Da una parte, infatti, nessuna traccia sembra aver lasciato sull’imminente ripresa dell’attività didattica l’esercizio di tiro al bersaglio che alcuni esimi e zelanti “connazionali” hanno praticato nel corso dell’estate, prendendo di mira (e facendo centro) i responsabili dell’”invasione” cui l’Italia – secondo la propaganda di regime – sarebbe sottoposta; e non risparmiando neanche i bambini, come nel caso di Cirasela, la bimba rom di 15 mesi colpita alla schiena con un’arma a piombini.
Se, come recita l’art. 34 della Costituzione – “la scuola è aperta a tutti”, a scuola nessuno è straniero; l’auspicio di Potere al Popolo è – ora più che mai – di non perdere mai di vista la centralità di questo principio nella pratica quotidiana: la scuola, uno degli ultimi presidi realmente democratici tra le istituzioni dello Stato, non può venir meno alle proprie responsabilità.
Continuità: il neo-ministro Bussetti, ex responsabile dell’ambito X (Milano) dell’Ufficio Scolastico Regionale della Lombardia, leghista, grande sostenitore del “modello lombardo” propugnato da Valentina Aprea (centrato sul binomio alternanza-autonomia scolastica), dopo aver propagandato come “epocale” la disapplicazione della “chiamata diretta” (in realtà mai applicata, considerata la resistenza dei dirigenti scolastici ad attuarla) e spiegato che l’alternanza scuola lavoro è utile e non si tocca, dopo aver ribadito i finanziamenti sempre crescenti alle scuole paritarie, con capziosa interpretazione del principio della libertà di scelta e della laicità della scuola, ha recentemente posto l’attenzione su due temi: la necessità di legare il salario al “merito”; l’imminente realizzazione dell’ultimo decreto legislativo previsto dalla legge 107/15 (“Buona scuola”): revisione del testo unico e riforma degli organi collegiali, conclusione dell’attuazione della norma che ha decostituzionalizzato la scuola pubblica.
Parole antiche, che si pongono – senza soluzione di continuità con il governo precedente – nella scia della meritocrazia, per giunta discrezionale, e dell’attacco alla democrazia scolastica. E pensare che i partner di governo – M5S – avevano basato la propria campagna elettorale anche sulla cancellazione della Buona Scuola, proposito prontamente emendato nel “contratto”.
Al contrario, il governo di propone di concludere quanto prima l’operazione inaugurata da Renzi e Giannini. E poco rassicura l’emendamento al MilleProroghe, che posticipa di due anni test Invalsi e sostituzione della III prova con l’esperienza di alternanza scuola-lavoro all’esame di Stato: si tratta di evidenti tentativi di non sconfessare completamente i proclami pre-elettorali.
Rimozione e continuità – dunque – camminano di pari passo: la scuola, coerentemente con un progetto violentemente ideologico concepito dai poteri forti europei, cui dall’autonomia alla 107/15 l’Italia ha risposto prontamente, deve cessare quanto prima di essere presidio di democrazia.Ne va della riuscita del progetto stesso.
Buon anno scolastico di resistenza e lotte.