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ANNA CI SPIEGA LE PROTESTE EBRAICHE NEGLI USA E L’AZIONE AL CAMPIDOGLIO

500 membri e alleati della comunità ebraica statunitense si sono riversati nell’edificio congressuale Cannon House questo mercoledì per chiedere al governo l’immediato cessate il fuoco nel conflitto Israelo-Palestinese. Almeno 300 sono stati gli arrestati, mentre all’esterno una folla di 10.000 si è unita in quella che Naomi Klein ha definito “la più grande protesta ebraica solidale ai palestinesi nella storia degli Stati Uniti”.

Le grida “Not in our name” hanno riempito i corridoi del palazzo governativo per ore, mentre i membri del congresso si preparano a votare un pacchetto di aiuti finanziari volto primariamente ad espandere il supporto statunitense ai bombardamenti Israeliani nella striscia di Gaza. Un supporto definito “cieco, distruttivo, ingiusto e contraddittorio ai nostri valori” in una lettera di dimissioni date ieri da Josh Paul, un veterano nel Ministero degli Affari Esteri statunitense.

Solo una minoranza di membri del congresso si è finora esposta presentando una risoluzione che chiede al presidente Biden di porre fine alla escalation di violenza che in pochi giorni ha ucciso e continua a uccidere migliaia di civili.

Le proteste di mercoledì sono un spaccato in una mobilitazione più ampia che sta portando migliaia di membri della comunità ebraica statunitense nelle strade delle maggiori città americane, nonostante le difficoltà date dai continui attacchi da parte di voci in supporto delle azioni di Israele, che tentano di continuo di etichettare queste manifestazioni come anti-semitiche e godono dell’ampio sostegno dell’apparato mediatico.

Jewish Voice for Peace (JVP), uno dei principali gruppi dietro al sit-in in Congresso e una delle organizzazioni ebraiche anti-sioniste più grandi nel mondo, da trent’anni avvisa contro il pericolo di facili equazioni “critica allo Stato di Israele = antisemitismo”. La sua missione è organizzare la più grande comunità ebraica al di fuori di Israele, quella statunitense, in solidarietà alla lotta palestinese per porre fine a decenni di politiche di espansione di Israele in territori palestinesi, che hanno creato milioni di rifugiati e un blocco su Gaza riconosciuto dalle maggiori organizzazioni umanitarie come crimine di apartheid.

Sulle proteste di questi ultimi giorni dice: “Rifiutiamo che il nostro lutto venga usato per giustificare l’uccisione di più Palestinesi. In quanto ebrei americani, chiediamo l’immediato cessate il fuoco. Diciamo no al genocidio nel nostro nome”.


Ulteriori mobilitazioni organizzate da ampie una coalizione più ampia di gruppi della sinistra statunitense sono programmate per oggi e questo weekend.

The Rising Majority is organizing a protest in DC on Friday (20/10). The Rising Majority is a broad-based coalition of Black, Indigenous, and multiracial groups in the US Left that emerged out of Black Lives Matter


English:

500 American Jews and allies poured into the Cannon House Office Building last Wednesday to demand their representatives call for an immediate cease-fire in Gaza. At least 300 protesters were arrested, while a crowd of 10,000 gathered outside Congress for what Naomi Klein described as the “largest Jewish protest in solidarity with Palestinians in U.S. history”.

The slogan “Not in our name” echoed through the hallways of the government building for hours, while members of Congress prepared to vote on an aid packet primarily aimed at expanding US support to Israeli bombardments of Gaza. A support that was yesterday called out as “shortsighted, destructive, unjust and contradictory to the very values we publicly espouse” by Josh Paul, State Department veteran, in a letter of resignation.

Only a minority of progressive members of Congress has exposed itself by announcing a resolution urging president Biden to end the escalation of violence that in a few days has killed thousands of people.

The protests on Wednesday are a piece of a larger mobilization that has brought tens of thousands of American Jews to the streets in most major US cities, despite the challenges posed by the continuous attacks of pro-Israel pundits and media attempting to label the unrest as antisemitic.

Jewish Voice for Peace (JVP), one of the main groups behind the sit-in in Congress and one of the main anti-Zionist Jewish organizations in the world, has been warning for decades about the dangers of equating any criticism of the Israeli State policies to antisemitism. Its mission is to organize the largest Jewish community outside Israel – that of the United States – to be in solidarity with the Palestinian struggle to end decades of Israeli settlement expansion into Palestinian land, which has led to the creation of millions of Palestinian refugees and a blockade policy in Gaza recognized by most humanitarian actors as apartheid.

Of the protests of the last few days, JVP says: “We refuse to let our grief be weaponized to justify the murder of more Palestinians. As American Jews, we demand a ceasefire now. No genocide in our name.”

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