Brasile, città di Sao Paulo. In piena emergenza Coronavirus, l’impresa di costruzioni Tenda è entrata nei territori della comunità Terra indigena (TI) Jaraguà, con l’obiettivo di costruire un gigantesco complesso residenziale di 11 torri per un totale di circa 880 immobili. Si è aperta quindi una forte controversia sociale e politica, che rischia di mettere a repentaglio la sicurezza della popolazione indigena proprio durante l’attuale pandemia. Pubblichiamo la traduzione di un reportage uscito la scorsa settimana sulla rivista brasiliana Vaidapé.
Testo di Thiago Gabriel
Foto di João Gold e Davide Mari
Traduzione a cura di Silvia Di Eusanio
Alle 5 del mattino la luna piena illumina le strade della parte alta della città di San Paolo. Dalla sera e per tutta la notte, un gruppo di 50 indigeni dell’etnia Guarani Mbya, abitanti dei sei villaggi che compongono la terra indigena denominata Jaraguà, situata nella zona nord-est della città, ha iniziato un rituale con danze e preghiere rivolte al dio Nhanderu (*1).
I canti e le preghiere sono così forti che si sentono fino a quella zona, a soli 200 metri dall’inizio dei villaggi, sul quale l’impresa di costruzioni Tenda ha deciso di costruire un gigantesco condominio.
Durante quella notte di preparativi, i guerriglieri della foresta, che difendevano l’occupazione di Yary Ty, aspettavano l’arrivo della polizia militare, programmato per le prime ore del mattino, che sarebbe intervenuta per reintegrare quel territorio espropriato. Thiago Karai, leader indigeno di Jaraguà, a un certo punto interrompe la cerimonia di preghiera per fare un discorso che commosse tutti i presenti:
“Noi dormiremo qui anche questa notte, saliremo sugli alberi e lì pregheremo perchè noi siamo parte di questi alberi. Non cederemo mai all’impresa Tenda. Lotteremo fino all’ultimo guerriero e guerriera e lo faremo perché c’è in ballo il futuro dei nostri figli. Se ci manderanno via da qui, noi torneremo e faremo capire loro che significa essere un popolo di resistenza!”
Il terreno in questione è grande più di 8mila m² e l’impresa di costruzioni Tenda, come abbiamo detto, ha in progetto di costruirvi il Condominio Reserva Jaraguà-Carinás, un gigantesco complesso residenziale di 11 torri per un totale di circa 880 immobili. I Guarani vogliono impedire che questo accada consapevoli dell’immane sofferenza che vi verificherebbe dall’impatto di tale progetto sulla comunità Terra Indigena (TI) Jaraguà.
Oltre agli abitanti dei villaggi Tekoa Pyau, Tekoa Itakupe, Tekoa Ytu, Tekoa Ita Vera, Tekoa Ita Endy e Tekoa Yvy Porã, sono presenti i consiglieri comunali Eduardo Suplicy (PT) e Gilberto Natalini (PV), decine di ricercatori che studiano ed appoggiano la causa indigena e giornalisti che si sono già posizionati davanti al muro dipinto di rosso e al portone di ingresso Nel frattempo, sempre in attesa dell’arrivo della polizia militare, prosegue senza sosta la cerimonia di preghiera.
I membri delle forze dell’ordine non tardano ad arrivare. Già allo schiarire dell’aurora, li si vede collocarsi in posizione con scudi e con armi leggere (lacrimogeni e proiettili di gomma). Da quell momento avrebbe avuto inizio un lungo dialogo tra i politici alleati, i leader indigeni ed il colonnello della Polizia Militare (PM), Alexandre Bengo, responsabile per le operazioni di polizia di quel martedì 10 marzo.
I leader si riuniscono per definire la strategia di resistenza ed informare gli agenti che non lasceranno quei luoghi. E mentre accadeva tutto questo, uomini e donne Guarani, continuano a pregare senza sosta di fronte all’ingresso.
