Dopo tre anni incontriamo nuovamente Fatima Mahfud, rappresentante del Fronte Polisario in Italia e Mohamed Dihani, attivista saharawi per i diritti umani, ex prigioniero politico. Facciamo insieme il punto della lotta del popolo saharawi per l’autodeterminazione, nella mutata situazione internazionale.
Dopo la fine dell’armistizio, nel novembre 2020, quale è la situazione sul terreno e cosa prevedi nell’immediato futuro?
FM: L’uso della tecnologia a fini militari é aumentato. In particolare i droni, fabbricati da Israele, attaccano tutto cio’ che si muove, impedendo ai nomadi e in generale alla popolazione di muoversi liberamente sul proprio territorio. Le persone devono cambiare strada e allungare il percorso per incontrarsi, commerciare, lavorare. Le vittime di questa nuova modalità di fare guerra sono più diversificate: non solo sahrawi, ma anche algerini e mauritani; non solo i militari, ma anche la popolazione civile. 6000 persone sono state costrette a rientrare nei campi dei rifugiati perché impossibilitati a vivere. Non sono ancora riconosciuti come rifugiati e quindi non beneficiano di aiuti umanitari che non sono comunque sufficienti a coprire l’aumento del costo della vita. Le guerre in Ucraina e Palestina hanno avuto effetti indiretti anche nel sahara occidentale.
A luglio del 2021 viene scoperto il sistema di sorveglianza Pegasus utilizzato dal Marocco per spiare giornalisti, attivisti e leader politici. A dicembre 2022 esplode il “Marocgate” tramite il quale sono venuti alla luce numerosi episodi di corruzione di diplomatici marocchini nei confronti di eurodeputati affinché favorissero il Marocco nella disputa riguardante la sovranità sul Sahara occidentale. Ricordiamo in particolare i casi di Antonio Panzeri e Andrea Cozzolino attraverso i quali si voleva influenzare il gruppo socialista al parlamento europeo. Ti sembra che dopo questi episodi e le risoluzioni del Parlamento europeo, la situazione sia cambiata e gli europarlamentari abbiano maggiore consapevolezza dei metodi del governo marocchino e ne abbiano tratto le debite conseguenze?
FM: Ci sono appena state le lezioni ed il nuovo parlamento é da mettere alla prova. In particolare bisogna attendere la sentenza della Corte di giustizia europea sul diritto del Marocco a sfruttare le risorse naturali in territorio Saharawi. Qui si misurerà la credibilità del nuovo Parlamento europeo. Se la sentenza confermerà i diritti del popolo Saharahi ad utilizzare le risorse naturali, il Marocco dovrà trovare una soluzione politica per accedere alle risorse in territorio Sarahui. Vedremo a quel punto cosa farà il Parlamento europeo. E’ chiaro che i tentativi del Marocco di far accettare il suo piano sull’autonomia saharhui sotto la sovranità marocchina sono uno dei mezzi preventivi per aggirare gli effetti di una sentenza a lui sfavorevole.
Esiste un gruppo europarlamentare maggiormente attento ai diritti del popolo sarahui e al rispetto delle risoluzioni Onu e della legalità internazionale?
FM: In generale all’interno del Parlamento europeo noi facciamo un lavoro trasversale. Verrà formato anche quest anno un gruppo interparlamentare di solidarietà con il popolo sarahui. Dobbiamo sottolineare, pero’, che nel passato c’era maggiore attenzione sulla questione dei diritti e della loro tutela da parte della politica e dei mezzi di comunicazione. Cio’ non riguarda solo il popolo saharahui, basti pensare alla situazione palestinese. In generale mi sembra che vi sia meno impegno su questioni di principio, di etica, che vi sia meno voglia di battersi. La politica occidentale é guidata da due fondamentali motivazioni: la disperata ricerca di materie prime ed iI sostegno alla propria visione geopolitica a tutela dei suoi immediati interessi. I media con le campagne di informazione e le inchieste una volta avevano la voglia e la forza di farsi ascoltare dalla politica. Ora molto meno. In questo ambito mi sembra di vedere una una resa quasi generalizzata. Nel nostro caso, quindi, il Marocco, pur essendo una monarchia autoritaria,ha gioco facile nel presentarsi come un paese turistico e una democrazia avanzata.
