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Francia. Le problematiche della riapertura delle scuole

Il contesto

Il 14 aprile, il Presidente Macron ha annunciato che l’11 maggio si sarebbe concluso il periodo di confinamento. Nel suo annuncio, non aveva descritto alcun punto fondamentale della cosiddetta Fase 2. In un discorso vago, infarcito più di sentimentalismo che di una chiara prospettiva per il dopo, solo un’informazione importante è stata data: anche le scuole (asili, elementari, medie, licei, ma non università) avrebbero riaperto in tale data. L’informazione è stata fatta penetrare nel discorso quasi in sordina, in una locuzione nebulosa dove forse un annuncio di tale portata avrebbe dovuto perdersi e confondersi. La dichiarazione tuttavia non può che sorprendere: solo il 12 marzo il Presidente aveva dichiarato che secondo le direttive del Comitato scientifico le scuole rappresentano il luogo di maggior diffusione del virus e per questa ragione avrebbero dovuto chiudere a partire dal 16 marzo. Quello stesso Comitato scientifico il 14 aprile non viene preso in considerazione. Come informano alcune indiscrezioni apparse anche sul quotidiano Le Monde, Macron decide di testa propria, non informa nemmeno il Ministro dell’Istruzione Blanquer della propria scelta e del contenuto del proprio annuncio. La scelta di Macron viene giustificata attraverso onorevoli quanto ipocrite ragioni di uguaglianza sociale. La riapertura avverrà per permettere agli alunni maggiormente in difficoltà (sociale, economica, scolastica) di poter riaccedere all’istruzione, laddove l’insegnamento a distanza mostra i propri limiti: mancanza o insufficienza di strumenti informatici presso le famiglie economicamente più svantaggiate.

In questo quadro di incertezza creato da una dichiarazione silenziosa e roboante al contempo, cresce il dibattito attorno alla riapertura delle scuole: i sindacati degli insegnanti in maniera unanime (da quelli filo-governativi come l’UNSA, ai più radicali come SUD) si schierano contro il concreto pericolo sanitario per i lavoratori del comparto scolastico, gli alunni e le loro famiglie, così come larga parte dei genitori non è favorevole al rientro a scuola dei propri figli. Nel mentre, il governo inizia ad abbozzare possibili fumose, incerte e poco rassicuranti norme di sicurezza: si parla di classi dimezzate (non più di 15 alunni), si parla di mascherine per tutti, poi solo per gli insegnanti. Il governo giunge persino ad avanzare per bocca del suo Ministro della Salute Véran dubbiose teorie scientifiche: i bambini non sono contagiosi, gli asintomaci sono poco contagiosi. Tutto ciò avviene nell’attesa della preparazione di un piano concreto e dettagliato per la Fase 2 che deve essere annunciato e votato dal parlamento entro la fine del mese di aprile, precisamente il 28 aprile. Ancora una volta il Comitato scientifico si riunisce e prepara il 20 aprile un documento in cui esprime la propria contrarietà alla riapertura l’11 maggio delle scuole sottolineandone i rischi sanitari concreti (il documento verrà tenuto nascosto dal governo sino al 25 aprile), esprimendosi per una ripresa della “didattica in presenza” soltanto a partire dal prossimo settembre. I sindacati, impugnando tale documento, chiedono un incontro con il governo prima della votazione: se a inizio aprile l’incontro era stato rifiutato ora viene relegato ad un breve appuntamento subito a ridosso della votazione e in molti per ovvie ragioni lo boicottano. Alle ore 15 del 28 aprile il Primo Ministro Philippe si rivolge al parlamento e presenta il piano per la Fase 2: gli asili nido e le scuole elementari verranno riaperte su tutto il territorio nazionale a partire dall’11 maggio, dal 18 maggio rientreranno le classi di prima e seconda media solo nelle zone “verdi” (quelle dove la circolazione del contagio è ritenuta bassa e/o controllabile, anche se i criteri di definizione delle zone rosse e verdi non vengono chiariti), mentre i licei resteranno chiusi sino a data da destinarsi. Ovviamente, saranno i genitori a decidere se inviare i figli a scuola, ovvero il rientro scolastico sarà su base volontaria.

