EsteroNewsNewsletter Tricontinental

UN OMAGGIO A TUTTI COLORO CHE HANNO LOTTATO PER UN MONDO MIGLIORE E SONO MORTI GIOVANI

A luglio, pochi giorni dopo il centenario della nascita di Frantz Fanon, ho pranzato con sua figlia, Mireille Fanon Mendès-France. Quando parlando ho detto che Fanon era morto così giovane, a trentanove anni, Mireille mi ha subito corretto: No, trentasei. Anche solo tre anni in più sarebbero stati un dono per lui, perché avrebbe potuto portare a termine altri lavori e trascorrere più tempo con la sua famiglia; e per noi, perché avremmo potuto leggere il libro che sarebbe seguito a I dannati della terra, magari un’opera su come costruire un progetto nazionale che non cade nella trappola del nazionalismo miope. Ma non è stato così.

Pensando alla mia conversazione con Mireille e all’eredità lasciata da suo padre, ho chiesto al team di Tricontinental: Institute for Social Research di aiutarmi a stilare un elenco di leader rivoluzionari e intellettuali morti prima dei quarant’anni. I nomi sono venuti fuori uno dopo l’altro e, prima che me ne rendessi conto, avevo davanti a me diverse pagine, un memoriale digitale di persone assassinate per le loro idee, un elenco che andava da Josina Machel (25 anni) del Mozambico a Che Guevara (39 anni) di Cuba. Ero tentato di pubblicare una versione breve dell’elenco in questa newsletter, ma ho deciso di non farlo. Come si può abbreviare un elenco già inadeguato, visto che così tante persone, leader e intellettuali in così tanti posti del mondo sono stati assassinati dalle immense strutture di repressione create dal sistema imperialista?

Invece di produrre una lista inadeguata, ci soffermiamo un attimo su Fanon, che durante la sua breve vita ha pubblicato due libri: nel 1952 Pelle nera, maschere bianchi e I dannati della terra nel 1961, pochi mesi prima della sua morte. Altri due scritti, Un colonialismo morente del 1959 [pubblicato in francese e italiano in L’anno V della rivoluzione algerina], e Per la rivoluzione africana, una raccolta di saggi redatti tra il 1952 e il 1961, sono stati pubblicati postumi nel 1964.

È impossibile prendere la totalità dell’opera e dire che questo è Fanon, che tutto ciò che ha prodotto e fatto – la sua pratica psichiatrica, il suo lavoro per il movimento di liberazione algerino – corrisponda al contributo da lui dato. Gli studiosi trattano Fanon come un’opera completata, ma in realtà non è così. La chiarezza dell’argomentazione nel suo ultimo libro aveva aperto nuovi percorsi di ricerca che avrebbe potuto intraprendere dopo il 1961 soprattutto alla luce dei limiti interni ed esterni imposti agli Stati post-coloniali – se la sua vita non fosse stata inaspettatamente stroncata.

Cinque anni fa, a marzo del 2020, Tricontinental: Institute for Social Research ha pubblicato un dossier su Fanon, The Brightness of Metal. Il dossier presenta una tesi provvisoria sul pensiero di Fanon in riguardo alla liberazione nazionale. Ma è solo provvisoria: la teoria di Fanon è rimasta incompleta al momento della sua prematura scomparsa.

Gli elementi del libro che doveva essere pubblicato a seguito di I dannati della terra vengono già menzionati nel saggio scritto da Fanon dopo l’assassinio del trentacinquenne Patrice Lumumba, il 17 gennaio 1961. Pubblicato su Afrique Action nel febbraio 1961, l’argomento di “La morte di Lumumba: avremmo potuto fare diversamente?” è riassunto in un paragrafo potente:

Il nostro errore, l’errore che noi africani abbiamo commesso, è stato quello di dimenticare che il ritiro del nemico non è mai sincero. Non capisce mai. Si arrende, ma non si converte.

Il nostro errore è stato quello di credere che il nemico avesse perso la sua combattività e la sua pericolosità. Se Lumumba è d’intralcio, Lumumba scompare. L’imperialismo non ha mai esitato a uccidere.

Infatti, l’imperialismo non è mai buono o umanitario.

Nel suo saggio su Lumumba, Fanon cita anche altri due nomi, senza però approfondirli: “Guardate ben M’hidi, guardate Moumié, guardate Lumumba”.

Mohammed Larbi ben M’hidi (1923-1957) è stato uno dei sei membri fondatori del Fronte di Liberazione Nazionale algerino (FLN). Conosciuto come “Larbi il Saggio”, è stato il comandante della zona militare Wilaya V nella regione di Orano e in seguito ha guidato il FLN nella battaglia di Algeri. Fu catturato nel febbraio del 1957, brutalmente torturato e giustiziato un mese dopo all’età di trentatré anni. La Francia non poteva tollerato questo integro algerino.

Félix-Roland Moumié (1925-1960) ha guidato l’Unione dei Popoli del Camerun durante la lotta per l’indipendenza del Paese, scoppiata nel 1955. Come in Algeria, la repressione francese in Camerun fu diabolica e provocò la morte di decine di migliaia di persone in duri attacchi contro centri civili. Questa storia è stata in gran parte dimenticata. Moumié fu assassinato a Ginevra da un membro dei servizi segreti francesi, che lo avvelenò con del del metallo pesante, il tallio. Aveva trentacinque anni.

