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Decreto dignità: domani in Parlamento si avvia la discussione

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Nemmeno il tempo di cominciarla che Di Maio è costretto ad avvertire la sua stessa maggioranza, leghista, di non essere disposto ad “annacquare” il testo di legge.

Il decreto, soprattutto nei punti che riguardano i contratti a tempo determinato ha fatto arrabbiare la Confindustria, che ha gridato allo scandalo. Lo stesso Salvini, a inizio luglio, si apprestava a dichiarare che vorrebbe reintrodurre i voucher, per tranquillizzare gli imprenditori “padani” e il resto del centrodestra su eventuali cambiamenti del testo in sede di approvazione delle Camere…

Il Decreto Dignità è la rivoluzione che milioni di lavoratori aspettavano?
Incide tiepidamente sulla precarietà, con il ripristino delle causali per i contratti superiori a 12 mesi (solo una piccola parte di quelli a tempo determinato), la riduzione del numero dei rinnovi da 5 a 4, in un arco temporale massimo che scende da 36 a 12 mesi.
Aggira completamente alcuni nodi centrali – ripristino dell’articolo 18, contrasto ai contratti brevi, lotta all’evasione fiscale.
L’impatto concreto delle misure in materia di delocalizzazioni è tutto da vedere, anche se il dato è che per la prima volta in decenni si mette in discussione il servilismo dei governi alle grandi imprese e multinazionali.
Ci preoccupa di più invece quella che viene spacciata per “sburocratizzazione” in ambito fiscale, con la sospensione di tutti gli accertamenti sui redditi di professionisti e imprese dal 2016 in poi e l’abolizione dello “split payment”, praticamente un regalo agli evasori potenziali.

E allora, dite voi, perchè non acquistare i pop corn in attesa dello scontro tra le due facce della maggioranza di governo, quella che tenta di recuperare consenso a sinistra e quella che si alimenta a suon di sparate sui rom, i gay, i clochard, i migranti?
Perchè è delle vite di milioni di lavoratrici e lavoratori che si parla, giovani e non, di famiglie.
E in questo senso, questo il dato incontestabile, un decreto che è più fumo e propaganda che altro, resta meglio di quanto fatto dai governi degli ultimi 30 anni, soprattutto dai governi di centrosinistra, responsabili della caduta in povertà di 10 milioni di italiani.
Come i ricchi e i potenti si preparano a cancellare quelle pur minime norme, così noi allora dovremo organizzarci per costringerli a fare di più!
E allora altro che annacquare, non si trovino scuse: lavorare per attaccare davvero i grandi parassiti della fiscalità, tassazione ancor più progressiva invece che flat tax, abolire il Jobs Act NELLA SUA INTEREZZA e lavorare a serie politiche di redistribuzione della ricchezza!

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