Campania

[Napoli] La nostra battaglia contro il lavoro nero!

Il lavoro nero è una rogna! Si tratta di una banalità per chi ogni giorno è costretto a lavorare senza nessuna tutela contrattuale e, allo stesso tempo, di un’affermazione che indica le difficoltà di intervento che ci siamo trovati ad affrontare quando abbiamo deciso di prendere “di petto” quest’ambito. In questo testo vogliamo provare a socializzare qualche riflessione con chi vuole affrontare le problematiche e le rivendicazioni in un settore del mondo del lavoro per definizione complicato, articolato e variegato.


1. Chi siamo

La Camera Popolare del Lavoro di Napoli, è una delle attività che si sono sviluppate all’interno di quella “casa del popolo” chiamata Ex-OPG “Je so’ pazzo”. Anche in quest’ambito, come negli altri, cerchiamo – con un lavoro di mutualismo e concreto sostegno alle lotte e ai singoli – di trovare le rivendicazioni, le strade, la “chiave” per rendere più forte il popolo e per passare dalla capacità di risoluzione di esigenze puntuali, dall’inchiesta sui bisogni e sulle necessità del popolo, all’organizzazione delle sue battaglie e della sua forza.
La Camera e lo Sportello di difesa legale costituiscono, dunque, il “fronte lavoro” dell’ex-OPG. La prima è il luogo di discussione tra lavoratori e di concreta organizzazione delle lotte; qui i lavoratori discutono, studiano e approfondiscono ciò che riguarda in maniera più complessiva ciò che accade nel mondo del lavoro, gli attacchi subiti e le risposte che è possibile mettere in campo. Essa è anche il luogo fisico utile per “allestire”, ad esempio, il necessario per un banchetto, sciopero o presidio.
Lo Sportello, invece, è forse il cuore della nostra attività in questa fase: un vero e proprio punto di consulenza legale\contrattuale e di una prima alfabetizzazione sui diritti per lavoratrici e lavoratori. Tanti passano anche solo per un consiglio o una consulenza, molti per denunciare le situazioni di sfruttamento che subiscono sul posto di lavoro, alcuni per portare alla nostra attenzione una vertenza in corso. Questo è uno dei nostri principali strumenti di inchiesta, grazie al concreto contatto con le contraddizioni che i lavoratori portano alla nostra attenzione e al successivo e sistematico lavoro di reportistica.
Capacità degli avvocati, dei consulenti del lavoro e (soprattutto) dei compagni che gestiscono lo sportello è quella di essere capaci di andare sempre oltre le singole casistiche, avendo in testa le possibilità di una generalizzazione della questione che ci troviamo ad affrontare, sia dal punto di vista dei temi che solleva, sia nelle concrete possibilità di organizzazione che ci sono.
In tempi di bilanci e prospettive, ci siamo accorti di una cosa: la maggioranza (stragrande) degli assistiti è fatta di lavoratori a nero o in grigio, cioè con un contratto fittizio che non viene neanche lontanamente rispettato. Così ci siamo ancora interrogati sul da farsi: le vittorie monetarie, sono belle, ma non sufficienti per chi vuole cercare di coniugare il piano sociale con il piano politico. Per tale motivo, oltre al piano mutualistico dello Sportello e del supporto legale ci siamo interrogati su come potessimo generalizzare i vari casi affrontando al meglio IL problema dei problemi della nostra città.


