Estero

Contro Colombo. Gli italo-americani contro un simbolo di oppressione

Pubblichiamo un’intervista al collettivo italo-americano Contro Colombo, a cura dell’assemblea di Potere al Popolo di New York. A pochi giorni dalle elezioni presidenziali americane, mentre sono ancora in corso in ogni angolo degli USA mobilitazioni antirazziste e decoloniali contro la violenza della polizia e per l’autodeterminazione delle comunità nere, indigene e oppresse, vogliamo dare voce all’iniziativa di questo gruppo di attivist* che ci racconta come si stanno opponendo all’arruolamento degli italo-americani tra le fila di chi condanna queste lotte. L’oggetto del contendere sono l’identità e le statue di Cristoforo Colombo, disseminate in tutto il paese e prese di mira dalle proteste come simbolo di uno stato coloniale, fondato sull’oppressione razziale e capitalista. 


Traduzione dall’inglese di Andreas Petrossiants e Giulia Sbaffi

  1. Per iniziare, potreste introdurre il contesto in cui Contro Colombo si è formato? Come contesto intendiamo il momento storico, sulla linea delle rivolte per la morte di George Floyd e il loro sviluppo in tutto il paese, ma anche la situazione della comunità Italo-Americana a cui voi vi rivolgete con questo collettivo.

La spinta per gli/le Italo-American* di New York a riunirsi in modo collettivo era nell’aria già da tanto tempo. Naturalmente, quelli come noi provenienti dalla sinistra radicale e che conosciamo la storia della partecipazione nella lotta operaia di New York, sentono un senso di appartenenza verso quella lotta passata. Comunque, quest’anno, durante le rivolte per George Floyd, ci siamo trovati in un contesto perfetto per creare un collettivo come questo. 

Adesso, la lotta anticoloniale è ai livelli più alti dal 1960. Movimenti neri e indigeni contro Colombo e le altre figure del progetto coloniale emerse negli ultimi anni, hanno avuto un impatto importante sul carattere delle rivolte. Ad un certo punto, diverse persone in tutto il paese hanno cominciato vandalizzare, demolire, e distruggere monumenti dedicati a Colombo. 

A livello locale, in risposta alle pressioni crescenti dell’opinione pubblica e alla possibilità reale che i manifestanti abbattessero i monumenti, il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, un italo-americano, ha rilasciato una dichiarazione pubblica riguardo alla statua più importante del Columbus Circle di Manhattan: “Capisco i sentimenti nei confronti di Cristoforo Colombo e di alcune delle sue azioni, che nessuno può sostenere. Ma la statua ormai rappresenta e significa l’apprezzamento per il contributo italo-americano a New York. Per questo motivo, la difendo.” 

Ovviamente, questa affermazione ci ha fatto infuriare. Ed è stato proprio in questo momento che uno di noi ha lanciato l’appello a tutt*  gli/le italian* newyorkes* ad unirsi e organizzarsi contro Colombo. Attraverso il nostro lavoro, è diventato evidente che le comunità italiane a New York sono un cardine di questa lotta. Anche se un numero significativo di italian* vuole rinnegare Colombo, ci sono diverse organizzazioni e istituzioni culturali italiane che sono saldamente radicate nel sistema politico e pretendono di parlare a nome di tutt* noi, usando il loro potere per proteggere i monumenti di Colombo e la festa del Columbus Day. Il nostro obiettivo è quello di sovrastare le loro dichiarazioni con voci che altrimenti non verrebbero ascoltate. 

  1. Qual è il rapporto degli italoamericani con la figura di Cristoforo Colombo? È considerato un simbolo della cultura italo-americana da parte dei lavoratori e dei poveri, come sembra suggerire il governatore Cuomo? 

La maggioranza degli italo-americani non hanno una relazione con Colombo. Infatti, la maggioranza di noi non danno importanza alla festa, alla sfilata, o ai suoi monumenti. E’ passato già più di un secolo da quando i nostri antenati sono arrivati. Dal quel momento, siamo stati praticamente assimilati. Alcuni dei residui della nostra cultura si possono trovare negli alimentari italiani, o nelle pizzerie, molte delle quali non sono più gestite da italiani perché la “pizzeria” è stata pienamente integrata nella cultura americana. Qualsiasi contesto pratico o condizione ci richieda di riconoscerci come gruppo è alle nostre spalle ormai da decenni. 

Ciò detto, però, ci sono molti di noi che si identificano come italiani e per cui Colombo è una figura importante. La nostra campagna riconosce questo collegamento come simbolo di successo dell’assimilazione all’interno della società civile. Questo significa che, mano mano che gli italiani sono stati riconosciuti e accettati come bianchi, siamo stati elevati ad una posizione nella gerarchia coloniale che è intrinsecamente antagonista alle persone di colore oppresse, in particolare i neri. Gli italiani sono diventati una forza di primo piano nella polizia di New York e hanno adottato pienamente l’ideologia capitalista, bianca e suprematista degli Stati Uniti. Ci sembra di capire che alcuni italiani difendono Colombo in quanto vedono positivamente la partecipazione alla dominazione imperialista. Colombo simboleggia correttamente il potere e l’autorità italiana sugli oppressi. Gli italiani sono per lo Stato coloniale quello che Colombo era per la Corona spagnola. 

