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#9 POTERE AL POPOLO! INTERVISTA A FLORENCE POZNANSKI ED ELENI FERLET DEL PARTI DE GAUCHE (FRANCIA)

Come membri dell’assemblea regionale di Potere al Popolo Estero abbiamo deciso di creare uno spazio online per dare voce a formazioni politiche geograficamente lontane dall’Italia ma vicine in termini di ideali, lotte e aspirazioni. In quanto emigrati stiamo lavorando, con spirito internazionalista, a costruire legami con le altre organizzazioni socialiste e comuniste nel mondo.

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#9 Potere al Popolo! Intervista a Florence Poznanski ed Eleni Ferlet del Parti de Gauche (Francia)

Dal Parti de Gauche a La France Insoumise, l’evoluzione di un progetto politico radicale di successo

Quest’estate i nostri Massimo e Germano hanno avuto l’occasione di intervistare Eleni Ferlet e Florence Poznanski, dirigenti del Parti de Gauche (PG). Con questa intervista vogliamo far conoscere la loro esperienza politica, dalla militanza nel PG alla creazione de La France Insoumise (LFI). LFI è a sua volta all’origine della Nouvelle Union Populaire Écologique et Sociale (NUPES), nata poco più di un anno fa dall’accordo programmatico tra LFI, il Parti Communiste Français (PCF), Europe-Écologie-Les Verts (EELV) e il Parti Socialiste (PS), basato sul programma elettorale di LFI “L’avenir en Commun” [“Il futuro in comune” – NdR]. La NUPES conta attualmente 151 deputati (di cui 75 LFI, 31 PS, 23 EELV, 22 PCF) e 87 senatori.

 Florence ed Eleni ci hanno raccontato come, a partire dal PG, è stato possibile costruire l’egemonia politica di LFI fino a farla diventare la più importante forza di progresso sociale e ambientalista del panorama politico francese. 

Eleni è iscritta al PG fin dalla sua fondazione, nel 2008, quando ha partecipato alla creazione di uno dei primi comitati locali a Lione. Florence si è iscritta al PG nel 2012, quando viveva in Brasile, attraverso il comitato che raggruppa tutti i membri che vivono fuori dalla Francia. Al momento dell’intervista, entrambe facevano parte del Segretariato Esecutivo Nazionale e della commissione internazionale del PG; recentemente, Florence si è dimessa dal Segreteriato Esecutivo.

Indice tematico delle domande:

  1. Il Parti de Gauche (PG)
    1. Contatti con Potere al Popolo!
    2. Storia
    3. Struttura
    4. Membri
    5. Cicli di formazione
    6. Elaborazione del programma politico
  2. La proposta politica del PG
    7. Manifesto per l’ecosocialismo
    8. Sesta Repubblica
  3. La France Insoumise (LFI)
    9. Creazione e natura del movimento politico
    10. Differenze tra LFI e PG
    11. Ricetta per il successo
    12. Importanza del candidato
    13. Estrazione sociale degli elettori e dei deputati
  4. Varie
    14.
    Classi popolari e parlamento
    15. Comunicazione e social networks

 

  1. Conoscete già Potere al Popolo! e se sì, perché?

Eleni: Sì, conosciamo Potere al Popolo grazie alle diverse elezioni che si sono già svolte in Italia e siamo già stati in contatto attraverso altri canali. A Lione, c’è stata una riunione pubblica e abbiamo avuto l’opportunità di incontrare alcuni compagni della vostra organizzazione. Inoltre, anche voi siete in contatto con altri deputati de La France Insoumise (LFI) che sono stati membri del PG, in particolare Gabriel Amard.

Florence: Ho della famiglia in Italia, abbiamo una lingua in comune, quindi ho seguito la campagna di Unione Popolare e del suo candidato De Magistris; tra l’altro mi sono molto impegnata per far votare Potere al Popolo alle elezioni. Ho anche incontrato i compagni di Potere al Popolo di Parigi durante le manifestazioni, perché si presentavano sempre con le loro bandiere e quindi erano sempre molto visibili.

  1. Il Parti de Gauche (PG) è un’organizzazione relativamente recente, potete raccontarci brevemente la sua genesi e indicarci le tappe importanti della sua storia fino ad oggi?