Nel 2023, per la prima volta in 25 anni, il Parlamento europeo ha espresso un voto di condanna nei confronti del Marocco riguardo il rispetto delle libertà e dei diritti umani. Nella plenaria a Strasburgo, i deputati hanno approvato un testo che chiedeva a Rabat di rispettare la libertà dei media nel Paese e di rilasciare tutti i prigionieri politici e i giornalisti incarcerati. A proposito di diritti negati quale é la tua storia Mohamed e quale la situazione in Marocco e nei territori occupati?
MD: Sono in Italia dal 2022 e da pochi giorni é stata accolta la mia richiesta di asilo da parte del Tribunale civile di Roma. Per la mia attività di giornalista e attivista dei diritti umani sono stato infatti arrestato più volte in Marocco.Tra il 2010 e il 2015, sono stato in diverse carceri, tra cui anche quella segreta di Tmar, dove sono stato sottoposto a tortura ed isolamento totale. Attualmente in Marocco abbiamo una sessantina di prigionieri politici, decine di organizzazioni della società civile che non vengono riconosciute o vengono represse regolarmente, impedendone il lavoro. Emblematica, a titolo di esempio, l’azione contro “ASVDH”, l’Associazione delle vittime di gravi violazione dei diritti umani commesse dal Marocco,” la cui sede, da due anni, é circondata dalla polizia marocchina, rendendone impossibile l’accesso. Se fino a qualche anno fa era possibile organizzare manifestazioni e iniziative pubbliche, anche se poi venivano represse, adesso queste vengono fermate preventivamente, impedendo l’uscita dei militanti piu’ in vista dal loro domicilio. Il caso piu’ eclatante é probabilmente quello di Sultana Khaya, bloccata a casa dalla polizia per un anno e mezzo. La violazione dei diritti umani si salda con l’esproprio delle risorse naturali quando vediamo numerose famiglie sulle coste o all’interno dei territori sahrawi,che vengono cacciate dalle proprie abitazioni, distrutte le loro case e dati i terreni ad investitori della penisola araba. O quando vengono approvate leggi che costringono le famiglie sahrawi a pagare tasse su case che possiedono da decine d’anni, per evitarne la requisizione. Tutto questo mentre il Marocco impedisce l’ingresso nei territori occupati ai rappresentanti delle Nazioni Unite e di organizzazioni come Amnesty International che chiedono di poter constatare direttamente la violazione dei diritti umani.
A livello delle relazioni internazionali, la spregiudicatezza del Marocco nell’ usare tutti i mezzi possibili per raggiungere i propri obiettivi ( dal ricatto migratorio all’ appoggio ad Israele, dalla corruzione agli accordi economici,) sembra dare i suoi frutti. Il sostegno di Trump, il ribaltamento della posizione spagnola, la successiva presa di posizione della Francia nell’appoggiare il Piano di autonomia dell Marocco paiono certificare il successo di questa strategia. Come giudichi questa evoluzione e cosa fare per contrastarla?
