Il 7-8 dicembre 2024 i delegati delle Assemblee territoriali e dei gruppi d’azione di Potere al popolo! hanno discusso a Roma il programma politico di Potere al popolo! e la struttura organizzativa interna. Di seguito le prossime tappe del percorso e i report delle discussioni.
DENTRO POTERE AL POPOLO DECIDI TU!
DOPO L’INCONTRO NAZIONALE DI ROMA, CONTINUA IL PERCORSO PROGRAMMATICO DI POTERE AL POPOLO!
LE PROSSIME TAPPE E COME PARTECIPARE
È stato a fine agosto, durante l’entusiasmante campeggio di Potere al Popolo, che abbiamo deciso di lanciare una nuova fase, organizzativa e programmatica, del nostro movimento. In questi primi sette anni di vita siamo stati infatti impegnati a nascere, crescere, lottare, farci conoscere. Abbiamo messo in comunicazione territori ed esperienze, abbiamo aperto Case del Popolo mentre la politica ufficiale le sedi le chiude, abbiamo fatto vivere una voce indipendente da centrosinistra e centrodestra in tante tornate elettorali, abbiamo impedito che un patrimonio di lotte e di militanti si disperdesse nel qualunquismo, nel riflusso, nell’avanzare delle destre. Abbiamo organizzato movimenti sociali, portato gambe cuore e testa a picchetti operai, anti-sfratto, a presidi per la difesa del posto di lavoro, abbiamo animato occupazioni di scuole e università, e movimenti di solidarietà internazionale come quello per la Palestina, per i curdi, per le esperienze della sinistra latino-americana. Siamo riusciti – conquistando credibilità con il duro lavoro, senza che nessuno ci regalasse nulla – a irrompere nel teatrino televisivo, portando una voce autenticamente popolare, a contestare le letture dominanti, a occupare piccole porzioni di spazio mediatico conquistando lettori sui social e sui giornali. Nonostante fossimo la più giovane realtà nel panorama della sinistra italiana, senza sponsor e padrini, siamo riusciti ad affermarci come qualcosa di consolidato e riconoscibile.
Non è stato poco, e sappiamo quanto ci è costato, anche perché tutto è avvenuto in anni non facili, di decadenza del paese, di passivizzazione, di indifferenza e chiusura nel privato, attraversando governi ostili, una pandemia, sotto i colpi della repressione.
Ma non ci basta. Crediamo che il nostro paese e le classi popolari di cui facciamo parte abbiano bisogno di più forza. Di più visione. Di un’identità chiara, determinata, ma allo stesso tempo che parli un linguaggio comprensibile, che abbia competenze e capacità di intervento. E soprattutto che abbia i numeri, l’organizzazione, la capacità di impiego del tempo per fare valere quest’identità e queste competenze. Crediamo che per vincere bisogna essere uniti, non genericamente o sulla spinta di buoni sentimenti, ma intorno a un programma chiaro. Un programma che non sia una sommatoria o una lista della spesa buttata lì sotto elezione, ma un processo di inchiesta, di ascolto, che sia uno sguardo sulla società che vorremmo e una serie di misure che siano in grado di far saltare quella che non vogliamo.
Per tutti questi motivi da settembre ci siamo messi a lavoro per aggiornare, riscrivere, rifare il nostro programma politico. E ci siamo messi a lavoro insieme, usando tutta la riflessione prodotta in questi anni dai nostri tavoli di lavoro e dalla nostra esperienza militante. Ma anche cercando di ascoltare tutte le compagne e i compagni incontrati nei comitati, nelle associazioni, nelle mobilitazioni.
Abbiamo così prodotto una prima bozza, mandata già a fine ottobre a tutte le nostre assemblee territoriali, che l’hanno discussa e hanno reagito con circa 50 documenti. Quindi sabato 7 e domenica 8 dicembre ci siamo visti a Roma, dove le assemblee territoriali hanno mandato delegate e delegati, insieme ai Coordinatori Nazionali di Potere al Popolo e ai suoi portavoce. Per due giorni 180 persone hanno discusso su 4 tavoli – lavoro&migrazione, ecologia&redistribuzione della ricchezza, organizzazione&movimenti – per caratterizzare su alcuni punti il programma politico e migliorare la nostra struttura organizzativa. Non abbiamo deciso in qualche stanza chiusa, in maniera burocratica, calando dall’alto una serie di rivendicazioni astratte sulla realtà. Ma ognuno di noi ha ascoltato, elaborato soluzioni e proposte.