La PM (Polizia Militare) per il momento sembra voler evitare qualsiasi azione che possa accendere un conflitto con gli indigeni. Intanto il colonnello Bento fa questa dichiarazione: “Aspettiamo ordini superiori che sospendano la reintegrazione delle terre espropriate. Se tale ordine arriverà, ci ritireremo e gli indigeni continueranno a stare qui. Noi ci preoccupiamo per l’integrità di tutti.”
I consiglieri presenti vorrebbero guadagnare tempo e chiedere l’appoggio del sindaco Bruno Covas (del partito della democrazia sociale brasiliana PSDB) per far emettere l’ordine di sospensione temporanea dell’operazione fino alla realizzazione della nuova udienza fissata per il 6 maggio.
I proprietari della Tenda hanno ignorato le leggi federali per ottenere il permesso. Ma perché scegliere proprio una area di preservazione della foresta Atlantica? Che tipo di civiltà è questa?”.
Il sindaco, per la cronaca non ha risposto ai solleciti della polizia e non si è presentato durante tutta la giornata.
Dopo circa 10 ore di trattative, dopo tanta tensione accumulate per quello che sarebbe potuto accadere, intorno alle 16, Thiago Karai, si rivolge al suo popolo dicendo:
“Noi abbiamo la conoscenza, noi abbiamo il nostro Nhanderu che ci protegge. Il confronto che la Tenda vorrebbe, non avverrà. Noi non abbiamo timore ad entrare in conflitto con la polizia: questa è una questione politica di vitale importanza.
Il sindaco Bruno Covas si deve responsabilizzare per la sua mancata presa di posizione in una situazione che è stata causata dal comune che ha autorizzato l’impresa Tenda a procedere senza rispettare la legge. Potremmo anche allontanarci da qui, ma continueremo la nostra resistenza di fronte alle nostre terre”.
L’impasse si andava concludendo dopo che i leader indigeni decisero di uscire dall’occupazione di Yary Ty ed iniziare il presidio sulla via di fronte all’ingresso. Il risultato è da considerarsi in fin dei conti positive: non ci sono state azioni violente, i territori sono stati momentaneamente reintegrati, ma il risultato più importante è aver interrotto il frenetico disboscamento da parte dell’impresa Tenda fino alla prossima udienza concordata tra 60 giorni. Dopo più di 40 giorni di resistenza, con la pressione costante e le continue minacce contro la comunità, questo esito, seppur parziale, si può considerare come una vittoria contro la speculazione immobiliare noncurante della cultura, della spiritualità e dei diritti delle popolazioni tradizionali.
Tutti i presenti si sono allontanati dal quartiere Jaraguà, con una sensazione di sollievo e col pensiero rivolto ai possibili eventi che sarebbero potuti accadere dopo l’udienza. Lo stesso pensavano anche i Guarani Mbya.
SENZA PAROLE
Con l’arrivo dell’autunno, la pandemia Coronavirus ha raggiunto anche il Brasile costringendo all’isolamento tutta la popolazione della città di San Paolo.
Per evitare la propagazione della Covid-19, che può causare il collasso del sistema sanitario, anche i sei villaggi dei Guarani Mbya hanno chiuso ogni accesso per proteggere i 720 indigeni che vi abitano. Gli indigeni sono abituati a ricevere, quotidianamente, le visite dei jurua (nella cultura Guarani è il nome dato all’uomo bianco non-indigeno) ai quali trasmettono le proprie tradizioni e i propri costumi. Per garantirsi un sostegno la comunità aveva allestito un mercato per la vendita dei loro prodotti artigianali. Questa attività, nel rispetto dell’ordinanza di isolamento, è stata interrotta quando è iniziata la quarantena.
Ma il 25 marzo scorso si è verificato un episodio increscioso: il personale dell’impresa Tenda entra nel terreno oggetto della speculazione immobiliare e incurante degli accordi pattuiti, inizia ad installare recinzioni, telecamere, lampioni e serbatoi dell’acqua e sostituisce la serratura del portone d’ingresso. L’impresa ha provato a giustificarsi affermando che stavano compiendo solo un’operazione di “pulizia e protezione” al fine di impedire l’entrata degli indigeni nei locali.