I nodi critici

Malgrado lo scomposto e timido passo indietro finale, il governo decide quindi di portare avanti il proprio progetto di riapertura delle scuole. Tale decisione, mossa da apparenti alte e nobili motivi di uguaglianza sociale e di diritto all’istruzione, tuttavia nasconde la priorità di rilanciare l’industria, i servizi e, in generale, tutta l’economia del paese. La riapertura delle scuole significa per i genitori la possibilità di ritornare al posto di lavoro. A partire da questo dato si sollevano importanti criticità.

Il ritorno a scuola su base volontaria

Macron alludendo alle diseguaglianze sociali ha inavvertitamente richiamato quello che risulta essere uno dei problemi centrali del rientro a scuola su base volontaria (lapsus freudiano?): i figli di coloro che fanno un lavoro che non può essere effettuato a distanza (in primo luogo, chi svolge lavori manuali e di fatica, per cui il telelavoro è impossibile), non avranno alcuna scelta e dovranno rientrare a scuola. Le classi sociali più deboli verranno pertanto messe maggiormente in pericolo. La scuola sembra proprio riaprire per loro.

Il doppio lavoro degli insegnanti

Agli insegnanti viene richiesto di proseguire il lavoro a distanza con gli alunni che non si presenteranno a scuola e di svolgere al contempo il proprio lavoro in presenza con coloro che saranno di ritorno a scuola. Evidente che i documenti e le attività preparate per un insegnamento a distanza non possono essere gli stessi di quello in aula, così che il Ministero richiede un vero e proprio doppio lavoro agli insegnanti.

La comunicazione del Ministero

Durante queste settimane, neppure dopo il voto del 28 aprile, gli insegnanti non hanno mai ricevuto circolari ufficiali da parte del Ministero, né rispetto alla didattica né rispetto alle norme sanitarie. Le informazioni avute sono passate in modo informale attraverso i media, dove il Ministro dell’Istruzione Blanquer ha saputo diffondere indicazioni (vaghe), informazioni contradditorie (molte) al corpo insegnante e alle famiglie. Il Primo maggio è stato svelato un protocollo di ripresa scolastico (ancora una volta sulla stampa e non per vie ufficiali), concertato con sindacati e amministratori locali e basato sulle direttive del Comitato scientifico (lo stesso che aveva detto che non bisogna riaprire ma che di fronte all’irresponsabilità del governo ha dovuto comunque dare qualche direttiva per salvare il salvabile). Il protocollo non è stato inviato agli insegnanti ed è apparso solo su alcuni quotidiani online, ma il Ministro assicura che sarà reso noto nel dettaglio tra il 4 e il 7 maggio. Ci si dovrebbe chiedere come sia possibile preparare un protocollo di tale portata e con così tanti attori sociali in gioco in così pochi giorni.

L’impossibilità di mettere in pratica le norme di sicurezza nel contesto scolastico

Il Ministero non ha ancora descritto con precisione le norme sanitarie che dovranno essere rispettate (a meno di 10 giorni dalla riapertura questo inizia a risultare più inquietante che pressapochista), le informazioni giunte a mezzo stampa delle direttive del protocollo sanitario restano vaghe. Tuttavia, si vocifera di gruppi non superiori ai 15 alunni e mascherine e gel idro-alcolico per il personale. Le mascherine per i lavoratori dovrebbero essere del modello FFP2, evidente che questo non sarà possibile (non ce ne sono). 15 alunni in aula di 70 m2 risultano comunque troppi: impossibile distanziarli adeguatamente e per ragioni di sicurezza le finestre delle aule non possono essere interamente aperte. Ma anche eludendo tale problema o trovando soluzioni miracolose, resta il problema dei trasporti scolastici, le mense, il cortile, l’entrata e l’uscita da scuola degli alunni, gli assembramenti di fronte alla scuola (sfolliamo i gruppuscoli di alunni che si radunano per chiacchierare?), i corridoi larghi non più di due metri e mezzo nei quali gli alunni si incrociano, si scontrano e si spingono durante i cambi dell’ora, all’inizio o al termine della giornata scolastica. Il protocollo sopra citato riporta delle norme fuori da ogni possibile contesto di realtà: ad esempio, un libro sfogliato da un alunno dovrebbe rimanere “a riposo” cinque giorni prima che possa essere toccato da un altro alunno, dovrebbero essere introdotti dei sensi di circolazione di entrata e uscita nelle aule, si dovrebbero vietare gli incontri tra genitori o tra alunni davanti scuola (impedire che degli adolescenti parlino e interagiscono!). Intanto Olivier Véran continua a rassicurarci: i minori di 15 anni non sono contagiosi. Tale tesi scientifica, proposta dal Ministro come verità oggettiva, non è mai stata verificata. Questo mentre l’ospedale Necker di Parigi conferma il legame tra il Covid-19 e la sindrome
di Kawasaki nei bambini.

