Prefazione
Sacha Llorenti
Ad oggi, sono morte oltre quattro milioni e mezzo di persone contagiate dal COVID-19. Questa tragedia globale è il prisma attraverso il quale dobbiamo analizzare come, e nell’interesse di chi, funziona il sistema di governo mondiale.
Nell’arco di pochi mesi, la pandemia ha prodotto intensi fenomeni politici, economici e sociali, le cui conseguenze avrebbero richiesto anni per manifestarsi in altre circostanze.
Alcune delle questioni che sono state chiaramente messe in evidenza attraverso la lente della pandemia sono l’insicurezza e la precarietà del lavoro, le carenze dei sistemi sanitari, la disuguaglianza, le relazioni Nord-Sud, il fallimento delle Nazioni Unite nel coordinare uno sforzo collettivo, l’uso di misure coercitive unilaterali come arma per controllare e punire la popolazione civile, l’instabilità economica globale e il ruolo dello stato.
La natura multidimensionale ed esistenziale delle crisi con le quali si confronta l’umanità e la stessa vita sul pianeta ci obbliga a creare e rafforzare tutte le possibili opportunità di unirci per costruire collettivamente un orizzonte comune, intersezionale e inclusivo che permetta di riprenderci l’iniziativa sociale e politica.
In questo contesto, la Segreteria Esecutiva di ALBA-TCP, l’Istituto Simón Bolívar per la Pace e la Solidarietà tra i Popoli e Tricontinental: Institute for Social Research hanno deciso di organizzare un incontro di istituti di ricerca con l’obiettivo di realizzare il difficile e urgente compito di delineare Un piano per salvare il pianeta.
Dopo diversi incontri, abbiamo raccolto un insieme sistematico di proposte che ci permetteranno di cambiare la rotta verso la quale il sistema capitalista sta portando la nostra specie e tutti gli esseri viventi del nostro pianeta.
Questo documento ha già preso vita propria e appartiene a tutte le persone e i collettivi che vogliono migliorarlo e trasformarlo in uno strumento di lotta contro l’imperialismo, il colonialismo e il capitalismo.
Carlos Ron e Vijay Prashad
Nel corso di questa pandemia, è cresciuta la consapevolezza della fragilità della società umana. Molte parti del mondo si sono sgretolate di fronte al COVID-19, mentre la realtà del cambiamento climatico ci ha rivelato l’estinzione di diverse specie di piante e animali. Il destino del pianeta si trova tra l’annientamento e l’estinzione.
Sacha Llorenti, il segretario esecutivo di ALBA-TCP, ha riunito un gruppo di istituti di ricerca per redigere Un piano per salvare il pianeta. Questo piano è stato scritto con un approccio centrato sull’interesse delle persone e in opposizione alla prospettiva basata sul profitto sostenuta da molte istituzioni internazionali (come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico e il Forum Economico Mondiale). Questo documento nasce da questa responsabilità.
Cos’è l’ALBA-TCP?
L’Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America o ALBA è nata nel 2004 all’Avana, Cuba, con una dichiarazione congiunta e un accordo di attuazione firmati dai comandanti Hugo Chávez Frías e Fidel Castro Ruz. Nell’aprile del 2006, la Bolivia ha aderito all’Alleanza, completando così i suoi principi. Di seguito è stato incorporato il Trattato di Commercio dei Popoli (TCP in spagnolo), che propone un commercio basato sulla complementarietà, solidarietà e cooperazione.
L’ALBA-TCP è un organismo interstatale di nove stati che promuove il duplice obiettivo della sovranità dalla dominazione esterna e dell’integrazione per il progresso interno. Alcuni di questi metodi di integrazione includono lo sviluppo di una moneta regionale comune per favorire il commercio interregionale (il sucre), la creazione di imprese energetiche regionali per promuovere obiettivi sociali (PetroCaribe e PetroSur), e la creazione di una rete televisiva per democratizzare il sistema di comunicazione globale (TeleSur). ALBA-TCP fa parte di un insieme di dinamiche regionali che promuovono sia la sovranità che l’integrazione, tra cui l’Unione delle Nazioni Sudamericane (UNASUR) e la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC).
Cos’è la Rete degli Istituti di Ricerca?