Durante la notte del 26, intorno all’una del mattino, come hanno raccontato gli abitanti del villaggio Tekoa Pyau, due poliziotti era alla ricerca di Thiago Karai, il leader più attivo sin dall’inizio del conflitto con l’impresa Tenda. Secondo le segnalazioni degli indigeni, i poliziotti sembravano visibilmente alterati e non avendo mostrato un mandato di cattura contro di lui, Thiago è potuto rimanere con il suo popolo.
Durante il pomeriggio del 26 marzo, le azioni di pulizia e protezione si sono concluse con la polizia militare che aveva accompagnato tutto il processo di installazione degli equipaggiamenti di sicurezza. La società Tenda ha poi dichiarato attraverso una nota ufficiale che: “La Polizia Militare non è stata messa in azione per accompagnare tali servizi. L’equipe della PM già era presente nel luogo dal 10 marzo, da quando la reintegrazione dei terreni espropriati, determinata dal Tribunale di Giustizia dello Stato di San Paolo, era stata compiuta parzialmente.”
Riguardo al fatto di aver realizzato l’operazione proprio durante il periodo di quarantena, la Tenda ha informato che: “è stata mobilizzata una quantità minima di collaboratori, che erano debitamente equipaggiati e orientati per la prevenzione del Covid-19, conforme alle indicazione degli organi sanitari competenti.”
L’equipe Vaidapé (*2), che ha realizzato questo reportage, ha invece osservato che il personale della Tenda non usava maschere o dispositivi di protezione individuale (DPI) per evitare la contaminazione del nuovo virus e nonostante il decreto, una volta riconosciuto lo stato di calamità, prevesse l’interruzione di tutte le attività, eccetto i servizi essenziali.
Nel tardo pomeriggio, si manifesta un clima di tensione. Thiago è indignato, lancia un appello tramite i mezzi di comunicazione: “Davanti alla Corte Federale era stato concordato che l’impresa Tenda non avrebbe potuto più fare alcun tipo di intervento in questo territorio. La polizia viene chiamata per dirmi che non posso entrare nel territorio dove sono nato e cresciuto facendo il bagno nel fiume? In piena pandemia, in un territorio ad alta densità di popolazione, è questo il rispetto? E non ci importa se la polizia o il Governo difenderanno la Tenda, la nostra comunità continuerà a lottare fino all’ultimo guerriero.”
L’impresa Tenda dal canto suo risponde con un comunicato ufficiale: “L’impresa Tenda informa che il processo di recupero dei terreni vicino alla regione di Jaraguá è stato completato con il supporto della PM lo scorso mercoledì (25/03), come stabilito dalla Corte di giustizia dello Stato di San Paolo. Vale la pena ricordare, tuttavia, che la società manterrà l’accordo di interruzione del lavoro fino al 6 maggio, data in cui è prevista una nuova udienza presso il Tribunale federale, dichiarando di possedere tutti i documenti di autorizzazione necessari per la costruzione di alloggi di interesse sociale, che andrà a beneficio di oltre 2.000 famiglie a basso reddito. La società, finora, ha iniziato solo le azioni di salvaguardia e protezione dello spazio e dei suoi dipendenti, tra cui la pulizia, l’installazione di telecamere, pali di illuminazione e serbatoi d’acqua, oltre alla riparazione del cancello anteriore. La società di costruzioni sottolinea che continua a rispettare le domande della comunità indigena ed è aperta al dialogo per una soluzione dell’impasse politico e socio-ambientale, confermando ancora una volta che ripudia qualsiasi atto di violenza per la soluzione dei conflitti. La Tenda rimane a disposizione delle autorità e della società civile per qualsiasi chiarimento.”
I GUARDIANI DELLA FORESTA
“Ho sofferto aggressioni fisiche e psicologiche per il fatto di vivere nel villaggio ed essere indigeno. Questo mi ha causato un grande desiderio di rivolta contro l’ingiustizia, affinché ogni essere umano sia trattato alla pari. Io, purtroppo solo per essere indigeno non lo sono mai stato”. Così si presenta Thiago Henrique Karai Djekupe che attualmente ha 26 anni e ha studiato fuori dal villaggio per tutta la durata della sua formazione. Egli afferma inoltre quanto sia importante coinvolgere anche gli indigeni più giovani nella lotta per la difesa delle tradizioni, contro quel mondo esterno che batte alla porta con i suoi vizi e le sue tentazioni.