Eleni: Il PG è nato nel novembre 2008. Tuttavia, esisteva già dal 2005 sotto forma di un’associazione chiamata “Per una repubblica sociale”. Successivamente, le tappe importanti sono la stesura del programma di rottura (che verrà sviluppato in seguito all’occasione dei nostri congressi successivi) e l’aumento delle nostre adesioni.

Florence: Vorrei aggiungere che è stato fondato da Jean-Luc Mélenchon nel momento in cui ha lasciato il PS e quindi rappresentava già una tendenza più a sinistra all’interno del PS. Il PS è un partito di correnti e ad un certo punto Mélenchon ha fatto una scissione, è così che il PG si è creato, portando con sé molte persone che erano con il PS; poi hanno aderito anche dei militanti di altri partiti, come ad esempio quelli della Ligue Communiste Révolutionnaire.

  1. Come è organizzata la struttura del PG?

Florence: Ci sono quattro organi importanti, all’interno del partito.Innanzitutto, i comitati provinciali: gli iscritti di ogni provincia si riuniscono in comitati, ed eleggono una coppia paritaria uomo-donna di cosiddetti “co-segretari” che animano la vita locale del partito.
Poi esiste una direzione nazionale chiamata “Segreteriato Esecutivo Nazionale”, composta da 16 persone, tra cui Eleni ed io, anch’essa paritaria quindi con 8 uomini e 8 donne; 2 di loro sono eletti “co-coordinatori” del partito, sempre rispettando la parità di genere, quindi un uomo e una donna; oggi sono Hélène Le Cacheux e Jean-Christophe Sellin. Il Segretariato viene eletto ogni tre anni da un Congresso Nazionale, composto a sua volta da delegati eletti dai comitati provinciali, ed ha un ruolo esecutivo.
Il terzo organo è il Congresso.
Il quarto è il Consiglio Nazionale, il parlamento del partito: si riunisce ogni tre mesi circa, con rappresentanti di ogni provincia, ed ha potere decisionale, poiché è nel consiglio che vengono adottate risoluzioni, decise azioni, ecc.
Esiste poi anche una commissione per la risoluzione dei conflitti, eletta dal congresso, che ha il compito di arbitrare eventuali conflitti politici.
Insomma, è una struttura piuttosto classica, con in più la volontà di mantenere la parità di genere.

  1. Quanti membri ha attualmente il PG e a quali classi sociali appartengono?

Eleni: Non possiamo darvi un numero preciso perché le cifre cambiano rapidamente, ma siamo migliaia [6000 nel 2018, secondo la pagina Wikipedia francese del partito – NdR]. Molti membri sono persone che lavorano nel settore pubblico, insegnanti, ecc., e impiegati, e pensionati. Abbiamo una varietà di categorie socio-professionali. Anche se al momento non possiamo dire che rappresentiamo l’intera società, cerchiamo costantemente di ampliare il più possibile la nostra base sociale, in particolare verso la classe operaia.

Massimo: Quindi gli iscritti appartengono a tutte le classi sociali, ma c’è una sovrarappresentazione delle classi superiori diplomate. Tuttavia, ciò non impedisce al PG di rivolgersi a tutta la società francese e in particolare alle classi popolari.

Florence: Sì, è un fenomeno che esiste in tutte le organizzazioni politiche. È il paradosso di tutte le organizzazioni politiche rivoluzionarie, fin dalla notte dei tempi.

  1. Il PG propone dei corsi di formazione ai suoi militanti? Se sì, quale importanza hanno nella vita del partito? Fino ad ora, quali risultati hanno ottenuto e quali sono i loro limiti?