Per sviluppare Un piano per salvare il pianeta, ALBA-TCP ha collaborato con due istituti di ricerca: l’Istituto Simón Bolívar per la Pace e la Solidarietà tra i Popoli e Tricontinental: Institute for Social Research. I nostri due istituti hanno riunito altri istituti di ricerca con cui abbiamo lavorato nel corso degli ultimi anni e hanno creato una rete di collaborazione per la realizzazione di questo documento. Questa rete è un incontro informale che è stato rafforzato dal nostro lavoro comune e che porterà ad altri progetti collettivi in futuro. Se altri istituti di ricerca sono interessati ad unirsi a questa rete, scriveteci a plan@thetricontinental.org.
Cos’è Un piano per salvare il pianeta?
Nel 1974, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione chiamata Nuovo Ordine Economico Internazionale (NIEO), sviluppata dal Movimento dei Non Allineati, dal G-77 e dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo. Questa risoluzione si basava sui principi di “equità, uguaglianza sovrana, interdipendenza, interesse comune e cooperazione tra tutti gli stati, indipendentemente dai loro sistemi economici e sociali; con lo scopo di correggere le disuguaglianze e rimediare alle ingiustizie esistenti, rendere possibile l’eliminazione del crescente divario tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, e garantire il rapido sviluppo economico e sociale e pace e giustizia per le generazioni presenti e future”. Non c’è nulla da aggiungere a questi propositi.
L’indebolimento del Progetto Terzo Mondo, il crollo dell’URSS e del sistema comunista di stato nell’Europa dell’Est, e il collasso della socialdemocrazia nei paesi a capitalismo avanzato hanno fatto sì che la NIEO – e tutta la sua agenda di sviluppo – siano stati messi da parte. Al loro posto sorse l’agenda di austerità e sicurezza (guerra) del neoliberismo. L’istituzione della Commissione del Sud sotto la guida di Julius Nyerere tra il 1987 e il 1990 fu un tentativo di far resuscitare la NIEO, ma il suo documento finale, La sfida del Sud, non ricevette l’attenzione che avrebbe meritato. Un piano per salvare il pianeta è stato elaborato seguendo la traccia segnata dal NIEO (1974) e da La sfida del Sud (1990).
Un piano per salvare il pianeta è un testo provvisorio, una bozza costruita a partire dalle analisi e dalle richieste dei nostri movimenti popolari e dei governi popolari. Vuole essere letto e discusso, criticato e sviluppato ulteriormente. Questa è una prima bozza di molte bozze che verranno. Contattateci a plan@thetricontinental.org con le vostre critiche e i vostri suggerimenti, perché si tratta di un documento vivo. Questo documento si svilupperà attraverso l’interazione con i nostri movimenti e le nostre istituzioni, diventando infine una risoluzione alle Nazioni Unite per salvare il pianeta.
Un piano per salvare il pianeta
Varie tipologie di insicurezza attanagliano il pianeta. L’impatto della pandemia legata al COVID-19 ha prodotto la più grande recessione economica dalla Grande Depressione. Questa crisi non si riflette nelle quotazioni azionarie o nei reports dei profitti delle grandi multinazionali, ma nei dati su disoccupazione e disuguaglianza, nell’aumento dei tassi di fame e denutrizione, e nella crescita della desolazione e della rabbia. Si stima che centinaia di milioni di persone saranno spinte nella povertà assoluta dall’impatto della pandemia COVID-19. Questo è solo un dato in una valanga di cattive notizie per coloro che stanno osservando come troppi paesi stanno scivolando in una situazione catastrofica di debito e disperazione. Bisogna realizzare un programma globale di emergenza per prevenire questo risultato. È cruciale che i paesi mettano da parte le loro limitate preoccupazioni nazionalistiche e si impegnino in con un approccio collaborativo ad una risposta comune a questa crisi.