È andata meglio di come potevamo immaginare: il clima di confronto che si è creato, il livello del dibattito, le competenze accumulate nel nostro corpo militante, sono solo parzialmente restituiti dalla sintesi dei tavoli che qui vi presentiamo di seguito. Ma questi due giorni sono stati solo il primo passo: ancora molto c’è da fare per scrivere un nostro programma che dia soluzioni concrete a problemi concreti e che sia capace di mostrare un nuovo modello di società. Così come lunga è la strada per la costruzione di una vera organizzazione, che rifletta le necessità emerse in sette anni di battaglie a contatto con i territori e risolvere i problemi che abbiamo riscontrato, per dotarci di una macchina funzionante al meglio.
La due giorni di Roma e i 50 documenti inviati ci consegnano ora l’obbligo di preparare una seconda bozza, molto più lunga, in cui si tenga conto delle segnalazioni, integrazioni, aggiunte venute dal dibattito. Le compagne e i compagni incaricati stanno già lavorando a questa seconda stesura, che sarà pronta per il coordinamento nazionale del 25 gennaio. Questa seconda stesura tornerà ai territori per essere ri-discussa dalla comunità di Potere al Popolo entro metà febbraio, certi che ognuno di questi passaggi serva a farci meditare sempre di più il programma, scriverlo meglio, sentirlo più nostro. Ma non solo: intendiamo aprirci all’esterno, a contributi che possano venire da associazioni, collettivi, movimenti, organizzazioni sindacali e singoli esperti. Per questo, contestualmente all’ascolto dei territori organizzeremo anche altre riunioni, online o in presenza, per affinare il nostro programma, che non vuole essere il programma di un solo movimento, ma la sintesi delle esperienze più avanzate sia del nostro paese che delle classi popolari a livello internazionale.
Perché da soli non siamo niente, e solo con l’ascolto di tutti coloro che ogni giorno fanno inchiesta sui territori, affrontano i problemi ed elaborano le soluzioni più giuste possiamo arrivare all’elaborazione di un programma davvero condiviso ed efficace!
Contiamo di finire questa seconda fase di confronto per la metà di febbraio, e chiudere il nostro programma nella forma di un libricino per il 15 marzo, data della nostra nuova assemblea nazionale. Su questa base lanceremo una nuova, e più consapevole, campagna di iscrizione, perché anche le migliori parole e soluzioni non funzionano se non hanno la forza collettiva per imporsi.
Chiunque voglia partecipare a questo processo ci contatti: può iscriversi alle assemblee territoriali e partecipare al dibattito, può organizzare un incontro tra il nostro movimento e la sua associazione/comitato/battaglia, può dare pubblicità a questo percorso così inusuale nella politica italiana, può supportare in mille modi il nostro lavoro.
Quello che è certo è che Potere al Popolo vuole continuare a crescere, vuole migliorarsi, vuole candidarsi a rappresentare un’alternativa per questo paese, che di alternative e di rotture ha così bisogno!
Di seguito i report dei tavoli tenutisi a Roma il 7-8 dicembre.
Il tavolo lavoro e migrazione ha iniziato la riunione spiegando la necessità di tenere insieme questi argomenti. L’obiettivo è creare un programma che parli alla classe nella sua totalità, superando le divisioni in categorie (donne migranti etc.) e la frammentazione imposta dal sistema. Questi argomenti sono tenuti insieme perché l’obiettivo è creare un programma che parli alla classe nella sua totalità, senza dividere tra donne e uomini, italiani e migranti, nella consapevolezza che, accanto a condizioni peculiari c’è una radice comune nell’oppressione, e che le condizioni peculiari sono funzionali a radicalizzare l’oppressione di classe. Il capitale utilizza il razzismo e il dominio di genere per valorizzarsi.
Le nostre proposte programmatiche non solo devono migliorare le condizioni di vita, ma riuscire a incidere sui rapporti di forza fra le classi, ribaltando gli equilibri attuali. Da tutti gli interventi è emerso come il conflitto sia l’arma sostanziale per dare sostanza a visione e programma.