Florence: Nella storia del nostro partito c’è sempre stata questa volontà di coniugare, in una prospettiva di educazione popolare, la teoria politica con la pratica, l’azione, la realtà dei fatti, combinando l’analisi teorica dei rapporti di forza tra le classi sociali con aspetti più pratici: cosa bisogna sapere quando si è militanti, come si organizzano degli incontri, come trasmettere un messaggio alla popolazione, come ci si protegge dalla giustizia repressiva, dagli arresti durante le manifestazioni, ecc.
Da un anno stiamo conducendo un ciclo di formazione dei nostri quadri, cioè rivolto principalmente a persone che potrebbero poi a loro volta formare altre persone. I partecipanti si iscrivono per diversi fine settimana, vengono alla sede a Parigi, le loro spese di viaggio sono coperte, così come il vitto e l’alloggio se necessario, e seguono le formazioni lì. Abbiamo appena concluso il terzo ciclo per la classe di quest’anno, alternando vari interventi, di accademici o anche di semplici militanti ma con una certa esperienza, su questioni come l’estrema destra, il femminismo, l’ecologia, come coordinare una riunione, organizzare le relazioni con altre organizzazioni politiche, lottare contro le violenze sessuali -anche all’interno di un partito, dove può succedere- ecc.
L’obiettivo, tra l’altro, è anche quello di realizzare un fascicolo con gli elementi salienti di questi interventi, affinché siano riutilizzati.

  1. Nell’elaborazione e nell’aggiornamento costante del suo programma politico, il PG adotta un metodo che potremmo definire “dell’intelligenza collettiva”. Potete spiegarci di cosa si tratta?

Eleni: è vero che scriviamo il programma in maniera collaborativa, con molti compagni e con il segretariato esecutivo nazionale. Quando redigiamo delle risoluzioni o il programma, i testi vengono discussi in assemblea durante il Consiglio Nazionale, dopo esser stati dibattuti in prima istanza nei comitati provinciali. È un metodo di discussione e di riflessione collettiva. Tutti partecipano. A volte, non lo nascondo, abbiamo discussioni accese, intense, ma che ci permettono di trovare una sintesi fra posizioni diverse. E in genere ci riusciamo. Non ci sono problemi. È così che riusciamo a progredire. È così che il nostro programma si è sviluppato, fin dall’inizio, e la linea politica è definita in questo modo. Vorrei inoltre sottolineare che nella nostra organizzazione politica non esistono correnti o tendenze, nella maniera più assoluta. Questo accade forse altrove, in altre organizzazioni, ma non da noi.

Florence: Sì, al Consiglio Nazionale, votiamo le risoluzioni dopo una lunga discussione. Facciamo sempre uno sforzo di convergenza; ogni volta esaminiamo gli emendamenti, cercando di integrarli o riformularli. In questo senso, effettivamente, c’è un lavoro di intelligenza collettiva che mira a costruire e ad aggregare sulla base dei diversi contributi. Pero’ quando c’è un dibattito, le posizioni vengono espresse a favore o contro; eventualmente, ci si può astenere o decidere di non partecipare al voto.

  1. Il PG si definisce un partito ecosocialista e ha pubblicato un “Manifesto per l’ecosocialismo”, ora tradotto in diverse lingue [https://www.lepartidegauche.fr/le-manifeste-pour-lecosocialisme-dans-toutes-les-langues/]. Cosa si intende per ecosocialismo e perché la questione ambientale è così importante per il PG? Qual è la relazione tra questioni ambientali e sociali?