Conclusioni

A partire da questi fatti, si possono avanzare alcune conclusioni

Riapertura scolastica e ripresa dell’economia

La riapertura delle scuole presenta un importante rischio sanitario, confermato dal Comitato scientifico e dell’ordine dei medici di base. Il rischio non si riduce unicamente al personale scolastico, agli alunni e alle loro famiglie; il pericolo è per tutto il paese in quanto la scuola è il maggiore vettore del contagio. Innanzitutto perché la maggior parte dei giovani presenta forme asintomatiche della malattia, in secondo luogo perché la scuola è un sistema che mette in moto quasi l’intero paese (i lavoratori dei trasporti pubblici, un milione di lavoratori della scuola, milioni di alunni e quindi milioni di genitori, famiglie d’accoglienza), infine perché le norme sanitarie presso un complesso scolastico (soprattutto all’asilo nido, nelle scuole elementari e medie inferiori) sono pressoché inapplicabili. Il governo per recuperare qualche punto del PIL ha quindi deciso di rischiare un acceleramento della ripresa del contagio durante la fase 2. Resta da chiedersi se tale decisione non sia stata presa con la coscienza che un’eventuale ulteriore chiusura per rallentare una seconda ondata dei contagi (dovuta ad un’incosciente riapertura) sarebbe economicamente meno dolorosa durante il mese di agosto quando molti lavoratori sarebbero comunque in ferie.

Classismo

La scelta della riapertura delle scuole, come già era stato sottolineato, mette a rischio prima di tutto le fasce sociali più deboli: coloro che non possono permettersi di mantenere a casa i figli, poiché non posseggono né gli strumenti economici per pagare un/una baby-sitter né possono lavorare a distanza. Tutto questo è stato con furbizia mascherato da nobili intenzioni: permettere l’accesso all’istruzione a chi è più svantaggiato. Questa motivazione ipocrita non può certo nascondere né cancellare le precedenti riforme del mondo dell’istruzione, sia secondaria che universitaria, le quali hanno approfondito e aggravato in maniera notevole le disuguaglianze sociali. Facciamo riferimento in particolare all’introduzione del ParcourSup, implementato nel quadro della riforma della Loi Orientation et Réussite des Étudiants, il quale predetermina le possibilità di avanzamento educativo e formativo degli studenti e delle studentesse sulla base di meccanismi di valutazione non solo legati ad una logica “meritocratica”, ma anche sulla base di fattori come il liceo di provenienza, il percorso di studi seguito, le competenze dimostrate in alcune materia piuttosto che in altre.

Diritto allo studio

La decisione di riaprire precipitosamente le scuole giustificata dalle disuguaglianze sociali, porta involontariamente in sé una dolorosa verità. Il governo sembra infatti essersi reso conto solo in uno stato emergenziale delle profonde disparità nell’accesso agli strumenti informatici. Un numero importante di alunni non possiede un computer o è costretto a condividerlo con numerosi altri membri della famiglia. Solo alcune regioni o province hanno adottato negli anni precedenti dei sistemi di prestito di computer validi per gli anni della scolarizzazione. Se molti alunni hanno riscontrato importanti problemi nel loro percorso scolastico in questa fase di emergenza, le ragioni vanno ricercate anche in queste negligenze che mostrano ora il loro aspetto più feroce.