Il punto di partenza è ribadire la centralità della contraddizione capitale lavoro, consapevoli che non partiamo da zero, ma dal sostegno alle battaglie dei lavoratori e delle lavoratrici con cui abbiamo lottato in questi anni. L’obiettivo deve essere quello di diventare il riferimento politico della classe lavoratrice, capace di fornirle un orizzonte complessivo.
Il nostro programma deve avere tre caratteristiche principali: individuare l’orizzonte della trasformazione, prefigurando il futuro che vogliamo e per il quale ci battiamo; avere la radicalità di chi è convinto che non sarà un maquillage a cambiare le sorti dei “nostri”, ma occorre cambiare in profondità; essere comprensibile ai soggetti sociali coi quali dobbiamo costruire un legame organico, senza correre il rischio di scrivere il “programma dei sogni”.
SINTESI DELLE PROPOSTE DA INTEGRARE NELLA PRIMA BOZZA
- Maggiore definizione della proposta di riduzione dell’orario lavorativo.
- Abolizione jobact e reinserimento dell’articolo 18
- Introduzione del reato di omicidio sul lavoro
- Banche dati comunicanti fra loro (centri per l’impiego, ispettorati, asl….)
- Abolizione Bossi Fini (flussi migratori: abolizione sponsor e istituzione visto ricerca lavoro e formazione), corridoi umanitari
- Pubblicizzazione del sistema dell’accoglienza e maggiore civilizzazione delle procedure di rilascio del permesso di soggiorno, spostandone il rilascio dalla questura all’ anagrafe.
- Abolizione CPR
- Assistenza abitativa tramite CPI
- Ius soli più ius scolae, più revisione termini per la richiesta della cittadinanza a 5 anni per gli adulti e residenza a tre anni
- Aumento ispettorati del lavoro nei punti critici ( centri industriali, città fortemente turistificate etc), finanziamento e assunzione di almeno 10000 ispettori
- Riprendere la legge antidelocalizzazioni
- Abolizione 146/90 più poteri agli RLS, e revisione sistema rappresentanza
- Abolizione welfare aziendale
- Riscrittura del sistema accoglienza e diritto d’asilo a livello europeo
- Aumentare l’elenco dei lavori usuranti
- Pensioni aumento pensioni minime, tetto alle pensioni massime
- TFR solo in azienda o all’inps, no fondi privati
- Reintroduzione scala mobile
Approfondimenti da svolgere: smart working, lavoro di cura, sostegno psicologico da parte della medicina sul lavoro, partite IVA.
Le e i partecipanti al tavolo hanno complessivamente ritenuto che la parte introduttiva della prima bozza di programma deve essere articolata in maniera più corposa, introducendo alcuni concetti e alcune esplicitazioni. Esplicitare che la questione ecologica è una questione sociale ed economica. La giustizia climatica è giustizia sociale! (“Siamo noi a doverci salvare, non la natura”). Esplicitare anche che, dunque, noi proponiamo un modello di ecologia socialista, che cioè pensi i temi dell’ecologia e della crisi climatica attraverso un radicale cambiamento dei rapporti economici e sociali che ci conducano al di fuori dei rapporti capitalistici. Se è vero che oggigiorno nel senso comune è più facile immaginare che l’umanità arrivi a vedere la fine del pianeta piuttosto che quella del sistema capitalistico, nostro compito è affermare e sostenere nei fatti che il contrario è non solo necessario ma anche fattibile. I processi capitalistici sono la causa prima della scarsità, perché è solo quando i beni sono limitati e oggetto di proprietà privata che i processi di valorizzazione capitalista trovano il terreno su cui vivere e prosperare (su questa scarsità vivono per es. gli ignobili mercati dei cat-bond, delle azioni sull’acqua, delle emissioni…).
In questa prospettiva abbiamo ritenuto che sia importante chiarire, in termini generali, che noi: vogliamo una riconversione ecologica dell’industria che sia pianificata dallo Stato e non affidata al mercato; vogliamo che questa riconversione segua la logica dell’eguaglianza sociale; vogliamo il cambiamento di vita necessario e inevitabile con l’abbandono del modello sociale capitalistico che, grazie a quanto appena detto, non è più, come succede ora, onere di ciascuna e ciascuno singolarmente e fonte di accresciute o nuove sperequazioni sociali – i famosi sacrifici che tutti i poveri devono fare (ma non i ricchi) – ma frutto di uno sforzo collettivo e innovativo. In tal senso dobbiamo evidenziare che le diseguaglianze sociali come ostacolo a forme di comportamenti ecologici affettano in maniera ancor più diretta le donne (es.: pannolini lavabili). Come per la questione decoloniale, la semplice trasformazione del consumo non necessariamente modifica le diseguaglianze di genere, e noi questo dobbiamo esplicitarlo chiaramente.