Florence: Innanzitutto, voglio ringraziare i compagni di Potere al Popolo che hanno reso possibile la traduzione del Manifesto in italiano. È un ringraziamento ufficiale del PG a Potere al Popolo e in particolare a Massimo, poiché è grazie a voi che, tra le sette traduzioni oggi disponibili, abbiamo la versione italiana.
Poi, per rispondere alla vostra domanda, si’, nel marzo 2021 abbiamo pubblicato una versione aggiornata del manifesto per l’ecosocialismo che avevamo elaborato precedentemente. Si tratta di un opuscolo che ha lo scopo di essere conciso, pratico e al tempo stesso esplicativo di cosa intendiamo per ecosocialismo.
In breve, a differenza del socialismo tradizionale, l’ecosocialismo include la dimensione ecologica, poiché la trasformazione dei mezzi di produzione, del consumo e del rapporto con la natura fa parte integrante della lotta di classe e della lotta contro le dominazioni e le oppressioni del capitale.
Alcuni potrebbero dire che il socialismo include già questi aspetti,  che non è necessario aggiungere il prefisso “eco”. Noi invece pensiamo sia importante metterlo, affinché tutti comprendano che la lotta sociale e quella ecologica vanno di pari passo. Potremmo dire che l’ecologia senza ecosocialismo è solo giardinaggio. In un momento in cui c’è una crescente consapevolezza sui temi ambientali, sul riscaldamento globale, e in cui vediamo emergere le diverse strategie adottate dalle varie parti politiche rispetto alla questione ecologica, vediamo sempre di più che il capitalismo cosiddetto verde cerca di rispondere alla questione riproducendo, in maniera solo apparentemente più ecologica, gli stessi rapporti di dominazione, senza realmente mettere in discussione i rapporti di produzione, i rapporti di potere, ecc.
D’altra parte, altri partiti di sinistra nel mondo tendono a relegare la questione ambientale in secondo piano perché pensano che si debba prima risolvere i problemi sociali e poi affrontare quelli ambientali, come se quest’ultimi fossero problemi da ricchi. Al contrario, è proprio perché affrontiamo le questioni ambientali e le consideriamo strutturali nei rapporti di forza, che saremo anche in grado di rispondere alle questioni sociali. Ad esempio, in America Latina, che conosco bene, sono le popolazioni povere, di agricoltori e contadini, che attraverso un approccio diverso al rapporto con la natura e un’agricoltura molto più rispettosa ed equa, ci insegnano a costruire, a pensare l’agroecologia come un altro modo di concepire l’agricoltura. è proprio da queste esperienze popolari che possiamo costruire e concepire i nuovi rapporti di forza del mondo che vogliamo creare.

Eleni: Per noi l’eco-socialismo è una alternativa concreta e veramente radicale.
Inoltre, non ne abbiamo ancora parlato ma per me è fondamentale, c’è la questione del femminismo. Il femminismo è un punto di partenza, una lotta che entra a far parte della lotta di classe e che denuncia la dominazione e l’oppressione patriarcale, una lotta da cui deriva anche l’emancipazione delle donne. È un punto molto importante e fa parte dell’interesse collettivo, per il bene comune, per il benessere collettivo. Mi premeva sottolinearlo.

Florence: Infine, sempre nell’ambito di questo manifesto e delle sue traduzioni, il PG si propone inoltre di costituire una rete internazionale di organizzazioni ecosocialiste, per condividere le nostre pratiche e rafforzare questa filosofia politica.

  1. Il PG propone il ritorno al sistema elettorale proporzionale e soprattutto il passaggio a una sesta repubblica, con, tra l’altro, l’introduzione di un referendum revocatorio. Che cosa significa tutto questo e qual è la ragione di queste proposte?

Eleni: Oggi in Francia viviamo un periodo incredibile, dal punto di vista politico. Con la repressione della lotta contro l’innalzamento dell’età pensionabile e gli altri abusi di potere del governo in carica, stiamo assistendo attualmente all’inizio della fine della quinta repubblica [costituzione del 1958 – NdR], che è stata costruita in un contesto piuttosto particolare [che alcuni storici non esitano a definire come colpo di stato, da cui è nata una costituzione che conferisce enormi poteri al governo – NdR], e più il tempo passa, più la democrazia è completamente soppressa.
Da tempo noi del PG chiediamo una sesta repubblica; questo significa innanzitutto creare una costituente, perché è la base di tutto. Finché non avremo creato una costituente, investendola della radicalità e del rinnovamento che auspichiamo, non potremo realizzare la sesta repubblica come la intendiamo noi.
Poi, quando parliamo di revoca degli eletti, ciò significa che se un politico non rispetta il programma per cui è stato eletto, beh, allora revochiamo il suo mandato e questo provocherà nuove elezioni.

Massimo: Vorrei sottolineare che il referendum revocatorio proposto dal PG permetterebbe di revocare qualsiasi politico a qualsiasi livello, dal consigliere comunale al sindaco fino al presidente della repubblica, passando per deputati, consiglieri regionali e provinciali, ecc. Sarebbe quindi un mezzo permanente di controllo e intervento da parte del popolo, utilizzabile in qualsiasi momento, e non solo ogni 5 o 6 anni in occasione delle elezioni tradizionali.

