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Più scura la notte, più luminose le stelle! Comunicato del Coordinamento Nazionale

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Comunicato del Coordinamento Nazionale di Potere al Popolo!

“Niente al mondo è irreversibile, nemmeno il capitalismo”
(Fidel Castro)

Il 28 e 29 Gennaio scorsi si è riunito in presenza il coordinamento nazionale di Potere al Popolo!

Compagne e compagni da tutta Italia hanno preso treni, autobus, auto, per ritrovarsi e abbracciarsi a Roma, dopo la faticosa campagna elettorale estiva che ci ha visto attraversare i territori di tutta Italia, dalle metropoli alle province più remote.

C’era voglia di rivedersi, guardarsi negli occhi, raccontare che cosa accade nelle proprie città e ascoltare, ascoltarsi. Due giorni di discussione intensi e la gioia di una comunità che si ritrova, motivata ad andare avanti, ancora di più, nonostante, o forse proprio per, l’orizzonte del paese, che appare sempre più oscuro.

Abbiamo dedicato il primo giorno all’analisi della situazione nazionale e internazionale, il secondo alle nostre prospettive di lavoro. Di seguito riportiamo alcuni spunti di riflessione emersi e le indicazioni di lavoro collettive.

“Che tu possa vivere in tempi interessanti!” sarebbe, a detta di Zizek, un’antica maledizione cinese. I tempi interessanti sono tempi di profondo e rapido cambiamento, dove crollano all’improvviso le certezze che fino al giorno prima ci hanno accompagnato e ci si trova senza punti di riferimento e prospettive affidabili.

Vale la pena ricordarsi, di fronte a questo smarrimento generale, che al mondo non c’è nulla di immutabile, niente di predestinato, e soprattutto che le situazioni di crisi, seppur complesse e dure da affrontare, sono un bacino di opportunità per trasformazioni e cambiamenti insperati.

In questo senso, il nostro tempo è certamente interessante. L’ultima grande crisi del capitalismo, iniziata un decennio fa e riesplosa con la diffusione della pandemia, ha posto nuovamente sul piatto i nodi economici e sociali irrisolti e più scottanti.

La prima, grande questione, è quella ecologica. Il modello attuale di produzione, distribuzione e consumo globale è andato ben oltre le soglie di sostenibilità, sfruttando fino allo stremo esseri umani, animali, piante. Il capitalismo attenta ferocemente alla vita, in ogni sua forma, ed il pianeta ci restituisce quotidianamente segnali inequivocabili del fatto che la strada che abbiamo intrapreso ci porta sulla strada della catastrofe.
Le classi dominanti del pianeta utilizzano la questione ambientale come ennesimo terreno per la valorizzazione del capitale, di cui la competizione dei giganti della green economy e il greenwashing delle multinazionali sono solo i segnali più lampanti.

A livello internazionale, il sistema economico ha da tempo attivato le poche contromisure che ha a disposizione per arginare l’impasse in cui versa: l’aumento dello sfruttamento del lavoro tout court, non più confinato nei soli paesi del Sud del mondo, con una progressiva omologazione dei salari al ribasso; una feroce competizione tecnologica per la cosiddetta “Rivoluzione verde”, che altro non è che un immane processo di distruzione e ricostruzione di capitale fisso per tentare di far ripartire l’accumulazione; per finire, il ricorso continuo alla guerra come ulteriore mezzo di valorizzazione dei capitali.

USA e Cina – finora mai competitor dirette su un piano militare ma in perenne contesa su quello commerciale, valutario, delle sfere d’influenza diplomatica – sono, senza dubbio, gli attori principali di una competizione globale che sta ridefinendo l’assetto attuale, e dal cui esito possono determinarsi scenari più che mai inediti per l’intero pianeta.

La sensazione è quella di trovarsi dentro a un bivio della Storia, immersi dentro la gestazione di un futuro che non ha ancora palesato chiaramente la direzione in cui si svilupperà. E su quest’ultima dobbiamo – e possiamo – intervenire.

Il conflitto in Ucraina ha messo alla prova le classi dominanti continentali le quali ora si trovano di fronte ad un bivio: subordinarsi completamente agli USA oppure tentare di svolgere un proprio ruolo “unitario” ma in un contesto completamente cambiato e comunque dentro un’alleanza euroatlantica che ne determinerà le prospettive soprattutto in competizione con Cina e Russia.