Thiago conosce molto bene la storia del suo territorio. La vetta più alta di Jaraguá è sempre stata un punto di riferimento per i Guarani, soprattutto quando migravano nei villaggi presenti sul litorale. Anche durante la colonizzazione portoghese quel luogo è servito come referenza per le spedizioni dei banderaintes (*3) , che mandarono via molti indigeni dalla regione. Soltanto nel 1966, la regione è tornata ad essere occupata dai Guarani e lo stesso anno è stato inaugurato il primo villaggio Tekoa Ytu.
Come ci racconta Thiago, “La Terra Indigena Jaraguà è stata delimitata per la prima volta il 14 aprile del 1987 e con soli 1,7 ettari è la più piccola terra indigena delimitata da un governo latino americano.
Dal 2005, i leader indigeni hanno iniziato a studiare i termini previsti dalla Costituzione brasiliana e hanno iniziato a promuovere uno studio antropologico per comprendere le caratteristiche del territorio. A partire di uno studio effettuato dalla Fondazione Nazionale dell’Indigeno (FUNAI), sono stati riconosciuti 512 ettari che appartengono alla Terra Indigena Jaraguà e la nuova delimitazione è stata firmata dal Governo Federale.”
Sônia Barbosa Ara Mirim, che si è trasferita qui nel 2002, afferma: “Questo villaggio non è mai cambiato, è sempre stato così piccolo. Noi abbiamo sempre sentito la mancanza di una possibile prospettiva di vita; la terra è fertile, perfetta per piantare, ma il poco spazio non ha mai permesso lo sviluppo della comunità”.
Sônia ha una voce calma e posata, tra un tiro e l’altro di cachimbo (*4) ci racconta le storie di lotta dei Guarani nella regione. “Nel 2015, l’area è stata riconosciuta come terra indigena, ma dopo nemmeno due anni, all’inizio del 2017, il governo Temer ha annullato la demarcazione dell’area riconosciuta. In quel momento ci siamo resi conto che dovevamo fare qualcosa per non annullarci. La comunità si è mobilizzata e ha occupato la torre del Parco Statale Jaraguà, punto turistico della capitale, per esigere la fine del mandato di sicurezza del Governo dello Stato e la revoca del decreto legge 683/17, che ha delimitato la terra indigena a soli 3 ettari”.
Dopo vari giorni di lotta gli indigeni hanno ottenuto un’ingiunzione del Ministero Pubblico Federale che ha revocato il decreto legge 683/17, garantendo il territorio di 512 ettari. La terra indigena ha ottenuto una grande vittoria sul Governo Federale.
Thiago ci fa notare quanto sia importante per i Guarani resistere per la preservazione di quel territorio: “Oggi, grazie alle lotte dei nostri parenti, abbiamo quest’area garantita e sei nuclei di villaggi che proteggono il nostro territorio.” “Il picco di Jaraguá è un luogo sacro per noi indigeni e la nostra delimitazione sta seguendo un disegno del cielo che protegge l’area di foresta, Vorrei chiarire che la nostra lotta in difesa del territorio, degli animali e dell’ambiente è costante da quando esistiamo, non è soltanto adesso che siamo contro i progetti dell’impresa Tenda.”
Il giovane leader ci ricorda che i Guarani non sono interessati a discutere la proprietà della terra o revocare l’autorizzazione dell’impresa, ma piuttosto sentono la necessità di garantire il rispetto per le popolazioni indigene e la loro cultura sulla base del dialogo e della partecipazione della comunità, come è previsto dalla legge.
Conclude ricordando: “Mia nonna diceva che i bianchi non sanno usare le parole, ecco perché hanno inventato la carta. E anche con la parola scritta su carta, non sono in grado di rispettarla, per questo scrivono sulla Costituzione ciò che è legge, ma anche così non riescono a rispettare quello che hanno scritto.”