Germano: Affermate che la costituente è la base di tutto, ma l’esperienza storica, sia antica che recente, suggerisce che non è necessariamente sufficiente. Ad esempio, come italiani, sappiamo che la nostra costituzione, nata dopo la Resistenza, è progressista ma non è mai stata pienamente applicata ed ha persino fallito nel proteggere le nostre conquiste sociali. Più recentemente, in Cile, il processo costituente non è andato a buon fine, potenzialmente a causa dell’assenza di un rapporto di forza sufficiente. Perché allora dare tanta importanza a questa sovrastruttura?

Florence: Hai ragione a notarlo, infatti noi del PG abbiamo osservato con grande attenzione il fallimento che è avvenuto in Cile, perché è una grande sconfitta.
Tuttavia, penso che la costituente sia l’unico dispositivo che permetta di costruire un vero dibattito nella società, di fare del cambiamento della costituzione un argomento centrale, una scelta di civiltà, e quindi di rispondere anche al problema dell’astensione e della delegittimazione delle istituzioni.
Forse sarà un fallimento, ma non potrebbe essere peggio che se si dovesse riformare la costituzione con delle leggi; il che sarà sempre possibile in seguito, in un altro contesto, se necessario.

Massimo: Se posso esprimere il mio punto di vista, penso che se siamo d’accordo sulla necessità urgente di riformare le istituzioni in senso più democratico e partecipativo, allora il solo fatto di porre il dibattito costituente è esso stesso creatore di un rapporto di forza, perché è un’occasione per discutere e rendere popolari certi temi, argomenti e questioni che altrimenti, pur essendo cruciali, sarebbero relegati ai margini della vita politica.

Eleni: Non bisogna dimenticare che nella storia sono già esistite delle assemblee costituenti, ad esempio nel 1789 e nel 1793.
La questione principale, la radice del problema, è che oggi abbiamo le istituzioni della quinta repubblica, in cui la sovranità del popolo non esiste più. La costituente è per dare la parola al popolo.
Tuttavia, siamo consapevoli che la costituente può essere strumentalizzata, non solo dalla destra, anche dall’estrema destra, come è accaduto in Cile ad esempio. Detto questo, il nostro compito è fare della costituente uno strumento di emancipazione; anche se ci sono dei rischi, non dobbiamo rinunciarci. I rischi sono terribili ma le opportunità sono enormi, e la situazione politica e sociale attuale è comunque inaccettabile. Quindi, in sintesi, dobbiamo dare risposte concrete e non lasciare che siano accaparrate dai nostri avversari politici.

  1. Nel 2016 alcuni leader del PG, incluso Jean-Luc Mélenchon, hanno creato La France Insoumise (LFI). Perché?

Florence: Bisogna dire che ogni volta che Jean-Luc Mélenchon si è candidato [alle elezioni presidenziali del 2012, 2017 e 2022 – NdR] non l’ha mai fatto soltanto nel quadro di un accordo tra partiti. Le sue candidature sono sempre state guidate da una logica di creare un raggruppamento più vasto, generale, nella società. Quindi già dal 2012, con la sua prima candidatura con il Front de gauche, c’era l’idea, sorta anche dalle riflessioni sul populismo di sinistra, che la rappresentanza del popolo non si basi solo sui partiti ma su un movimento ampio, potenzialmente sostenuto dalla grande maggioranza della popolazione, e che non c’è bisogno di essere iscritti ad un partito per potersi identificare con una causa, combattere per un’idea, ecc.
Quindi LFI è stata creata come movimento politico. Ancora oggi, LFI non si considera un partito, e ha l’obiettivo di creare una partecipazione più ampia, per tutti coloro che desiderano impegnarsi senza dover far parte di un’élite o di un’avanguardia militante, quindi permettendo una partecipazione molto meno vincolante. In sintesi, LFI nasce inizialmente come organizzazione di sostegno ad una campagna elettorale e poi si consolida in un movimento politico.

Massimo: Quando dici ‘senza far parte di un’avanguardia militante’, vuol dire senza essere formalmente iscritti, che non c’è una quota associativa? Che se si vuole, si possono fare delle donazioni, ma che non c’è una tessera obbligatoria per partecipare e che si può smettere in qualsiasi momento, che l’adesione è libera purché si sia d’accordo con il programma politico?

Florence: Sì, esattamente.

