La triste vicenda dell’Ospedale Maria Adelaide a Torino
L’ospedale Maria Adelaide di Torino, specializzato in traumatologia e ortopedia, facente parte del complesso della Città della Salute veniva smobilitato dalla Regione Piemonte nel 2016 quando il sostanziale commissariamento della sanità piemontese (luglio 2010 – marzo 2017) impose scelte drastiche per il rientro del deficit di bilancio regionale.
Si tratta di un complesso di 13 mila metri quadrati con affaccio su Lungo Dora Firenze, nel quartiere Aurora della Circoscrizione 7, svuotati prima dei medici e delle discipline, poi degli arredi e delle apparecchiature, facendo perdere al territorio un importante presidio sanitario in un’area della Città caratterizzata da grossi bisogni sociali e sanitari.
Dopo tre anni di abbandono nel 2019 la Regione Piemonte (all’epoca presidente Sergio Chiamparino ed assessore alla Sanità Sergio Saitta – centro sinistra), decideva di metterlo in vendita con l’obbiettivo di mantenere attività di tipo sanitario e assistenziale, all’interno della quale sarebbero stati anche insediati servizi territoriali.
Il valore della struttura era stato stimato in 10,3 milioni di euro, ma il tentativo andava a vuoto.
Dopo la bufera del Covid, nel 2022 la Giunta Regionale con presidente Roberto Cirio (centro destra), riprovava a vendere l’ospedale, l’assessore Icardi confermava in ogni caso la volontà di riservare all’interno del complesso un’area di mille metri quadrati da destinare a Casa di Comunità (27 febbraio 2022).
Veniva rifatta una perizia a cura della Città della Salute che indicava per l’immobile un valore di 8 milioni e 400 mila euro, il Direttore Generale dell’Azienda emanava quindi un avviso per la ricerca di possibili acquirenti.
Erano due le società interessate all’acquisto dell’immobile: la Tecla Srl e la Ream SGR.
Le due società, però, non presentavano ufficialmente delle offerte.
Per uno dei due possibili acquirenti il prezzo di partenza era ritenuto troppo elevato.
Il prezzo secondo la società non avrebbe tenuto conto dell’aumento dei costi dei materiali e dell’energia e della caduta del valore degli immobili in Città dopo la pandemia.
Per venire in contro agli acquirenti, la Città della Salute chiedeva all’architetto che si era occupato della perizia di riformulare il valore dell’immobile considerando i fattori sopra riportati.
La base d’asta per la vendita dell’ospedale Maria Adelaide scendeva a 7,56 milioni di euro.
La REAM SGR offriva 6 milioni di euro, ben 1,5 milioni in meno rispetto alla base d’asta, l’accertamento da parte dell’Agenzia del Demanio riteneva comunque congruo il valore dell’offerta e dava parere favorevole all’alienazione del bene che veniva quindi ceduto in data 23 agosto 2023.
In relazione ai vincoli posti dalla sovraintendenza la destinazione della struttura è quella di residenza universitaria ed in parte ad attività di carattere sanitario-socio-assistenziale.
Si realizzerà quindi uno studentato gestito da privati con prezzi elevati ed escludenti per chi non può permetterselo? E dov’è finita la Casa di Comunità promessa un anno fa? Si realizzerà un poliambulatorio for profit come ne stanno nascendo tanti in città?
Questi sono gli aspetti meramente amministrativi dell’affare Maria Adelaide, già scandalosi di per sé, dove centro sinistra e centro destra fanno a gara a chi può (s)vendere beni pubblici a privati, a cui viene spianata la strada per fare affari lucrosi.
Ma c’è un altro aspetto che fa capire quanto la politica dei palazzi sia lontana dalla gente.
Quando l’ospedale veniva chiuso, gli abitanti e lavoratori di Aurora Rossini Vanchiglietta hanno fondato un comitato (“Riapriamo il Maria Adelaide”), che con raccolte di migliaia di firme e iniziative dal basso, aveva ed ha come obbiettivo la riapertura dell’ospedale per garantire l’assistenza sanitaria in un’area delle città caratterizzata da scarsità di servizi pubblici e da alti indici di deprivazione.
Il comitato con l’aiuto di tecnici e medici qualificati presentava un piano di recupero e riutilizzo del Maria Adelaide (Il Maria Adelaide che vogliamo, marzo 2021) che veniva ufficialmente illustrato alle competenti autorità cittadine e regionali. Il documento è pubblico ed è disponibile qui.
Ma non una parola viene pronunciata dalle pubbliche amministrazioni (regione e comune) tranne affermare che il progetto “è impossibile da realizzare, la struttura è fatiscente ed i costi sarebbero astronomici!”.
Nessun rispetto per le persone che vivono in quella parte della città.
Infine è necessario fare alcune considerazioni su chi si è aggiudicato il bando.
La REAM SGR (Real Estate Asset Management – Società di Gestione del Risparmio) è l’unica società di gestione del risparmio italiana nel cui azionariato sono presenti esclusivamente fondazioni bancarie, quelle del Piemonte, gestisce dieci fondi di investimento immobiliare, riservati ad investitori qualificati per un patrimonio complessivo di 1,2 miliardi suddivisi in residenziale, investimenti finanziari ed etici, realizzazione di strutture a destinazione socio assistenziale, focalizza la propria attività su immobili presenti sul territorio delle fondazioni, con particolare attenzione ai settori del no-profit e del social housing.
A Torino le ultime strutture realizzate sono le due Rsa (Issiglio e Lancia), costruite nel grattacielo da 17 piani in Borgo San Paolo (400 posti in tutto), che sono state accreditate dalla Regione e che quindi ricevono un contributo per calmierare le rette pagate dalle famiglie.
La Regione Piemonte spende quasi 280 milioni di euro l’anno per gestire i costi, ora schizzati alle stelle, delle strutture convenzionate, mentre la Casa di Riposo Città di Asti, ultima struttura pubblica in regione, prima veniva commissariata e poi veniva dichiarata fallita (cfr. Christian Benna, Torino e il business della terza età: l’ex Lancia rinasce come RSA, è boom di case di riposo, Corriere Torino, 24 febbraio 2023).
REAM SGR è nota alle cronache torinesi (quella di cronaca nera) perché il suo Amministratore Delegato è stato portato in tribunale per le vicende relative all’ex Westinghouse, insieme all’allora sindaco Fassino.
I reati ipotizzati erano di turbativa d’asta per aver favorito Esselunga attraverso un’altra società ad aggiudicarsi l’area del giardino Artiglieri da Montagna, a fianco a Comala.
Entrambi sono stati assolti per l’avvenuta prescrizione del reato.
L’azione politica da realizzare è quella contenuta nell’Art. 32 della Costituzione “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”, considerare il Servizio sanitario pubblico un bene comune prezioso in cui investire e difenderlo, denunciando la politica sanitaria attuata negli ultimi anni dalla Regione, realizzata da schieramenti politici diversi, caratterizzate da taglio dei posti letto, blocco del turnover degli operatori sanitari, mancanza di una politica dei servizi territoriali adeguata, incapacità di risolvere il problema delle lunghissime liste d’attesa, aver ceduto molte attività ai privati, in particolare i servizi di lungo assistenza.
La lezione impartita dalla pandemia non è servita a niente …