  1. Qual è stata la risposta degli italo-americani e di altri che avete contattato da quando avete iniziato la campagna? 

Finora, tutti i feedback sono stati estremamente positivi. I giovani newyorkesi italiani sono entusiasti e cercano uno sbocco per esprimere una politica anticoloniale.

  1. A livello di tattiche, descriveteci come Contro Colombo intende procedere. 

Attualmente stiamo proponendo diverse tattiche e forme di costruzione di questo collettivo. Distribuiamo propaganda sui nostri canali di social media, ci impegniamo in conversazioni con i nostri vicini riguardo al progetto e a come viene percepito, e facciamo del nostro meglio per dare un contributo alle lotte già esistenti condotte dai gruppi BIPOC (Black and Indigenous people of color), sia individualmente che come membri di Contro Colombo. 

A settembre abbiamo ospitato un teach-in con diversi partecipanti, tra cui studios* del radicalismo italo-americano e compagn* italian*. Seguiranno altre forme di educazione collettiva, man mano che cresceremo. 

Pur non essendo noi stessi a rimuovere i monumenti, sosteniamo lo sviluppo di una coscienza rivoluzionaria che permetta tali azioni e siamo solidali con chi si occupa di rimuovere i monumenti dedicati al progetto coloniale. Questa lotta sarà necessariamente condotta sia per le strade che attraverso linguaggio, che capiamo debbano operare in tandem. 

  1. Quali connessioni vedete tra la lotta anticoloniale negli Stati Uniti e quella in Italia/Europa?

Questa domanda è stata analizzata da molti diversi studiosi e militanti che riflettono sulle lotte transnazionali e su come queste siano necessariamente collegate e intrecciate date le storie del colonialismo e nei contesti della globalizzazione e della finanziarizzazione. 

In primo luogo, per quanto riguarda le migrazioni transnazionali – che sono diventate sempre più insidiose per i migranti e sempre più necessarie affinché il capitale globale continui a funzionare – l’orribile violenza inflitta ai migranti provenienti dal Nord Africa e da altre ex colonie europee mentre intraprendono il pericoloso viaggio verso l’Europa continentale si riflette nella violenza che i migranti che tentano di entrare in America subiscono al confine con il Messico. In entrambi i casi, l’ideologia nazionalista e le forze di polizia iper-militarizzate uccidono, brutalizzano e torturano i migranti, che spesso sfuggono alla violenza politica e all’instabilità prodotte dal paese o dai paesi in cui il migrante cerca di arrivare: colpi di stato americani e regimi faziosi in America Centrale da un lato e l’eredità del colonialismo europeo dall’altro. Mentre le navi della guardia costiera europea (soprattutto italiana) ignorano o respingono intenzionalmente i migranti che annegano nel Mediterraneo, mentre l’Unione Europea approva una legislazione (come l’accordo di Dublino) per costringere i paesi che lottano contro la recessione economica – imposte dal Nord Europa – ad ospitare i migranti e costruisce una legittimità nazionalista di destra agli occhi dei lavoratori oppressi; mentre la polizia di frontiera americana terrorizza i richiedenti asilo, i capitalisti continuano a prosperare grazie alla manodopera migrante a basso costo e usa e getta: dalle fattorie in California alle aziende agricole in Calabria. 

Inoltre possiamo pensare alle connessioni in termini di lotte necessariamente internazionaliste: contro la finanziarizzazione e la violenza economica, per la giustizia ecologica, per la fine della violenza delle forze dell’ordine e dell’incarcerazione. 

  1. Come possono le/i compagn* in Italia contribuire a questa lotta? Che tipo di legami sperate di stringere con noi? 

In primo luogo, le/i compagn* in Italia saranno fondamentali per sfatare il mito (americano) che Colombo rappresenti la cultura e i valori italiani. Piuttosto, e come la maggior parte degli italiani per prima potrà sottolineare, che Colombo è una figura posticcia nella nostra storia, la cui eredità non deve essere difesa. Anche se temiamo che questo possa solo spingere gli italo-americani di destra a prendere le distanze dalla loro storia italiana e a rivendicare una eccezionalità, questo fa ancora parte della decostruzione del mito di Colombo e mostra il sostegno alla figura di Colombo per quello che è: sostegno allo stato coloniale e all’oppressione razziale e capitalista. 

In secondo luogo, speriamo di entrare in contatto con le/i compagn* in Italia, in modo da poterci supportare nelle lotte di liberazione anti-coloniali nei nostri rispettivi contesti. Creando connessioni, speriamo di collaborare e costruire insieme. 

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