Tre apartheid – monetario, sanitario, alimentare – governano l’attuale situazione nel mondo:
Apartheid monetario. Il debito estero dei paesi in via di sviluppo supera gli 11 trilioni di dollari, con stime secondo cui la restituzione del debito ammonterà a quasi 4 trilioni di dollari entro la fine del 2021. Nel 2020, sessantaquattro paesi spenderanno più per il pagamento del debito che per l’assistenza sanitaria. Si è parlato timidamente di sospensione del pagamento del debito, con qualche piccolo aiuto da parte di varie agenzie multilaterali. Parallelamente a questo discorso della sospensione del debito, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) invita gli Stati a prendere in prestito più denaro, dato che i tassi di interesse sono bassi. Invece di aumentare i prestiti, perché non cancellare semplicemente il totale del debito estero e – allo stesso tempo – far ritornare gli almeno 37 trilioni di dollari che sono depositati nei paradisi fiscali illeciti? La parola che viene spesso usata per definire la cancellazione del debito è “perdono”. Tuttavia, non c’è nulla da perdonare poiché questo debito è la conseguenza di una lunga storia caratterizzata dalla rapina coloniale, e dall’espropriazione e saccheggio imperialista. I paesi più ricchi sono in grado di prendere in prestito a tassi d’interesse bassi o pari a zero, mentre il mondo in via di sviluppo è soggetto a tassi da usurai e ha debiti odiosi da pagare con preziosi fondi che dovrebbero essere destinati alla rottura della catena di contagio dell’infezione da COVID-19.
Apartheid sanitario. Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha detto che il mondo è sull’orlo di un “catastrofico fallimento morale”. Si riferiva al nazionalismo e all’accaparramento dei vaccini. Gli stati nel Nord Atlantico (Canada, Stati Uniti, Regno Unito e molti stati europei) hanno ignorato la richiesta dell’India e del Sudafrica di sospendere le regole sulla proprietà intellettuale del vaccino. Questi stati del Nord hanno sottofinanziato il progetto COVAX, che, per questo motivo, è ad alto rischio di fallimento. Sono molto alte le possibilità che molte persone nei paesi in via di sviluppo non avranno un vaccino prima del 2023. Nel frattempo, gli stati del Nord hanno fatto scorta di vaccini: Il Canada da solo ha accumulato riserve pare a cinque vaccini per ogni cittadino canadese, attingendo alcuni di questi vaccini a quelli destinati al COVAX. Ghebreyesus ha definito questa situazione un “apartheid vaccinale”.
Apartheid alimentare. La fame nel mondo, che era diminuita dal 2005 al 2014, ha ripreso ad aumentare da allora. La Cina – che ha eliminato la povertà estrema nel 2020 – è la grande eccezione a questa tendenza globale. La fame nel mondo è ormai ai livelli del 2010. Il rapporto 2021 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), The State of Food Insecurity and Nutrition in the World, nota che “quasi una persona su tre nel mondo (2,37 miliardi) non ha avuto accesso a cibo adeguato nel 2020 – un aumento di quasi 320 milioni di persone in un solo anno”. La fame è intollerabile. Il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite stima che il numero di coloro che soffrono la fame raddoppierà prima che la pandemia sarà arginata, “a meno che non si agisca rapidamente”.
Qual è la causa di queste tre forme di apartheid? Il controllo che una manciata di aziende e governi esercitano sull’economia globale:
Controllo su scienza e tecnologia
Controllo sui sistemi finanziari
Controllo sull’accesso alle risorse
Controllo sulle armi
Controllo delle comunicazioni
Noi – una rete di centri di ricerca che hanno esaminato attentamente le crisi provocate dall’austerità neoliberista, dai regimi di debito indotto e dal sottosviluppo – abbiamo prodotto un insieme di proposte verso un nuovo ordine mondiale. Il nostro piano, prendendo spunto dall’eredità del NIEO, propone una visione per il presente e l’immediato futuro articolata su dodici temi chiave: democrazia e ordine mondiale, ambiente, finanza, salute, casa, cibo, educazione, lavoro, cura, donne, cultura e mondo digitale. Questo è lo scheletro di un piano molto più completo che produrremo nel prossimo anno.
Sacha Llorenti, il segretario esecutivo di ALBA-TCP, ha riunito un gruppo di istituti di ricerca per redigere Un piano per salvare il pianeta. Questo piano è stato scritto con un approccio centrato sull’interesse delle persone e in opposizione alla prospettiva basata sul profitto sostenuta da molte istituzioni internazionali (come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico e il Forum Economico Mondiale). Questo documento nasce da questa responsabilità.