2. Quale sfumatura di nero?

Questo documento si pone come obbiettivo quello di trarre alcuni ragionamenti dalle battaglie concretamente portate avanti dall’ex-OPG contro il lavoro nero nella città di Napoli, cioè in una grande città del Sud, caratterizzata da un forte e crescente afflusso turistico, con alte percentuali di lavoro nero e disoccupazione.
Parliamo quindi non in generale del lavoro nero, ma di un settore specifico della classe caratterizzato generalmente per la giovane età, per l’assoluta informalità della sua situazione lavorativa, per i settori in cui lavora e per la composizione sociale. Questa frazione della classe è stato gioco forza intercettata in quanto caratterizza anche una buona fetta delle persone che vivono gli spazi dell’ex-OPG, spesso non “in quanto lavoratori”.
Più nello specifico, parliamo di giovani inseriti in contesti lavorativi in cui il sentimento di appartenenza al posto di lavoro è inesistente, che cambiano spesso luogo di lavoro (e non sempre nello stesso settore) e che mantengono sempre la speranza di poter lasciare il posto per una situazione migliore. Giovani che, con il generale impoverimento delle famiglie e con il completo smantellamento di quei sostegni al reddito che garantivano il diritto allo studio per tanti giovani, devono conciliare sempre prima studio e lavoro.
La prima riflessione che vogliamo fare è relativa al fatto che i livelli di autocoscienza e di consapevolezza dei propri diritti sono, in questo settore della società, al grado zero, al di sotto finanche di quanto accade in tutto il mondo del lavoro a causa del martellamento mediatico, ideologico, normativo.
Per tantissimo tempo l’offensiva ideologica nelle scuole, nelle università, sui mezzi di comunicazione e nei posti di lavoro  ha fatto sì che i giovani si ritrovassero a lavoro con una capacità di contrattazione, individuale e collettiva, davvero scarsa e generalmente con una bassa consapevolezza dei propri diritti. È in questo senso che, al di là delle singole vertenze portate avanti, gran parte del merito del lavoro dello Sportello deriva proprio dalla capacità di fornire una prima e fondamentale alfabetizzazione a proposito dei propri diritti e degli strumenti per tentare di rivendicarli. Infine, mentre è evidente a tutte le lavoratrici e i lavoratori a nero di Napoli che la loro situazione è generalizzata (amici, parenti, colleghi di studio, coinquilini, ecc…), è stato invece un risultato conquistato nel tempo la consapevolezza di quali fossero i propri diritti negati, della concreta possibilità di vederseli riconosciuti e di come la situazione vissuta avesse ragioni molto più strutturali del “siamo a Napoli, siamo in Italia, è un problema di mentalità”.

3. Quale contesto?

Il contesto che ci siamo trovati di fronte è quello di una città in enorme espansione turistica, dove si sono acuite le contraddizioni legate a quest’esplosione. L’apertura di numerosi negozi, ristoranti, bar e servizi turistici di qualsiasi tipo  ̶  che hanno cambiato parzialmente ma vistosamente anche la struttura sociale ed urbanistica del nostro centro storico – non ha prodotto tra le conseguenze quel famoso effetto spillover di cui dovrebbero, secondo la vulgata dominante godere le città investite da una grossa crescita del terzo settore. Se, da un lato, è aumentato il lavoro (ma solo parzialmente i posti di lavoro), dall’altro, però, la ricchezza incrementata è rimasta nelle mani di pochi, costringendo camerieri, guide, baristi ad accettare le stesse condizioni di lavoro precedenti al boom, se non peggiori, a causa della nuova quantità e intensità di lavoro necessario a soddisfare i nuovi numeri.
Il fenomeno non è contingente o locale. Recenti e documentati studi hanno dimostrato che il turismo è in aumento su scala globale, che l’Europa è la prima destinazione assoluta e, all’interno di essa, a farla da padrone sono le grandi città: si tratta di qualcosa che durerà a lungo e caratterizza già da ora le vite e le lotte di milioni di persone in tutto il mondo.
Abbiamo, per questo, fin da subito rifiutato di farci schiacciare nelle opposte tifoserie “pro” o “contro” il turismo, come se si trattasse della marca di birra da scegliere. Di fronte a tali “chiacchiere da bar” abbiamo sempre pensato che questo, come altri fenomeni sociali, dovesse essere analizzato e affrontato a partire dalle contraddizioni che concretamente porta con sé, le ricadute su chi di chi lavora e le modalità con cui affrontarle a vantaggio del popolo, dei lavoratori. È per questo che lo scontro con imprenditori turistici sempre più ricchi, grazie al massivo sfruttamento del lavoro a nero, ci è sembrato uno dei terreni di lotta fondamentali per imporre una connotazione di classe a questo dibattito e al nostro lavoro in città.

4. Che cosa abbiamo fatto?

Abbiamo messo in campo alcuni percorsi in maniera simultanea e non sempre separabili precisamente l’uno dall’altro in maniera netta. Ne proviamo ad elencare qualcuno.

1) l’alfabetizzazione relativa ai propri diritti

Come già detto, molte delle persone che si rivolgono al nostro sportello, pur consapevoli di una generica ingiustizia che caratterizza le forme di lavoro nero, sono estremamente poco informati rispetto a ciò che prevede la legge e ai loro diritti.
Per contrastare questo dato, oltre al capillare lavoro di consulenza dello Sportello, abbiamo redatto un opuscolo, una sorta di “manualetto di guerriglia legale”, che permettesse ai lavoratori di avere un quadro più preciso di ciò che subivano e di come attrezzarsi a contrastarlo: “50 sfumature di nero”.
C’è dell’altro “materiale” in tale testo che si è cercato di inserire tra le righe insieme alle nozioni tecniche e ai glossari lavoristici: la consapevolezza che il lavoro nero, così come ogni violazione e abuso sul mondo del lavoro da parte dei padroni, non è frutto di un malcostume ma è un attacco, un furto e una guerra che i padroni mettono deliberatamente in atto ai danni di chi invece vive del proprio duro lavoro. Per dirla brutalmente ci è sembrato chela prima regola per vincere una guerra dovesse essere quella di far capire che era una guerra.

