Lo scorso lunedì 13 aprile, la coalizione di centro-sinistra, guidata dal Frente de Todos e che sostiene il Presidente Alberto Fernández, ha presentato un disegno di legge per l’introduzione di una tassa eccezionale sui grandi patrimoni nel Paese. L’imposta, pagata in un’unica soluzione, si applicherebbe a circa 200 persone fisiche e 200 imprese con il più grande fatturato, come ha spiegato alla radio locale Con Vos da Hugo Yasky, deputato e segretario generale del Central de Trabajadores de la Argentina.
Il governo spera così di raccogliere 2,5 miliardi di dollari (2,3 miliardi di euro) per finanziare la campagna sanitaria contro il Covid-19 e una parte dei programmi sociali diretti specialmente alle fasce più indigenti della popolazione. Queste risorse saranno destinate a misure come l’acquisto di attrezzature mediche e di cibo per i più vulnerabili, ha aggiunto in un comunicato il deputato Carlos Heller, presidente della Commissione bilancio.
Secondo le cifre ufficiali, l’Argentina ha registrato 2.208 casi positivi di Covid-19 e 95 decessi. Dallo scorso 20 marzo, sono in vigore misure di confinamento per limitare la propagazione del contagio, almeno fino al prossimo 26 aprile. Questo per evitare che l’emergenza sanitaria aggravi ulteriormente la crisi sociale già in corso da diversi anni nel Paese. Solo i servizi essenziali come negozi di alimentari, farmacie e banche, proseguono le loro attività durante il lockdown.
L’attuale Presidente Alberto Fernández ha avviato un programma di investimenti statali per 550 miliardi di pesos (8 miliardi di dollari). Circa 12 milioni di persone si sono registrate per il reddito familiare d’emergenza (Ingreso Familiar de Emergencia) di 10.000 pesos (150 dollari); quasi otto milioni di queste domande sono state accolte.
Le politiche neoliberiste attuate dal precedente governo Macri hanno distrutto gran parte dello Stato sociale e molte delle conquiste ottenute dai lavoratori e dalle fasce più vulnerabili della popolazione. Nel luglio 2018, quando Macri era ancora in carica, il Fondo Monetario Internazionale (FMI), allora guidato da Christine Lagarde, aveva concesso all’Argentina il più grande prestito mai accordato dall’organizzazione internazionale: 56 miliardi di dollari (52 miliardi di euro).
Dopo l’elezione di Alberto Fernández e il ritorno della sinistra progressista al governo, il 19 febbraio il FMI ha riconosciuto che il livello del debito dell’Argentina era “insostenibile” (il debito argentino ammonta a 311 miliardi di dollari, circa il 90% del PIL). Questa dichiarazione ha acceso i riflettori dei creditori e degli speculatori internazionali, pronti ad andare nuovamente all’attacco come nel 2001–2002.
Il governo di Alberto Fernández ha deciso di invertire chiaramente le politiche neoliberiste del suo predecessore Macri, dal quale ha ereditato una situazione disastrosa: profonda recessione economica, tasso di inflazione oltre il 50%, elevata disoccupazione e un tasso di cambio in fase di deprezzamento. In questo scenario, il governo argentino ha deciso di posticipare i suoi pagamenti per il rimborso del prestito del Fondo Monetario Internazionale, dando priorità all’attuazioni di programmi sociali e di sostegno dell’economia del Paese.
Da parte sua, il FMI continua ad operare politicamente in maniera avversa nei confronti di quei paesi che non decidono di sottostare ai suoi pacchetti di “riforme strutturali”, fino a negare addirittura la richiesta di prestito da 5 miliardi di dollari presentata qualche giorno fa dal governo di Nicolás Maduro, facendo appello al Rapid Financing Facility (RFF), creato appositamente per aiutare i paesi colpiti dal Covid-19.
*di Andrea Mencarelli, coordinatore nazionale di Potere al Popolo!