
Dopo l’aggressione a un sedicenne avvenuta sabato sera in città da parte di un gruppo di adolescenti si è scatenato, come era ovvio aspettarsi, il coro dei partiti che da sempre governano la città.
Da un lato la destra invoca l’aumento della repressione e un maggiore controllo del centro storico e l’imbarazzo dell’amministrazione che ha fatto della sicurezza uno dei suoi cavalli di battaglia è palpabile. Dall’altro il consigliere PD Alfarano dipinge la città come un coacervo di violenza e banditismo ma, qual buon cuore, si mette a disposizione dei cittadini di buona volontà per progetti che ricostituiscano il tessuto sociale.
Peccato che, per prima cosa e soprattutto, continui a parlare di inasprimento della repressione, seguendo esattamente la stessa logica dell’ex assessore e candidato sindaco Raspini, protagonista nel 2018 dell’aggiornamento del regolamento di polizia urbana col ricorso al Daspo urbano (rivendicato proprio in risposta al decreto anti-bivacco della giunta Pardini che tanto fece discutere nel 2022). L’opposizione parla inoltre di difesa ed apertura di spazi sociali: quando una parte della città battagliava per la Manifattura, per le Madonne Bianche, contro l’apertura del Foro Boario a CasaPound l’amministrazione Tambellini però non volle ascoltare.
Mettersi a disposizione non costa niente. Quanto costa invece un piano articolato per rispondere ai bisogni sociali e metterlo in atto quando si è al governo? Forse il rischio di non parlare alla pancia degli elettori?
Perché se vogliamo parlare di sicurezza è necessario capovolgere il paradigma: non ci sarà sicurezza senza garanzia dei diritti sociali. Sorvegliare e punire non funzionerà. E nemmeno trascurare e rimandare gli interventi sociali e culturali necessari.