2) la Delibera comunale contro il lavoro nero

Si tratta di una delibera comunale da noi redatta contro il lavoro nero, approvata dal Comune di Napoli (n. 100, 29/03/2018), che ha modificato il regolamento COSAP, prevedendo la revoca della concessione per l’occupazione del suolo pubblico da parte degli esercizi commerciali scoperti con lavoratori a nero.
Si tratta di un regolamento che sentiamo “nostro” perché è stato il frutto di una lunga lotta e di un’incessante campagna che abbiamo portato avanti per due anni proprio contro il lavoro nero e lo sfruttamento. Ammettiamo che non tutto è farina del nostro sacco, bensì il risultato di ricerche su siti, blog, commenti, forum, per cercare e reperire dati, informazioni ed iniziative contro il lavoro nero da poter rimodulare anche qui da noi. Purtroppo non abbiamo trovato molto, cosa che testimonia ulteriormente quanto questo settore sia stato abbandonato da troppo tempo dalle indagini e lotte della sinistra. Uno spunto interessate, però, ci è arrivato dalla Sardegna, dove qualche anno fa un collettivo cagliaritano aveva proposto alle istituzioni locali delle misure da adottare per contrastare il lavoro nero: si è accesa la lampadina, abbiamo pensato all’amministrazione del Comune di Napoli e abbiamo pensato di provarci.
È un risultato che abbiamo ottenuto con la lotta, “forzando” un intervento del Comune in settori – come quello delle condizioni contrattuali – non strettamente di sua competenza. Non si tratta solo di una nuova multa a chi sfrutta il lavoro nero  ma del coinvolgimento dell’intera città e delle sue istituzioni nella battaglia per combattere quella che non è una piaga naturale della città bensì una scelta dei padroni.
L’iter non è stato dei più brevi, le strade tentate sono state tante, ma il tenere alta l’attenzione mediatica, far parlare della campagna contro il lavoro nero, continuare a strappare piccole vittorie in campo legale e far pressioni su più livelli, far passare il problema della città IN città, sicuramente ha aiutato ed accelerato il processo: il Comune e le istituzioni non potevano, a questo punto, continuare ad ignorare la campagna in corso e le rivendicazioni che portava avanti.
Il regolamento approvato ad oggi non è completo; non avendo il Comune grandi strumenti per il controllo e il monitoraggio delle condizioni di lavoro, è necessario che si completi con un Protocollo di Intesa tra Comune e Ispettorato del Lavoro che permetta al Comune di essere informato quando ad essere sanzionati dall’Ispettorato del Lavoro siano locali che usufruiscono della concessione per l’occupazione del suolo pubblico. La battaglia continua e questo ci porta al seguente punto.

