Piemonte

[Torino] Fermiamo le grandi opere

Per il rilancio dei servizi pubblici e la messa in sicurezza dei territori!

Mercoledì 7 febbraio l’Università di Torino ospiterà un incontro dal titolo ”Il dibattito pubblico per opere condivise” a cui parteciperà il ministro dei trasporti e delle infrastrutture Graziano Del Rio, il presidente della regione Sergio Chiamparino oltre a Iolanda Romano, commissario governativo della tratta ad alta velocità tra Torino e Genova, il cosiddetto “terzo valico”.

Un titolo accattivante per ospitare i responsabili della militarizzazione di un territorio, come quello della Val Susa, che da 25 anni si oppone a un’opera dannosa ed estremamente costosa subendo una repressione durissima. Lo stesso ministro inoltre, un anno fa auspicava una limitazione del diritto di sciopero arrivando a precettare quello dei lavoratori dei trasporti che chiedevano più investimenti sulle linee locali e regionali. Salvo poi piangere e dichiarare un rapido intervento quando, sempre più spesso, avvengono incidenti mortali sulle linee che usano i pendolari ogni giorno.

Ci chiediamo quindi quale sia l’idea di ”condivisione” di grandi opere come la TAV in Val di Susa, che per essere realizzata richiederebbe 9,6 miliardi di euro, oppure Il Terzo Valico che costerà complessivamente 6,2 miliardi di euro a fronte di costanti tagli e privatizzazioni nel trasporto pubblico locale, usato dalla stragrande maggioranza dei pendolari. Grandi opere che assorbono il 90% delle risorse disponibili ma sono utilizzate da un esiguo numero di persone e che provocano danni irreparabili per i territori e la salute di chi li abita. Opere che vengono realizzate militarizzando i territori e promuovendo misure di repressione durissima verso chi manifesta il proprio dissenso. Pochi giorni fa il deragliamento di un treno regionale alle porte di Milano ha provocato la morte di tre donne e numerosi feriti. Il 16 luglio 2016, 23 persone sono state uccise vicino a Bari, perché due treni si sono scontrati senza che ci fosse un blocco automatico, un sistema di sicurezza elementare.

Ed è con queste premesse che vengono create le grandi ”opere condivise”: attraverso le politiche di smantellamento dei poli ferroviari, di chiusura di stazioni, di tagli alle corse e ai servizi di controllo e di manutenzione, di privatizzazione delle linee e di appalti criminosi per la costruzione di grandi opere costose, inutili e dannose. Tutto questo in un paese in cui, a causa delle politiche di austerità dell’Unione Europea e di tutti i governi degli ultimi anni, il welfare pubblico continua a subire drastici tagli, i territori spesso devastati da terremoti e alluvioni non vengono messi in sicurezza e l’ambiente è costantemente deturpato a beneficio del profitto di pochi. Dobbiamo poter decidere come utilizzare i finanziamenti pubblici in base alle esigenze dei cittadini, il che significa anche ribaltare le regole e i principi aberranti di questa società fondata sul profitto, orientare gli investimenti verso un grande piano per la messa in sicurezza idrogeologica e sismica del Paese.

E lo si può fare solo partendo dalla contestazione dal basso e dalla resistenza che da 25 anni il popolo dei No Tav ci insegna.

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