Inoltre, sempre nella parte iniziale, crediamo sia necessario indicare le battaglie e vertenze territoriali in cui siamo stati e a cui ci riferiamo. L’ecologia impone anche il tema centralismo vs territori. Nei comitati territoriali ci sono competenze tecniche e storiche. Bisogna esplicitare il rapporto dialettico tra territori (controllo popolare) e pianificazione centrale.
Infine, alcuni punti di vista chiave da adottare: che la crisi ecologica la paghino i ricchi; transizione energetica pianificata (da usare l’espressione sempre per inserire il concetto nel discorso); nazionalizzare le fonti energetiche; decupling debunked in cui si mostra come il decupling è una truffa; mostrare sempre il lato per cui la trasformazione ecologica che proponiamo ha sempre ricadute positive sull’attività lavorativa.
L’idea, emersa anche nel tavolo sulla redistribuzione della ricchezza, è di articolare i contenuti di cosa proponiamo in forma di sintetiche schede e non di elenco, così da poter prendere in considerazione i diversi aspetti che si connettono a uno stesso tema e articolare più chiaramente il rapporto tra singole proposte e il quadro di fondo. In ogni caso, se non è possibile proporre sotto forma di schede, almeno di paragrafi tematici.
Per es.: eolico sì, ma non privato, non slegato da valutazioni sull’impatto ambientale, sulle relazioni con le comunità che lottano dal basso e che sono parte della nostra comunità politica; idroelettrico sì, ma considerando il problema degli invasi e la sottrazione dell’acqua potabile alle comunità locali per alimentare la produzione al nord, il problema della rete idrica che perde più del 30% dell’acqua che trasporta, la concessione dell’uso esclusivo di fonti ai privati (coca-cola, nestlé…, le acque minerali), la privatizzazione dei servizi idrici in molti territori contro il referendum sull’acqua pubblica vinto nel 2011. Questi aspetti vanno tenuti assieme per poter presentare all’esterno una visione d’insieme corretta. Anche perché, confrontando con altre tematiche del programma, c’è una disomogeneità nel livello di dettaglio, quindi bisogna entrare un po’ più addentro ai temi della parte ecologica.
Rispetto alle proposte specifiche presentate nella bozza in forma di elenco:
– termine: “Sequestrare” non va bene, usiamo “espropriare”
– proponiamo di eliminare il riferimento alla COP28 e di anticipare la rivendicazione delle “zero emissioni”. Il riferimento al 2050, infatti, è già remissivo, cioè tiene come limite i 2° di aumento, che sono troppi, e allunga il termine perché nelle condizioni attuali non ci si potrebbe sicuramente arrivare prima (ma neanche a quel termine, continuando così!). Noi dobbiamo avere visione e proposte drastiche che ci permettano di arrivarci prima.
– specificare che materie prime e semilavorati che utilizzeremo saranno frutto di accordi che tengano conto del consumo di terra e del tipo di lavoro che hanno contribuito a generarli. Perché ogni prospettiva ecologica è inquadrata in una prospettiva internazionalista e decoloniale.
– vogliamo una ricerca scientifica che sviluppi forme diverse di tecnologia, che non funzionano in partenza secondo le logiche del capitale (cioè sul presupposto dello sfruttamento, o ipersfruttamento, della forza-lavoro e sull’utilizzo sconsiderato delle risorse naturali), poiché il problema ecologico non è tecnico o tecnologico ma sociale e politico;
– inserire la rivendicazione di una legge urbanistica quadro che vada contro i processi in atto (concentrazione nelle grandi città, con tutto quel che vi è connesso: la frattura del ricambio metabolico, speculazioni finanziarie, rendita fondiaria, consumo di suolo, impermeabilizzazione del suolo ecc.; spopolamento di ampie parti del territorio e loro isolamento dal tessuto sociale nazionale; spopolamento e intensificazione dello sfruttamento delle campagne; …) e che sia pensata in connessione con una gestione ecologica del territorio e lotta contro dissesto con proposte di iniziativa per far rivivere le parti interne del Paese, che sono sempre più spopolate con una concentrazione sperequata nelle città.