Germano: Quindi una differenza tra LFI e PG è che l’adesione a LFI è piuttosto per le campagne elettorali, mentre l’adesione al PG è piuttosto nell’ottica di un’attività militante classica?

Florence: Non proprio: è sbagliato pensare che LFI funzioni solo durante le campagne elettorali. Ad esempio, LFI organizza molte mobilitazioni, affissioni, distribuzioni di volantini, insomma ogni tipo di azione: raccolte di fondi a sostegno degli scioperi indetti dai sindacati, un referendum sul nucleare, un referendum sull’acqua, ecc. Al momento LFI partecipa al movimento per le pensioni. Tutte le lotte portate avanti dai parlamentari di LFI svolgono un ruolo importante nella vita del movimento.
Quando ci si iscrive a LFI, si è invitati a partecipare a mobilitazioni, ad azioni su temi proposti da LFI, perché questi sono d’attualità oppure perché c’è una proposta di legge da proporre o da combattere.

  1. Quindi quali sono le principali differenze tra LFI e PG? Sono solo a livello di struttura organizzativa o c’è una differenza nei contenuti, nel programma? Perché, nonostante il successo di LFI, il PG non si è sciolto in essa?

Florence: Effettivamente, per un certo periodopo’ di tempo, nel PG ci siamo chiesti se avessimo dovuto scioglierci, ne abbiamo discusso per diversi congressi. Oggi abbiamo capito che in realtà si tratta di strumenti politici diversi.
Anche se sono stati i quadri del PG a contribuire maggiormente alla creazione di LFI, e ne fanno parte ancora oggi, ci sono delle vere differenze tra il funzionamento del PG e quello di LFI: in LFI esistono gruppi di azione locali, non esistono istanze nazionali di deliberazione, non ci sono elezioni interne e nemmeno portavoce; tuttavia, LFI ha questa grande forza d’urto proprio grazie ai gruppi di azione. Inoltre in LFI esistono dei comitati di coordinamento interni, chiamati ‘poli’; ad esempio, oggi, il PG è una delle forze politiche che compongono il consiglio politico di LFI, quindi alle elezioni non ci sono candidature indipendenti del PG in concorrenza con quelle di LFI. Infine, LFI ha delle commissioni tematiche che lavorano su diversi argomenti e che pubblicano dei libretti tematici che poi diventano parte del suo programma elettorale. Anche il PG aveva delle commissioni tematiche, ma sono state ristrutturate proprio per evitare doppioni.
Quindi, in conclusione, il PG continua a mantenere la sua legittimità, cioè continua ad essere uno spazio di organizzazione e deliberazione, con la possibilità di eleggere i suoi rappresentanti, e ad avere una continuità d’azione e di elaborazione teorica che va al di là delle sole campagne elettorali. D’altronde, il lavoro che stiamo facendo sull’ecosocialismo ne è la prova, è un lavoro di lungo corso.

Eleni: Sì, ricordo la discussione sulla possibilità di scioglimento del partito in LFI. Alla fine, l’opinione maggioritaria all’interno del PG è stata quella di continuare ad esistere e quindi, come diceva Florence, oggi LFI ha un consiglio politico e il PG vi è rappresentato.
Per quanto riguarda la struttura, inoltre, LFI oggi è in fase di ristrutturazione, decisa in quelle che chiamiamo “assemblee rappresentative”, ce ne sono due all’anno, i cui membri sono sorteggiati. Mentre nel PG, se c’è una ristrutturazione, viene decisa durante un congresso, ogni 3 anni, con delegati eletti e con mandato.
Inoltre, un’altra differenza importante tra PG e LFI riguarda il programma politico. Sul piano filosofico generale, siamo sulla stessa linea; tuttavia, il PG è più radicale, il programma del PG è più radicale di quello di LFI.

Florence: La minore radicalità del programma di LFI è dovuta al fatto che LFI è anche una piattaforma elettorale, quindi ha anche la necessità di aggregare ampiamente, su una base più larga.

Massimo: A questo proposito, posso aggiungere che in periodo elettorale LFI propone un’elaborazione collettiva del suo programma, quindi si possono inviare contributi a tutti i livelli, semplicemente facendo delle proposte.