Democrazia e autoritarismo

La gestione del dibattito circa la riapertura scolastica, il rapporto con le controparti sociali, la votazione in parlamento delle misure per la Fase 2, mostrano ancora una volta il disprezzo per la discussione democratica e l’arroganza del governo. Le richieste della CGT di un incontro all’inizio del mese di aprile sono passate completamente sotto silenzio; a seguito dell’annuncio della riapertura scolastica alcun sindacato è stato incontrato dal governo, gli insegnanti non sono stati interpellati e nemmeno i presidi (il cui sindacato maggioritario aveva avanzato forti preoccupazioni riguardo alla riapertura). Inoltre, il Ministro dell’Istruzione ha comunicato con il personale docente attraverso i media in un continuo gioco di affermazioni e negazioni. Mentre il Comitato scientifico, peraltro voluto dallo stesso Macron all’inizio della crisi sanitaria, non è stato ascoltato ed il documento del 20 aprile è stato tenuto nascosto per cinque giorni. Viene quindi spontaneo porsi una domanda, tanto ragionevole quanto fondamentale: su che base scientifica allora è stata stabilita la data della riapertura delle scuole a partire dall’11 maggio? Nessuna, solo per ragioni prettamente economiche e punti di PIL da recuperare il prima possibile. Infine, il 28 aprile il governo ha preteso e obbligato il Parlamento a votare un decreto contenente le misure per la Fase 2 dopo una discussione durata appena tre ore, senza lasciare il tempo al parlamento di riflettere e proporre eventuali modifiche, provocando l’astensione di una gran parte dei parlamentari. Il Primo Ministro Philippe ha sottolineato durante il suo discorso che avrebbe potuto presentare il pacchetto di misure in diretta televisiva ma che “per rispetto delle istituzioni” ha preferito farlo in Parlamento. Tutto ciò avanza un’ombra preoccupante sul futuro della democrazia e delle libertà sociali, questo in un sistema già fortemente infragilito dallo stato di emergenza decretato a seguito degli attentati al Charlie Hebdo e mai revocato (ricordiamo che secondo le norme costituzionali non avrebbe potuto durare più di sei mesi).

Alcune soluzioni possibili

A fronte di tutto questo, il problema della cura e dell’istruzione dei minori continua a porsi e né la soluzione italiana di un timido bonus baby-sitter né quella francese di una ripresa forzata con i più fragili esposti ai rischi maggiori sembrano essere strade percorribili. In tale quadro pensare ad un aiuto più consistente alle famiglie per poter delegare la cura del minore a terzi durante il tempo di lavoro potrebbe essere una possibile soluzione. Ciononostante, non bisogna assolutamente dimenticare le situazioni di violenza famigliare dove a causa del confinamento i minori hanno subito importanti violenze domestiche per un periodo lungo e continuativo. A tale proposito si potrebbe pertanto pensare a dei centri ricreativi di accoglienza per minori, dei gruppi estremamente ridotti gestiti su base comunale e con l’eventuale collaborazione esterna delle scuole, questo alfine di mutualizzare risorse e spazi.

Quanto sta accadendo sembra rispondere ad un primordiale meccanismo interno al sistema capitalista, per quanto ci si trovi oggi all’interno della sua ennesima evoluzione (quella finanziaria). La sottomissione del corpo e della sua salute all’imperativo economico, assunta come principio ascetico a cui delegare una gioia futura in relazione all’accumulo di denaro. A questo proposito, si potrebbe quindi ricordare un passaggio dei Manoscritti economico-filosofici di Marx che risuona attuale:

“L’economia, nonostante il suo aspetto mondano e voluttario, è una scienza realmente morale, la più morale delle scienze, perché ha come suo dogma la rinuncia a se stessi, la rinuncia alla vita e a tutti i bisogni umani. Quanto meno mangi, bevi, compri libri, vai a teatro, al ballo e all’osteria, quanto meno pensi, ami, fai teorie, canti, dipingi, verseggi ecc., tanto più risparmi, tanto più grande diventa il tuo tesoro […] il tuo capitale. […] Tutto ciò che l’economia ti porta via di vita e di umanità, te lo restituisce in denaro e in ricchezza”.

*di Potere al Popolo Parigi

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