CONTROVERSIA
Il terreno oggetto di disputa tra Guarani Mbya e l’impresa di costruzioni Tenda, interessa un’area di 8.624,59 m², ed è vicino all’ingresso del Parco Statale Pico do Jaraguá. Il Parco dà accesso al punto più alto del comune (1.135 metri sul livello del mare), ed è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco dal 1994 e fa parte della zona conosciuta come la cintura verde della città di San Paolo. Lì nella regione, c’è parte della poca vegetazione autoctona rimasta della foresta Atlantica che rimane ancora in piedi nella regione metropolitana della capitale di San Paolo.
Ed è proprio in questa sede che il Municipio ha concesso un permesso alla Tenda che autorizza la costruzione del grande progetto immobiliare. Il progetto prevede che l’abbattimento di 528 alberi verrà compensato con la piantumazione di 549 piantine direttamente in quell luogo e con la donazione di altre 1.099 piantine al comune.
Con le autorizzazioni in mano e senza alcun coinvolgimento degli abitanti della Terra Indigena Jaraguá, la società Tenda ha iniziato i lavori, iniziando dall’abbattimento degli alberi e della vegetazione. Il 30 gennaio, dopo soltanto due giorni di lavoro, i dipendenti della Tenda avevano già tagliato più di 500 alberi. Tra le specie che sono andate perdute, c’è il cedro, considerato sacro dai popoli Guarani. “Tagliare un albero per noi è sempre stato un rituale, perché è la fine di una vita. Il cedro, ad esempio, è l’albero con cui facciamo una cerimonia all’anno e che dà il nome ai bambini di un anno del popolo Guarani”, spiega Thiago Karai, leader locale, durante un’intervista rilasciata alla rivista Vaidapé.
Per salvaguardare la loro cultura, gli indigeni hanno occupato la terra e hanno impedito la caduta di altri alberi sacri, e hanno iniziato un periodo di preghiera con cerimonie di lutto per il “gli spiriti della foresta abbattuta” e preghiere dedicate a Nhanderu. Oltre alle cerimonie, la comunità ha piantato più di 800 piantine per tentare di recuperare l’enorme danno ambientale causato dalla società Tenda.
La cerimonia si sarebbe dovuta svolgere durante il periodo di luna nuova, ma ciò non è stato possibile poiché la Tenda ha ottenuto un’ingiunzione preliminare per il recupero dell’area, emessa dalla Giustizia dello Stato di San Paolo, al fine di rimuovere gli indigeni dal luogo. Dopo un primo tentativo fallito per riconquistare il territorio il 6 febbraio, la giustizia ha ordinato alla polizia militare di rimuovere i membri dell’occupazione Yary Ty dalla terra il 10 marzo. Fu allora che il lutto divenne una lotta.
Da allora, i Guarani Mbya hanno fatto causa ai tribunali per impedire la costruzione del progetto e per garantire i diritti delle popolazioni tradizionali. I leader denunciano che la Tenda ha dichiarato un impatto molto minore sull’ambiente rispetto a quello che sarà poi realmente realizzato e che l’intero progetto potrebbe portare all’abbattimento di 4.000 alberi.
La comunità indigena afferma di non rivendicare la proprietà della terra, che appartiene alla Tenda, ma che perlomeno possano essere condotti degli “studi di impatto ambientale e socio-culturale della componente indigena presente”, i quali sarebbero obbligatori per la realizzazione di qualsiasi tipo di opera ma soprattutto su di una terra indigena. I leader sostengono che l’autorizzazione rilasciata dal Municipio non rispetta la legge federale, la quale prevede che qualsiasi tipo di opera svolta nel raggio di 8 km da una terra indigena ben delimitata debba poter avvenire soltanto dopo aver effettuato uno studio preliminare sull’impatto socio-ambientale specifico per la comunità tradizionale. (Decreto interministeriale 060/2015)(*5). Anche la Convenzione Internazionale 169 da OIT (*6)– approvata dal Congresso Nazionale – prevede che qualsiasi azione statale che possa impattare negativamente e ferire una comunità tradizionale deve avere una consultazione preventiva, informata e in buona fede con la popolazione interessata.