Germano: Perché allora alcuni quadri del PG, fondatori di LFI, lo hanno lasciato per impegnarsi esclusivamente in LFI? Quali sono le ragioni politiche che li hanno portati a non considerare più utile il proprio partito?

Florence: Penso che per alcuni LFI costituisca la tappa finale della strategia di presa del potere, nel processo di costruzione dell’ ”era del popolo” -la nostra strategia di mobilitazione del popolo chiamata “rivoluzione cittadina”.
Quei compagni considerano che lavorare e agire in LFI sia sufficiente per proseguire la loro azione.
Al contrario, ci sono anche dei militanti di LFI che sono venuti al PG perché cercavano una struttura di dibattito e di riflessione più avanzata.

Eleni: In realtà, alla fine, pochi quadri hanno lasciato il PG.

Florence: Io, come Eleni, sono tra coloro che vogliono continuare a costruire il PG perché penso che un partito sia ancora utile.

  1. Come ha fatto il PG, con relativamente pochi iscritti e poco conosciuto al di fuori dei circoli militanti, a creare un movimento di sinistra così importante a livello nazionale ed egemonico sulle altre organizzazioni politiche di sinistra tradizionali?

Florence: Direi innanzitutto che l’aspetto programmatico è stato importante.
Poi, ciò che probabilmente ha contribuito ad esaltare il risultato di LFI è che siamo usciti da una logica autoreferenziale di sinistra, e abbiamo ricostruito un rapporto di classe con le classi popolari, che costituiscono il 90% della popolazione. E quindi, nel nostro discorso nel 2022 è stato cruciale dire “se fate parte di una classe popolare, il nostro programma è quello che vi corrisponde” e anche “ne avete solo da guadagnare, gli unici che non hanno da guadagnare con il nostro programma sono il 10% che ci domina”. Questo messaggio è riuscito a passare, con questa ispirazione populista, e ci ha permesso di parlare persino agli elettori di estrema destra.
È davvero importante perché questo programma, questa strategia elettorale, questo modo di comunicare e di rivolgersi agli elettori, sono stati vincenti, in un contesto in cui c’erano molte altre candidature di sinistra; è stato il nostro programma a fare la nostra centralità ed è stata questa nostra strategia di comunicazione a farlo conoscere ampiamente.
D’altronde,durante le ultime elezioni presidenziali, LFI ha rifiutato alleanze con gli altri partiti, dicendo che era il programma che doveva vincere; dopo le presidenziali, una volta verificato il successo del suo programma, LFI ha si’ costituito un’alleanza elettorale con altri partiti per le elezioni legislative [chiamata Nouvelle Union Populaire Écologique et Sociale, NUPES – NdR], ma solo sulla base del suo programma radicale delle presidenziali.
Infine, è anche un fatto di continuità su tre campagne: quella del 2012, dell 2017 e del 2022. Il 2022 è il risultato di tutto ciò che abbiamo fatto prima.
Siate pazienti, ci riuscirete.

  1. Data la personalizzazione della politica in Francia, dove il presidente ha un grande potere e i media si concentrano più sulle personalità che sui programmi, quale ruolo ha avuto la personalità di Jean-Luc Mélenchon nel successo di LFI? Chi vota per LFI alle presidenziali lo fa per la personalità del candidato, o per il programma?

Eleni: Non è tanto questione della figura di Mélenchon, anche se effettivamente è stato il nostro candidato per un certo tempo; è il programma che gioca un ruolo fondamentale, nel corso delle diverse elezioni. Inoltre, l’immagine del leader e candidato Mélenchon è sempre stata curata collettivamente, in consultazione con i militanti del PG, perché Jean-Luc ne fa parte.
Florence: È vero che in Francia c’è una forte personalizzazione della politica, specialmente per le elezioni presidenziali.
Penso che effettivamente la personalità di Jean-Luc Mélenchon abbia contato, grazie al suo carisma e alla sua abilità oratoria, anche se la sua campagna, a differenza di tutte le altre, è stata molto centrata su un programma chiaro e radicale. Siamo l’unico partito che ha partecipato alle elezioni pubblicando un programma tascabile venduto a tre euro, che è stato uno dei libri più venduti a Natale all’epoca della sua candidatura. Quindi, rispetto ad altre forze politiche, c’è stato un lavoro molto più importante sul programma.
So anche dalla mia esperienza che c’erano persone cui non piaceva affatto Mélenchon ma che hanno comunque votato per LFI grazie al programma.
Tuttavia, il carisma di Jean-Luc Mélenchon è innegabile.

