Catanzaro - La funzione rieducativa della pena

10dic17:0020:00Catanzaro - La funzione rieducativa della pena#accettolasfida

Sala giunta - Provincia di Catanzaro

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LUNEDI’ 10 DICEMBRE ALLE 17:00, ALLA SALA GIUNTA DELLA PROVINCIA, INIZIATIVA DI POTERE AL POPOLO CATANZARO IN OCCASIONE DELLA GIORNATA NAZIONALE CONTRO L’ERGASTOLO.

In occasione dell’anniversario della dichiarazione dei diritti dell’uomo, in tutta Italia, su impulso dell’Associazione Liberarsi, sarà celebrata la giornata contro l’ergastolo. I detenuti e le detenute parteciperanno attivamente all’iniziativa facendo sentire la loro “voce” attraverso il digiuno.
A Catanzaro abbiamo organizzato un incontro per far conoscere cosa significhi in concreto la condanna alla “pena perpetua”, per costruire percorsi di solidarietà e far sentire la propria vicinanza a chi è condannato “a fine pena mai”.
Ne parleremo con Sandra Berardi dell’Associazione Yairahia Onlus, con Orlando Sapia (attivista Potere al Popolo e avvocato), con Mariantonietta Di Cello (avvocato e membro del coordinamento nazionale di Potere al Popolo) e con Domenico Bilotti (docente UMG).
A moderare ci sarà Bruno Mirante (giornalista).
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Diverse saranno le iniziative organizzate a livello territoriale da Potere al popolo nella giornata del 10 dicembre al fine di testimoniare il proprio impegno per sollecitare l’eliminazione dal nostro ordinamento giuridico di una pena incongrua, anacronistica, inumana ed illegale perché violativa dei principi costituzionali.

In numerosi paesi Europei tale istituto è stato da tempo abolito (Portogallo, Croazia, Norvegia, Serbia, Bosnia); in altri (Francia, Austria, Germania, Danimarca, Belgio, Regno Unito), è stata fortemente attenuata – anche in linea con la sentenza della Corte Europea dei diritti umani del 9 luglio 2013 – attraverso l’introduzione di concreti meccanismi di “riscatto” in favore del condannato.
Nel nostro paese invece si va affermando sempre più l’aberrante scelta politica di utilizzare il carcere in generale (“certezza della pena”) e l’ergastolo in particolare (“buttare via la chiave”) come arma deterrente da esibire ed utilizzare in una realtà sociale di crisi diffusa.

“La certezza della pena” e “buttare via la chiave” diventano slogan propagandistici con l’obiettivo di canalizzare rabbia e frustrazione di interi strati sociali verso ogni forma di devianza.

Contro questo angosciante ritorno all’Italia lombrosiana del secondo ottocento è nostro dovere essere solidali con le lotte e le aspirazioni degli ergastolani, denunciare tutti i dispositivi sanzionatori applicati nei loro confronti ed ostacolare il tentativo di trasformare le persone con fine pena mai in morti viventi, rivendicandone l’appartenenza alla società civile.

L’ergastolo va abolito perché inumano e degradante.

La vita dell’essere umano è determinata da un continuo fluire, da una continua modificazione: nessuno è mai ciò che è stato, né – tanto meno – può essere perpetuamente considerato per quanto egli abbia compiuto in una fase specifica della propria esistenza. Il trascorrere del tempo tutto cambia e modifica con manifesta inesorabilità: il pensiero, il carattere, le attitudini, le modalità del proprio agire.

La complessità della persona umana, se positivamente stimolata, è in grado di far affiorare parti sconosciute e nuove dimensioni dell’uomo; negare all’individuo tale possibilità evolutiva equivale a condannarlo ad un continuo presente-passato privo di senso, rendere sterile la conoscenza di se stesso, costringerlo ad una condizione statica e irrevocabile di vuoto permanente, assimilabile alla definitività della morte.

Una pena che non si adegui al cambiamento della persona, che non abbia un termine per quanto lungo di espiazione, è una pena di tale irrevocabile sproporzione che, anziché essere espressione di giustizia, finisce con l’assumere i connotati della irrazionalità, propri della vendetta (ne è esempio, tra i tanti, la condizione dei detenuti politici del ciclo di lotte degli anni 70-80 ancora in carcere dopo trenta- trentasette anni di reclusione).

L’ergastolo va abolito perché è pena contraria alla Costituzione.

La suprema Carta, nel sancire all’art. 27 che le pene “devono tendere alla rieducazione del condannato”, intende garantire il reinserimento sociale a tutte le persone condannate, senza alcuna distinzione né riferimento alla tipologia dei delitti commessi.
Tale principio, tuttavia, soprattutto in relazione alla pena dell’ergastolo, risulta oggi del tutto disatteso o – peggio ancora – ignorato.
Tantissimi sono ormai i detenuti che dopo decenni di dura carcerazione muoiono in carcere e non pochi quelli che, pur ridotti ad uno stato vegetativo, esalano l’ultimo respiro nel bieco regime del 41 bis. La tracotanza con cui gli esponenti dell’attuale governo Lega-Cinque stelle hanno commentato la sentenza della Corte Europea dei diritti Umani che condannava l’Italia per il trattamento inumano e degradante riservato a Bernardo Provenzano, ci da il polso del livello di guardia a cui si è ormai giunti.

Battersi contro l’ergastolo non è solo una battaglia di civiltà giuridica, ma una scelta coerente con gli obiettivi generali di chi si oppone ad un potere che da innumerevoli anni fa leva sull’emergenza “sicurezza”, artatamente costruita, propagandata e drammatizzata, per attuare interventi repressivi tesi a canalizzare verso il “diverso”, il “migrante”, il “criminale”, quel sentimento diffuso di rabbia e di insicurezza sociale determinato dall’impoverimento crescente delle fasce più deboli della popolazione e dalla riduzione dei diritti primari di sopravvivenza.

Restituire dignità e possibilità di riscatto sociale ai condannati è un impegno politico ineludibile per la costruzione di un nuovo e diverso modello di società fondato sulla solidarietà, sull’equità e sulla giustizia.

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(Lunedì) 17:00 - 20:00(GMT+00:00)

Luogo

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