Affermare l’importanza della Carta delle Nazioni Unite (1945).
Insistere che gli stati membri delle Nazioni Unite aderiscano alla Carta, compresi i suoi requisiti specifici sull’uso delle sanzioni e della forza (capitoli VI e VII).
Riconsiderare il potere monopolistico esercitato dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulle decisioni che hanno un impatto su una gran parte del sistema multilaterale; coinvolgere l’Assemblea Generale dell’ONU in un dialogo serio sulla democrazia all’interno dell’ordine globale.
Insistere che gli organismi multilaterali – come l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) – formulino politiche nel rispetto della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948); proibire qualsiasi politica che aumenti la povertà, la fame, i senza fissa dimora e l’analfabetismo.
Affermare la centralità del sistema multilaterale nelle aree chiave della sicurezza, della politica commerciale e dei regolamenti finanziari, riconoscendo che organismi regionali come la NATO e istituzioni ristrette come l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) hanno soppiantato le Nazioni Unite e i suoi organismi (come la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo) nella formulazione di queste politiche.
Formulare politiche per rafforzare i meccanismi regionali e approfondire l’integrazione dei paesi in via di sviluppo.
Impedire l’uso del paradigma della sicurezza – in particolare l’antiterrorismo e la lotta al traffico di stupefacenti – per affrontare le sfide sociali del mondo.
Limitare le spese per le armi e per le attività militari; assicurare la demilitarizzazione dello spazio.
Convertire le risorse destinate alla produzione di armi per il finanziamento della produzione socialmente utile.
Assicurare che tutti i diritti siano accessibili a tutti i popoli, non solo ai cittadini di uno stato; questi diritti devono essere applicati a tutte le comunità finora emarginate: donne, popoli indigeni, people of colour, migranti, persone senza documenti, persone diversamente abili, persone LGBTQ+, caste oppresse e indigenti.
Sulla base della formula della Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo del 1992 di “responsabilità comuni ma differenziate”, obbligare i paesi sviluppati che detengono la responsabilità storica di aver causato la catastrofe climatica a ridurre rapidamente le loro emissioni di anidride carbonica per fermare l’aumento delle temperature globali oltre la soglia critica di 1,5°C.
Esigere che i paesi sviluppati riducano le emissioni medie di anidride carbonica pro capite a un massimo di 2,3 tonnellate entro il 2030, che è ciò che il Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici valuta essere la media globale necessaria per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.
Assicurarsi che i paesi sviluppati del Nord del mondo forniscano una compensazione per il clima per le perdite e i danni causati dalle loro emissioni di anidride carbonica e che finanzino in modo significativo le infrastrutture pubbliche per sostituire la dipendenza dall’energia basata su combustibili fossili.
Mantenere le promesse dell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico riguardante 100 miliardi di dollari all’anno forniti dai paesi sviluppati per affrontare i bisogni dei paesi in via di sviluppo. Questi bisogni includono l’adattamento e la resilienza all’impatto reale e disastroso del cambiamento climatico, che è già a carico dei paesi in via di sviluppo (in particolare i paesi che si trovano a bassa quota e i piccoli stati insulari).
Trasferire tecnologia e finanziamenti ai paesi in via di sviluppo per la riduzione dell’uso e l’adattamento dei sistemi energetici basati su combustibili fossili.
Esigere che i paesi sviluppati responsabili dell’inquinamento delle acque, del suolo e dell’aria con rifiuti tossici e pericolosi – comprese le scorie nucleari – si facciano carico dei costi di risanamento e cessino di produrre e usare rifiuti tossici.
Sotto una definizione coerente e rivista, adattata alle urgenze immediate dei paesi in via di sviluppo, elaborare un programma di transizione verso un paradigma capace di mitigare e adattare i sistemi energetici basati sui combustibili fossili. Questo dovrebbe essere combinato con canali di finanziamento razionali per i paesi in via di sviluppo, includere il coinvolgimento diretto di quei stessi paesi ed essere adattato in base ai loro bisogni e alla loro volontà di coordinare i finanziamenti. Questa tabella di marcia verso un paradigma concertato con i principali paesi dovrebbe, in ogni caso, rappresentare la base per qualsiasi transizione energetica nel prossimo futuro.
