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Una donna progressista alla Presidenza: il piccolo “caso slovacco” nel cuore del sovranismo europeo

Riceviamo e pubblichiamo da un militante di Potere al Popolo! da Bratislava

La Slovacchia torna a fa parlare di se’ in Europa, dopo che a Febbraio 2019 la Commissione Europea aveva previsto per questo piccolo paese un +4,1% del PIL nell’anno in corso, una crescita che, nel Vecchio Continente, sarebbe seconda solo a quella di Malta.

Lo fa questa volta per un evento squisitamente politico e cioe’ l’elezione alla Presidenza della Repubblica di Zuzana Čaputová, prima volta per una donna nei paesi del gruppo di Visengrad che, oltre alla Repubblica Slovacca, comprende anche Repubblica Ceca, Polonia ed Ungheria. Ma la novita’ sta anche, e soprattutto, nel profilo di Zuzana Čaputová (una new entry della politica istituzionale, tanto da essere stata soprannominata all’inizio di questa campagna elettorale “la ragazza sconosciuta”) e nei contenuti con i quali ha vinto queste elezioni.

Da attivista e avvocatessa ha portato avanti per anni la battaglia ecologista contro l’apertura di una discarica nella sua cittadina d’origine Pezinok, nei dintorni di Bratislava, e poi a fine 2017 ha fondato insieme ad altri il movimento “Progresívne Slovensko” (Slovacchia progressista) di ispirazione liberale e socialista, ecologista, a favore dei diritti civili, europeista e cosmopolita, a difesa delle minoranze e dei piu’ deboli. Nel Marzo 2018 e’ stata tra le protagoniste della piu’ grande mobilitazione del popolo slovacco degli ultimi 30 anni che e’ durata diverse settimane: #AllForJan, che ha fatto riversare nelle strade di Bratislava decine di migliaia di persone contro la corruzione e per la liberta’ di stampa, in risposta all’omicidio del giovane giornalista Jan Kuciak che stava portando avanti un’inchiesta sul rapporto tra la ‘ndrangheta calabrese ed ambienti molto vicini al governo in carica relativo alla gestione dei Fondi Strutturali Europei. Protesta che ha portato in poco tempo anche alle dimissioni del governo a guida socialdemocratica del premier Robert Fico e che, soprattutto, ha acceso un moto di ribellione molto trasversale che ha travolto in pieno l’opinione pubblica slovacca. Protesta che, in fin dei conti, e’ la vera vincitrice di questa tornata presidenziale.

Una candidatura, quella della Čaputová, decisamente sui generis, quindi: apertamente schierata contro il populismo che, in particolar modo nell’Europa dell’Est, si declina in termini nazionalisti e para-fascisti, ma allo stesso figlia, come dicevamo, della protesta di piazza. Dichiaratamente europeista e quindi tutto sommato compatibile con gli interessi di Bruxelles, ma con approccio diverso da quello per esempio dal suo sfidante al ballottaggio Maros Sefcovic, esponente del partito socialdemocratico al governo, vicepresidente della Commissione Europea e percepito dai piu’ come “l’uomo del sistema”.

Quali sviluppi avra’ nel futuro prossimo Progresívne Slovensko (che a Novembre 2018 ha espresso anche il sindaco di Bratislava), sara’ tutto da vedersi, essendo questo un partito-movimento giovanissimo e dai contorni ancora non troppo definiti, e stesso discorso vale anche per la presidenza Čaputová, considerando anche che comunque i poteri del Presidente della Repubblica in Slovacchia sono piuttosto limitati. Certo e’ che, nella zona d’Europa dove le forze piu’ oscurantiste della reazione sovranista la fanno da padrone (l’estrema destra, che ha pagato piu’ che altro il fatto di essersi presentata divisa, al primo turno ha comunque realizzato il 24%), un fenomeno politico-sociale di contro-tendenza dai tratti cosi’ originali e che cresce tanto rapidamente e’ da tenere di certo in considerazione, e anche da soppesare, in vista delle elezioni del Parlamento Europeo alle porte.

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