post voto

Potere al Popolo Venezia: più visione, più mutualismo, più organizzazione

Potere al Popolo Venezia ha rappresentato per i compagni e le compagne che hanno partecipato e seguito la campagna elettorale un’ esperienza appassionante, istruttiva e costruttiva.

 

Un percorso faticoso, con il quale si è cercato

  1. di costruire delle relazioni tra gruppi politicamente disomogenei ma che hanno preoccupazioni e interessi comuni nell’ambientalismo
  2. intercettare le classi più disagiate ed estromesse dai benefici che il modello capitalista produce.

La questione ambientale, inclusa quelle delle grandi opere inutili, e la massiccia svendita del patrimonio pubblico (soprattutto nel centro storico) ha una grande rilevanza nel territorio veneziano e sollecita diverse azioni di protesta di cittadine e cittadini, comitati, movimenti e associazioni. Potere al Popolo a Venezia ha raccolto queste diverse istanze, attraverso incontri, dibattiti, e dichiarazioni di intenti su specifici temi locali (ma di competenza nazionale) come il Mose, la questione delle grandi navi in laguna e di carattere nazionale come l’istanza antivivisezionista che ha visto Venezia fungere da apripista per accogliere le richieste della Lav.

Purtroppo i due mesi di attività non sono sufficienti per dimostrare serietà e solidarietà concreta a persone e gruppi sempre più disillusi dalla politica dei partiti, che esercitano la loro cittadinanza attiva attraverso battaglie su questioni puntuali, e spesso vogliono estraniarsi o ribaltare gli schieramenti della politica tradizionale.  Così come sono stati insufficienti per ascoltare, capire, accogliere e radicarsi di nuovo negli ambienti, sempre più frammentati e sommersi, dei gruppi e/o classi sociali marginalizzate, sfruttate e impoverite. Il tema dello sfruttamento del lavoro tocca una sempre più ampia fetta di persone, ma i discorsi da affrontare, le azioni da intraprendere per sensibilizzare, accompagnare e dare supporto nel disagio devono particolarizzarsi e declinarsi a seconda dei luoghi e modalità di lavoro. Non esistono solo le fabbriche, dove nel Veneto c’è una presenza di stranieri (che non votano) sempre più consistente.

 

Il comune di Venezia, è diviso, anche politicamente, dal ponte della Libertà, Venezia centro storico e la Terraferma che comprende Mestre. Il centro storico si conferma, in un Veneto sempre più legista e del centro destra, un’enclave del centrosinistra, il Pd supera di poco il Movimento Cinque Stelle. Qui Potere al Popolo ha raggiunto il 2,92%.

Nella Terraferma, dove per la Camera il Movimento Cinque Stelle risulta il primo partito (28,89%) e il Pd “crolla” al terzo posto (21,99%), sopravanzato anche dalla Lega Nord (23,22%), Potere al Popolo registra solo il 1,23.

Se si considera Mestre come centro, si nota anche qui uno scarto simile, dove la distanza dal centro della città è indirettamente proporzionale ai voti. Al di fuori dei centri di Mestre e Venezia la percentuale è ben al di sotto dell’1%. Si conferma quindi una variazione notevole di voti tra “centro” e “periferia” che caratterizza tutta l’Italia e sulla quale occorre ragionare.

 

Durante l’assemblea territoriale che si è svolta dopo il voto sono emerse quattro questioni sulle quali ragionare e attivarsi:

  1. Proseguire il lavoro sui contenuti. Il programma necessità di approfondimenti e ulteriori sforzi, non solo per essere maggiormente comprensivo, ma anche per essere maggiormente innovativo e rivoluzionario se vuole rispondere alla costruzione di un mondo/società diversa da quella attuale. Soprattutto l’ipotesi di fuoriuscita dal capitalismo necessita di ragionamenti socio-economici molto più ampi e deve essere capace di tradursi in qualche elemento programmatico forte, se non ancora capace di innescare il cambiamento, ma almeno farlo immaginare. Il programma è poco “visionario”, nel senso che le prescrizioni che esso contiene non aiutano a fare immaginare una società diversa nel suo complesso. Troppo rigidamente rimane ancorato a una suddivisione settoriale delle politiche, incapace di mettere direttamente in relazione questioni fondamentali come pace-ambiente-lavoro, per delineare un modello di sviluppo alternativo a quello predatorio. Occorre pensare, immaginare e rappresentare il manifesto e il programma in maniera diversa.

 

  1. Dare forma concreta e operativa al sistema assembleare, che senza ulteriori strumenti rischia di essere poco democratico e/o poco efficiente. In particolare, si dovrebbe discutere sulla questione del “capo politico”, del suo ruolo e della sua rappresentatività, così come del gruppo che prende le decisioni al sopra delle assemblee territoriali. Se le possibilità tecnologiche aprono scenari incredibili in questo senso, occorre però tenere conto che le relazioni umane sono indispensabili e il livello tecnologico non è per niente omogeneo e quindi potrebbe diventare segregante piuttosto che aggregante. La questione generazionale, di rapporto tra diverse generazioni deve essere affrontato discusso e tenuto conto.

 

  1. (Ri)stabilire relazioni umane e sociali, comprendendo meglio chi sono gli sfruttati, gli emarginati, i “poveri” del nostro tempo e innescando azioni capaci di incrinare sia la cultura dominate e colonizzatrice del denaro, della competitività, della lotta di tutti contro tutti che di offrire degli strumenti di resistenza e opposizione concreta e mutualistica, spesso già in embrione nei territori. Occorre esserci nelle battaglie e nelle lotte, tentando di mettere in relazione gruppi e persone diverse.

 

  1. Mettere in relazione le diverse scale del locale, nazionale, globale al livello dei contenuti, dell’organizzazione, delle iniziative e delle relazioni.

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