D’altra parte, la UE non è meno militarista degli USA come sta dimostrando l’invio di armi in Ucraina e la decisa condivisione delle scelte NATO su sanzioni e dazi non solo verso la Russia in una sua inedita proiezione politico-militare verso il Pacifico.

La possibilità è quella di una fragilizzazione generale delle economie continentali accompagnata ad una complessiva subordinazione politica al progetto atlantista, i cui costi le classi dominanti proveranno, e già stanno provando, a scaricare sulla classe lavoratrice europea. Su questi aspetti Potere al Popolo ritiene necessario un lavoro di analisi, di approfondimento e di confronto sugli scenari futuri.

Questa tensione si è tradotta, in Italia, nell’exploit elettorale dell’espressione più retriva della frazione più arretrata di borghesia nazionale, quella che sopravvive soprattutto grazie a sfruttamento palese, evasione e collusione con le grandi organizzazioni criminali. Svestiti i panni della paladina dei diritti del popolo italiano contro i diktat dei burocrati di Bruxelles, Giorgia Meloni si è piegata ai “poteri forti” contro cui sbraitava ancor prima che le urne ne certificassero la vittoria, passando tutta la campagna elettorale a rassicurare le istituzioni europee e il tandem Usa/Nato che non avrebbe messo in discussione perfettamente nulla.
E infatti, di fronte all’instabilità economica e finanziaria internazionale a cui la struttura produttiva italiana è particolarmente esposta a causa della propria peculiarità, di fronte a fenomeni strutturali come l’inflazione alle stelle e l’impoverimento sempre più diffuso, il governo Meloni è sostanzialmente immobile.   

Fanno eccezione i pochi provvedimenti spot necessari a eccitare la sua base elettorale, con qualche decretino di stampo dichiaratamente reazionario come quello cosiddetto antiravers e promesse e boutade varie come il carcere contro i nudisti, battute del tipo “purtroppo l’aborto è legale” e allucinazioni sul valore pedagogico dell’umiliazione. Tutto questo senza dimenticare di:

  • bastonare i poveri togliendo loro il reddito di cittadinanza – ma a 8 mesi, per non rovinarsi la festa di insediamento;
  • rassicurare gli evasori, provando a limitare i pagamenti elettronici;
  • rassicurare la criminalità organizzata, nominando al Ministero della Giustizia uno che sostiene quasi che la mafia non esista più.

La bava alla bocca dei sostenitori di questo governo è considerevolmente aumentata quando, grazie alla lotta di Alfredo Cospito, in sciopero della fame da oltre 100 giorni per protestare contro quella forma di tortura che è il 41bis, hanno potuto sfogare la loro storica frustrazione vestendosi di severità contro chi è già in galera, cianciando di Stato che non cede ai ricatti e prendendosela insomma, come da sempre hanno fatto e fanno i fascisti, con chi è in una condizione di debolezza.

In questo contesto, che senso ha la nostra esistenza organizzata? Perché “Potere al Popolo!”?

La situazione di stallo e degradazione – culturale e politica – in cui versa l’Italia ci spinge a rinnovare l’attivismo in Potere al Popolo!. Le classi dirigenti italiane e i loro raggruppamenti politici hanno totalmente, o quasi, abbandonato o mai coltivato l’idea di progetti che possano suscitare entusiasmo e credibilità nei confronti dei lavoratori, dei giovani, dei pensionati, delle classi popolari.

Costruire una rappresentanza autonoma e un progetto politico di riscatto complessivo dei subalterni e della maggioranza della popolazione, aprire dentro al paese uno spazio per la contestazione e la critica dei modelli e del sistema dominante e certificarne il fallimento, è un compito più che mai urgente.

