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ACCISE: LE FALSE PROMESSE DEL GOVERNO MELONI

In Italia la benzina ha sfondato quota due euro, tallonata qualche centesimo più in basso dal gasolio. Le cause dell’aumento del prezzo sono di origine internazionale: legate in parte alla guerra, in parte a una decisione di Opec+ volto a mantenere alto il prezzo, e in parte a una riduzione della capacità di produzione delle raffinerie alle temperature registrate quest’estate. Esiste inoltre una quota di speculazione di una parte dei distributori: il tabellone dei prezzi medi ideato dal Governo non ha funzionato e in molti fanno la cresta sugli aumenti.

Tuttavia, se le ragioni dell’aumento sono note, una grossa parte del prezzo è dovuta alle tasse sui carburanti, ossia l’Iva più le cosiddette #accise, che l’ultradestra al Governo aveva promesso di ridurre in campagna elettorale, salvo poi rimangiarsi la promessa.

Le accise sono una tassa indiretta, cioè sono uguali a prescindere dal reddito di chi paga. Che tu sia una lavoratrice precaria o un ricco manager, per ogni euro di benzina pagherai 38 centesimi di accise e 18 centesimi di Iva (totale, 53 centesimi). Per il gasolio, siamo più o meno sulle stesse cifre (35 centesimi di accise e 18 di Iva). Più della metà del totale del costo è determinato dalle tasse indirette.

Nel 2022 ad esempio, su 58 miliardi di gettito complessivo derivati dal mondo dei motori (compravendita, bollo, carburante), ben 31 miliardi derivavano dalle tasse sul carburante.

Sollecitato dalle associazioni dei consumatori, il Ministro D’Urso ha ammesso che in Italia abbiamo un costo industriale della benzina, al netto cioè delle tasse e del costo di distribuzione, tra i più bassi d’Europa. Ciò vuol dire che nel nostro paese le imposte indirette sui carburanti sono particolarmente alte. Il che vuol dire che lo Stato si finanzia senza passare attraverso la progressività, cioè senza fare differenze tra chi è povero e chi è ricco.

Con il caro carburante dovuto alla situazione internazionale, si avrà un extra-gettito di due miliardi solo se consideriamo i mesi estivi, e di poco meno di 4 miliardi se calcoliamo da inizio anno.

Il Governo Meloni dunque non rispetterà la promessa del taglio delle accise, principalmente perché ha bisogno di finanziare il suo progetto di “quasi flat tax”, ovvero la riforma dell’Irpef (che scarica il peso delle tasse soprattutto sui lavoratori dipendenti) e di scongiurare il salario minimo garantendo il taglio del cuneo fiscale in busta paga, ossia sostituendo lo stato pagatore agli imprenditori.

Pur di garantire una redistribuzione di risorse verso l’alto e impedire una mobilitazione dei lavoratori a favore del salario minimo, il Governo della borghesia reazionaria sta dunque rinunciando a uno dei suoi principali cavalli di battaglia.

Che fare?

Noi pensiamo che il prezzo dei carburanti sia troppo alto, soprattutto se consideriamo che i più colpiti sono i lavoratori e le lavoratrici che debbono percorrere molti chilometri per spostarsi da casa al luogo di lavoro. Per loro, il costo del carburante può arrivare a incidere per oltre il 10% del reddito complessivo.

Ma è proprio sicuro che noi dobbiamo pagare tasse così alte?

  • La prima cosa da fare è impedire che le grandi aziende di distribuzione di carburante possano fare la cresta sul rialzo dei prezzi. Solo una parte degli extraprofitti energetici sono stati recuperati. Tassiamoli al 90% e utilizziamo una parte dei proventi per riportare il costo alla pompa a un livello più basso.
  • Serve inoltre aumentare i salari. La prima e più urgente delle misure è l’introduzione di un #salariominimo di #almeno10 euro l’ora, agganciato all’inflazione, senza oneri aggiuntivi per lo Stato.
  • Interveniamo sui sussidi e sulle esenzioni. Sono decine i miliardi recuperabili eliminando sussidi ambientalmente dannosi: dalle trivellazioni, alla costruzione di gassificatori, all’agroindustria etc.
  • Dotiamo il paese di una vera politica di transizione ecologica e di sganciamento dai carburanti fossili. Nel medio periodo si può e deve garantire un trasporto pubblico economico ed efficiente, riducendo l’utilizzo del motore endotermico, attraverso un protagonismo del pubblico e la nazionalizzazione di settori strategici volti a produrre, autobus, treni, biciclette e tutto quello che serve.

I soldi in questo paese ci sono. Si possono recuperare da una vera tassa sui milionari, a una reale lotta all’evasione fiscale, a una maggiore progressività fiscale, alla riduzione delle spese militari. Basta volerlo!

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