post voto

Giosuè Bove: camminare domandando

La situazione della quarta repubblica (dopo il 4 marzo) ci consegna un centro “né di destra, né di sinistra”, paragonabile (mutatis mutandis) alla DC della prima repubblica, con due contendenti, uno vincente (i 5 stelle) e uno perdente (il PD) e una destra con un ben determinato profilo ideologico e programmatico securitario e liberista. La sinistra, quella dell’uguaglianza nella libertà e del potere popolare, semplicemente, non c’è. Pur non volontariamente siamo “quasi” alla tabula rasa.

Credo che tocchi a noi tutti in primo luogo terminare il lavoro di sgombero delle macerie, chiedendo alle minute ma preziose organizzazioni residue di scongelare i propri iceberg, “senza perdere la tenerezza” e quel po’ di organizzazione, per avviare, insieme, senza steccati, subito un PERCORSO COSTITUENTE con delle “discriminanti” essenziali di tipo valoriale (antifascismo, antirazzismo, antiliberismo), confrontando anche con referendum e votazioni “interne” (in assemblea ma anche su una piattaforma, come Podemos, tra gli “aderenti”) gli obiettivi programmatici.

Perché se “Il giorno dopo, il sapore acre di un incendio” ha lasciato “solo macerie fumanti e paesaggi desolati” è vero pure che alcuni obiettivi (dal reddito garantito alla riduzione dell’orario di lavoro, dalle pensioni alla riduzione delle spese militari) non sono più patrimonio di piccoli drappelli di rivoluzionari, ma vivono nell’immaginario della maggioranza della popolazione, come possibili obiettivi di governo; ed è altrettanto vero che probabilmente saranno “traditi” dal centro vincente che li ha promessi e sbandierati.

Sulla base di una definizione chiara delle posizioni sui temi dirimenti dovrà essere eletta, su base nazionale, una leadership autorevole che segnali una discontinuità evidente e obiettiva con le elité delle vecchie sinistre e non sia sottoposta al parlottio continuo (anche a costo di sembrare decisionista), con una delega ampia sui temi politici, mentre l’organizzazione acquisterà senso e direzione solo se riuscirà a mettere in rete liberamente le diverse esperienze dell’autorganizzazione, mescolando politica, rappresentanza e solidarietà attiva, costruendo presidi di civiltà e di accoglienza, centri sociali, mense, palestre, doposcuola popolari, patronati e sindacati.

In questo percorso non potremo evitare di affrontare e tagliare sia il nodo del tema Europa che quello della questione meridionale, mettendo a confronto le opzioni sovraniste e nazionaliste con quelle europeiste e federaliste e arrivando in tempi brevi ad una posizione chiara, anch’essa frutto di un confronto politico e referendario interno.

Per noi, che sottoscriviamo questo documento, la “sinistra” che verrà, sia quella liberal, genericamente progressista e antiliberista che quella radical e anticapitalista (che per un po’ di tempo dovranno necessariamente marciare unite, pena la loro inconsistenza politica e, dunque, la non riferibilità sociale) dovrebbe avere un orizzonte almeno europeo e un profilo nettamente federalista e municipalista: per la costituzione di macroregioni con rappresentanza in Europa, caratteristiche impositive e di spesa autonome, a loro volta strutturate come federazioni di città attorno alle grandi aree metropolitane. E dovrebbe mettere nel proprio programma non solo reddito e riduzione d’orario, meno spese militari e più welfare, ma anche una “legge per la riparazione dei torti” subiti dal Sud da parte dei governi italiani, per restituire al mezzogiorno dignità e risorse e per un grande piano di piccole opere pubbliche per la cura del territorio naturale e urbano e la valorizzazione delle risorse umane sprecate dal mercato attraverso il coinvolgimento lavorativo dei disoccupati e la mobilitazione volontaria della cittadinanza attiva.

#cammnaredomandando

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