Per questo, sin da subito, nei prossimi mesi, saremo impegnati su queste direttrici:

  1. La campagna di tesseramento e il percorso organizzativo interno. Dal 1° febbraio infatti abbiamo aperto al rinnovo delle adesioni a Potere al Popolo! per il 2023. La campagna di tesseramento è per noi vitale. Ci consente di sostenere economicamente la costruzione di un movimento indipendente sulla scena politica italiana, di veicolare i nostri contenuti, di riattivare i tanti attivisti e i nodi locali, le assemblee territoriali, l’iniziativa delle Case del Popolo. La campagna di adesione è particolarmente rilevante in vista del passaggio organizzativo interno che ci porterà, alla fine di maggio, all’Assemblea Nazionale in presenza, e, entro il mese di Luglio, alla votazione per il rinnovo di tutti gli organi interni a PaP (portavoce, coordinamento nazionale, commissione di garanzia etc.). Invitiamo tutti a partecipare alla campagna e a diffonderne i materiali!
  1. La mobilitazione sui temi sociali e sulle nostre campagne.

La solidarietà con Alfredo Cospito. Nelle ultime settimane siamo scesi in piazza in risposta al durissimo sciopero della fame che sta conducendo Alfredo Cospito, contro le condizioni disumane in cui versa il sistema carcerario italiano, per l’abolizione del 41bis e dell’ergastolo ostativo. Nonostante il clima politico e la narrazione tossica e distorta che il sistema mediatico sta conducendo (a partire dalla vergognosa equiparazione anarchici=mafiosi), il sacrificio di Alfredo Cospito ha riattivato un dibattito più che necessario, ricostruendo piccoli fronti di resistenza in cui siamo e saremo impegnati fino alla vittoria di questa battaglia di civiltà.

La giornata nazionale contro la guerra. Il 24 febbraio prossimo la guerra in Ucraina compirà un anno. Mentre la tensione internazionale non accenna a diminuire con il suo conseguente carico di morti e devastazione, il governo italiano conferma il suo impegno guerrafondaio e non ha nessuna intenzione di giocare un ruolo di primo piano nel promuovere una risoluzione diplomatica del confitto in atto. Per questo motivo il 25 febbraio facciamo appello a tutte le reti, i singoli, le assemblee, che in questi mesi hanno lavorato per fermare la guerra, perché si facciano sentire. Organizziamo, in tutta Italia, una giornata di azioni, flash mob, presidi, manifestazioni di piazza, a partire dal corteo convocato a Genova dall’appello dei lavoratori del porto e dal CALP a cui saremo presenti senza dubbio. Portiamo per le strade la nostra contrarietà alla guerra, l’opposizione all’invio di armi da parte dell’Italia, la necessità di costruire un futuro che parli di cooperazione e disarmo globali, che smantelli le basi militari e le testate nucleari NATO presenti in Italia, che faccia del nostro paese un punto di riferimento per la pace internazionale.

La campagna per il salario minimo. Il diritto a un lavoro e una paga dignitosi è irrinunciabile. In Italia i salari sono al palo dagli anni ’90 mentre il costo della vita è aumentato esponenzialmente a causa dell’inflazione. Milioni di lavoratori faticano ad arrivare a fine mese, perché, pur lavorando con ritmi faticosi e incessanti, la paga oraria proposta dai datori di lavoro è sconcertante. Vogliamo che a questo ci sia un limite, vogliamo un salario minimo orario imposto per legge. Per questo dedicheremo giornate di azione specifiche alla battaglia della campagna #Almeno10! nel mese di marzo e invitiamo tutti a unirsi a noi!

  1. La costruzione di Unione Popolare, data la necessità di rafforzare uno spazio della rappresentanza di alternativa alle forze attualmente presenti nella vita politica nazionale. A questo punto, che ha occupato una parte rilevante del nostro dibattito interno, dedicheremo un comunicato apposito.

Sappiamo che lo scenario in cui ci muoviamo può dare adito a scoramento e rassegnazione. Sappiamo che un tale stato d’animo – di passività e paralisi – d’altronde ci viene spesso instillato, promosso, e veicolato dall’alto, e fa il paio con la sensazione di essere impotenti di fronte alla grandezza dei rivolgimenti che accadono sotto ai nostri occhi.

E però sollevando un pochino lo sguardo è possibile percepire che le lotte delle classi popolari sono tutt’altro che spente: senza elencarle tutte, basta guardare agli scioperi in Francia – su cui proveremo a tenervi aggiornati perché hanno tanto da raccontare e insegnare – o ai movimenti popolari e progressisti latinoamericani, per concludere che, addirittura qui in Europa e a maggior ragione nel resto del mondo la partita non è chiusa.

Abbiamo un mondo da conquistare!

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