FM: Innanzitutto bisogna capire che sono situazioni diverse fra di loro. Per quello che riguarda gli Stati Uniti, é importante dire che il Congresso non ha mai formalizzato nulla e, nonostante la presa di posizione di Trump pochi giorni prima della fine del suo mandato, si continua a dire che qualsiasi soluzione deve essere accettata da entrambe le parti nel rispetto delle risoluzioni dele Nazioni Unite. Le conseguenze degli accordi di Abramo tra Marocco e Israele, promossi dagli Usa, hanno riguardato maggiormente il popolo palestinese, definitivamente abbandonato, piuttosto che il popolo saharawi e nello stesso tempo hanno isolato il Marocco all’interno della comunità arabo-musulmana. La relazione militare bilaterale tra Israele e Marocco iniziata negli anni cinquanta, é proseguita nel tempo e si é rafforzata negli ultimi anni (consiglieri militari, progettazione basi, acquisto armi) a prescindere dagli accordi di Abramo. Per quello che concerne la Spagna, chi risulta perdente é lo stesso governo spagnolo che ogni giorno trova in seno al parlamento nuovi oppositori a questa scelta di abbandonare la legalità internazionale, senza aver ottenuto né una diminuzione del numero dei migranti, né un aumento dei benefici economici. La Francia, invece, come ha recentemente ammesso lo stesso ambasciatore transalpino in Marocco, ha una storia differente che va dall ‘uso, nel1975, dei Mirage francesi a Ain Bentili, contro i saharawi in fuga dall’occupazione sino alla difesa degli interessi marocchini tramite il diritto di veto alle Nazioni Unite per impedire l’allargamento del mandato della Minurso a tutela dei diritti umani nel Sahara occidentale. L’appoggio di Macron al piano di autonomia marocchino non fa altro che confermare la posizione della Francia, nonostante lo stesso presidente francese sia stato spiato dal regime marocchino attraverso il sistema di spionaggio, di fabbricazione israeliana, Pegasus. Anche se poi sia la Francia che gli Stati Uniti votano il proseguimento della missione Onu (Minurso), mostrando evidenti contraddizioni nella loro politica.
Giorgia Meloni, in gioventù, aveva espresso posizioni di simpatia verso la causa sharahui. Quale é la posizione attuale e quali le relazioni con il governo italiano?
FM: Meloni é l’unica leader europea che in passato ha anche visitato i campi Saharawi, il governo italiano attualmente non riconosce la Repubblica Saharawi, ma almeno sostiene le posizioni delle Nazioni Unite e quest anno ha contribuito al Programma Alimentare Mondiale con due milioni di euro.
Il vuoto lasciato dalla Francia nel sahel, apre spazi d’influenza ai due eterni rivali Marocco e Algeria. Le difficoltà algerine ad occupare questo spazio (conflitto diplomatico con il Mali) hanno o avranno conseguenze sulla lotta del popolo sarahui? Mentre il Marocco parla di offrire, tramite accordi commerciali, uno sbocco al mare ai paesi dell’Africa subsahahriana come Niger, Burkina e Mali, l’Algeria in risposta, propone un alleanza economica con la Mauritania. Come pensi evolverà questa ricerca di egemonia nella stessa sfera d’influenza?
FM: La geografia ha la sua importanza. Onestamente non vedo come il Marocco possa offrire sbocchi sul mare a questi paesi quando vi sono i territori di Mauritania ed Algeria a frapporsi. Piuttosto se desidera realizzare quello che dichiara di voler diventare e cioé un paese forte con un’economia sviluppata, dovrebbe promuovere accordi e relazioni rispettose con i paesi vicini. Deve archiviare una politica che i popoli e la storia gli impediscono di realizzare. Deve smettere di basarsi sull’intervento occidentale, come anche le nuove generazioni gli chiedono, sperando finalmente in un cambiamento.
Mentre la politica internazionale presenta difficoltà e contraddizioni, continuano ogni anno, in particolare in Italia, iniziative di solidarietà e di quella diplomazia dal basso che rappresentano alternativa e speranza per il futuro dei popoli…
MF: Si é importante ricordarlo, fa parte della lotta e del lavoro costante di migliaia di persone. Attualmente in Italia vi sono 336 comuni gemellati con realtà saharawi e quest’anno 126 bambini sono stati ospitati per tre mesi in Italia dove hanno potuto fare un chek-up sanitario completo ed, insieme alle nostre delegazioni, incontrare 187 sindaci a testimonianza di quanto siano forti i legami con l’Italia e la tradizione di accoglienza e solidarietà