Rinegoziare tutti gli intollerabili debiti esteri dei paesi in via di sviluppo.
Iniziare discussioni sui risarcimenti per il saccheggio coloniale, inclusa la schiavitù.
Sequestrare i beni nascosti nei paradisi fiscali illeciti.
Adottare tetti ai tassi di interesse che i prestatori commerciali e multilaterali applicano ai paesi in via di sviluppo.
Scoraggiare le attività di trasferimento di profitti delle multinazionali e adottare un approccio unitario per tassare le quote di profitti generati dalle filiali delle multinazionali.
Implementare tasse sulla ricchezza e sull’eredità.
Introdurre aliquote di tassazione più alte sul reddito, come i guadagni di capitale, realizzati attraverso la speculazione finanziaria da tutte le entità corporative non bancarie.
Democratizzare il sistema bancario espandendo il ruolo e le dimensioni delle banche pubbliche e implementando una maggiore regolamentazione e trasparenza per le banche private.
Applicare tetti massimi, in percentuale delle passività, all’attività bancaria speculativa delle banche commerciali.
Regolamentare i tassi d’interesse che le banche fanno pagare per beni specifici, come per i prestiti per l’acquisto delle abitazioni.
Impostare controlli sui capitali per evitare la fuga di capitali.
Creare alternative ai finanziamenti per i programmi di sviluppo guidati dal FMI e dalla Banca Mondiale orientate ai bisogni dei popoli.
Incoraggiare la creazione di meccanismi di riconciliazione commerciale regionali.
Attuare regolamenti rigorosi per i fondi pensione in modo che i risparmi delle persone non siano usati in modo irresponsabile per la speculazione finanziaria; incoraggiare la creazione di fondi pensione pubblici.
Promuovere la causa di un vaccino popolare per il COVID-19 e per malattie future.
Eliminare i brevetti su medicine essenziali e facilitare il trasferimento delle conoscenze scientifiche e della tecnologia medica ai paesi in via di sviluppo.
De-mercificare, sviluppare e aumentare gli investimenti in sistemi sanitari pubblici efficienti.
Sviluppare la produzione farmaceutica pubblica, in particolare nei paesi in via di sviluppo.
Formare un gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite come strumento di lotta contro le minacce sanitarie.
Sostenere e rafforzare il ruolo dei sindacati degli operatori sanitari sui posti di lavoro e nell’economia.
Garantire che le persone provenienti da ambienti svantaggiati e dalle zone rurali siano formate come medici.
Ampliare la solidarietà medica, anche attraverso l’Organizzazione Mondiale della Sanità e le piattaforme sanitarie associate agli organismi regionali.
Mobilitare campagne e azioni che proteggano ed espandano i diritti riproduttivi e sessuali.
Imporre una tassa sulla salute alle grandi aziende che producono bevande e alimenti che sono ampiamente riconosciuti dalle organizzazioni sanitarie internazionali come dannosi per i bambini e per la salute pubblica in generale (come quelli che portano all’obesità o ad altre malattie croniche).
Limitare le attività promozionali e le spese pubblicitarie delle corporazioni farmaceutiche.
Costruire una rete di centri diagnostici accessibili e finanziati pubblicamente e regolare rigorosamente la prescrizione e i prezzi dei test diagnostici.
Integrare terapie psicologiche nei sistemi sanitari pubblici.
Assicurare la costruzione di un numero sufficiente di alloggi, facendo particolare attenzione allo sviluppo di quartieri diversificati dotati di un mix di zone residenziali e commerciali.
Introdurre controlli sugli affitti delle unità abitative.
Riconvertire le proprietà sfitte in centri comunitari o unità abitative.
Costruire e riqualificare complessi residenziali collegati ai sistemi di trasporto pubblico per ridurre la necessità del trasporto privato come l’automobile.
Richiedere che tutti gli edifici superiori a 2.000 m2 abbiano tetti verdi o pannelli solari.
Sviluppare nuove unità abitative con materiali innovativi ad elevata efficienza energetica.
Migliorare i sistemi alimentari nazionali e regionali.
Rivedere e abrogare gli accordi bilaterali e multilaterali che proibiscono o penalizzano i sistemi alimentari pubblici e gli acquisti di cibo pubblico.