– inserire una maggior attenzione sull’uso delle acque in generale e non solo delle acque grigie nel documento. Il tema dell’acqua – in tutte le forme – sarà il tema centrale dei prossimi decenni. Da un punto di vista istituzionale, possiamo rivendicare la creazione di un ente nazionale di gestione che abbia uno stretto rapporto con le comunità territoriali.
– il tema delle fonti energetiche va articolato in maniera molto più complessa
– importanza del tema del trasporto pubblico, non solo dei mezzi ma anche della capillarità territoriale: mostrando come ecologia e lavoro si tengono assieme.
– aggiungere piano per smaltimento scorie radioattive.
– piano di investimento sulla biodiversità: sia dal punto di vista della produzione agricola, sia dal punto di vista dell’ampliamento delle aree protette e del rafforzamento degli enti regionali e nazionali esistenti;
– pensare a un’Arpa nazionale, a un potenziamento di quelle regionali e a un loro ruolo di maggior rilievo.
– rivendicare l’impossibilità di fare mercato su certi elementi (es. mercato emissioni, acqua, cat bond)
Proposta campagne
Abbiamo infine proposto due possibili campagne in cui impegnare il nostro movimento: una campagna contro il consumo del suolo e una campagna sull’acqua bene pubblico.
Abbiamo le competenze e le capacità di visione e organizzazione per procedere in maniera autonoma rispetto alle fallimentari e/o conniventi istituzioni nazionali e internazionali, e per organizzarci con i popoli delle altre parti del mondo che lottano quotidianamente per una vita dignitosa fuori dal modello capitalista e contro la crisi climatica.
Nell’ampio dibattito e proficuo dibattito durante la sessione di lavoro del tavolo Redistribuzione della ricchezza abbiamo sottolineato come il tema si centrale nel nostro agire politico e negli obiettivi che ci poniamo.
In questa fase storica è lampante l’enorme squilibrio e disuguaglianza generato dal sistema capitalista in termini di distribuzione della ricchezza: la polarizzazione tra una quasi totalità che, con gradi diversi, vede peggiorare sempre di più le proprie condizioni di vita e una infima che possiede una ricchezza smisurata sempre crescente. Quello che vediamo è il pieno sviluppo dell’offensiva neoliberista e i suoi nefasti risultati, con una redistribuzione della ricchezza al contrario, dai molti ai pochi; una condizione che ci riporta indietro a prima del XX secolo.
Questa disuguaglianza è palese sempre di più in Italia dove abbiamo da un lato 6 milioni di poveri assoluti e dall’altro lato una crescita a 200 miliardi di euro della somma dei patrimoni delle 60 famiglie ultraricche, la buona parte delle quali ha ereditato la ricchezza in contrapposizione ai falsi discorsi sul merito.
In contrapposizione a questo modello redistributivo dove al massimo si pensa di distribuire alla maggioranza qualche briciola, noi abbiamo sottolineato che la redistribuzione della ricchezza debba essera una redistribuzione sociale della ricchezza. Abbiamo anche ricordato che per una completa redistribuzione della ricchezza non è sufficiente controllare come la ricchezza venga ripartita ma è necessario controllare anche come questa venga prodotta: l’attuale lotta per la redistribuzione della ricchezza è solo un intermedio verso il comunismo.
Abbiamo sottolineato come sia fondamentale basare la redistribuzione sul principio dell’uguaglianza e quindi lottare contro tutte le forme di disuguaglianza da quella di genere, da quella basata sulla razzializzazione o sull’abilismo o sulla divisione territoriale (come nel caso dell’Autonomia Differenziata). Dato il contesto demografico dell’Italia, abbiamo ritenuto importante sottolineare l’attenzione da dare nelle politiche redistributive alle persone giovani, componente da sempre molto importante per Potere al Popolo!.
