Carə compagnə
Saluti dalla redazione di Tricontinental: Institute for Social Research
Mentre entriamo nel nuovo anno, quasi due anni dopo che l’11 marzo 2020 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha annunciato la pandemia, il bilancio ufficiale delle vittime del Covid-19 è di quasi 5,5 milioni di persone. Il direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus afferma che c’è uno “tsunami di contagi” a causa delle nuove varianti. Il paese con il più alto numero di morti sono gli Stati Uniti, dove il numero ufficiale dei decessi a causa della malattia attualmente è di oltre 847.000; il Brasile e l’India seguono con rispettivamente quasi 620.000 e 482.000 morti. Questi tre paesi sono stati devastati dalla malattia. I leader politici di questi paesi non sono riusciti a prendere misure sufficienti per spezzare la catena di contagio; hanno invece fornito consigli antiscientifici al pubblico che, di conseguenza, ha sofferto sia di una mancanza di chiare informazioni che di sistemi sanitari indeboliti negli anni.
Nel febbraio e marzo del 2020, quando la notizia del virus era già stata comunicata dal Centro per il controllo delle malattie in Cina alla sua controparte statunitense, l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump ammise al giornalista del Washington Post Bob Woodward: “Ho voluto sempre minimizzare. Mi piace ancora minimizzare, perché non voglio creare il panico”. Nonostante gli avvertimenti, Trump e il suo segretario alla salute Alex Azar hanno completamente fallito nel preparasi contro l’arrivo del virus sul suolo americano tramite navi da crociera e aeri.
Non è che il suo successore Joe Biden sia stato molto migliore nella gestione della pandemia. Quando la US Food and Drug Administration, l’agenzia farmaceutica statunitense, ha sospeso l’uso del vaccino Johnson & Johnson nell’aprile 2021, ha alimentato il crescente sentimento anti-vaccinazione nel paese; la confusione tra la Casa Bianca di Biden e il Centro per il controllo delle malattie sull’uso delle mascherine ha ulteriormente aumentato il caos nel paese. La profonda animosità politica tra i sostenitori di Trump e i liberali e la generale mancanza di preoccupazione per i lavoratori precari senza sicurezza sociale ha accelerato le divisioni culturali negli Stati Uniti.
Le politiche antiscientifiche di Bolsonaro e Modi
La sfrenatezza della politica statale negli Stati Uniti è stata replicata dai suoi stretti alleati in Brasile e in India. In Brasile, il presidente Jair Bolsonaro ha deriso la gravità del virus, si è rifiutato di approvare le semplici linee guida dell’OMS (obbligo di portare le mascherine, tracciamento e più tardi vaccinazione) e ha perseguito una politica genocida rifiutando di finanziare la fornitura di acqua pulita in parti del paese – in particolare in Amazzonia – che è essenziale per prevenire la diffusione della malattia. Il termine genocidio non è usato con leggerezza. È stato messo sul tavolo dell’accusa due volte dal giudice della Corte Suprema brasiliana Gilmar Mendes, la prima volta nel maggio 2020 e poi di nuovo nel luglio 2020; nel primo caso, il giudice Mendes ha accusato Bolsonaro di attuare “una politica genocida nella gestione sanitaria”.
In India, il primo ministro Narendra Modi ha prima trascurato i consigli dell’OMS, poi si è precipitato in un lockdown gestito male, e infine non ha supportato adeguatamente il sistema sanitario – in particolare i lavoratori della sanità pubblica (ASHA) – con forniture mediche di base (compreso l’ossigeno). Invece, i politici indiani hanno promosso metodi improvvisati e grotteschi per contrastare il virus, creando un atteggiamento non scientifico e sminuendo la gravità del virus. Il governo di Modi ha continuato a fare assembramenti durante le campagne elettorali e ha permesso lo svolgimento di mega-feste religiose, che sono diventati tutti eventi di super-contagio.
Diverse ricerche su leader come Bolsonaro e Modi dimostrano che non solo non sono riusciti a gestire la crisi in modo scientifico, ma che hanno “alimentato le divisioni culturali e usato la crisi come un’opportunità per espandere i loro poteri e reprimere gli oppositori del governo”.
Punire i poveri e i lavoratori
Paesi come gli Stati Uniti e l’India – e in misura minore il Brasile – sono stati colpiti duramente perché le loro infrastrutture sanitarie pubbliche sono state indebolite negli anni e i loro sistemi sanitari privati semplicemente non sono in grado di gestire una crisi di queste proporzioni. Durante la recente diffusione della variante Omicron negli Stati Uniti, il Centro per il controllo delle malattie ha cercato di incoraggiare le vaccinazioni affermando che mentre il vaccino è gratuito, “il soggiorno in ospedale costa caro”. Bonnie Castillo, il capo del National Nurses United ha risposto: “Immaginate un mondo distopico in cui la strategia di salute pubblica è quella di minacciare la gente con il sistema sanitario stesso. Oh aspettate, non dobbiamo immaginare…”.