Eleni: C’è il programma e c’è il candidato. Per dare un esempio preciso, durante le diverse campagne che abbiamo condotto, e in particolare per l’ultima elezione presidenziale, quando distribuivamo volantini presentavamo il programma, ma non appena pronunciavamo il nome di Jean-Luc Mélenchon era tutto chiaro, infatti le persone dicevano “ah sì, Mélenchon, ecco, lui sarà il nostro presidente”.

  1. A quale classe sociale appartengono gli elettori LFI? I deputati di LFI appartengono alle stesse classi sociali dei loro elettori?

Florence: Gli elettori di LFI sono i giovani, gli abitanti dei quartieri popolari, le donne, e anche le persone che lavorano nel settore pubblico, quindi i profili sono piuttosto diversificati.
I parlamentari di LFI sono per lo più della classe media-superiore diplomata, cosi’ come avviene nel caso dell’Assemblea Nazionale nel suo insieme. Tuttavia, in confronto ad altri partiti, possiamo considerare che in LFI sono presenti alcuni profili più popolari, che contribuiscono a cambiare la composizione dell’Assemblea Nazionale, penso ad esempio a Rachel Keke [donna delle pulizie per una grande catena alberghiera, eletta deputata nel 2022 dopo aver condotto uno sciopero vittorioso durato 22 mesi – NdR]. Vi sono poi altri profili popolari, anche operai, ma non sono la maggioranza, dobbiamo riconoscerlo, dobbiamo guardare in faccia la realtà.

  1. Le due camere del parlamento vi sembrano rappresentative della società francese? Qual è la percentuale di deputati provenienti dal mondo del lavoro e più in generale dalle classi popolari?

Florence: Bisogna riconoscere che En Marche [il movimento a sostegno di Macron – NdR] ha contribuito notevolmente a ringiovanire e femminilizzare l’Assemblea Nazionale. Detto questo, anche LFI non è da meno: abbiamo, dal canto nostro , la rappresentanza femminile più alta. Non raggiungiamo ancora la parità, con circa il 40% di donne deputate, ma siamo il partito con il maggior numero di rappresentanti femminili. Ma c’è un’evoluzione anche negli altri partiti, così come un certo ringiovanimento. Anche se questo ringiovanimento è principalmente rappresentato da imprenditori e individui di classi sociali elevate, si osserva comunque un certo progresso per quanto riguarda età e genere. Forse questo è l’unico vero miglioramento finora, ma è già qualcosa. Detto questo, è importante notare che siamo ancora lontani da una rappresentanza adeguata in termini di diversità etnica, ad esempio.

  1. Il PG e La France Insoumise utilizzano i social networks? Se sì, come viene gestita la loro comunicazione?

Eleni: Sia il PG cheLFI hanno i loro social network, e ognuno gestisce la sua rete con la sua metodologia, le sue risposte, ecc. Ma tutto converge globalmente verso la stessa direzione, per quel che riguarda i dibattiti di fondo. Ci sono anche dei volontari, sia dal lato del PG che di LFI, che se ne occupano.

Florence: Siamo su Twitter, Facebook e altre piattaforme. È vero anche che LFI e PG non comunicano solo attraverso i loro social networks.
I mezzi del PG sono più limitati rispetto a quelli di LFI, in termini di numero di dipendenti e militanti, ma comunque seminari e conferenze per i militanti vengono organizzate su vari argomenti.
C’è anche un lavoro sui comunicati stampa, e a LFI vengono realizzate numerose trasmissioni in streaming su diversi canali, come Twitch. Questo lavoro permette di creare media che, con formati diversi, portano l’ informazione a pubblici diversi. Usiamo anche Telegram, dove le persone possono iscriversi e ricevere notifiche, oltre ai siti internet classici delle due organizzazioni.

Massimo, Germano: Era la nostra ultima domanda, la nostra intervista si conclude qui. Grazie mille di aver partecipato!

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