Assicurarsi che ai paesi sviluppati che usano i meccanismi del commercio internazionale per impedire ai paesi in via di sviluppo di sovvenzionare l’agricoltura sia proibito perseguire politiche ipocrite come quella di sovvenzionare le proprie imprese agroalimentari; applicare le regole dell’OMC per facilitare lo sviluppo e non per condizionare i paesi in via di sviluppo.
Ridistribuire la terra, riconoscendola come una risorsa comune del popolo; limitare la dimensione della proprietà terriera e porre dei limiti alle proprietà terriere delle famiglie e delle imprese.
Sviluppare un’irrigazione sostenibile e le finanziare le relative infrastrutture per supportare gli agricoltori costretti a coltivare in condizioni climatiche sempre più estreme.
Costruire sistemi pubblici di distribuzione, con particolare attenzione all’eliminazione della fame.
Aumentare il sostegno pubblico agli agricoltori nei paesi in via di sviluppo per assicurare che il lavoro agricolo fornisca redditi decenti agli agricoltori e ai lavoratori agricoli.
Sviluppare sistemi di credito per gli agricoltori per sostenere l’agricoltura ed evitare di prosciugare il reddito delle aziende.
Sviluppare la produzione alimentare del settore cooperativo e incoraggiare la partecipazione popolare nei sistemi di produzione e distribuzione alimentare.
Fornire credito a basso costo, sussidi, assistenza tecnica gratuita e terreni per la creazione di cooperative agricole e mercati.
Sviluppare reti di trasporto finanziate pubblicamente, incluse strutture di stoccaggio, per assicurare che le piccole fattorie possano portare i loro prodotti ai mercati.
Garantire la disponibilità di cibo sano nelle scuole e negli asili pubblici.
Sviluppare capacità tecniche e scientifiche per un’agricoltura sostenibile ed ecologica.
Rimuovere i brevetti sui semi e promuovere normative che proteggano i semi autoctoni dalla mercificazione da parte dell’agribusiness.
De-mercificare l’istruzione, il che include il rafforzamento dell’istruzione pubblica a discapito di quella privata.
Promuovere il ruolo degli insegnanti nella gestione delle istituzioni educative.
Assicurare che i settori maggiormente svantaggiati della società possano accedere alla formazione per diventare insegnanti.
Colmare il divario elettrico e digitale.
Costruire sistemi internet a banda larga ad alta velocità finanziati e controllati pubblicamente.
Garantire che tutti gli alunni abbiano accesso a tutti gli elementi del processo educativo, comprese le attività extrascolastiche.
Sviluppare canali attraverso i quali gli studenti partecipino ai processi decisionali in tutte le forme dell’istruzione superiore.
Rendere l’istruzione un’esperienza che dura tutta la vita, permettendo alle persone in ogni fase della vita di godere della pratica dell’apprendimento in vari tipi di istituzioni. In questo modo bisogna promuovere un’idea di istruzione che va oltre la costruzione di una carriera, e che assume valore come strumento collettivo per lo sviluppo continuo di idee e della comunità.
Sovvenzionare l’istruzione superiore e i corsi professionali per i lavoratori di tutte le età in aree relative alla loro occupazione.
Rendere l’istruzione, compresa quella superiore, disponibile per tutti nelle loro lingue parlate; assicurarsi che i governi si assumano la responsabilità di fornire materiale educativo nelle varie lingue del loro paese attraverso traduzioni e altri mezzi.
Creare istituti di formazione di gestione che rispondano ai bisogni delle cooperative nei settori industriale, agricolo e dei servizi.
Esigere che i governi si assumano la responsabilità di assicurare che le loro legislazioni del lavoro rispettino le Convenzioni fondamentali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), specialmente le Convenzioni 87 e 98 sui diritti di organizzazione e di contrattazione collettiva.
Migliorare il livello dei beni sociali – come la sanità pubblica, l’istruzione pubblica e servizi ricreativi pubblici – per ridurre la pressione sui salari.
Incoraggiare il principio “a lavoro uguale salario uguale”.
Rafforzare la cultura del sindacalismo e promuovere la contrattazione collettiva per contenere l’intrinseco squilibrio di potere sul posto di lavoro, garantire ai lavoratori spazi per un agire democratico, ed evitare che gli individui si sentano isolati e oppressi dal compito di migliorare da soli l’ambiente di lavoro.
