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LA DEMOCRAZIA NON VERRÀ TRAMITE IL COMPROMESSO E LA PAURA

Metà della popolazione mondiale avrà l’opportunità di votare entro la fine di quest’anno, quando 64 Paesi e l’Unione Europea apriranno le urne. Nessun anno precedente è stato così ricco di elezioni. Tra questi Paesi c’è l’India, dove alla fine hanno votato 642 milioni di persone (circa i due terzi degli aventi diritto), di cui la metà donne. Si tratta della più alta partecipazione di donne al voto in un’unica elezione al mondo.

Nel frattempo, nei 27 Stati membri dell’Unione Europea si sono tenute le elezioni per il Parlamento europeo, il che significa che 373 milioni di elettori aventi diritto hanno avuto la possibilità di esprimere il proprio voto per i 720 membri che compongono l’organo legislativo. Se si aggiungono gli aventi diritto al voto per le elezioni negli Stati Uniti (161 milioni), in Indonesia (204 milioni), in Pakistan (129 milioni), in Bangladesh (120 milioni), in Messico (98 milioni) e in Sudafrica (42 milioni), si capisce perché il 2024 è l’anno delle elezioni.

Nelle ultime settimane si sono svolte tre elezioni particolarmente importanti in India, Messico e Sudafrica. L’India e il Sudafrica sono attori chiave del blocco BRICS, che sta tracciando un percorso verso un ordine mondiale non dominato dagli Stati Uniti. La natura delle coalizioni di governo che saliranno al potere in questi Paesi avrà un impatto sul raggruppamento e sicuramente influenzerà il vertice BRICS di quest’anno che si terrà a Kazan (Russia) a fine ottobre. Sebbene il Messico non sia un membro dei BRICS e non abbia presentato domanda di adesione durante l’espansione dello scorso anno, il Paese ha cercato di alleggerirsi dalle pressioni degli Stati Uniti (la maggior parte dei messicani conosce la frase “Povero Messico: così lontano da Dio, così vicino agli Stati Uniti”, pronunciata da Porfirio Diaz, presidente del Paese dal 1884 al 1911). La recente avversione del governo messicano per l’ingerenza degli Stati Uniti in America Latina e per il quadro generale neoliberale del commercio e dello sviluppo ha portato il Paese ad approfondire il dialogo con progetti alternativi come i BRICS.

Mentre i risultati in India e Sudafrica hanno mostrato che gli elettori sono profondamente divisi, quelli messicani sono rimasti con il Movimento di Rigenerazione Nazionale (MORENA) di centro-sinistra, eleggendo Claudia Sheinbaum come prima donna presidente nella storia del Paese il 2 giugno. Sheinbaum subentrerà ad Andrés Manuel López Obrador (AMLO), che lascia la presidenza con un notevole indice di gradimento dell’80%. In qualità di sindaco di Città del Messico dal 2018 al 2023 e di stretto alleato di AMLO, Sheinbaum ha seguito i principi generali enunciati nel progetto della Quarta Trasformazione (4T) definito da AMLO nel 2018. Questo progetto di “umanesimo messicano” segue tre importanti periodi della storia del Messico: l’indipendenza (1810-1821), la riforma (1858-1861) e la rivoluzione (1910-1917). Sebbene AMLO abbia parlato spesso di questa 4T come di un progresso nella storia del Messico, in realtà si tratta di un ritorno alle promesse della Rivoluzione messicana, con la richiesta di nazionalizzare le risorse (tra cui il litio), di aumentare i salari, di espandere i programmi di lavoro del governo e di rivitalizzare l’assistenza sociale. Uno dei motivi per cui Sheinbaum ha trionfato sugli altri candidati è stato il suo impegno a portare avanti l’agenda delle 4T, che è radicata meno nel populismo (come ama dire la stampa borghese) e più in un autentico umanesimo assistenzialista.

Nel maggio di quest’anno, trent’anni dopo la fine dell’apartheid, il Sudafrica ha tenuto le sue settime elezioni generali dell’era post-apartheid, con risultati in netto contrasto con quelli del Messico. L’alleanza tripartita al potere – composta da Congresso nazionale africano (ANC), Partito comunista sudafricano e Congresso dei sindacati sudafricani – ha subito un enorme logoramento della sua quota di voti, ottenendo solo il 40,18% di questi (42 seggi al di sotto della maggioranza), rispetto al 59,50% e a una comoda maggioranza nell’Assemblea nazionale nel 2019. L’aspetto sorprendente delle elezioni non è solo il calo della quota di voti dell’alleanza, ma anche il rapido declino dell’affluenza alle urne. Dal 1999, sempre meno elettori si sono presi la briga di votare e questa volta solo il 58% degli aventi diritto si è recato alle urne (rispetto all’86% del 1994). Ciò significa che l’alleanza tripartita ha ottenuto i voti solo del 15,5% degli aventi diritto, mentre i suoi rivali hanno ottenuto percentuali ancora più basse. Non si tratta solo del fatto che la popolazione sudafricana – come quella di altri Paesi – è stufa di questo o quel partito politico, ma che è sempre più disillusa dal processo elettorale e dal ruolo dei politici nella società.