3) il Controllo Popolare sull’Ispettorato del Lavoro

L’ispettorato del Lavoro è una istituzione fondamentale, un organo importante di tutela dei lavoratori che andrebbe potenziato, incalzato e sollecitato nel suo lavoro di monitoraggio, controllo e sanzione delle violazioni dei diritti dei lavoratori. In questi anni, però, è stato volutamente depotenziato da varie riforme, al fine di renderlo una pubblica agenzia ministeriale di servizi alle imprese, impegnata unicamente a rifilare qualche verbale ai datori di lavoro nei casi più lampanti di sfruttamento e, nella migliore delle ipotesi, a recuperare contributi. E’ diventato, perciò scarsamente reattivo alle sollecitazioni dei lavoratori, nonostante continuino ad esistere ispettori impegnati a contrastare con determinazione le violazioni. Non ritenendo possibile tollerare una situazione del genere, a maggior ragione in un territorio come quello napoletano, abbiamo avviato una campagna di Controllo Popolare, iniziando con la produzione di un altro documento che ha riguardato nello specifico la lotta dei lavoratori di “Napoli Sotterranea” ma che cercava di ampliare il ragionamento sull’efficacia dei meccanismi di contrasto al lavoro nero.
Pensiamo, nonostante viviamo in tempi bui, che esistano margini per agire “contro” e “nonostante” gli orientamenti generali che impongono una radicale smobilitazione, anche sostenendo le battaglie e le rivendicazioni di tutti coloro che, all’interno degli uffici dell’Ispettorato sollevano il problema e cercano di mettere in campo la loro professionalità per tutelare i diritti dei lavoratori.
Allo stesso tempo pensiamo che chi non faccia questo sforzo, adagiandosi e accompagnando attivamente il nuovo andazzo, sia parte del problema. A Napoli ci siamo trovati troppo spesso di fronte a questo stato di cose: un organo sempre più farraginoso, quasi un ostacolo nei confronti dei lavoratori che con coraggio denunciano nonostante situazioni di forte ricattabilità, lentezza nei controlli e corruzione diffusa. Per tale ragione abbiamo incalzato e contestato a tambur battente l’operato dell’Ispettorato del Lavoro.
Senza che vi siano controlli la battaglia contro il lavoro nero diventa difficilmente affrontabile, e nello specifico della nostra mobilitazione la delibera rischia di restare “cieca”. Siamo stati costretti ad esercitare una pressione costante, a organizzare presidi di contestazione e accompagnamenti di alcuni lavoratori presso gli uffici. Tutto questo ci ha permesso di orientare maggiormente il lavoro dell’Ispettorato verso le esigenze dei lavoratori.
È ancora in corso, però, lo scontro per cercare di rendere l’Ispettorato del Lavoro sempre meno subordinato (per quanto è immaginabile) alle infami direttive ministeriali e sempre più reattivo di fronte alle mobilitazioni, alla pressione sociale e alle segnalazioni “dal basso” che riguardano il mondo del lavoro in un territorio come il nostro.

5. Forza e limiti delle nostre pratiche

La vertenza di Napoli Sotterranea ci ha dimostrato due cose: la prima, che intraprendere una campagna contro il lavoro nero era ciò che effettivamente rispondeva alle esigenze dei lavoratori di questa città; la seconda, che la Camera Popolare del Lavoro sta, nel suo piccolo, diventando un riferimento per quei lavoratori che vogliono conoscere i propri diritti e soprattutto provare a costruire resistenza e un fronte di lotta comune. Questo ci ha permesso di intraprendere la vertenza contro Napoli Sotterranea, iniziata l’ottobre del 2017, quando alcune ex guide del sito si sono affacciate al nostro sportello legale e hanno cominciato a partecipare alle riunioni della Camera Popolare del Lavoro. Ogni volta i loro racconti ed esperienze aggiungevano un particolare assurdo: lavoro nero, ricatti, infortuni di turisti poi raggirati, clima di terrore, chiamate all’ultimo minuto, finanche molestie ad ex lavoratrici.
A questo abbiamo affiancato l’aperta contestazione a Napoli Sotterranea con presidi e manifestazioni che, usando lo slogan della campagna contro il lavoro nero #NONESISTOMACISONO, hanno permesso di continuare a sollevare il problema del lavoro nero a livello cittadino pur continuando a garantire l’anonimato ai lavoratori che hanno partecipato a quelle giornate. Questi momenti di mobilitazione hanno richiamato molta attenzione: gli elementi di riconoscibilità reciproca della propria situazione o di quella dei propri figli erano immediati, le persone si sono fermate ai presidi, tanti ragazzi e ragazze si sono immediatamente riconosciuti nella storia che abbiamo raccontato e hanno partecipato alle proteste. Contestualmente alla presa di parola abbiamo affiancato il piano dell’attacco legale. Dopo l’invio delle prime lettere di messa in mora sono tanti i lavoratori che si sono uniti alla vertenza, portando a sedici i ricorsi legali sul lavoro nero contro Napoli Sotterranea. Oltre che essere un passaggio giusto dal punto di vista del tentativo di ottenere ciò spetta ai lavoratori, il piano legale è una delle strategie in grado di sopperire alle difficoltà di organizzazione di un settore come quello del lavoro nero.
Come abbiamo visto fare in alcuni dei processi più importanti che hanno riguardato il mondo del lavoro negli ultimi anni (quello dei riders di Foodora, quello a seguito dell’inchiesta sull’Ilva di Taranto, solo per citarne due qualunque) ci è sembrato fondamentale lavorare per rendere il piano legale e le future udienze dei momenti di esposizione pubblica della vertenza, in cui venga portato in tribunale non solo il singolo datore di lavoro ma il generale sistema di sfruttamento che caratterizza il mondo del lavoro, permettendo anche a chi non è direttamente coinvolto nella vertenza di sostenere, pressare e spingere affinché sia fatta giustizia per chi lavora. Questo elemento, come l’anonimato a cui si faceva riferimento prima e la forte attenzione alla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, ha riguardato anche le ultime battaglie messe in campo dai lavoratori della così detta “gig economy” che ci sembrano avere diversi punti di contatto con quelle messe in campo dai lavoratori a nero di Napoli.
Ma da Napoli Sotterranea, come dal resto delle micro-vertenze che affrontiamo nella nostra casa del popolo, abbiamo riscontrato tratti emblematici e generalizzabili: solitamente i lavoratori che si rivolgono al nostro sportello sono singoli lavoratori che spesso hanno già lasciato (volontariamente o coattamente) il posto di lavoro. Questo naturalmente impone dei limiti di agibilità politica, ovvero non ci permette di organizzare una controffensiva sui luoghi di lavoro, non permette di migliorare le condizioni di lavoro in corso d’opera e di compattare i lavoratori su rivendicazioni comuni.
Chiaramente questo non scalfisce minimamente l’importanza e l’efficacia che la pratica di informazione, azione ed eventuale vertenza sortiscono, tanto sul lavoratore quanto sul padrone, che vede mobilitato il contesto lavorativo che credeva sedato dalla ricattabilità. C’è quindi una forza propulsiva di un magma di lavoratori che, seppur singoli, giovani, scarsamente informati, pronti ad una continua flessibilità e plasticità sui posti di lavoro, isolati in virtù di turnazioni e dislocazioni, fortemente ricattabili data la facilità con cui è possibile essere rimpiazzati, sono pronti a lottare e a far valere i propri diritti.


