Sardegna

Solidarietà per le lavoratrici e i lavoratori ComData in sciopero

lavoratori comdata in sciopero

Potere al Popolo Sardegna esprime la propria solidarietà e intende supportare, seppur nei limiti strutturali e materiali della propria giovane esistenza, lo sciopero indetto dalle lavoratrici e dai lavoratori di Comdata per oggi, lunedi 21 gennaio. Lo sciopero guarda con particolare preoccupazione al destino di alcune centinaia di lavoratrici e lavoratori delle sedi di Pozzuoli, Padova, Olbia, Livorno e Ivrea. Ognuna di queste sedi ha le proprie peculiarità, ma tutte sono accomunate dall’incertezza per il proprio futuro.

Oggi le donne e gli uomini di 3 sedi Comdata in Sardegna (Cagliari, Sestu e Olbia, oltre mille addetti) incroceranno le braccia in uno sciopero di carattere nazionale per 2 ore alla fine del turno, per protestare contro logiche imprenditoriali che rarissimamente collettivizzano i profitti, ma con estrema facilità socializzano i costi. Infatti, se per le sedi di Padova e Pozzuoli i licenziamenti sono già dichiarati, per Olbia, Ivrea e Livorno si avviano gli ammortizzatori.

Le ragioni di questo sciopero ci spiegano in estrema sintesi come funzionano le cose: quando un centro di produzione inizia a costare troppo (nel tempo si maturano per esempio scatti di anzianità e livelli), inspiegabilmente arrivano in aiuto dell’imprenditore classiche quanto prevedibili giustificazioni rispetto a volumi che calano, commesse che si perdono, committenti che fanno i capricci e vogliono produrre altrove. Poco importa se la stessa azienda intanto assume altrove in virtù di nuove commesse, o di incremento di altre attività e incentivi pubblici…

Nell’immaginario collettivo quelli dei call center sono dei lavoretti portati avanti da giovanissimi che si pagano gli studi. Niente di più sbagliato. Queste lavoratrici e questi lavoratori hanno fatto di questo Lavoro lo strumento economico e sociale capace di garantire loro dignità e la possibilità di realizzare progetti, come accendere un mutuo e riempire una casa con una famiglia, nonostante il fatto che lavorano agli appalti di colossi nazionali e internazionali con contratti estremamente flessibili e salari inferiori rispetto ai loro colleghi direttamente assunti dai grandi marchi.

Assistiamo di fatto a vecchissime logiche di sfruttamento, soltanto attraverso metodi e argomentazioni nuove e all’apparenza più gentili. La sostanza però non muta: esiste chi sfrutta e chi è sfruttato. E se a noi questa cosa non va bene, ci spiegano i guru dell’economia di mercato, è perché non riusciamo a capire questa moderna concezione della vita che prevede una corsa alla tariffa sempre più bassa e a servizi sempre disponibili. Noi però sappiamo che queste “meravigliose opportunità” hanno un costo inaccettabile in termini sociali. Questo è evidentemente il corto circuito che occorre riparare attraverso una nuova cultura del lavoro.

In campagna elettorale il tema del Lavoro è molto inflazionato. I progetti e le promesse sembrano cancellare velocemente i fallimenti dei passati governi regionali (ma anche nazionali), compreso quello al termine del proprio mandato.

Come Potere al Popolo siamo contrarie e contrari alle politiche del lavoro che nel passato hanno favorito la precarietà, ma non possiamo non rilevare che le soluzioni proposte attualmente (come quelle del cosiddetto “decreto dignità”) stanno accelerando le dinamiche di riciclo dei contratti precari, come dimostra la vicenda del call center Abramo di Crotone, e che a questo proposito serve urgentemente una correzione alla normativa per evitare che questo continui ad accadere. Se poi anche le norme che dovrebbero sostenere il reddito e mettere le persone in condizioni di rialzarsi sono orientate dall’obbligo di accettare il Lavoro non come fattore che possa favorire l’emancipazione della persona, ma come ulteriore elemento di costrizione e annullamento delle specificità del singolo individuo, ci troviamo di fronte a logiche di totale continuità con il passato, alle quali si tenta di dare un nuovo nome.

Un altro mondo è sicuramente possibile. Un altro mondo è necessario. Oggi ce lo dicono le Lavoratrici e i Lavoratori di Comdata.

Lascia un commento