Una sobria valutazione dei risultati elettorali sudafricani mostra che le due forze politiche che si sono staccate dall’ANC – l’uMkhonto we Sizwe (MK) di Jacob Zuma e l’Economic Freedom Fighters di Julius Malema – hanno ottenuto complessivamente il 64,28% dei voti, superando la quota di voti che l’alleanza al potere si era assicurata nel 1994. Il programma generale promesso da queste tre forze (porre fine alla povertà, espropriare le terre, nazionalizzare banche e miniere ed espandere il welfare sociale) rimane intatto, anche se le strategie che vorrebbero seguire sono molto diverse, una divisione accentuata dalle loro rivalità personali. Alla fine, in Sudafrica si formerà un’ampia coalizione di governo, ma non è chiaro se sarà in grado di definire anche una politica socialdemocratica, come quella messicana. Il calo generale della fiducia della popolazione nel sistema rappresenta una mancanza di fiducia in qualsiasi progetto politico. Le promesse, se non mantenute, possono diventare stantie.

In vista delle elezioni in India, tenutesi nell’arco di sei settimane dal 19 aprile al 1° giugno, il primo ministro in carica Narendra Modi del partito di estrema destra Bharatiya Janata Party (BJP) aveva dichiarato che il suo partito avrebbe conquistato da solo ben 370 seggi nel parlamento di 543 seggi. Alla fine, il BJP è riuscito a raccogliere solo 240 seggi – con un calo di 63 seggi rispetto alle elezioni del 2019 – e la sua Alleanza Nazionale Democratica ne ha conquistati in totale 293 (oltre la soglia di 272 necessaria per formare un governo). Modi tornerà per un terzo mandato come primo ministro, ma con un mandato molto indebolito. È riuscito a mantenere il suo seggio solo per 150.000 voti, un calo significativo rispetto al margine di 450.000 voti del 2019, mentre quindici membri in carica del suo gabinetto hanno perso il loro seggio. Nessun discorso d’odio contro i musulmani o l’uso di agenzie governative per mettere a tacere i partiti di opposizione e i media è stato in grado di aumentare la presa di potere dell’estrema destra.

Un sondaggio di aprile ha rilevato che la disoccupazione e l’inflazione sono i problemi più importanti per i due terzi degli intervistati, secondo i quali è sempre più difficile trovare lavoro per gli abitanti delle città. Il 40% degli 1,4 miliardi di persone in India ha meno di 25 anni e uno studio del Centro per il monitoraggio dell’economia indiana ha dimostrato che i giovani indiani di età compresa tra i 15 e i 24 anni si trovano “di fronte a un doppio problema: un tasso di partecipazione al lavoro basso e in calo e un tasso di disoccupazione sorprendentemente alto”. Il tasso di disoccupazione giovanile è del 45,4%, sei volte superiore al tasso di disoccupazione generale del 7,5%.

I giovani indiani della classe operaia e dei contadini rimangono a casa, la sensibilità delle loro intere famiglie modellata dai loro dilemmi. La disperazione per la vita quotidiana ha ormai intaccato il mito dell’infallibilità di Modi. Modi tornerà come primo ministro, ma la realtà del suo mandato sarà definita in parte dalle lamentele di decine di milioni di indiani impoveriti, articolate attraverso una vivace forza di opposizione che troverà i suoi leader nei movimenti di massa. Tra questi ci saranno agricoltori e contadini, come Amra Ram, leader del Partito Comunista dell’India (marxista) e dell’All India Kisan Sabha (Unione dei contadini di tutta l’India) che ha vinto in modo decisivo a Sikar, un epicentro del movimento contadino. A lui si uniranno in parlamento Sachidanandam, leader dell’All India Kisan Sabha e del Communist Party of India (Marxist) di Dindigul (Tamil Nadu), e Raja Ram Kushwaha, leader del Communist Party of India (Marxist-Leninist) Liberation di Karakat (Bihar) e convocatore del Comitato di coordinamento dell’All-India Kisan Sangharsh (All India Farmers’ Struggle), un’alleanza contadina che comprende 250 organizzazioni. I contadini ora sono rappresentati in Parlamento.

Nitheesh Narayanan di Tricontinental Research Services scrive che, anche se la sinistra non ha inviato un grande contingente in parlamento, ha svolto un ruolo importante in queste elezioni. E continua: “Amra Ram entra in Parlamento come rappresentante del potere contadino che ha inferto il primo colpo all’infallibilità indiscussa del BJP nell’India del Nord. La sua presenza diventa una garanzia della democrazia indiana dalle strade”.

L’idea di “democrazia” non inizia e non finisce alle urne. Le elezioni – come in India e negli Stati Uniti – sono diventate grottescamente costose. Le elezioni di quest’anno in India sono costate 16 miliardi di dollari, la maggior parte dei quali spesi dal BJP e dai suoi alleati. Il denaro, il potere e la corrosività del dialogo politico hanno corrotto lo spirito democratico.

La ricerca dello spirito democratico è antica almeno quanto la democrazia stessa. Nel 1949, il poeta comunista Langston Hughes espresse questo desiderio nella sua breve poesia Democracy, che allora parlava della negazione del diritto di voto e oggi parla della necessità di una riflessione molto più profonda su ciò che la democrazia deve significare nel nostro tempo – qualcosa che non può essere comprato dal denaro o intimidito dal potere.

La democrazia non verrà
Oggi, quest’anno,
né mai
tramite il compromesso e la paura.
Ho lo stesso diritto
Come l’altro ha il diritto
di stare in piedi
Sui miei due piedi
e possedere la terra.

Sono stanco di sentir dire,
Lascia che le cose seguano il loro corso.
Domani è un altro giorno.
Non ho bisogno della mia libertà quando sarò morto.
Non posso vivere con il pane di domani.

La libertà
è un seme forte
piantato
in un grande bisogno.
Ascolta, America –
anch’io vivo qui.
Voglio la libertà
proprio come te.

Con affetto,
Vijay

*Traduzione della ventiquattresima newsletter (2024) di Tricontinental: Institute for Social Research.

Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.

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