Garantire che tutti coloro che lavorano – compresi quelli dell’economia informale e della gig economy – siano coperti da diritti fondamentali sul posto di lavoro.
Concentrarsi sulla ridistribuzione dell’orario di lavoro attraverso il processo di contrattazione collettiva, fornendo ore di lavoro sufficienti per tutti ad un livello di salario sufficiente per vivere.
Garantire che ogni lavoratore abbia il diritto a condizioni di lavoro sane e sicure; rendere i governi responsabili per l’adeguato controllo e monitoraggio degli standard di sicurezza.
Creare centri per l’impiego finanziati pubblicamente per assistere i disoccupati nella ricerca di un lavoro; questi centri possono essere collegati, per esempio, in una rete di organizzazioni sindacali dei disoccupati.
Fornire solidi sistemi di assistenza sociale finanziati pubblicamente, senza ostacoli all’accesso e senza obblighi di lavoro.
Garantire pensioni adeguate a tutti i cittadini in età pensionabile.
Garantire che lo stato fornisca adeguati risarcimenti e pensioni per i lavoratori infortunati o diversamente abili, inclusi i lavoratori non organizzati, precari e autonomi.
Assicurare che i governi promuovano le cooperative di lavoratori, contribuiscano al capitale iniziale di tali cooperative, e garantiscano credito e prezzi ragionevoli.
Sviluppare le infrastrutture dei paesi in collaborazione con queste cooperative, istituti pubblici di
ricerca e di sviluppo tecnologico e banche; assicurarsi che una parte significativa della spesa governativa per le infrastrutture sia destinata a tali cooperative.
Costruire una rete di trasporto pubblico economica e adeguata (autobus, ferrovia e metropolitana) nelle città per risparmiare il tempo e ridurre le spese dei lavoratori per il trasporto.
Costruire una rete di punti di vendita nelle città dei beni prodotti dalle cooperative sostenuti dal governo che possano essere utilizzati dai lavoratori non organizzati, precari e migranti.
Migliorare i sistemi di protezione sociale, compresi i programmi di assistenza per bambini e anziani.
Costruire un sistema di asili nido per bambini finanziato pubblicamente; creare strutture finanziate pubblicamente e gestite dalle comunità territoriali per il doposcuola che forniscano pasti ai bambini.
Costruire un sistema di strutture di quartiere per la vita sociale e la cura degli anziani finanziato pubblicamente.
Garantire che i lavoratori degli asili nido e delle strutture per anziani ricevano salari decenti, formazione e controllo del loro posto di lavoro.
Nominare i leader delle organizzazioni femminili della classe operaia negli organismi dirigenziali che influenzano le politiche.
Sostenere le organizzazioni e le reti di donne, comprese le organizzazioni delle lavoratrici, le organizzazioni comunitarie e i gruppi di mutuo soccorso.
Considerare le lavoratrici informali, così come il lavoro domestico non retribuito e il lavoro di cura della casa nelle contabilità nazionali. Questo deve comprendere le lavoratrici nei settori nascosti o invisibili.
Stabilire politiche di congedo parentale retribuito.
Ridurre il crescente onere riguardo ai bisogni di assistenza e cura che grava sulle donne; assicurarsi che i pacchetti di sostegno finanziario prendano in considerazione il lavoro di assistenza non riconosciuto e non retribuito che le donne svolgono più spesso, come la cura dei bambini.
Fornire immediati aiuti in denaro, aiuti alimentari e misure di protezione sociale alle lavoratrici; assicurare che le famiglie con capofamiglia femminile ricevano gli stessi aiuti delle famiglie con capofamiglia maschile; e assicurare che le persone LGBTQ+ abbiano pari accesso ai programmi sociali e ai sussidi.
Riconoscere i bisogni specifici delle operatrici sanitarie, molte delle quali non sono trattate come lavoratrici ma come volontarie; assicurarsi che ricevano un compenso adeguato e equipaggiamento appropriato.
Fornire credito alle cooperative di donne.
Creare programmi per incoraggiare la condivisione del lavoro riproduttivo sociale in casa.