Nel caso di quella terra, che si trova a 200 metri dall’ingresso del villaggio, gli indigeni affermano che il progetto causerebbe l’interruzione del corso d’acqua Ribeirão das Lavras, il quale scorre su aree di conservazione permanente ed è di fondamentale importanza per svolgere per la vita della comunità (cerimonie, svago e approvviggionamento idrico). Perciò, sarebbe imprescindibile consultare direttamente la comunità per valutare la fattibilità del lavoro.
L’impresa Tenda infine, mediante una nota, afferma di aver acquisito legalmente il terreno e che “possiede tutti i documenti necessari per dare l’inizio all’opera” e che il progetto porterà infrastrutture e servizi igienico-sanitari di base nella regione, oltre a beneficiare fino a 2 mila famiglie a basso reddito, la maggior parte delle quali guadagna fino a 3 salari minimi, con 880 famiglie nella prima fase del progetto, attraverso del programma MCMV (Minha Casa, Minha Vida, Mia casa Mia Vita). ”
PARCO ECOLOGICO YARY TY
Il sogno della comunità indigena Jaraguá è quello di avere successo nella controversia con l’impresa Tenda per il rispetto delle decisioni legali già intraprese dalla Corte Federale. Tutti i leader mobilitano i loro sforzi per una vittoria in tribunale. Ciò che i Guarani Mbya vorrebbero vedere nel territorio in cui molti di loro sono cresciuti correndo e facendo il bagno nel fiume, è la completa conservazione del territorio con la creazione del Parco Ecologico Yary Ty. L’idea è quella di rivendicare la conservazione della vegetazione locale e la necessità di creare un parco ecologico, convincendo il governo al trasferimento dell’impresa in un’altra area di San Paolo. Thiago spiega che i Guarani intendono organizzare nel Parco ecologico di Yary Ty corsi di agricoltura sostenibile rivolti ai non indigeni. Un progetto del consigliere comunale Eliseu Gabriel (PSB, Partito Socialista Brasiliano), presentato a febbraio di quest’anno, prevede la destinazione del terreno per la costruzione di un parco comunale in collaborazione con la comunità indigena. Ma l’impresa Tenda non accetta negoziare in questi termini e afferma che “questa è un’area privata, acquisita nel giugno 2017 dalla Tenda”. Il popolo Guarani Mbya non mostra segni di resa ed è pronta a difendere con ogni mezzo il proprio territorio. La Tenda, invece, sembra pronta a procedere con l’opera a tutti i costi. Pertanto, il muro contro muro continua.
Nel frattempo, Thiago non perde la speranza di avere un altro possibile futuro per Miguel, suo figlio e per i tanti altri bambini indigeni della Terra Indigena Jaraguá.
E ci ricorda, citando Ailton Krenak (*7), che “prendendosi cura dell’ambiente, riusciremo a rimandare la fine del mondo”.
(*1) – Secondo la tradizione Guarani, Nhanderu è il creatore della terra, Dio nel quale confidano i loro destini.
(*2) – La rivista Vaidapé è un collettivo di comunicazione indipendente creato nel 2012 nella città di São Paulo. In lotta per per la democratizzazione dei mezzi di comunicazione, lo scopo del gruppo è raccontare temi tenuti lontani dai riflettori dei media ufficiali. A difesa dei diritti umani, denunciano la violenza delle istituzioni e raccontano storie dalle periferie della città..
(*3) – Bandeirantes è il nome dato ai sertanisti del periodo coloniale, che, dall’inizio del XVI secolo, penetrarono all’interno del Sud America alla ricerca di ricchezza minerale, in particolare oro e argento, abbondante nell’america Spagnola. Rimasero famosi nella storia per schiavizzare la popolazione indigena e per lo sterminio di quilombos (villaggi costruiti dagli schiavi africani per rifugiarsi e praticare, di nascosto ai colonizzatori, la propria cultura)
(*4) – Pipa indigena.
(*5) – Decreto interministeriale.
(*6) – Convenzione Internazionale 169
(*7) – Alton Krenak è un leader indigeno, ambientalista e scrittore brasiliano. É considerato un caposaldo del movimento indigeno brasileiro, riconosciuto a livello internazionale, fa parte dell’etnia Crenaque della zona nord dello stato di Minas Gerais.