Nella discussione del tavolo, abbiamo presentato proposte integrative ed emendamenti alla bozza del programma politico su due direttrici principali:
- Dove redistribuire la ricchezza: a quali ambiti dare priorità di utilizzo della ricchezza affinché ci sia una sua redistribuzione sociale
- Dove prendere la ricchezza: perché la ricchezza c’è, la creiamo noi del popolo e dobbiamo riprendercela
Dove redistribuire la ricchezza
Scuola, Università e Ricerca
- Dare importanza della scuola come elemento portante della vita dei giovani, soggetto rilevante per la nostra organizzazione
- Superare la scuola classista gentiliana così come la divisione tra saperi tecnici e saperi umanistici a favore di una unica scuola che unisca i saperi
- Investire tanto nelle strutture (immobili, laboratori) che nel personale (docente, ATA, amministrativo), anche con l’obiettivo di incentivare il tempo pieno e di realizzare una scuola “del fare” che abolisca il PCTO, svincolando il mettere in pratica le conoscenze e competenze dalla loro messa a profitto
- Garantire una ricerca libera, demilitarizzata e indipendente dalle ingerenze del privato volta la benessere collettivo
- Bloccare tutti i finanziamenti alle scuole private, alle università private tra cui le università telematiche
- Controllare l’editoria scolastica per una concreta ed equa accessibilità ai testi per tutta la popolazione studentesca
Diritto all’abitare
- Investire nelle case popolari pubbliche rifiutando altre forme non realmente risolutive come il social housing
- Modificare la gestione degli enti previdenziali per tutelare le persone in difficolta abitativa
- Abbrogare la legge Renzi-Lupi
- Introdurre maggiori tutele sulla prima casa come ad esempio impedire lo sfratto a chi ha difficoltà economiche a saldare il mutuo con gli istituti bancari
- Calmierare i prezzi degli affitti e limitando il piu possibile gli affitti brevi.
Superamento della questione meridionale
- Abbolire l’Autonomia Differenziata ma anche la Riforma del Titolo V della Costituzione voluta e attuata dai partiti di centrosinistra.
Infrastrutture e servizi
- Investire nel mobilità pubblica e gratuita
- Rinazionalizzazione e ripubblicizzazione dei settori strategici
- Abbandonare le logiche di mercato per enti di rilevanza nazionale quali Cassa e Deposito Prestiti
- Investire in un settore energetico pubblico per consentire una vera transizione energetica
- Realizzare e attuare dei PEBA[1] impedendo forme di disability washing
Servizi socio-sanitari
- Garantire una sanità pubblica, statale, universale
- Garantire consultori pubblici, con finanziamenti idonei per essere presenti su tutto il territorio in numero adeguato e ad avere personale idoneo e formato per essere inclusivo
- Garantire il diritto alla contraccezione universale e senza gli attuali limiti d’età
- Rendere tutti i centri anti-violenza pubblici, non gestiti dal terzo settore
- Incrementare e rendere pienamentte funzionanti attraverso opportuno finanziamento gli strumenti di supporto alle presone disabilizzate quali la Legge 104, la Legge 112/2016 (Legge Dopo Di Noi basata sul concetto di Progetto di vita) e Legge sui caregiver.
Dove prendere la ricchezza
- Riformare la fiscalità a cominciare dall’IRPEF come imposta universale e progressiva sui redditi da lavoro, sui redditi da capitale e sul capitale stesso
- Introdurre un tetto massimo sui patrimoni e vincolo sulla loro successione
- Introdurre una tassa di scopo sugli immobili sfitti da introdurre a livello locale (comunale) che vada a tassare gli immobili sfitti o quelli legati a una concentrazione di immobili
- Introdurre un tetto massimo alla proprietà immobiliare per impedirne la concentrazione in pochi singoli o gruppi a scopo speculativo
- Reintrodurre una forma di finanziamento delle case popolari come la GESCAL[2]
- Rifiutare l’austerità e il pareggio di bilancio, così come tutti i vincoli creati politicamente per ottenere una redistribuzione della ricchezza al contrario, da molti verso pochi ricchi
- Introdurre un tetto alla differenza salariale imponendo che il salario e dividendi per le figure apicali di una azienda non possano superare di una percentuale prestabilita a livello nazionale il salario più basso dall’azienda
- Mettere in discussione del pagamento del debito, in particolare gli interessi sul debito
- Introdurre una tassa sugli extra-profitti a cominciare da quelli bancari
- Controllare la circolazione internazionale dei capitali
- Opporsi al modello di sviluppo economico fortemente basato sul turismo attualmente promosso in Italia in quanto è intrensecamente un modello non sostenibile in termini sociali ed ambientali.
- Lottare contro l’evasione e l’elusione fiscale
[1] Piano per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche
[2] GESCAL (Gestione case per i lavoratori)