione non può ottenere facilmente il sostegno popolare. L’estrema destra, composta da persone come Juan Guaidó e María Corina Machado, non ha il coraggio di affrontare processi democratici veri e propri, preferendo invece arrivare a Caracas a cavallo di un F-35 Lightning II.

Nemmeno pochi mesi dopo aver promesso un alleggerimento delle sanzioni al Venezuela, gli Stati Uniti sono tornati alle loro abitudini iper-imperialiste. Ma il mondo è cambiato. Nel 2006, Chávez si è recato alle Nazioni Unite e ha chiesto ai popoli del mondo di leggere Egemonia o sopravvivenza di Noam Chomsky, per poi affermare: “L’alba sta sorgendo dappertutto…è che il mondo si sta svegliando. Si sta svegliando dappertutto. E la gente si sta ribellando”. Il 31 gennaio 2024, Maduro si è recato alla sede del TSG, dove ha dichiarato: “Non dipendiamo dai gringo o da chiunque altro in questo mondo per gli investimenti, la prosperità, il progresso, l’avanzamento [o] la crescita”. Invocando Chávez di diciotto anni fa, Maduro ha detto: “È già nato un altro mondo”.

Con affetto,
Vijay

*Traduzione della sesta newsletter (2024) di Tricontinental: Institute for Social Research.

Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.

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