6. In luogo di una conclusione

In un percorso di lotta come il nostro, che è in continuo farsi, ci sono problemi a cui dobbiamo provare a dare soluzioni. Come fare per rispondere a quest’esigenza di lotta che emerge dal quadro che abbiamo appena delineato? Perché e come facciamo ad intercettare e confrontarci con lavoratori che si trovano ancora sul posto di lavoro? Soprattutto, quale forma organizzativa ci proponiamo di costruire con questi lavoratori? Quale può essere quella più adeguata, non soltanto alle esigenze dei lavoratori, ma anche ad un contesto lavorativo estremamente frammentato, caratterizzato da poche unità, in condizioni di sicurezza precarie e di forte ricattabilità?
A queste domande non abbiamo ancora trovato una risposta; crediamo, infatti, che questa possa essere solo frutto di un confronto e di una sperimentazione collettiva, di tentativi e probabilmente tanti errori. Questo documento, che viene scritto non alla fine di un ciclo ma durante lo sviluppo della lotta, vuole essere uno spunto di dibattito collettivo che vada oltre noi e la nostra dimensione cittadina, per ricercare anche altrove possibili suggerimenti e strumenti.
Ci lasciamo non soltanto con un bilancio ma anche con degli obiettivi “immediati” da portare a termine.
Per essere fin troppo schematici: continuare il lavoro di mutualismo e inchiesta portato avanti attraverso lo Sportello di tutela legale dei lavoratori; far crescere il ruolo della Camera Popolare del Lavoro di Napoli come “luogo” di dibattito, riflessione e generalizzazione delle istanze e delle lotte dei lavoratori della città; intensificare ed estendere la campagna contro il lavoro nero #NONESISTOMACISONO al fine di fornire un concreto supporto organizzativo ai lavoratori; continuare il Controllo Popolare verso l’operato dell’Ispettorato del Lavoro di Napoli e controllare l’efficacia della delibera comunale contro il lavoro nero. Tutti questi punti costituiscono lo schema appena abbozzato del quadro di lavoro che porteremo avanti con l’obiettivo che sempre più, anche in quella rogna che rappresenta l’intervento sociale e politico nei settori del lavoro nero, lo spettro delle lotte dei lavoratori continui a infestare gli incubi di chi li sfrutta.

La discussione continua nelle nostre assemblee settimanali aperte a tutte e tutti, ogni mercoledì alle 19 all’Ex OPG “Je so’ pazzo”. Chi è impossibilitato a partecipare può scriverci acamerapopolarelavoro.na@gmail.comoppure cercarci su FB come “Camera Popolare del Lavoro – Napoli”. Lo sportello legale per l’assistenza, invece, è sempre il mercoledì alle 18.

Camera Popolare del Lavoro
Ex OPG Occupato “Je so pazzo” – Casa del Popolo – Napoli

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