Stabilire sistemi che eliminino la violenza contro le donne e le persone LGBTQ+; implementare piani per sradicare la violenza patriarcale e assicurarsi che le politiche economiche non ignorino involontariamente il problema della violenza patriarcale.
Garantire che tutte le persone abbiano uguale accesso ai programmi e ai servizi sociali – come il diritto ad un alloggio sicuro e ad un’alimentazione sana – indipendentemente dal genere, dall’identità di genere, dall’orientamento sessuale o da altre identità marginalizzate.
Promuovere le idee della Costituzione dell’UNESCO del 1945, in particolare l’idea che l’ampia diffusione della cultura e dell’istruzione è indispensabile alla dignità umana e alla pace mondiale.
Estendere il sostegno pubblico alle istituzioni culturali che sostengono i valori di dignità, uguaglianza e decenza.
Incoraggiare attività culturali che non si riducano a un consumismo superficiale e insensato.
Promuovere iniziative culturali e artistiche contro ogni forma di discriminazione (razzismo, casta, misoginia, transfobia, ecc.).
Appoggiare attività culturali che abbiano a cuore il tema ambientale e che lottino contro la devastazione delle risorse della terra per il profitto privato.
Stimolare le arti tradizionali dei popoli e impedire la loro mercificazione e distorsione da parte di un crudele nazionalismo culturale.
Difendere il diritto degli artisti e degli intellettuali alla libertà di espressione onesta e della parola.
Lottare per estendere i beni comuni digitali a livello globale costruendo accesso pubblico ad uno spazio pubblico regolato e controllato su internet.
Aderire alla risoluzione delle Nazioni Unite del 2016, che definisce l’accesso a internet come un diritto umano.
Nazionalizzare le infrastrutture di telecomunicazione e garantire l’accesso a internet e l’alfabetizzazione digitale a tutti i settori della società.
Proteggere tutti i dati pubblici e personali dallo sfruttamento da parte delle multinazionali; costruire sistemi compartecipativi per l’analisi computazionale e per il controllo e l’uso dei big data per finalità di interesse pubblico.
Promuovere e finanziare lo sviluppo libero di hardware e software con l’obiettivo di fornire soluzioni ai problemi collettivi.
La Rete di Istituti di Ricerca è un collettivo riunito da ALBA-TCP, Tricontinental: Institute for Social Research, e Instituto Simón Bolívar per la Pace e la Solidarietà tra i Popoli. Questo testo è parte di un processo iniziato da questo gruppo.
América Latina en movimiento, ALAI (Quito, Ecuador)
Centre for Research on the Congo (Kinshasa, Repubblica Democratica del Congo)
Centro de Investigaciones de la Economía Mundial (CIEM) (Cuba)
Centro de Investigaciones de Política Internacional (CIPI) (Cuba)
Centro per la Riforma dello Stato (Roma, Italia)
Chris Hani Institute (Sudafrica)
Consultation and Research Institute (Beirut, Libano)
Dominica Association of Industry & Commerce (Roseau, Dominica)
Dominica State College (Roseau, Dominica)
Foundation for Education in Social Transformation and Progress (Kenya)
The Centre for International Gramscian Studies (GramsciLab), Università di Cagliari (Italia)
Instituto Simón Bolívar for Peace and Solidarity Among Peoples (Venezuela)
Internationale Forschungsstelle DDR (Berlin, Germania)
Institute of Employment Rights (London, UK)
Marx Memorial Library (London, UK)
Instituto Internacional de Investigación ‘Andrés Bello’ (Bolivia)
Instituto Patria (Argentina)
Instituto Patria Grande (Bolivia)
Instituto Samuel Robinson (Venezuela)
Observatorio del Sur Global, Argentina
Research Group of the Popular Education Initiative (Accra, Ghana)
Sam Moyo African Institute of Agrarian Studies (Harare, Zimbabwe)
Society for Social and Economic Research (Delhi, India)
Tricontinental: Institute for Social Research
Instituto Tricontinental de Investigación Social (Argentina)
Instituto Tricontinental de Pesquisa Social (Brasile)
Tricontinental Research Services (India)
Tricontinental South Africa
University of the West Indies Open Campus (Roseau, Dominica)
Uralungal Labour Contract Cooperative Society Research Institute (Vadakara, Kerala)