Nel 2009, l’allora direttore generale dell’OMS, la dottoressa Margaret Chan, disse che “le tariffe per l’assistenza sanitaria sono state proposte come un modo per recuperare i costi e scoraggiare il consumo eccessivo dei servizi sanitari e di cure. Questo non è successo. L’introduzione di tariffe ha solo punito i poveri”. Il ticket sanitario e il pagamento per l’assistenza sanitaria privata dove non esiste un sistema pubblico continuano ad essere modi per punire i poveri. L’India – attualmente il paese con il terzo più alto tasso di mortalità causata dal Covid-19 – ha le spese mediche a carico dei cittadini più alte al mondo.
Le parole taglienti del capo del sindacato degli infermieri negli Stati Uniti vengono riprese da medici e infermieri di tutto il mondo. L’anno scorso, Jhuliana Rodrigues, un’infermiera dell’ospedale São Vicente di Jundiaí, in Brasile, mi ha raccontato che “lavoriamo con paura”, raccontando che le condizioni sono spaventose, l’attrezzatura minima e gli orari di lavoro lunghi. Gli operatori sanitari “fanno il loro lavoro con amore, dedizione e cura degli esseri umani”, diceva. Nonostante tutti i discorsi sui lavoratori essenziali, gli operatori sanitari hanno visto pochi cambiamenti nelle loro condizioni di lavoro, ed è per questo che c’è stata un’ondata di scioperi in tutto il mondo, come ne è una prova il recente sciopero militante dei medici a Delhi, in India.
Violazione dei diritti fondamentali
La cattiva gestione della catastrofe legata al Covid in paesi come gli Stati Uniti, il Brasile e l’India è una grave violazione dei diritti umani dei trattati di cui i paesi citati sono firmatari. Ognuno di questi paesi è membro dell’OMS, la cui Costituzione, scritta nel 1946, prevede “il più alto standard di salute raggiungibile [come] un diritto fondamentale di ogni essere umano”. Due anni dopo, la Dichiarazione internazionale dei diritti umani (1948) all’articolo 25 affermava che “ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, compresi il cibo, i vestiti, l’alloggio, le cure mediche e i servizi sociali necessari, e il diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà”. Il linguaggio è obsoleto – “se stesso”, “la sua famiglia”, “suo” – ma il punto è chiaro. Anche se la dichiarazione è un trattato non vincolante, stabilisce uno standard importante che viene costantemente violato dalle maggiori potenze mondiali.
Nel 1978, ad Alma-Ata (URSS), questi paesi si sono impegnati a migliorare le infrastrutture sanitarie pubbliche, cosa che non solo non hanno fatto, ma che hanno sistematicamente minato privatizzando ampiamente l’assistenza sanitaria. Lo smantellamento dei sistemi sanitari pubblici è una delle ragioni per cui questi stati capitalisti non sono stati capaci di gestire la crisi della salute pubblica – in netto contrasto con gli stati come Cuba, il Kerala e il Venezuela, che hanno avuto molto più successo, malgrado le modeste risorse, nel rompere la catena di contagio.
Infine, nel 2000, al Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali, gli stati membri delle Nazioni Unite hanno approvato un documento che affermava che “la salute è un diritto umano fondamentale indispensabile per l’esercizio degli altri diritti umani. Ogni essere umano ha diritto al godimento del più alto standard di salute raggiungibile che porti a vivere una vita dignitosa”.
Una cultura tossica è emersa in molti paesi del mondo, dove c’è un disinteresse sistematico per il benessere della gente comune, un disinteresse che viola i trattati internazionali. Parole come “democrazia” e “diritti umani” devono essere ripensate alla radice; sono svuotate dal loro uso limitato e improprio.
I nostri colleghi di New Frame hanno iniziato il nuovo anno con un forte editoriale che invita alla resistenza a questi governi maligni e sottolinea la necessità di un nuovo progetto per ricostruire la speranza. Nel punto due scrivono: “Non c’è niente di utopico in questo. Ci sono molti esempi – tutti con i loro limiti e le loro contraddizioni, certo – di rapido progresso sociale sotto governi progressisti. Ma questo richiede organizzazione e mobilitazioni popolari come strumento politico per il cambiamento, per rinnovarlo e disciplinarlo dal basso, e per difenderlo dalle élite nazionali e dall’imperialismo, in particolare dal revanscismo della politica estera statunitense, sia quella esplicita che quella nascosta”.
Con affetto,
Vijay