La morte di M’hidi, Moumié e Lumumba – Fanon li aveva conosciuti personalmente tutti e tre – sottolinea la brutalità dell’imperialismo. Se all’orizzonte appare un radicale che guida un popolo verso la sovranità, allora non si può permettere che sopravviva. Lumumba era un radicale, un uomo “venduto all’Africa”, scriveva Fanon, intendendo che il suo cuore era con il popolo africano e non era stato venduto all’imperialismo. Ecco perché fu ucciso.

Belgio, Gran Bretagna, Francia e Portogallo si rifiutarono di ritirarsi pacificamente dalle loro colonie africane. Utilizzarono ogni tattica, comprese quelle usate dai nazisti e dai giapponesi nella seconda guerra mondiale, che furono successivamente dichiarate crimini di guerra durante i processi rispettivamente di Norimberga e Tokyo. Se la definizione utilizzata in questi processi fosse stata applicata alle guerre coloniali nel continente africano, dall’Algeria al Camerun, i leader militari e civili di questi Paesi europei sarebbero stati impiccati.

Il generale Tomoyuki Yamashita dell’esercito imperiale giapponese, ad esempio, fu impiccato nel 1946 dopo che il tribunale di Tokyo lo aveva dichiarato colpevole in base al principio della responsabilità di comando (in seguito noto come Standard Yamashita) per le atrocità commesse dalle sue truppe contro le persone civili nelle Filippine. Se questo standard fosse stato applicato in modo coerente, il feldmaresciallo britannico Gerald Walter Robert Templer sarebbe stato impiccato per il suo ruolo nell’Emergenza malese (1948-1960) in cui gli inglesi costruirono campi di internamento e applicarono metodi di guerra usando diserbanti contro la popolazione civile, perfino prima dell’utilizzo di Agent Orange da parte degli Stati Uniti in Vietnam.

Con lo stesso metro di giudizio, i generali francesi Jean-Marie Lamberton e Max Briand sarebbero stati impiccati per il loro ruolo nella guerra in Camerun (1955-1964), dove le forze armate francesi usarono estrema brutalità contro gli insorti e i civili, compresi massacri documentati e decapitazioni come arma psicologica.

Ma, naturalmente, questi generali sono tutti morti con le medaglie al collo.

È importante ricordare che verso la fine della guerra, il 13 febbraio 1960, i francesi testarono la loro bomba atomica a Reggane, in Algeria, nel deserto del Sahara, affermandosi come quarto Paese al mondo a possedere armi nucleari. Nel 1963, la Francia rifiutò di aderire al Trattato di divieto parziale dei test nucleari. L’Algeria ottenne l’indipendenza nel 1962, ma la Francia mantenne un contratto di locazione quinquennale per continuare i test nucleari a Reggane, cosa che effettivamente continuò a fare fino al 1966. Successivamente, la Francia trasferì i suoi test agli atolli di Fangataufa e Moruroa nell’Oceano Pacifico, dove condusse 193 test nucleari nei successivi trent’anni.

Mentre la Francia testava le sue bombe atomiche a Reggane, Fanon scriveva in I dannati della terra: Quelle somme letteralmente astronomiche che vengono investite nelle ricerche militari, quegli ingegneri trasformati in tecnici della guerra nucleare potrebbero, in quindici anni, aumentare il livello di vita dei paesi sottosviluppati del 60 per cento. Sebbene parlasse dei test in termini economici, avrebbe potuto benissimo farlo in termini di minacce politiche: se gli omicidi non funzionavano, la Francia poteva sempre ricorrere alla bomba atomica contro le sue colonie ribelli.

Fanon incontrò Lumumba e Moumié a nome del governo provvisorio dell’Algeria alla Conferenza panafricana di Accra organizzata dal primo ministro ghanese Kwame Nkrumah nel 1958. Parlarono della necessità delle lotte di liberazione nazionale, del modo migliore per proteggersi dalla brutalità delle forze imperialiste e di come superare i tentacoli della struttura neocoloniale. Fanon era interessato alla creazione di una Legione africana, una forza militare per le guerre di liberazione del continente che sarebbe stata addestrata dagli algerini e dai loro alleati. Nei suoi appunti su questi incontri, Fanon scrisse della morte di Moumié:

Una morte astratta che colpisce l’uomo più concreto, più vivo, più impetuoso. Il tono di Félix era sempre alto. Aggressivo, violento, pieno di rabbia, innamorato del suo Paese, odiava i codardi e i manipolati. Austero, duro, incorruttibile. Un concentrato di spirito rivoluzionario racchiuso in sessanta chili di muscoli e ossa.

Queste frasi su Moumié potrebbero benissimo definire Fanon.

La causa ufficiale della morte di Fanon è una polmonite bronchiale, ma questo è solo ciò che dice il certificato. C’era un uomo della CIA, C. Oliver Iselin, presente quando morì. Le cose vanno così.

Con affetto,
Vijay

*Traduzione della trentaduesima newsletter (2025) di Tricontinental: Institute for Social Research.

Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.

Chi è Vijay Prashad?

Related posts
EsteroNewsNewsletter Tricontinental

LE SANZIONI UNILATERALI E ILLEGALI UCCIDONO MEZZO MILIONE DI CIVILI ALL'ANNO

EsteroNewsNewsletter Tricontinental

POSSONO I PAESI PIÙ POVERI COSTRUIRE UNA NUOVA ARCHITETTURA PER LO SVILUPPO E LA SOVRANITÀ?

EsteroNewsNewsletter Tricontinental

LA PACE E LO SVILUPPO SONO MEGLIO DELL'AUSTERITÀ E LA GUERRA

EsteroNewsNewsletter Tricontinental

CHI DICE CHE UNA PIUMA DI GALLINA NON PUÒ VOLARE IN CIELO?

Lascia un commento